venerdì 27 dicembre 2019

Natale, amore primordiale di Dio cui anela ogni uomo – messaggio natalizio del Card. Péter Erdő


Pubblichiamo la traduzione italiana del messaggio natalizio del cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Primate d’Ungheria.
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Il Card. Erdő nella S. Messa della notte di Natale nella Basilica di S. Stefano a Budapest
(foto: Magyar Kurír)
Dice di re Salomone il Libro della Sapienza: “E fui allevato in fasce e circondato di cure; nessun re iniziò in modo diverso l'esistenza.” (Sapienza, 7,4-5). Ben due volte vengono menzionate le fasce nel brano del Vangelo della notte di Natale. Maria avvolge in fasce il suo figlio primogenito e lo depone in una mangiatoia (Lc, 2,7), mentre l’angelo annuncia ai pastori la gioia del Natale e gli dà un segno: “troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). La Seconda Persona Divina incarnata inizia quindi la sua vita terrena come ogni uomo, povero o ricco, senzatetto o re, semplice o saggio come Salomone che successe a Davide sul trono. Il messaggio di questa parola è spiegata così bene dal canto natalizio che riecheggia nelle nostre chiese: “è debole il tuo corpicino, eppure / tuoi saranno terra e cielo”.
L’uomo nasce assai debole. I neonati hanno freddo, trovano freddo il mondo in cui sono nati. E non resterebbero in vita se non fossero presi in braccio, non fossero nutriti, non fossero riscaldati. Non inizierebbero poi a parlare se non fossero circondati dal mondo degli uomini. Non saprebbero essere contenti, amare, ascoltare l’altro o realizzare dei grandi obiettivi se non sperimentassero quella comunità dell’amore primordiale che l’uomo deve ricevere prima di tutto dai propri genitori, dalla propria famiglia. La realizzazione più splendente di questo amore primordiale, di questa prima comunità è la festa del Natale, la sicurezza della propria casa e della propria famiglia. È questo che continua a vivere nell’intimo dei nostri ricordi. È a questo che aneliamo col passare dei decenni, e qui che vorremmo ritornare quando festeggiamo il Natale con una famiglia, da parenti anziani o da amici. Ed è a questo amore che vorremmo tornare quando ci congediamo dalla vita terrena. Sin dalla mia ordinazione sacerdotale ho potuto accompagnare diverse persone morenti negli ultimi istanti della loro vita. E il loro desiderio, anelito cosciente o inconsapevole, il loro quasi ultimo sforzo era sempre quello di comunicare qualcosa, di mettersi in contatto. Non a caso è considerata sacra l’ultima volontà, l’ultimo desiderio della persona.
A Natale Dio si rivela a noi, facendoci entrare anche nel mistero della nostra umanità. L’uomo, infatti, è un essere la cui vita inizia dall’amore e tende all’amore. Tale è la nostra vocazione, siamo fatti così. Abbiamo bisogno di cure, poi la nostra vita si sviluppa, fiorisce, affinché anche noi potessimo prenderci cura degli altri e potessimo arricchirli. E per poter, infine, arrivare dall’amore umano all’amore del Creatore stesso, tornando alla casa del Padre.
L’intimità del Natale è luce per noi, come dice il vangelo di Giovanni: veniva nel mondo la luce vera (Gv 1,9). Dall’amore di ciascuna persona e dalla comunità d’amore, come da un insieme vivente, Dio ci guarda sorridendo, aspettandoci con magnanime generosità. Il suo primo dono per noi è la nostra vita stessa, la dignità di essere uomini. Il fatto che ci chiama per nome, che ci dà una meta e ci invita ad aver parte della sua stessa vita, ci invita a quel banchetto di cui ci parla Gesù. Infatti, come si potrebbe meglio spiegare a noi uomini, bisognosi di cibo e di bevanda, di aver ricevuto l’invito ad un convivio grandioso e felice nella casa del Padre? Il suo secondo dono sarà questo banchetto, il grande e incontro ultimo che prenderà il suo inizio con la seconda venuta di Cristo.
È questo banchetto che pregustiamo in ogni Santa Messa, in ogni Santa Comunione, e ogni volta che ci inginocchiamo adoranti davanti al Santissimo Sacramento. Poiché la Seconda Persona Divina per noi ha svuotato sé stesso, è divenuto uomo, anzi cibo, pane e vino: tanto anela il nostro amore.
Il Natale ci irradia questa prospettiva, di cui l’allungarsi del giorno e l’accorciarsi della notte costituisce un umile segno. La festa del Natale lascia intravedere questa prospettiva che si apre oltre il mondo creato. Di questa luce è umile segno la candela che accendiamo davanti al presepe, nascosto sotto l’albero di Natale.
Preparandoci al Congresso Eucaristico Internazionale celebriamo questo Natale con gratitudine e con amore reciproco. Con rinnovata letizia, fiducia, avendo chiaro l’obiettivo davanti a noi: infatti Dio è già ora e inseparabilmente con noi.

mercoledì 25 dicembre 2019

Auguri - Áldott Karácsonyt!

Il presepe, scolpito nel legno, a forma di un trittico tridimensionale, opera dello scultore artigiano Sig. István Kiss di Eger (Ungheria) è presente alla 44ma Esposizione "100 Presepi" in Vaticano.


La mostra è stata onorata dalla visita del Santo Padre il 9 dicembre scorso.
(Foto: Vatican Media)

lunedì 23 dicembre 2019

Messa “Rorate”, devozione d’Avvento


La Messa „Rorate” è una usanza liturgica dell’Avvento in Ungheria. Prende il nome dall’antifona della messa: „Rorate caeli desuper et nubes pluant iustum” (“Stillate, cieli, dall’alto e le nubi piovano il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore”, Is 45, 8).
Si tratta di una liturgia quotidiana molto suggestiva e sentita dai fedeli, pur nella sua semplicità. Inizia di solito alle ore 6 della mattina, ben prima, quindi, del sorgere del sole e comunque anticipata rispetto all’orario usuale delle messe parrocchiali. È caratterizzata dal lume delle candele della corona d’Avvento, un’altra usanza centro europea che però si è progressivamente diffusa anche altrove. L’albero di Natale, però, viene allestito, anche nelle chiese, solamente alla vigilia di Natale, come pure il presepe.

Il "Canto d'Avvento" di Zoltán Kodály riprende il testo dell’antico inno “Veni veni, Emmanuel”, ispirata dalle antifone maggiori dell'Avvento (antifone O).

venerdì 20 dicembre 2019

Auguri da Budapest


"Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze..."
(Papa Francesco, Lett. Ap. Admirabile signum, 1)

Presepe nell'atrio del
Ministero degli Affari Esteri di Budapest

martedì 17 dicembre 2019

Papa Francesco accompagna con la preghiera i preparativi del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest


Dopo la preghiera dell’Angelus del 15 dicembre il Santo Padre ha voluto richiamare l’attenzione al prossimo Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest:
“Tra meno di un anno, dal 13 al 20 settembre 2020, si celebrerà a Budapest il 52° Congresso Eucaristico Internazionale. I Congressi Eucaristici, da più di un secolo, ricordano che al centro della vita della Chiesa c’è l’Eucaristia. Il tema del prossimo Congresso sarà «Sono in te tutte le mie sorgenti» (Sal 87,7). Preghiamo che «l’evento eucaristico di Budapest possa favorire nelle comunità cristiane processi di rinnovamento» (Discorso al Pont. Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, 10 novembre 2018).”
Nel corso della visita all’esposizione “100 Presepi” in Vaticano lo scorso lunedì 9 dicembre, la delegazione ungherese, giunta in Vaticano anche per una testimonianza sul Congresso Eucaristico, ha raccontato a Papa Francesco dei preparativi dell’importante evento ecclesiale.


lunedì 9 dicembre 2019

100 Presepi con Papa Francesco e recita ungherese


Con una visita a sorpresa Papa Francesco ha onorato l’Esposizione “100 Presepi” in Vaticano nel pomeriggio del 9 dicembre.
Su invito del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione l’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede ha organizzato l’animazione dell’evento, in collaborazione con la Segreteria Generale del Congresso Eucaristico Internazionale 2020 di Budapest.
Membri del coro ungherese salutano Papa Francesco all'Esposizione 100 Presepi
Il Coro della Scuola Coristica Zoltán Kodály di Budapest ha accolto con tradizionali canti natalizi ungheresi il Santo Padre che si è soffermato a lungo tra i vari presepi, tra i quali ben 18 giunti dall’Ungheria.
Dopo aver benedetto i presepi con una speciale preghiera, Papa Francesco ha assistito ad una breve recita natalizia ungherese, presentata dalle bambine del coro di Budapest, che alla fine lo hanno voluto omaggiare con dei tipici cioccolatini natalizi “szaloncukor”.
La delegazione ungherese, guidata da Mons. Ferenc Cserháti, vescovo ausiliare di Budapest, ha voluto richiamare l’attenzione al 52° Congresso Eucaristico Internazionale che si celebrerà nella capitale ungherese tra il 13-20 settembre 2020.


domenica 8 dicembre 2019

Canti ungheresi all’inaugurazione dell’Esposizione 100 Presepi in Vaticano


L’inaugurazione della 44ª Esposizione dei “100 Presepi” in Vaticano, nel pomeriggio dell’8 dicembre, è stata animata dal Coro da Camera della Scuola Coristica “Zoltán Kodály” di Budapest, guidato dalla Sig.ra Borbála Sapszon. Dopo i saluti di Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen ha illustrato le caratteristiche del presepio ungherese, mentre Monsignor Ferenc Cserháti, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest ha portato i saluti degli organizzatori del 52° Congresso Eucaristico Internazionale che sarà celebrato a Budapest nel settembre 2020.
Presepi ungheresi alla mostra in Vaticano
È, infatti, il legame tra il Gesù del presepe e il Gesù eucaristico che la presenza della delegazione ungherese voleva mettere in risalto, ha spiegato Mons. Cserháti. “Nel nostro contesto europeo secolarizzato – ha proseguito il vescovo – il Congresso Eucaristico Internazionale vuole promuovere una professione chiara ed esplicita della fede. Penso che il presepe possa aiutarci in questo. Anche perché, come scrive il Santo Padre, il presepe “ci educa a contemplare Gesù, (…) a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui, tutti figli e fratelli grazie a quel Bambino Figlio di Dio e della Vergine Maria. E a sentire che in questo sta la felicità.” (Papa Francesco, Lettera Apostolica Admirabile signum, 10). Si tratta della stessa felicità riecheggiata dal motto del Congresso Eucaristico, scelto dal Salmo 86 (87): Sono in te tutte le mie sorgenti.”
Il coro della Scuola Coristica Zoltán Kodály di Budapest
Sono 18 i presepi provenienti dall’Ungheria, per la maggior parte scelti dalla Fondazione per l’Artigianato Ungherese (AMKA), mentre uno è stato preparato dagli universitari di Budapest ed un altro da una famiglia con quattro bambini.

Il presepe e la recita di Natale ungherese
Il presepe tradizionale ungherese è a servizio della sacra rappresentazione (“mistero”), una recita che narra la storia della Natività. I primi testi ungheresi risalgono al XVII secolo, che da usanza scolastica si diffuse tra la popolazione. La recita si svolge il pomeriggio del 24 dicembre presso le chiese parrocchiali, oppure porta a porta, per le strade del paese. La scena caratteristica della recita ungherese è l’annuncio ai pastori. Il classico presepe ungherese, che prende il nome da Betlemme (“betlehem”), è “mobile”, poiché viene portato dai giovani durante la recita (chiamata “betlehemezés”, ossia recita del presepe). Spesso è a forma di casetta, chiesa, o stalla, con le figure essenziali. I giovani, di solito vestiti da pastore o da personaggi della scena della natività, ricevono dei dolci o della frutta presso le case ove ha luogo la recita.

Coro Da Camera Della Scuola Coristica “Zoltán Kodály” Di Budapest
Basata sul metodo Kodály, la Scuola Coristica “Zoltán Kodály”, è stata originalmente fondata nel 1988 dal Comune di Budapest. Si ispira all’antico modello delle scuole cattedrali del Medioevo, nelle quali la musica ebbe un ruolo molto importante. Un modello preso da Kodály come esempio nell’elaborare il proprio metodo di educazione musicale: “la musica è di tutti”. Non di scuola musicale si tratta ma di una scuola di scienze umanistiche, dalle elementari al liceo, dove la musica è presente in ogni disciplina. Lo spirito di Kodály permea tutto il progetto educativo che mira alla formazione integrale della persona. Dopo i primi anni trascorsi nei quartieri di periferia della capitale ungherese, nel 2000 la Scuola Coristica poté trasferirsi vicino allo storico Castello di Buda. Ideato dal rinomato direttore di coro M° Ferenc Sapszon Jr. la scuola ha ben sette cori, famosi in Ungheria e all’estero, con un’attenzione particolare alla musica gregoriana. Dal settembre 2019 la scuola appartiene all’Arcidiocesi di Esztergom-Budapest.


mercoledì 4 dicembre 2019

Scavi archeologici nel palazzo di Erode Antipa, luogo autentico della prigionia e del martirio di S. Giovanni Battista – conferenza del Professor Vörös a Roma

Il sito di Macheronte in Giordania,
non lontano dal Mar Morto (foto: Győző Vörös)

Il complesso fortificato di Macheronte (Machaerus), edificato non lontano dalla sponda orientale del Mar Morto, fungeva come baluardo orientale del regno di Erode il Grande. Secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio e di Eusebio di Cesarea fu qui che Erode Antipa fece rinchiudere e poi decapitare San Giovanni Battista. La fortezza, distrutta dai romani nel corso della prima rivolta giudaica, è molto più di un sito archeologico: è il teatro della vicenda dei personaggi evangelici come San Giovanni Battista, Erode il Grande, Erode Antipa, Erodiade e Salome. Sulla scia delle prime indagini condotte dallo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, dal 2009 l’archeologo dell’Accademia Ungherese di Belle Arti, il Prof. Győző Vörös conduce una campagna di scavi archeologici che stanno rivelando affascinanti dettagli sull’epoca in cui Gesù ha vissuto in quella stessa regione.
La storia e l’importanza di Macheronte sono state presentate dal Prof. Győző Vörös nel corso di un evento organizzato dall’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede e dall’Ordine Equestre del S. Sepolcro il 22 novembre, presso l’Accademia d’Ungheria in Roma. Presente all’evento anche il Custode di Terra Santa Fra Francesco Patton che ha lodato l’impegno ungherese per la Terra Santa.
Salutando i presenti il Prof. Lorenzo De Notaristefani, Preside della Sezione Roma dell’Ordine del Santo Sepolcro ha richiamato l’importanza di Macheronte e della figura di S. Giovanni Battista per i membri dell’Ordine del S. Sepolcro.
Prof. Lorenzo de Notaristefani OESSG, Fra Francesco Patton OFM, Amb. Eduard Habsburg-Lothringen,
Fra Rosario Pierri OFM, Prof. Tamás Gergely Kucsera (foto: Klára Várhelyi)
L’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha accennato brevemente agli antichi e significativi legami dell’Ungheria con la Terra Santa. Un primo ospizio ungherese a Gerusalemme fu stabilito da re Santo Stefano, mentre l’attuale Ospizio Austro-Ungarico della Sacra Famiglia venne fondato da Francesco Giuseppe I. I re d’Ungheria nel medioevo hanno avuto il merito di riaprire e di garantire il cammino attraverso l’Ungheria verso la Terra Santa proprio. 800 anni fa Andrea II d’Ungheria si recò di persona in Terra Santa, nell’ambito della Quinta Crociata. Secondo una tradizione fu proprio con le stesse navi che i primi francescani raggiunsero la Terra Santa. Anche oggi vi è una attenzione ungherese verso il Medio Oriente che si concretizza in aiuti concreti alle comunità cristiane bisognose tra Iraq, Siria, Libano, Giordania. Di quest’attenzione fa parte anche la missione archeologica del Prof. Győző Vörös.
Il Segretario Generale dell’Accademia Ungherese delle Arti di Budapest, Prof. Tamás Gergely Kucsera, ha illustrato i meriti del Prof. Vörös, membro onorario del sodalizio, autore di diversi libri e articoli scientifici su temi dell’antichità e dell’archeologia. Il Prof. Vörös ha diretto scavi archeologici in Egitto, a Tebe ed Alessandria (1994–2004), poi in Cipro, a Pafo (2004–2009). Dal 2009 conduce gli scavi a Macheronte in Giordania nell’ambito della Missione Archeologica Ungherese, sostenuto in parte dall’Accademia Ungherese delle Arti. Il Prof. Kucsera ha sottolineato il valore internazionale della cooperazione scientifica delle varie istituzioni per il programma di Macheronte.
(Foto: Klára Várhelyi)
Fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa ha rievocato gli inizi della presenza francescana nella terra di Gesù: “Lungo i secoli la presenza francescana si radicò in Terra Santa grazie alle indicazioni date dallo stesso san Francesco, grazie all’impegno politico diplomatico ed economico dei re di Napoli e grazie infine al mandato pontificio del 1342, quando papa Clemente VI affidò ai frati minori il compito di dimorare nei santuari ‘celebrando messe cantate e divini uffici’. E la presenza della Custodia di Terra Santa è divenuta sempre più una presenza legata ai santuari cristiani, poi alle parrocchie e alle opere sociali nate lungo i secoli, quali le scuole di Terra Santa. Non va dimenticato che il legame tra il francescanesimo e la nazione ungherese si sviluppò in quella fiorente stagione iniziale della nostra storia anche grazie a una figlia di re Andrea II, santa Elisabetta d’Ungheria che contribuì a offrire della spiritualità francescana anche una versione adatta ai laici.”
Il Padre Custode ha voluto ricordare anche la sua recente visita in Ungheria: “Desidero approfittare di questa occasione anche per esprimere la gratitudine della Custodia di Terra Santa nei confronti del Governo e del popolo ungherese, non solo per quanto ha fatto in passato ma anche per quello che sta facendo oggi, in modo particolare per le minoranze cristiane che vivono in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Di recente ho avuto modo di visitare ufficialmente Budapest e incontrare le Autorità del Governo Ungherese proprio per rinnovare questa amicizia e questa collaborazione. E desidero esprimere la riconoscenza della Custodia di Terra Santa per l’impegno assunto dal Governo Ungherese di sostenere due nostri progetti, uno relativo al completamento di una scuola per i ragazzi della locale minoranza cristiana e l’altro relativo al Terra Sancta Museum, che vuol essere un luogo della memoria e dell’identità cristiana a Gerusalemme, nonché un luogo di cultura e perciò di dialogo tra persone di culture e fedi differenti.”

martedì 3 dicembre 2019

Prime Minister Viktor Orbán: “Problems facing Christianity in Europe and the persecution of Christians in Africa and the Middle East cannot be separated”


On November 25-28, the 2nd International Conference on the Persecution of Christians was held in Budapest. The event, organized by the Hungarian Government’s Secretariat for the Aid of Persecuted Christians and the Hungary Helps Program, was opened by the speech of Prime Minister Viktor Orbán. In his speech, he pointed out that Hungary is conscious that his survival for 1000 years had been greatly helped by the adoption of Cristian faith. Therefore the Hungarian government believes that “Christianity can help peoples and nations to survive, as it has helped us”.  He then affirmed that that “we Christians have the right to defend our culture and the way of life that has grown from it”, and that “in Hungary there is also general agreement that assistance must be taken directly to communities in distress”. Finally Viktor Orbán reminded, “the greatest mistake Europeans can ever make is to say that this could never happen to them in their own country”.
Christian leaders received by Hungarian Prime Minister Viktor Orbán in Budapest
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Address by Prime Minister Viktor Orbán at
the 2nd International Conference on the Persecution of Christians
26 November 2019, Budapest
 One thousand one hundred years ago the majority of the Hungarian tribes – hundreds of thousands of people – arrived in this region, and settled down to start their lives here. We were not the first: many other peoples came here before us, but they disappeared, died out, or simply moved on. To this day Hungarians are curious to find out why we didn’t suffer the same fate. Why haven’t we Hungarians disappeared? Why have we Hungarians survived, even though in this region we are outsiders? We’re surrounded by Germanic and Slavic peoples, and we don’t belong to any of them. We’re also outsiders culturally: our language is unique, with no relations in the region; our songs, our literature and our dances are characteristic of us alone. The most widely accepted answer is that our military virtues and indisputable vitality were in themselves not sufficient reason for our survival. The most widely accepted answer, the key to our survival, was our adoption of the Christian faith. There are some who regard this as primarily a diplomatic coup, as an achievement of statecraft – this happened a thousand years ago. And indeed it was. But above all that – or rather before all that – it was also a spiritual rebirth, and a true conversion. Here, a thousand years ago, there was the birth of a special Christian cast of mind, and a special Hungarian Christian state. Over the past one thousand years there were times when we left this path, but we always found our way back eventually. This is why the Hungarian Constitution states: “We recognise the role of Christianity in preserving nationhood”. So the Hungarian people and the Hungarian government believe that Christianity can help peoples and nations to survive, as it has helped us.

giovedì 28 novembre 2019

Presentati a Papa Francesco gli aiuti del Governo ungherese alle Chiese


Papa Francesco ha ricevuto l'On. Miklós Soltész in Piazza S. Pietro (foto: Vatican Media)
“Proteggete la vita e la famiglia” – è stato l’incoraggiamento offerto dal Santo Padre al rappresentante del Governo ungherese in occasione dell’udienza generale del 27 novembre. Il Segretario di Stato ungherese per i Rapporti con le Chiese e le Minoranze, On. Miklós Soltész ha presentato a Papa Francesco un volume contenente le immagini delle chiese restaurate, ristrutturate o di nuova costruzione (oltre tremila in 8 anni) che il Governo ungherese ha aiutato con finanziamenti pubblici in Ungheria e all’estero.

Il Governo è, infatti, consapevole che attorno agli edifici di culto si formano delle comunità vive e le Chiese aiutano a rendere la società più giusta e solidale. Sostenendo le Chiese, sovvenzionando i loro progetti, si contribuisce pertanto a tale scopo di grande utilità sociale.

Il Santo Padre ha apprezzato l'impegno dell'Ungheria (foto: Vatican Media)
E tra i frutti spirituali e sociali il Segretario Soltész ha elencato al Santo Padre l’aumento dei matrimoni (+40%), la diminuzione dei divorzi (-25%) e la diminuzione degli aborti (-30%) in Ungheria negli ultimi 8 anni. Papa Francesco è rimasto favorevolmente impressionato, apprezzando il simbolo pro life sulla giacca del Segretario Soltész.

È anche con tante chiese rinnovate che l’Ungheria si prepara per il Congresso Eucaristico Internazionale del settembre 2020.

venerdì 22 novembre 2019

Presentato a Roma dal Cardinale Erdő il Congresso Eucaristico Internazionale 2020 di Budapest


Iniziative per la famiglia, apertura ecumenica, attenzione ai rom e testimonianze delle varie realtà e sensibilità ecclesiali – saranno questi i tratti caratteristici del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, che sarà celebrato a Budapest tra il 13-20 settembre 2020.
“Il Congresso Eucaristico Internazionale del 2020 è un vero dono del Santo Padre al popolo ungherese” – ha affermato il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest durante l’incontro con un gruppo di giornalisti a Roma il 21 novembre. Nel salone del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese il Primate d’Ungheria ha presentato il programma di massima e alcune specificità del 52° Congresso Eucaristico Internazionale.
Il Card. Péter Erdő all'incontro con la stampa a Roma,
in presenza dell'Ambasciatore d'Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen
Il Cardinale Péter Erdő ha sottolineato che il messaggio principale del Congresso Eucaristico è che l’Eucaristia è il sacramento dell’unità tra i cristiani, ma la vocazione della Chiesa è anche quella di promuovere l’unità di tutto il genere umano. A quest’ultima allude anche il motto dell’evento “Sono in te tutte le mie sorgenti” (Salmo 86 (87)). Già il precedente Congresso Eucaristico Internazionale, tenutosi a Budapest nel 1938, portava un messaggio profetico, ha richiamato il Primate d’Ungheria: l’ultima riga dell’inno ufficiale del Congresso 1938, “Unisci o Signore nella pace tutte le genti e le nazioni”, portava un messaggio “estraneo a tutte le posizioni politiche di quell’epoca”, nell’imminenza della Seconda Guerra Mondiale.
Una caratteristica speciale del Congresso Eucaristico di Budapest sarà l’apertura ecumenica: “siamo aperti alla partecipazione ben meditata di cristiani di altre confessioni, pur con la consapevolezza che sarà una manifestazione religiosa di chiara identità cattolica”. Perciò non si tratterà certo di intercomunione sacramentale. L’aspetto ecumenico sarà presente soprattutto nelle iniziative culturali, che includeranno, per esempio, un concerto del Coro del Patriarcato di Mosca.
Un’altra specificità della manifestazione sarà l’attenzione ai rom. Il Cardinale ha spiegato che ci saranno dei programmi organizzati specialmente dalla popolazione rom stessa. “In Ungheria il 10% della popolazione appartiene alla minoranza rom, che rappresenta una grande sfida per la pastorale, ma abbiamo già delle buone esperienze al riguardo. Per esempio abbiamo tradotto la Bibbia in lingua lovari (romani), quella più parlata dai rom e adesso anche l’ordinario della messa è stato tradotto in romani”. Il testo della messa è stato approvato dalla Conferenza Episcopale Ungherese e trasmesso anche alla Santa Sede, secondo le relative nuove regole. Perciò, nell’ambito delle celebrazioni liturgiche del Congresso ci sarà una messa speciale nella lingua romani, accompagnata dai canti e musiche particolari degli zingari.

Onorificenza ungherese al Cav. Moles

Nel corso di una breve e significativa cerimonia al Villino Fraknói, l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen ha consegnato l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito Ungherese all’Arch. Luciano Moles “per le sue benemerenze a favore dello sviluppo delle relazioni tra la S. Sede e l’Ungheria, nonché in riconoscimento del suo impegno per la comunità ungherese a Roma”.
Presenti all’evento diversi esponenti del Circolo S. Pietro, del quale l’illustre insignito è socio. L’Ambasciatore Habsburg nel suo discorso ha evidenziato che „l’Architetto Moles è senz’altro un amico dell’Ungheria e, in particolare, di quest’Ambasciata. Come non ricordare, per esempio, i suoi buoni uffici all’inizio di quel rapporto di collaborazione che ci lega al Circolo S. Pietro”.
Si tratta di una collaborazione che, grazie alla disponibilità del Presidente Duca Leopoldo Torlonia, ha avuto dei momenti significativi, come il progetto Misericordia, in occasione del Giubileo Straordinario del 2016, e il concerto di beneficienza, organizzato nel 2017 con l’Orchestra Kodály di Debrecen alla Chiesa Nuova.

martedì 19 novembre 2019

I Santi della Cappella Ungherese – Santa Elisabetta d’Ungheria


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. La cappella, consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso le figure dei santi.
La memoria liturgica di Santa Elisabetta in Ungheria è celebrata nella data tradizionale della sua sepoltura, il 19 novembre. (Dal 1969 nella Chiesa universale è celebrata il 17 novembre, giorno della sua nascita al cielo.)
 
L'ultimo saluto di Sant'Elisabetta al marito
(opera di Sándor Kiss)
Figlia del re d’Ungheria, Andrea II e di Gertrude di Merania. Nacque nel 1207 a Sárospatak (in Ungheria) ma all’età di 4 anni venne promessa in sposa al langravio di Turingia e si trasferì nel castello di Wartburg (per questo è anche nominata Elisabetta di Turingia).
Sin da piccola Elisabetta si prese cura dei malati e bisognosi, praticando opere di misericordia. Nel 1221, a 14 anni, si sposò con Ludovico IV ed il loro matrimonio fu molto felice. Nacquero tre figli, Ermanno, Sofia e Gertrude. Suo marito partì per la crociata nel 1227 e morì a Otranto mentre aspettava di imbarcarsi per la Terra Santa.
A soli vent’anni Elisabetta rimase vedova e si dedicò completamente alle opere di carità, specialmente al servizio dei poveri, erigendo anche un ospedale per loro a Marburgo, a proprie spese, riducendo sé stessa in povertà. Entrò nel Terz’Ordine Francescano, dedicandosi completamente agli ammalati. Si fece mendicante chiedendo aiuto per i poveri e condusse una vita umile priva di ogni ricchezza. Tale scelta di vita scatenò la rabbia della famiglia fino al punto che le tolsero anche i suoi figli.
Stremata dalle privazioni e dalla malattia morì all’età di 24 anni. Dopo soli 4 anni, papa Gregorio IX la proclamò santa a Perugia. Santa Elisabetta divenne patrona del Terzo Ordine Francescano ed è la santa più conosciuta in Ungheria. Il suo culto è diffuso in tutta la Chiesa, ma in modo particolare in Ungheria, Germania e Italia. La reliquia del capo di Sant’Elisabetta è conservata a Viterbo, nella Basilica di San Francesco alla Rocca.
Reliquia di S. Elisabetta conservata a Viterbo
Ѐ patrona dei panettieri e degli ospedalieri. La sua iconografia rappresenta principalmente il miracolo delle rose. L’episodio narra che Elisabetta portava pane ai poveri, quando un giorno incontrò suo marito che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero delle bellissime rose.

Festa liturgica: 19 novembre
Raffigurazione: Elisabetta saluta suo marito che parte in crociata per la Terra Santa
Autore: Sándor Kiss, scultore

domenica 17 novembre 2019

Il muro di Berlino iniziò a vacillare in Ungheria – testo dell’intervento dell’Ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen al convegno “30 anni senza Muro. L’Europa non nata”


L’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha partecipato al convegno organizzato da Alleanza Cattolica “30 anni senza Muro. L’Europa non nata”, il 16 novembre a Roma. Nel suo intervento sull’esperienza ungherese ha parlato della caduta della Cortina di Ferro e della transizione democratica dal punto di vista ungherese che ha trovato il suo completamento nelle vicende recenti del paese. Di seguito pubblichiamo il testo del discorso dell’Ambasciatore.
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(foto: Alleanza Cattolica)
Il Picnic Paneuropeo
Trent’anni fa, il 19 agosto 1989, alla vigilia della solennità di Santo Stefano d’Ungheria, patrono del mio Paese, mi trovai sul confine tra l’Ungheria e l’Austria, vicino alla città ungherese di Sopron. Il progetto fu quello di partecipare ad un incontro fraterno tra vicini austriaci ed ungheresi. E invece mi trovai ad assistere alla caduta della Cortina di Ferro.
Si parla molto della caduta del cd. Muro di Berlino, divenuto giustamente il simbolo eloquente della Guerra Fredda. Ma quel muro non era altro che un pezzo, per quanto vistoso, di un sistema più ampio, la Cortina di Ferro, che “da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico” (cfr. W. Churchill) divideva il nostro continente e, con esso i nostri popoli, anzi, nel caso della Germania, addirittura la stessa nazione.
Quel giorno, vicino a Sopron, si trattava dell’ormai famoso “Picnic Paneuropeo”, organizzato proprio sul confine tra Ungheria ed Austria, aprendo temporaneamente un valico di frontiera altrimenti chiuso. Fu un’idea di alcuni intellettuali ungheresi di opposizione e di Otto von Habsburg, che intesero organizzare un momento d’incontro fraterno e conviviale, quale segnale di unità.
Il contesto era già incoraggiante. Bisogna tenere presente, infatti, che la demolizione fisica della cortina, fatta di filo spinato e strumenti di rilevamento ecc., iniziò qualche mese prima, il 2 maggio 1989, in quanto divenuto ormai obsoleto. Ciò non significava però ancora l’apertura de iure del confine. Furono già in corso, inoltre, le consultazioni tra il regime e i gruppi di opposizione su una transizione democratica. Il 16 giugno 1989 si ebbero a Budapest le solenni esequie di Imre Nagy e dei suoi compagni, messi a morte dal regime comunista dopo la Rivoluzione del 1956. Fu in quella occasione, dei funerali, che un giovane politico ungherese, Viktor Orbán, capo del partito FIDESZ, si fece notare con un discorso dal quale si poté capire che egli avesse una visione per il proprio paese.

I Santi della Cappella Ungherese – Beata Salomea


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. La cappella, consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso le figure dei santi.

Nella sua memoria liturgica presentiamo la Beata Salomea, una delle sante che uniscono i popoli ungherese e polacco.
Beata Salomea - Cappella ungherese delle Grotte Vaticane
(opera di László Marton)
Nata a Cracovia nel 2011, Salomea fu la figlia di Leszek I, Granduca di Polonia che dall’età di 4 anni fu promessa sposa del principe Colomanno, figlio minore re di Andrea II d’Ungheria. Colomanno regnò per un breve periodo sul trono di Galizia, successivamente tornò nel Regno d’Ungheria dove fu principe della Slavonia. Colomanno e Salomea vissero in castità. Salomea si prodigò in opere di carità, aiutando gli ordini dei domenicani e dei francescani.
Colomanno morì nel 1241 per le ferite riportate nella battaglia contro i mongoli che invasero e distrussero l’Ungheria. Salomea, rimasta vedova, tornò in Polonia e fondò un monastero di clarisse a Skala, dove visse lei stessa fino alla morte avvenuta il 17 novembre 1268.
Papa Clemente X la dichiarò beata nel 1672. Il suo corpo è venerato nella chiesa dei francescani di Cracovia.

Festa liturgica: 17 novembre
Raffigurazione: Salomea evita le feste della corte reale
Autore: László Marton, scultore

sabato 16 novembre 2019

I Santi della Cappella Ungherese – Santa Margherita di Scozia


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. La cappella, consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso le figure dei santi.

Nella sua memoria liturgica presentiamo Santa Margherita di Scozia, nata in Ungheria secondo un’antica tradizione.
Santa Margherita di Scozia, Cappella ungherese delle Grotte Vaticane
(opera di Gyula Kovács Kiss)

Il principe inglese Edoardo, dovendo fuggire dalla propria terra trovò asilo in Ungheria. Sposò la principessa Agata, parente della casa reale ungherese. Fu in Ungheria che nel 1045 nacque sua figlia Margherita, che successivamente tornò in Inghilterra con la famiglia.
Tuttavia poco tempo dopo fu costretta a fuggire in Scozia a seguito della conquista normanna dell’Inghilterra nel 1066. Lì sposò Malcolm III di Scozia divenendo così regina della Scozia. Aiutò il marito a convertirsi ad una vita santa vissero una vita felice, avendo sei figli maschi e due femmine. Una di loro divenne moglie di Enrico I d’Inghilterra, mentre suo figlio ereditò il trono della Scozia.
Margherita fu caritatevole verso i poveri, i malati e tutti i bisognosi, incoraggiando anche suo marito a fare altrettanto. Durante il regno cristiano di Malcolm III, la Scozia visse un periodo di pace. La regina Margherita si dedicò al benessere di tutti i bisognosi. Morì di una grave malattia ad Edimburgo nel 1093 dopo aver appena saputo della notizia della morte di suo marito e di uno dei suoi figli. Margherita, sul letto di morte, offrì le sue sofferenze come riparazione dei propri peccati.
Fu sepolta vicino ad Edimburgo, ma durante la riforma protestante le sue reliquie vennero per lo più disperse. Venne canonizzata nel 1250 da papa Innocenzo IV, mentre papa Clemente X la dichiarò patrona della Scozia.

Raffigurazione: Margherita, regina di Scozia dedita all’educazione dei figli
Festa liturgica: 16 novembre
Autore: Gyula Kovács Kiss, scultore


mercoledì 13 novembre 2019

Festa dei Santi Ungheresi


Il 13 novembre la Chiesa ungherese festeggia tutti i santi ungheresi, compresi quelli di origine ungherese e quelli di altre nazioni che con la loro vita hanno santificato l’Ungheria. Oltre ai santi ben noti, come i numerosi membri della Casa d’Árpád, si commemorano anche i “santi ignoti”, come i martiri che hanno dato la loro vita per la fede durante le varie invasioni dei tartari, dei turchi o dei sovietici.
Cappella ungherese a Cracovia - mosaico con i Santi Ungheresi,
opera del rev. László Puskás (foto: Magyar Kurír)
Nella Cappella Magna Domina Hungarorum delle Grotte Vaticane sono rappresentati i santi più conosciuti, mentre il grande mosaico della cappella ungherese della Basilica della Divina Misericordia di Cracovia ne raffigura anche altri più recenti o in via di canonizzazione. A Budapest nel 1996, con il sostegno della Santa Sede, è stata eretta una nuova chiesa ai Santi Ungheresi.
La festa dei Santi Ungheresi è la festa del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese in Urbe che quest’anno ha celebrato solennemente la Liturgia delle Ore nella propria cappella. Il Rettore don Norbert Németh ha invitato per l’occasione, oltre ai sacerdoti ungheresi, ad alcuni officiali della Curia Romana e agli amici dell'Istituto, anche gli Ambasciatori d’Ungheria presso la S. Sede e presso il Quirinale, nonché il Direttore dell’Accademia d’Ungheria.


martedì 5 novembre 2019

I Santi della Cappella Ungherese – il principe Sant'Emerico



Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. La cappella, consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso le figure dei santi.

Nella sua memoria liturgica presentiamo Sant’Emerico principe, figlio del primo re d’Ungheria, patrono della gioventù ungherese.


La morte di Sant'Emerico - rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte Vaticane
(di Gyula Kiss Kovács)


Figlio di re Santo Stefano d'Ungheria e della Beata Gisella di Baviera, Emerico (Imre in ungherese) nacque a Székesfehérvár (Alba Reale), probabilmente nel 1007. La sua educazione fu affidata al monaco veneziano San Gerardo. Ne è testimonianza la famosa opera “Esortazioni al Figlio” (Institutio morum) di S. Stefano.

Secondo la sua leggenda, il principe Emerico fece voto di castità (forse fu ancora in vita uno dei suoi fratelli). Divenuto erede al trono divenne anche comandante dell’esercito ungherese.

Sulla casula, confezionata da sua madre per la Basilica dell’Assunta di Alba Regale, anche il principe Emerico è ritratto tra le immagini dei genitori. Sicuramente per questo legame materiale con la “sacra famiglia ungherese” la casula venne successivamente trasformata in manto d’incoronazione reale, e come tale utilizzato fino al 1916.

Nel 1031, durante una battuta di caccia, Emerico fu ferito a morte da un cinghiale. Venne canonizzato assieme al padre Stefano e al precettore Gerardo nel 1083. La sua festa è celebrata in Ungheria il 5 novembre, anniversario della canonizzazione. È stato proclamato patrono della gioventù ungherese.
Nella Basilica inferiore di Assisi Emerico è raffigurato, su un affresco di Simone Martini, assieme ad altri santi ungheresi, mentre l'altare principale della Basilica di S. Stefano Rotondo a Roma contiene anche le sue reliquie.
Lapide con la dedica dell'altare di S. Stefano Rotondo (Roma),
con la menzione del nome di Sant'Emerico.


Raffigurazione: Il principe Emerico è ferito a morte durante la caccia.


Festa liturgica: 5 novembre


Autore: Gyula Kiss Kovács, scultore