mercoledì 30 novembre 2016

Messaggi di Papa Francesco e del Patriarca Bartolomeo I alla BWS

Si è svolta nei giorni 28-30 novembre 2016 a Budapest la seconda edizione della “Budapest Water Summit”, incontro internazionale di alto livello sulle tematiche dell’acqua. Inaugurato dal Presidente ungherese János Áder, il summit è stato salutato da Papa Francesco e dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I.
Nel suo video-messaggio in inglese il Patriarca Bartolomeo I ha voluto rievocare l’iniziativa “Danube River of Life” (1999) che lo aveva visto partecipe, lungo il corso del Danubio, di un progetto di sensibilizzazione sui pericoli dell’inquinamento. Ha evidenziato, inoltre, come la Chiesa sia interessata alla salvezza di tutto il creato, rilevando altresì, che le minacce al creato rappresentano una minaccia all’umanità stessa. L’acqua è un diritto inviolabile e non-negoziabile di ogni essere umano. Finché non si è coscienti del pericolo del rifiuto a condividere le risorse naturali del pianeta continueremo a fronteggiare serie sfide e conflitti –ha affermato il Patriarca ecumenico. La sostenibilità non è solo questione di tecnologia e di come organizzare l’economia, ma una via alla convivenza pacifica.
Video-messaggio del Patriarca Bartolomeo I al BWS2016
(foto: BWS)
A nome del Santo Padre il Cardinale Pietro Parolin ha inviato al Presidente János Áder il seguente messaggio.
* * *
“From the Vatican, 16 November 2016
His Excellency János Áder
President of the Republic of Hungary
His Holiness Pope Francis sends cordial greetings to you and to all participating in the „Budapest Water Summit”, being held from 28 to 30 November 2016. He extends his prayerful best wishes as you gather leaders and experts from the public and private spheres in order to seek new paths of cooperation between governments, organizations and peoples in securing potable water for all people, as well as in protecting this precious resource. His Holiness encourages all presents to keep foremost in their deliberations the communities they most desire to benefit, and to recall that “access to safe drinkable water is a basic and universal human right, since it is essential to human survival and, as such, is a condition for the exercise of other human rights” (Laudato Si’, 30). In this way, the Summit will offer a further contribution to understanding the duty of Governments and communities to ensure that no people thirst or be denied the water necessary for the fulfilment of their lives; for water is not simply another product for commerce, but the precious and wonderful gift of God. With these sentiments, Pope Francis assures all of you of his prayers and invokes upon you the divine blessings of wisdom and strength.
Cardinal Pietro Parolin
Secretary of State”

Aiuto ai cristiani perseguitati - articolo di John L. Allen jr

 

“Christians [in the Middle East] are hit by war, and because they are Christians,” said Bence Rétvári, Hungary’s Vice Minister for Human Capacities. “We’re like a brother who sees that his sister’s house is on fire, and we need to go put out the fire and then help rebuild the house.”

L'articolo completo è reperibile sul sito di Crux.


State Secretary Bence Rétvári interviewed by John L. Allen jr
(https://twitter.com/eduardhabsburg)

lunedì 28 novembre 2016

I cristiani sono il gruppo più perseguitato ma di loro si parla di meno


Visita in Vaticano del Sottosegretariato ungherese per la protezione e per il soccorso dei cristiani perseguitati

(a cura del Programma Ungherese della Radio Vaticana - Márta Vertse e P. László Vértesaljai SJ)

 

Visita ufficiale in Vaticano

Il 23 novembre Bence Rétvári, segretario di stato parlamentare del Ministero delle Risorse Umane e Tamás Török, vice-segretario di stato del Sottosegretariato per la protezione e per il soccorso dei cristiani perseguitati sono stati ricevuti in Vaticano da S. E. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati. All’incontro ha partecipato anche Mons. Joseph Murphy, referente degli affari ungheresi. La delegazione ungherese poi si è incontrata con S. Em. Card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e, nella sede del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, con Mons. Silvano Maria Tomasi segretario del dicastero.

I due segretari di stato in un’intervista rilasciata alla sezione ungherese della Radio Vaticana hanno spiegato l’iniziativa del governo del loro paese.
L'On. Rétvári e il Dott. Török alla Radio Vaticana con P. Vértesaljai SJ
(foto: RV)
 
Il motivo della creazione di un Sottosegretariato per la difesa dei Cristiani nel mondo

La decisione di creare un Sottosegretariato per la difesa dei Cristiani nel mondo giunge dopo la consueta riunione dei parlamentari cristiani europei e i rappresentanti cristiani mediorientali tenutasi recentemente vicino a Roma. Alla conferenza ha partecipato una delegazione governativa guidata dal Primo Ministro ungherese Viktor Orbán. Della delegazione faceva parte anche Zoltán Balog, Ministro delle Risorse Umane. Alla riunione si sono susseguite le testimonianze dei leader religiosi e fedeli laici cristiani provenienti dal Medio Oriente, dalla Corea del Nord e dall’Africa Settentrionale e Centrale. Il breve incontro ha evidenziato la drammaticità e la misura gigantesca della persecuzione dei cristiani in diverse parti del mondo, quindi il governo ungherese ha ritenuto opportuno di istituire un ufficio che richiami l’attenzione sul problema.

È vero che già nel 2011, cioè prima della crisi migratoria, quando l’Ungheria ha detenuto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, la persecuzione dei cristiani è stata inserita tra i temi principali della sua agenda.
La delegazione ungherese ricevuta in Segreteria di Stato
da S.E. Mons. Paul R. Gallagher e Mons. Joseph Murphy
 
I cristiani rappresentano il gruppo più perseguitato nel mondo

L’On. Bence Rétvári, segretario di stato ha rilevato che attualmente i cristiani rappresentano il gruppo più perseguitato nel mondo. L’Ungheria è un paese di tradizione, di cultura e di religione cristiana. Per questo motivo ritiene il suo dovere di aiutare queste persone. Si tratta di centinaia di milioni di vite umane. Non si tratta di un’esagerazione – questa è la cruda verità – ha sottolineato il politico. Ogni giorno, ogni ora, uomini, donne i bambini muoiono in tutto il mondo solo per il motivo di essere cristiani e non i seguaci di un’altra religione.

L’Ungheria ritiene suo dovere morale di richiamare l’attenzione del mondo alla persecuzione che queste persone devono subire nel 21mo secolo, che in Europa nessuno potrebbe neanche immaginare. Vogliamo che questo problema non sia trattato solamente da gruppi e organizzazioni civili, associazioni, non solo loro rappresentino la questione nell’ONU, nel Consiglio d’Europa, ma anche da uno stato membro. L’Ungheria vuole essere promotrice di quest’impegno, con centro a Budapest, da dove potrebbero irradiarsi le informazioni sulle grandi dimensioni della persecuzione dei cristiani nelle diverse parti del mondo.

… e di loro si parla di meno in assoluto

Diciamo spesso che le porte del mondo si sono spalancate, nell’epoca dell’internet l’informazione è libera. Questo è vero solo in parte. Le notizie sul fatto più grave, sulla persecuzione più grande non arrivano quasi mai. Questa è la nostra missione, il nostro compito: dobbiamo ristabilire l’equilibrio. I cristiani sono il gruppo più perseguitato e di loro si parla di meno in assoluto. Di gruppi molto meno numerosi ne parliamo molto di più: nascono dichiarazioni ufficiali, documenti ideologici che parlano di discriminazione legale, di svantaggio giuridico. Qui non si tratta di discriminazione legale ma di pericolo di vita che precede ogni altro pericolo. In Europa bisogna finalmente accettare che in molti luoghi del mondo cristiani soffrono a causa delle persecuzioni. Non possiamo chiudere gli occhi perché questo può costare la vita di migliaia di persone.

Dobbiamo aiutare le comunità cristiane a poter restare nel loro paese

Dobbiamo aiutare le persone che veramente sono vittime di persecuzioni, che fuggono veramente dal pericolo di morte, che vivono in zone di guerra. Dobbiamo aiutare le comunità cristiane a poter restare nel loro paese dove sono presenti da duemila anni e a poter vivere secondo la loro religione. Che non sia possibile in nessun paese punire con la pena di morte una persona che si converte dall’islam al cristianesimo, non sia perseguibile chi detiene a casa una Bibbia, non siano distrutte chiese e scuole cristiane. L’Ungheria conta di avere alleati in questo campo.

Sia riconosciuto: La crisi attuale del Medio Oriente creata dal sedicente Stato Islamico è un genocidio!

Dobbiamo muoverci in due direzioni. Da una parte richiamare l’attenzione tramite tutti i mezzi di comunicazione al fenomeno grave della persecuzione, dall’altra parte dobbiamo mettere in pratica le affermazioni del documento di base discusso recentemente nel parlamento ungherese (vedi testo .pdf) che senza riserve afferma: la crisi attuale del Medio Oriente creata dal sedicente Stato Islamico è un genocidio, crimine contro l’umanità. La Corte Penale Internazionale deve agire contro chi commette questi crimini feroci, deve punire gli ideatori e perpetratori di questo sistema disumano.

martedì 22 novembre 2016

Che cosa significa essere un Asburgo nel 21esimo secolo?

Nascere con il cognome Asburgo è divertente e strano allo stesso tempo. È bello essere parte di una famiglia con radici che risalgono a più di 1.000 anni fa. È sicuramente divertente avere un cugino che ti ospita in quasi tutti gli angoli del mondo. Il rovescio della medaglia è che, in un certo senso, si è sempre sotto indagine. I compagni di classe, ogni volta che il tuo cognome viene citato durante le lezioni di storia (in pratica in tutti i secoli, a partire dal XIII) ti osservano con aria strana. Tuttavia debbo ammettere che si tratta certamente di un’esperienza emozionante.
 
Un pensiero ci assilla costantemente: cosa vuol dire essere un Asburgo oggi? Qual è l'insieme dei valori comuni caratterizzanti il nome di questa casa regnante, che non governa più da quasi 100 anni?
 
In un certo senso, fu questa la domanda che la famiglia stessa si pose quando decise di tenere il nostro primo raduno internazionale dopo ormai più di 15 anni. Abbiamo così deciso di tornare alle nostre radici cattoliche e compiere un pellegrinaggio a Roma, al termine dell'Anno della Misericordia, per incontrare il Successore di Pietro. La decisione si è dimostrata essere molto saggia.
 
Dopo mesi di preparazione, quasi 300 membri della famiglia Asburgo, provenienti da tutto il mondo, sono arrivati a Roma per un fine settimana intenso. Il pellegrinaggio ha riunito componenti della famiglia che non si erano mai incontrati prima (tranne che attraverso una pagina privata di Facebook, utilizzata negli ultimi due anni), con un unico elemento in comune:  l’appartenenza a questa numerosa famiglia. Abbiamo trascorso piacevolmente il tempo insieme, abbiamo magiato la pasta, poi pregato e camminato per le vie di Roma insieme.
 

Durante il nostro incontro con Papa Francesco, che era inondato da decine di bambini nella sala Clementina ma parlava con amore anche con le "nonne", abbiamo scoperto che i valori che sono stati al centro della nostra famiglia da secoli, sono quelli che ci condurranno verso il futuro.
 
Il Papa ci ha parlato del nostro famoso antenato, il Beato Imperatore Carlo (la cui reliquia gli abbiamo offerto come regalo), sottolineando che il beato Carlo era, prima di tutto, un padre di famiglia. Francesco ci ha incoraggiato ad aiutare il mondo a riscoprire il valore della famiglia nei tempi odierni. Questa è per noi una cosa naturale. Io stesso, ad esempio, vivo beato con una moglie fantastica e sei meravigliosi figli – certo, non arrivo ai livelli dell’Imperatrice Maria Teresa, che ebbe sedici figli, ma comunque...
 
Il Santo Padre ci ha anche invitato ad imitare il beato Carlo, contribuendo a costruire un’Europa unita – cosa alla quale ci dedichiamo, attraverso il nostro impegno in politica o, nel mio caso, in qualità di diplomatico.
 
Papa Francesco ci ha incoraggiato a proseguire nelle molte attività sociali che ci vedono impegnati, come la promozione della pace (uno dei nostri cugini lavora nel Sud Sudan), l'aiuto ai poveri (come fanno tanti nostri cugini), agli emarginati e alle minoranze (il capo della nostra famiglia, Karl, si dedica a questo).
 
Il Papa è stato molto contento che fossero nate in seno alla famiglia anche vocazioni sacerdotali – mio fratello Paul è infatti il nostro primo sacerdote da quasi 200 anni e ve ne sono altri "sulla buona strada".
 
Ma, soprattutto, ci ha chiesto di essere un faro di pace in questi tempi molto difficili, come il Beato Carlo lo fu fin dal primo momento del suo regno, che ebbe inizio proprio 100 anni fa. Era l'unico monarca in Europa ad aver vissuto gli orrori della guerra in prima persona e l'unico che ascoltò l'appello alla pace di Papa Benedetto XV. Se poi, questa iniziativa di pace non andò in porto, non fu certo colpa sua. Il Papa ci ha invitato con decisione a promuovere la pace, come aveva fatto il Beato Carlo, "anche a costo di essere incompresi e derisi". Un messaggio che, volentieri, porteremo nel mondo.
 
Durante il nostro incontro abbiamo tutti colto il grande carisma di Papa Francesco: la sua comprensione istintiva delle persone, dei gruppi e dei Paesi e delle loro potenzialità attuali. Attraverso le istituzioni della Santa Sede, Papa Francesco è impegnato in processi di mediazione e di pace in tutto il mondo. Con le sue parole ci ha mostrato cosa vuol dire essere un Asburgo oggi.
 
Abbiamo scoperto che il significato non lo dobbiamo cercare altrove perché, semplicemente vivendo la nostra fede cattolica, ci saranno tutti gli elementi. È con questo spirito rinnovato che stiamo programmando la nostra prossima riunione di famiglia. Vediamo, dove ci porterà.


Eduard Habsburg

 
(L'orginale inglese è uscito sul "Catholic Herald", del 18 novembre 2016)

mercoledì 16 novembre 2016

Visita del Ministro degli Esteri ungherese in Vaticano


Il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio Internazionale d’Ungheria, On. Péter Szijjártó è stato ricevuto dal suo omologo vaticano, Mons. Paul Richard Gallagher venerdì 11 novembre. Il Ministro Szijjártó ha voluto restituire la visita a Budapest di Mons. Gallagher dell’anno scorso.

Il Ministro Péter Szijjártó e Mons. Paul Richard Gallagher in Vaticano
(foto: Ministero Affari Esteri ungherese)
Durante i cordiali colloqui sono stati toccati argomenti di comune interesse, come la situazione dell’UE, la crisi dei migranti e l’impegno a favore dei cristiani perseguitati. In relazione alla difesa dei cristiani l’On. Szijjártó ha sottolineato l’impegno del Governo ungherese, nonostante certi pregiudizi contrari che si riscontrano in Europa. Per quanto riguarda il fenomeno migratorio è stata sottolineata la necessità della solidarietà tra i Paesi coinvolti. Solidarietà che, secondo la posizione del Governo ungherese, si esprime non esclusivamente nell’accoglienza ma anche nell’aiuto ai Paesi di origine dei migranti, ma anche nella difesa delle proprie frontiere e nell’aiuto a difendere i propri confini ai Paesi che ne abbiano bisogno.

Visto che l’incontro è avvenuto nel giorno di San Martino il ministro degli esteri ungherese ha voluto regalare al Segretario per i Raporti con gli Stati una medaglia d’argento coniata dalla Banca Nazionale Ungherese per il XVII centenario della nascita del Santo. Da grande tifoso e, fino a poco fa anche giocatore di futsal, il Ministro Szijjártó ha portato a Mons. Gallagher anche un pallone di calcio, con la riproduzione della firma del grande campione ungherese degli anni ’50 Ferenc Puskás.


Un pallone di calcio in regalo a Mons. Gallagher
(foto: Ministero Affari Esteri ungherese)
L’Ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen, a sua volta, ha colto l’occasione per presentare ai due ministri degli esteri il volume, appena pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, sui rapporti diplomatici tra la Santa Sede e l’Ungheria.
 

martedì 15 novembre 2016

Celebrazioni a chiusura dell’Anno San Martino in Ungheria


Le celebrazioni conclusive dell’Anno San Martino in Ungheria si sono svolte in occasione della festa liturgica del Santo (11 novembre), nato 1700 anni fa a Savaria, l’odierna Szombathely, in Ungheria.
Il 10 novembre, nel Palazzo del Parlamento di Budapest, si è svolto il convegno “SanMartino e l’Europa”, organizzato dalla Conferenza Episcopale Ungherese e dal Governo. Oltre agli interventi di Mons. András Veres, Presidente della Conferenza Episcopale e, fino a pochi mesi fa, vescovo di Szombathely, del Cardinale Péter Erdő Primate d’Ungheria, del Vicepresidente dell’Assemblea Nazionale On. Sándor Lezsák e del Primo Ministro On. Viktor Orbán, diversi studiosi di scienze storiche e religiose hanno illustrato la vita e l’influsso di San Martino sulla vita religiosa in Europa.

Il Card. Erdő al convegno in Parlamento
(Foto: Zita Merényi/Magyar Kurír)
Il Cardinale Erdő, in particolare, ha sottolineato la rilevanza storica della “riforma” di Martino: dell’avvio, cioè, della pastorale delle campagne gettando le basi del moderno sistema parrocchiale, nonché della formazione dei futuri sacerdoti.

Celebrazione nell'Arciabazia di Monte San Martino/Pannonhalma
(Foto: Attila Lambert/Magyar Kurír)
L’11 novembre, nella Basilica di Pannonhalma, l’Arciabazia benedettina dedicata a San Martino, la solenne celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Cardinale Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna. Ha seguito una conferenza con la presentazione dei diversi progetti avviati o compiuti durante l’anno giubilare, come la distribuzione quotidiana di un pasto caldo ai poveri della zona, con il coinvolgimento degli studenti del liceo benedettino. All’occasione è stata presentata anche la versione inglese del catalogo della mostra “SanMartino e la Pannonia”, allestita a Szombathely e a Pannonhalma, le due località ungheresi più legate al Santo, che ha visto l’esposizione di numerosi reperti archeologici, finora inediti, ad illustrazione della continuità della vita cristiana nella Pannonia tra il IV e il IX secolo d.C.

Omaggio a S. Martino, al termine della processione a Szombathely
(Foto: Zita Merényi/Magyar Kurír)
A Szombathely, la sera del 12 novembre, dopo i vespri solenni celebrati nella Cattedrale da Mons. István Seregély, Arcivescovo emerito di Eger, la tradizionale processione con lampioni e torce si è snodata attraverso le vie del centro fino alla Chiesa di San Martino, costruita, secondo la tradizione, sulla casa natale del Santo.

La reliquia del capo di San Martino esposto alla venerazione dei fedeli
nella Cattedrale di Szombathely (Foto: Zita Merényi/Magyar Kurír)
Il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, in occasione della chiusura dell’anno giubilare, ha salutato i vescovi ungheresi con una lettera speciale.

lunedì 14 novembre 2016

Martino, il santo patrono dell’economia sociale di mercato


Con la festa liturgica di San Martino si sono chiuse in Ungheria le celebrazioni dell’Anno giubilare dedicato al Santo nel XVII centenario della sua nascita. Il 10 novembre nel Palazzo del Parlamento si è tenuta una conferenza storico-teologica, organizzata dalla Conferenza Episcopale Ungherese e dal Governo ungherese, dedicata alla figura e all’eredità di San Martino di Tours. Inaugurato con il discorso del Primate d’Ungheria, il Cardinale Péter Erdő, l’evento è stato chiuso dal discorso del Primo Ministro d’Ungheria, Viktor Orbán, il quale ha definito Martino “il santo patrono dell’economia sociale di mercato”.

Condividiamo prima il riassunto in inglese del discorso del Primo Ministro e, sotto, la tradizione inglese del testo completo.

 
Il Primo Ministro Viktor Orbán alla conferenza San Martino nel Parlamento
(foto: kormany.hu)

St. Martin, the Patron Saint of the Social Market Economy

giovedì 10 novembre 2016

Vice Primo Ministro ungherese dal Papa – presentato il progetto MISERICORDIA


Per un mese intero, davanti a Castel Sant’Angelo, l’installazione artistica “MISERICORDIA” ha richiamato l’attenzione i pellegrini e turisti sul tema centrale dell’Anno Santo straordinario che ormai volge al termine.


Ervin Hervé-Lóránth, ideatore del progetto, l'On. Semjén, l'Amb. Habsburg
e il Sottosegr. Potápi davanti al Progetto MISERICORDIA
(Foto: K. Várhelyi)
Si trattava di un omaggio del Governo ungherese al Santo Padre, collegando, tra l’altro, il tema centrale del Giubileo della Misericordia all’Anno San Martino, molto sentito in Ungheria. L’installazione artistica tridimensionale era latore anche l’invito ad un gesto di misericordia corporale, facendo cioè, tramite una app della “Hug – tap to donate” una donazione a favore delle opere del Circolo S. Pietro.

Il Vice Primo Ministro Zsolt Semjén dal Santo Padre
(foto: OR)
Il progetto è stato presentato anche al Santo Padre, al termine dell’Udienza generale del 9 novembre, direttamente dal Vice Primo Ministro d’Ungheria, l’On. Zsolt Semjén, accompagnato dal Sottosegretario per gli ungheresi nel mondo, l’On. Árpád Potápi. Sono stati loro, da parte del Governo ungherese, i principali promotori e sostenitori dell’iniziativa che ha avuto anche il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura.
Il Vice Primo Ministro Semjén ha presentato a Papa Francesco una medaglia d’argento commemorativa dell’Anno San Martino.
 

mercoledì 9 novembre 2016

Discorso del Presidente della Fondazione Cardinale Mindszenty, Mihály Habsburg-Lothringen (Santo Stefano Rotondo al Celio 4 novembre 2016)


Mihály Habsburg-Lothringen, Presidente della Fondazione Mindszenty
(Foto: Klára Várhelyi)
Eccellenze, Reverendissimi Padri,

Kedves Mindszenty bíboros tisztelők, Hölgyeim és Uraim!


Un saluto molto cordiale nel nome della Fondazione Cardinale Mindszenty in questa bellissima Basilica minore di Santo Stefano Rotondo al Celio, chiesa titolare scelta dal Primate di Ungheria, diventata Chiesa nazionale per tutti gli Ungheresi.

Proprio oggi 60 anni fa, il Cardinale Mindszenty, non potendo più tornare dal Parlamento dove si trovava, nel suo Palazzo a Buda perché i ponti erano o ancora distrutti o già occupati dai carri armati sovietici, correndo fra gli spari e i tiri ha potuto raggiungere la missione diplomatica più vicina, ossia quella degli Stati Uniti. Il Presidente Eisenhower accordò personalmente l'asilo politico all'alto ospite entro mezz'ora.

Il 4 novembre 1956 è anche il giorno nel quale l’eroica lotta per la libertà del popolo Ungherese ha trovato la sua fine tragica. Questa lotta è durata solo 13 giorni, dal momento quando gli studenti comminciarono la loro marcia, il 23 ottobre - oggi Festa Nazionale - e che in poco tempo a coinvolto tutto il Paese.


sabato 5 novembre 2016

Commemorazione dei 60 anni della Rivoluzione del 1956 - saluto dell’Ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen



L'amb. Eduard Habsburg-Lothringen
(Foto: K. Várhelyi)
Eminenza Reverendissima, Eccellenze, Reverendissimi Padri, cari Colleghi e Amici, vi ringrazio tutti per aver voluto unirvi a noi questa sera.

Saluto con deferenza Sua Eminenza il cardinale Walter Brandmüller, Presidente  emerito del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Ringrazio per la loro presenza i colleghi Ambasciatori, i Reverendissimi Monsignori e i membri della comunità ungherese di Roma. Un saluto affettuoso agli alunni di Sopron, dall’Ungheria.


Cari Amici,

“Noi, ungheresi, vogliamo vivere e agire come vessilliferi di una pace intima e familiare tra le nazioni europee. Non di quella artificiosamente proclamata, ma di una pace vera con ciascuna. (…) Noi, una piccola nazione, vogliamo vivere un’amicizia e una stima reciproca, pacifica ed indisturbata sia con i grandi Stati Uniti d’America che con l’enorme impero russo. Vogliamo vivere il buon vicinato con Praga, con Bucarest, con Varsavia e con Belgrado. Dell’Austria, invece, debbo dire a questo riguardo che, in seguito al suo atteggiamento fraterno in mezzo al nostro travaglio presente, tutti gli ungheresi l’hanno racchiusa nei loro cuori.”

Sono parole piene di gratitudine e di speranza quelle del discorso radiofonico, pronunciato il 3 novembre 1956, dal Card. Mindszenty dopo la sua liberazione. Eppure, il giorno seguente, esattamente sessanta anni fa in queste ore, la Nazione ungherese stava vivendo uno dei momenti più tragici della sua esistenza. All’alba del 4 novembre 1956, infatti, le forze sovietiche hanno lanciato l’attacco a Budapest, per soffocare nel sangue la rivoluzione ungherese.


Commemorazione della Rivoluzione del 1956 a S. Stefano Rotondo


(Foto: Klára Várhelyi)
Nel sessantesimo anniversario della Rivoluzione e Guerra d’Indipendenza ungherese del 1956 una commemorazione delle vittime è stata celebrata la sera del 4 novembre, nella Basilica di S. Stefano Rotondo al Celio. Un’occasione anche per ringraziare le Istituzioni e ricordare le persone che quella volta avevano generosamente aiutato l’Ungheria e i suoi esuli. Al termine dell’evento è stata inaugurata una lapide in ricordo del Card. József Mindszenty, già titolare della Basilica stessa, nonché allestita una mostra sulla sua vita.

Alla presenza dei membri del corpo diplomatico accreditato presso la S. Sede, dei rappresentanti di vari istituti ecclesiali dell’Urbe, della comunità ungherese di Roma, nonché di esponenti della società romana, ma anche di pellegrini, la preghiera diringraziamento e di suffragio è stata guidata da Mons. László Németh, coordinatore pastorale degli ungheresi in Italia, con l’assistenza del coro degli alunni ungheresi del Collegio Germanico-Ungarico.

Commemorazione dell'anniversario del 1956 nella Basilica di S. Stefano Rotondo
Nel suo saluto l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen ha ringraziato la Santa Sede, ricordando gli interventi di Papa Pio XII a favore degli ungheresi, nonché il Sovrano Militare Ordine di Malta, che sessant’anni fa si trovava in prima linea nel soccorrere i bisognosi durante e dopo la rivoluzione. Ha voluto ricordare, a pochi giorni dalla sua scomparsa, P. Tommaso Toschi, il “frate volante” che tanto ha fatto per gli esuli magiari.
L'Ambasciatore d'Ungheria in Italia, Péter Paczolay
(foto: Klára Várhelyi)

Péter Paczolay, Ambasciatore d’Ungheria in Italia ha illustrato il legame della chiesa di S. Stefano Rotondo con gli ungheresi e con il Card. Mindszenty. Ha rievocato anche la rilevanza di S. Giovanni da Capestrano nel ricordo della rivoluzione del 1956: in primo luogo, la coincidenza della data della sua festa con quella dello scoppio della rivoluzione: il 23 ottobre, appunto; inoltre, la tradizione delle commemorazioni ungheresi della rivoluzione che a partire dal 1966 si sono sempre svolte a Capestrano. Ha rilevato come in tante città e in tanti paesi italiani vi sia rimasto un segno tangibile della simpatia, della generosità e dell’accoglienza che gli italiani sessant’anni fa avevano testimoniato nei confronti degli ungheresi: si tratta delle numerose vie e piazze intitolate all’Ungheria e ai suoi martiri.

Michael Habsburg-Lothringen, presidente della Fondazione Cardinale Mindszenty ha parlato della figura dell’eroico primate ungherese in riferimento agli eventi del ’56. Ha annunciato che il sogno di Mindszenty, di avere cioè un milione di persone in preghiera per l’Ungheria, oggi è una realtà viva, e nel Paese il cristianesimo ha un ruolo fondamentale.


Mostra sul Card. Mindszenty (a cura di Gergely Kovács)

Le preghiere e i canti in suffragio delle vittime della Rivoluzione del 1956, e dei soccorritori sono stati accompagnati dall’accensione delle candele, collocate intorno all’altare da studenti provenienti dalla città di Sopron.
Il Card.Brandmüller, l'Amb. Paczolay, l'Amb. Habsburg,
Mons. Acerbi davanti alla la lapide del Card. Mindszenty
(Foto: Klára Várhelyi)
A conclusione della commemorazione, nel vestibolo della Basilica di S. Stefano Rotondo il Cardinale Walter Brandmüller, Presidente emerito del Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha benedetto la nuova lapide marmorea in ricordo del Cardinale Mindszenty. L’epigrafe ungherese-italiana rievoca tutta la storia dei legami con gli ungheresi, dei quali la basilica è chiesa nazionale. Due formelle di bronzo, opere dello scultore Róbert Csíkszentmihályi, raffigurano il Cardinale Mindszenty e lo stemma dell’Ungheria, sorretta dall’angelo custode.

Aggiornamento:
Ecco il resoconto dell'evento da Andrea Gagliarducci su Aci Stampa:

Lapide ungherese nella Basilica di S. Stefano Rotondo al Celio(opera di Róbert Csíkszentmihályi)
 
L’esposizione e la pubblicazione del libro è stata sostenuta dal Comitato commemorativo istituto per il 60mo anniversario della Rivoluzione e Guerra d’indipendenza del 1956.
 




giovedì 3 novembre 2016

In memoriam P. Tommaso Toschi o.f.m.

In occasione delle esequie di P. Tommaso Toschi o.f.m. l'Ambasciatore d'Ungheria, Eduard Habsburg-Lothringen ha indirizzato il seguente messaggio alla comunità dei Frati Minori di Bologna.



Reverendissimo Padre,

          con profonda commozione ho appreso la notizia della morte di P. Tommaso Toschi e vorrei far giungere, a nome dell’Ungheria che ho l’onore di rappresentare, le espressioni più sincere di cordoglio a tutta la vostra Comunità. Solo pochi giorni or sono mi è giunto un suo messaggio che diceva: “Io prego per voi, voi pregate per me”. Vorrei adempiere a questa sua richiesta, ricordandolo in special modo domani, in occasione della nostra veglia in ricordo della Rivoluzione del 1956 nella Chiesa di S. Stefano Rotondo a Roma.

Proprio in questi giorni ricorre, infatti, il sessantesimo anniversario della Rivoluzione e Guerra d’Indipendenza ungherese del 1956. Il ricordo di quell’evento, di fondamentale importanza per il popolo ungherese e per il mondo intero, ci porta a fare memoria di quanta solidarietà ed assistenza l’Ungheria e i suoi esuli hanno ricevuto in quei giorni e in seguito alla cruenta repressione della Rivoluzione medesima. Con grato animo pensiamo a Padre Toschi, già collaboratore stretto del Cardinale Giacomo Lercaro, Arcivescovo di Bologna. In quei tragici ma insieme gloriosi giorni egli fu uno degli artefici della manifestazione solenne e commovente di affetto e di simpatia per la Nazione ungherese. Si è, poi, prodigato per soccorrere gli esuli ungheresi, aiutandoli ad iniziare una nuova vita. Fu un investimento di amore che come tale rende sempre copiosi frutti. Così è stato per la Nazione ungherese, la quale, grazie anche alle preghiere pronunciate a Bologna in quei giorni di sessanta anni fa, poté mantenere viva nei cuori la fiamma della libertà e di riconquistarla, in seguito, con altri mezzi.

In occasione delle esequie del compianto Padre Tommaso Toschi desidero esprimere, a nome del mio Governo, tutta la gratitudine dell’Ungheria per quanto egli, assieme alla Chiesa di Bologna ha fatto per il nostro Popolo con le sue azioni e, soprattutto, con le sue preghiere.
            Voglia credere, Reverendissimo Padre, all’espressione della mia più sincera stima,
 
Eduard Habsburg-Lothringen
Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede