lunedì 30 maggio 2016

Iniziativa della Chiesa ungherese e del Governo a favore dei profughi


La Conferenza Episcopale Ungherese e il Governo di Budapest hanno deciso di concentrare i loro sforzi assistenziali sui profughi che vivono nei vari Paesi del Medio Oriente.

Il risultato della colletta straordinaria, indetta dai vescovi il 24 gennaio scorso, è stato di 85 milioni di fiorini (HUF). Il Governo ungherese, da parte sua, integrerà tale somma con 120 milioni di fiorini. (N.B.: il salario medio netto in Ungheria è di 172.000 HUF, circa 550 EUR.)

Conferenza stampa con (partendo da destra) Mons. András Veres, il Ministro Zoltán Balog
e il Sottosegretario agli affari religiosi Miklós Soltész
(foto: Magyar Kurír/Attila Lambert)
L’annuncio è stato dato, il 23 maggio, dal Ministro per le Risorse Umane, On. Zoltán Balog e dal presidente dei vescovi ungheresi Mons. András Veres, il quale ha voluto rammentare che già lo scorso autunno la Conferenza Episcopale aveva inviato una somma di 30 milioni di HUF per gli stessi scopi umanitari.

“In occasione del Sinodo dell’autunno scorso – ha detto Mons. Veres – i vescovi della Siria e dell’Iraq hanno chiesto ai presenti di non promuovere l’esodo dei cristiani del Medio Oriente dalla loro terra natale, ma di aiutarli piuttosto a sopravvivere in posti più vicini alla loro patria. Per questo la Conferenza Episcopale Ungherese ha deciso di impiegare le proprie risorse per assicurare l’istruzione dei bambini profughi, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa.”

Gli aiuti dei vescovi e del Governo ungherese copriranno le spese scolastiche per un anno a circa 400 bambini dei campi profughi di Giordania, Nord Iraq e Libano. Le somme verranno affidate all’organizzazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Kirche in Not), poiché il Governo è convinto che la millenaria tradizione caritatevole della Chiesa cattolica sia la migliore garanzia per far arrivare gli aiuti dove veramente ce n’è bisogno.

Il Ministro Zoltán Balog ha ricordato che l’Ungheria preferisce i gesti concreti di solidarietà. Il Governo, infatti, ha offerto 5 milioni di EUR per la costruzione di un ospedale in Siria, e ha stanziato 200 milioni di HUF alle principali organizzazioni caritative che si prendono cura dei migranti alle frontiere dell’Ungheria.

venerdì 27 maggio 2016

Visita alla Chiesa Greco Cattolica Ungherese


L'Ambasciatore Habsburg-Lothringen
con il Metropolita Fülöp Kocsis a Hajdúdorog
Su invito di S.E. il Metropolita Fülöp Kocsis di Hajdúdorog ho trascorso un fine settimana con la Chiesa Greco Cattolica Ungherese. L’invito mi è venuto per partecipare al Convegno sulla pastorale della famiglia, il 21 maggio a Hajdúdorog, storica sede della chiesa cattolica di rito bizantino in Ungheria.

Si tratta di una Chiesa orientale che conta circa 300.000 fedeli, concentrati prevalentemente nella parte nord-orientale del Paese, divisi in tre eparchie, quella metropolitana di Hajdúdorog (con sede a Debrecen), quella di Miskolc e quella di Nyíregyháza, di recente istituzione, retta da un amministratore apostolico. I loro vescovi fanno parte della Conferenza Episcopale Cattolica Ungherese (MKPK). La Chiesa Greco Cattolica Ungherese ha festeggiato di recente il centenario della sua fondazione vera e propria. Fu, infatti, San Pio X a istituire nel 1912 l’Eparchia di Hajdúdorog per i cattolici orientali di lingua ungherese.

Con il Metropolita Kocsis e i suoi collaboratori a Máriapócs
Fanno impressione i loro sacerdoti nella loro lunga veste talare nera, accompagnati dalla moglie e dai bambini, che sono numerosi. I greco cattolici, anche in Ungheria, hanno conservato la disciplina orientale e così il clero uxorato. Anche la loro sensibilità teologica è orientale. Chi non è abituato può trovare strano per esempio che non ci s’inginocchia entrando in chiesa, pure se c’è il Santissimo Sacramento, ci s’inchina invece quasi fino a terra; così pure durante la consacrazione si sta in piedi poiché – come dicono loro – “i latini inginocchiandosi vogliono fissare il momento esatto della transustanziazione, mentre da noi non è cosi fisso: come si potrebbe definire il momento esatto di una nascita?” Bellissima la liturgia con abbondanti benedizioni con candele, incenso, canti a non finire (che i fedeli conoscono a memoria).

Iconostasi della chiesa di Máriapócs
Ho visitato il più importante santuario mariano della regione, quella di Máriapócs (ci venne in pellegrinaggio anche S. Giovanni Paolo II, nel 1991). L’esterno della bellissima chiesa barocca ha l’aspetto di una chiesa latina, dentro invece è l’enorme iconostasi di sfolgorante bellezza ad attirare l’attenzione. Sull’altare della crociera è conservata l’icona miracolosa della Madonna, che nel novembre del 1696 per più settimane ha versato abbondanti lacrime. Trasportata a Vienna per volere dell’Imperatore Leopoldo, essa si trova tuttora nella Stephansdom di Vienna, mentre a Máriapócs se ne conserva una copia, che però a sua volta ripeté il miracolo della lacrimazione nel 1715 e nel 1905.

Ospiti di una famiglia rom a Hajdúdorog
La Chiesa Greco Cattolica Ungherese è molto impegnata nella pastorale dei rom (o zingari) e hanno delle ottime iniziative in questo settore. Il Metropolita Fülöp Kocsis mi ha portato a visitare una comunità di zingari vicino a Hajdúdorog. Ho visto così come vivono, come pensano, abbiamo parlato con loro dei problemi quotidiani. Mi hanno parlato di una iniziativa bellissima, la “Casa gentile” (Kedves Ház), una sorta di collegio per studenti rom che vengono aiutati a recuperare il loro svantaggio dovuto alla situazione sociale svantaggiata. Nella città di Debrecen, invece, sono stato ospite del Collegio Speciale dei Rom (Roma Szakkollégium), che aiuta gli studenti universitari rom che studiano in quella città.

Visita al Collegio unuiversitario per rom a Debrecen
 
Il Governo ungherese sostiene queste iniziative cella Chiesa Greco Cattolica perché sa che essa è molto dedicata ed esperta in questo settore. E l’istruzione e l’educazione sono proprio la chiave per superare situazioni di emarginazione e di disagio sociale che colpisce la popolazione rom anche in Ungheria.

Eduard Habsburg-Lothringen
Ambasciatore d’Ungheria

mercoledì 25 maggio 2016

Rinnovamento della pastorale della famiglia – la sfida raccolta dalla Chiesa greco cattolica ungherese


Accogliendo il messaggio del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia e quello dell’Esortazione Amoris Laetitia, la Metropolia Greco Cattolica Ungherese ha organizzato sabato 21 maggio, nella sede metropolitana di Hajdúdorog, un convegno sulla pastorale familiare. L’obiettivo è stato quello di fare il punto della situazione e di proporre vie per il rinnovamento della pastorale della famiglia.

A partecipare sono stati i sacerdoti e le loro famiglie (i greco cattolici hanno il clero uxorato anche in Ungheria), nonché una coppia di laici per ciascuna parrocchia della Chiesa cattolica di rito bizantino ungherese. Il metropolita di Hajdúdorog Fülöp Kocsis ha esortato i partecipanti a non solo rendere più accoglienti le loro chiese ma, allo stesso tempo, a rendere più “ecclesiali” le loro case. presenti anche il vescovo di Miskolc Atanáz Orosz e l’amministratore della Diocesi di Nyíregyháza Ábel Szocska.

L'Amb. Habsburg-Lothringen al convegno
Ospite d’onore dell’evento l’Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede Eduard Habsburg-Lothringen, il quale, nella sua presentazione su “Chiesa nella famiglia – famiglia nella Chiesa” ha condiviso le sue esperienze su come la vita di famiglia sia arricchita della presenza della fede e della Chiesa. Bisogna cominciare col tempo del fidanzamento, che sarebbe anche un tempo per imparare come pregare insieme e per scoprire che anche nella vita spirituale della coppia spesso si parlano “due lingue diverse”. Solo se si comincia presto, si sarà capaci di trasmettere la fede anche ai bambini. L’Ambasciatore Habsburg ha incoraggiato le coppie a confidare nel ricco patrimonio della Chiesa che “da 2000 anni si interessa dell’uomo e della sua vita”.

Eduard Habsburg-Lothringen, forte della propria esperienza di padre di sei figli, ha dato anche dei consigli e delle idee pratiche su come vivere la fede quotidiana in coppia, come trovare un linguaggio spirituale comune, e come trasmettere infine “l’amicizia con Gesù” ai bambini, rispettando sempre le loro diverse personalità. Habsburg ha anche presentato qualche suggerimento ai sacerdoti e vescovi presenti su come la struttura ecclesiale potrebbe aiutare le famiglie e, allo stesso tempo, farsi aiutare dalle famiglie. “Perché credo che Chiesa senza famiglia non sia possibile, come neanche la famiglia cattolica senza la Chiesa”.

Concludendo il convegno il vescovo Atanáz Orosz ha evidenziato la necessità di un cambio paradigmatico nella pastorale della famiglia che presti molta più attenzione alle famiglie e le aiuti a scoprire e a vivere i valori propri della famiglia.

martedì 24 maggio 2016

Reuniting the Relics of St Thomas Becket


Written by the Hungarian Ambassador to the United Kingdom, Péter Szabadhegy, this article appeared in the May 2016 edition of the Westminster Record

Card. Péter Erdő with the relic of St Thomas
arrives to Westminster Cathedral from Esztergom
(foto:
http://rcdow.org.uk/)
In a joint initiative with the Church of England and the Catholic Church of England and Wales, the Embassy of Hungary will bring a relic of St Thomas Becket, which has been kept in Esztergom, Hungary for centuries, to the United Kingdom for a week in May. To launch this Becket Week, a Mass will be celebrated by Cardinal Péter Erdő, Primate of Hungary, Archbishop of Esztergom-Budapest, and Cardinal Vincent Nichols, Archbishop of Westminster, at Westminster Cathedral on 23 May. Also present at the Mass will be János Áder, President of the Republic of Hungary.

During the week, the relic from Esztergom will be displayed and celebrated together with other relics of St Thomas at Westminster Abbey, the Houses of Parliament, Lambeth Palace and Mercer’s Chapel. At the end of the week, the relics will be transferred to Rochester Cathedral and then on to Canterbury Cathedral.

This will be the first time that this particular relic of St Thomas Becket, after having been kept with great reverence in Esztergom, Hungary for 800 years, will visit Britain. The relic represents the deep and manifold historical and cultural links between Hungary and the United Kingdom. The series of events will provide an opportunity for many people to venerate the relics and contemplate the relevance of Thomas Becket in today’s society.

The devotion to St Thomas was revitalised by the Catholic Church in Hungary under the communist regime when the Church suffered serious limitations to her liberty. Since 1977 a candle lighting ceremony and a symposium have been held annually in Esztergom to honour St Thomas Becket on his feast day.
Among the many historical and cultural links uniting England and Hungary, the ideal friendship of the primate seats of Canterbury and Esztergom have particular significance. The story can be traced back as far as the 12th century, when two holy and uncompromising archbishops, Thomas Becket in Canterbury and Lukács Bánfi in Esztergom, fought for the Church’s liberty.

It is very likely that Archbishop Lukács adopted the cult of the martyred Archbishop of Canterbury immediately after his canonization. Written evidence from 1191 suggests that a church and provostship dedicated to St Thomas Becket were already functioning in Esztergom, on the hill named after the holy martyr. The church, founded by either Archbishop Lukács or his successor, Archbishop Jób, was the centre of St Thomas’s cult with a chapter of six canons and proper liturgical texts.

Margaret of France, Queen of England and later spouse of Béla III of Hungary, was also instrumental in bringing the saint’s devotion in Hungary. Queen Margaret had personally known Thomas Becket at the court of her father-in-law Henry II, and she kept the martyr’s memory with great reverence in the court of her second husband, Béla III.

We have no reliable information on how the relics of St Thomas arrived to Hungary. We know, however, that one or two prelates from Hungary were present in Canterbury at the 1220 reburial (translatio) of St Thomas Becket’s body. On that occasion his tomb was opened and relics were extracted. We know that Archbishop János of Esztergom (1205–1223) had the opportunity to meet Archbishop Stephen Langton personally (e.g., at the IV Lateran Council in 1215), and it is reasonable to suppose that he might have asked for a relic for the church dedicated to the saint in Esztergom. It is interesting to note that in Hungary only the Esztergom liturgical calendars celebrated the feast of the translation of St Thomas Becket on 7 July.

The first inventory of the Esztergom Cathedral Treasury, from 1528, reports the presence of St Thomas Becket’s relic (a part of his arm) kept in a gold plated silver reliquary. It testifies to the relic’s presence in Esztergom, before the destruction of Becket’s bones in Canterbury by order of Henry VIII. Another inventory from 1687 proves the relic survived the Ottoman occupation of Esztergom (1543-1683).

The church of St Thomas was indeed completely destroyed during Ottoman rule and the provostship survived only as a titular see held by one of the canons of the Esztergom Metropolitan Chapter. On the site of the former church in St Thomas Hill a small chapel of Our Lady of Sorrows was built in 1823.

It is also significant that the devotion to the martyred bishop, who strenuously defended the Church’s rights against the State, was revitalized in a period when the Church in Hungary suffered serious limitations to her liberty. It was, in fact, Cardinal László Lékai, Archbishop of Esztergom, who in the 1970s introduced a candle lighting commemoration on the 29 December feast day of the saint and had a fragment of the relic transferred to the chapel, where in 1977 a Hungarian-English plaque was unveiled in St Thomas’ memory. Since then every year on the feast of St Thomas, the relics are displayed at the chapel and a commemorative symposium is addressed by high-ranking civil and Church authorities as well as by the Ambassador of the United Kingdom in Hungary.

Lo stile di Severino del Norico

L’articolo dell’Ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen, presidente della Comunità San Severino, è stato pubblicato su l’Osservatore Romano (23-24 maggio 2016, Anno CLVI n. 117).

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Lo stile di Severino del Norico
Carità a piedi scalzi

 
Com’è possibile che l’opera e la figura di un santo del v secolo, vissuto nel periodo in cui l’impero romano andava sgretolandosi lungo il confine danubiano, siano ancora incredibilmente attuali nel XXI secolo? Come può quest’uomo — viaggiatore instancabile, da Mautern, vicino a Krems, su e giù per il Danubio, lui che offriva il suo aiuto, compiva miracoli, dialogava con i goti ariani, abitanti dell’altra parte del fiume, e nello stesso tempo convocava i fedeli con ardore alla preghiera — rappresentare una figura così significativa per ciascuno di noi?

Eppure Severino del Norico è oggi sicuramente più attuale che mai. E non è difficile rintracciarne i motivi. In primo luogo, la Vitasancti Severini, scritta nel vi secolo dall’abate Eugippio, ne descrive l’esistenza come parca, sobria ed essenziale, caratterizzata da miracoli “semplici”, come quelli che potremmo immaginare operanti nella quotidianità. Ognuno di noi, leggendo della sua esistenza dal libriccino, dovrebbe provarne stupore. Il biografo entrò in convento a Favianis, nel Norico, nemmeno trent’anni dopo la morte di Severino, ed ebbe la possibilità di parlare con i monaci più anziani e tutte le persone che l’avevano conosciuto, trascrivendo, così, le informazioni ricevute di prima mano. Il quadro che ne risulta è senz’altro realistico. Ciò si desume anche da un interessante dettaglio. Quando egli racconta che Severino procedeva sempre a piedi nudi, spiega chiaramente ai suoi lettori napoletani che cosa ciò significasse: «Non portava calzari alcuni e si accontentava di camminare scalzo anche nel bel mezzo dell’inverno, in una regione colpita da terribili ondate di gelo». Le rigide condizioni ambientali della zona, infatti, facevano in modo che il Danubio in quei periodi si ricoprisse di una coltre di ghiaccio talmente spessa da permettere un passaggio sicuro ai carri.

Ma c’è di più. C’è un altro aspetto che rende attuale, fortemente attuale la figura di Severino. Ed è la somiglianza del suo apostolato con lo stile che caratterizza il pontificato di Francesco. Anche per Severino, infatti, la predica fondamentale per i cristiani è rappresentata dalla «carità militante». I cristiani sono «faro» nella società, non grazie alle belle parole, ma all’aiuto concreto offerto ai più deboli e ai poveri. Una sintonia che è facilmente rintracciabile passando in rassegna gli eventi descritti nella Vita sancti Severini. Fin dalla prima scena, Severino compie sempre le stesse azioni: offre soccorso, laddove necessario, ogni volta ricorrendo a un accorato appello alla conversione. Grazie alle sue capacità predittive, vite umane si potrebbero salvare, ma la vera salvezza arriva unicamente con il digiuno, la preghiera e la penitenza. Il miracolo si ottiene solo invocando il Signore. Anzi, Severino è sempre inorridito quando la gente attende da lui dei miracoli grandiosi, quando crede che sia lui stesso a farli. Egli non è in grado di fare nulla. Solo quando scorge la prova di fede sincera, allora osa implorare il miracolo.

venerdì 13 maggio 2016

Premio Stephanus e settimana dell’editoria cristiana a Budapest


Si è tenuta tra il 9-14 maggio la XXIV edizione della Settimana del Libro “Santo Stefano” (Szent István Könyvhét) a Budapest. La più grande manifestazione culturale cattolica in Ungheria vede 30 case editrici di ispirazione cristiana – tra cattolici e protestanti – presenti per una settimana intera nella centralissima piazza Ferenciek tere di Budapest.

Settimana del Libro "Santo Stefano" di Budapest
Sugli stand vengono esposte le più importanti novità dell’editoria religiosa di lingua ungherese (71 nuovi libri su 7 mila titoli esposti), alla presenza di una quarantina di autori.

Il libro di László Lukács
su Benedetto XVI
Tra le novità di quest’anno va segnalato il saggio di László Lukács sulla vita e il pontificato di Benedetto XVI (Az igazság munkatársa. Joseph Ratzinger – XVI. Benedek élete és műve. Szent István Társulat 2016 / “Cooperatore della verità. La vita e l’opera di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”), con una premessa autografa del Papa emerito che scrive: “Spero [che tramite il libro] i lettori possano vedere la verità e la bellezza della nostra fede cattolica, il cui servizio considero come compito della mia vita”.
Promotrice della Settimana del Libro è la Società di Santo Stefano (Szent István Társulat), la più antica casa editrice ungherese che dal 1993 ogni anno assegna il Premio “Stephanus” nelle categorie di teologia e di letteratura ad autori che, nei loro libri pubblicati in lingua ungherese, comunicano il sistema di valori universali della cultura cristiana ed europea. Nella lista degli insigniti troviamo – oltre a studiosi ungheresi come il Card. Péter Erdő (1997), P. Mihály Szentmártoni (2003), il Prof. Alexandre Ganoczy (2009), l’Abate Denis Farkasfalvy (2010) – teologi stranieri come il Card. Joseph Ratzinger (1998), il Card. Angelo Scola (2006), il Card. Reinhard Marx (2011), il Card. Gianfranco Ravasi (2013) e Mons. André-Joseph Leonard (2014).

Premio "Stephanus"
Quest’anno a ricevere il Premio “Stephanus” – dalle mani del Card. Erdő e di Mons. Antal Spányi – sono stati lo storico Michael Hesemann (categoria letteraria) e il biblista Rev. Imre Kocsis (categoria teologica).

Anche quest’anno la Settimana del Libro “Santo Stefano” ha dimostrato, come ha affermato il Cardinale Erdő in occasione della cerimonia di premiazione: “Il libro stampato non è obsoleto. Anche oggi ha la sua rilevanza quando invece l’uso degli strumenti elettronici sembrerebbe preponderante. I due si completano a vicenda, i diversi linguaggi della comunicazione intendono egualmente parlare all’uomo della nostra epoca. Siamo chiamati ad annunciare a tutti il messaggio, nella sua pienezza, con ogni linguaggio disponibile.”

CTV - intervista dell'Ambasciatore Habsburg-Lothringen su Europa e S. Martino

Il Centro Televisivo Vaticano ha intervistato l'Ambasciatore d'Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen al margine della tavola rotonda su San Martino, tenutasi il 9 maggio. Tra i temi affrontati: la valutazione del discorso di Papa Francesco sull'Europa e l'attualità di San Martino di Tours.

 

 
 

Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese - testo della lettera di Papa Francesco


In occasione del 75mo anniversario della fondazione del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese in Urbe, celebrato qualche mese fa, Sua Santità Papa Francesco ha inviato una lettera al Cardinale Protettore dell’Istituto, S.Em. Péter Erdő.

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Al Venerabile Nostro Fratello,
il Cardinale di Santa Romana Chiesa
PÉTER ERDŐ
Arcivescovo Metropolita di Esztergom-Budapest
Primate d’Ungheria

Nell’antichissima e celeberrima città di Roma si trovano innumerevoli testimonianze della fede cristiana: non soltanto i venerabili resti terreni degli Apostoli e di santi e la sede del Romano Pontefice, ma anche molte università pontificie e altri istituti cattolici, dove si insegnano la fede e la dottrina della Chiesa con grande fervore e costanza. Non sorprende, perciò, che molte nazioni vi abbiano cercato dimore, dove i loro figli migliori possano risiedere e dedicarsi a studi di alto livello.

Tra queste case si annovera anche il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, fondato dal Nostro Venerato Predecessore Pio XII, il 16 luglio 1940. In seguito, a causa delle varie difficoltà provocate in Ungheria dal regime comunista, non soltanto i pastori e i fedeli della Chiesa Cattolica che vivevano in quella nobile nazione subirono ingiurie e si trovarono esposti al pericolo, ma anche questo istituto. Per tale ragione esso all’epoca chiese e ricevette aiuto dalla Santa Sede.

Abbiamo appreso ora dunque con gioia che questo Istituto festeggia il 75° anniversario della sua fondazione. Desideriamo dunque significargli la nostra benevolenza ed esprimere i nostri sinceri auguri con questa lettera, indirizzata a te, Venerabile Nostro Fratello, che un tempo vi abitasti come allievo, e adesso sei Primate d’Ungheria e rivesti la carica di Protettore di tale Istituto Pontificio.

Auspichiamo vivamente che il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese sostenga anche nel futuro, nel miglior modo possibile, tanto il progresso intellettuale e spirituale di tutti i sacerdoti ungheresi e degli allievi che vi risiedono quanto la loro quanto più stretta comunione con la Chiesa Cattolica e il Romano Pontefice.

Invochiamo infine con la sollecitudine delle nostre preghiere la valida intercessione della Beata Vergine Maria, Magna Domina Hungarorum, di Santo Stefano, primo re d’Ungheria, e degli altri santi e beati ungheresi per tutti gli allievi e i benefattori e i loro familiari, passati, presenti e futuri del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, e con affetto impartiamo la nostra benedizione apostolica, annuncio della grazia celeste e testimonianza della nostra benevolenza, prima di tutto a te, Venerabile Nostro Fratello, con il desiderio che anche a loro giunga per tuo tramite la nostra benedizione insieme a questa lettera.

Dal Palazzo Vaticano, 15 aprile 2016, nell’Anno Santo della Misericordia, anno quarto del Nostro Pontificato.

Francesco

lunedì 9 maggio 2016

L’esempio di San Martino: l’Europa è nata sotto le insegne della misericordia


Pubblichiamo il testo del saluto dell’Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, S.E. Eduard Habsburg-Lothringen, pronunciato durante la tavola rotonda “San Martino di Tours. Personaggio europeo, simbolo di condivisione. Itinerari, eventi, celebrazioni” (Roma, 9 maggio 2016).


Mons. P. Iacobone, Amb. P-Y Fux, Amb. E. Habsburg-Lothringen, M. F-X Tilliette



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Possiamo affermare che San Martino nacque sul territorio dell’odierna Ungheria e l’odierna Ungheria nacque nel segno di San Martino.

L’antica città di Savaria, oggi Szombathely, diede i natali al Santo mille e settecento anni fa. La sua memoria rimase viva sul posto e sappiamo che persino Carlo Magno volle recarsi in pellegrinaggio a Savaria in onore di questo Santo. Quel Carlo Magno che, giustamente, è considerato precursore dell’Europa unita. E questo spiega anche il perché del Premio Carlo Magno che pochi giorni fa è stato consegnato a Papa Francesco.

L’Ungheria come Stato indipendente ebbe come primo patrono proprio San Martino. Fu, infatti, il suo aiuto che re Santo Stefano invocò per vincere la scommessa della fondazione di uno Stato europeo – che a quei tempi voleva dire cristiano. E dimostrò la sua gratitudine verso San Martino con la costruzione dell’Abbazia Benedettina di Pannonhalma, altrimenti chiamata Monte di San Martino, fondata pochi anni prima da suo padre il Principe Géza.

Oggi è più che mai attuale la sua figura. Non solo perché nel suo nome il nostro continente era unito per secoli.

Se ci pensiamo, il suo mantello, tagliato a metà per aiutare il mendicante, ossia la “cappella”, è divenuta l’insegna dei re franchi e poi degli imperatori che in un certo senso unificarono l’Europa. E, se ci pensiamo questa “cappella” è il segno concreto della misericordia. Potremmo dire quindi che l’Europa è nata sotto le insegne della misericordia, insegnatale da San Martino. Ed eccoci al messaggio attualissimo di Papa Francesco.

Lo stesso messaggio che San Giovanni Paolo II, visitando Szombathely nel 1991, formulò nei seguenti termini:

„Voi vi ispirate ad un generoso vostro conterraneo, ad un fedele discepolo di Cristo: San Martino, patrono della vostra Diocesi. Prendete come modello colui che, secondo la tradizione, tagliò in due parti il mantello dandone una metà ad un mendicante ignudo. (…) Il mio pensiero si volge, in questo momento, a tutti i poveri di questo Paese: ai senzatetto, ai disoccupati, agli immigrati, alle vittime del divorzio, ai tossicodipendenti, agli alcolisti e anche a tutti coloro che, per leggerezza o irresponsabilità, mettono a repentaglio il proprio e l’altrui benessere. Quante situazioni penose! Quante mani si protendono ad invocare l’aiuto solidale e tempestivo di chi dispone del “mantello” di una miglior condizione sociale! Non ci facciamo illusioni: il superamento di certe situazioni di povertà e di abbandono suppone lo sforzo congiunto e perseverante di tutti. Solo così la Nazione potrà risollevarsi dalle rovine e porre riparo alle conseguenze disastrose di passati errori.”

Proprio riferendosi a questo messaggio di papa Wojtyla il Presidente della repubblica ungherese János Áder disse in occasione dell’inaugurazione dell’Anno di San Martino:

“Oggi, a millesettecento anni dalla sua nascita, noi ungheresi del XXI secolo, dobbiamo far vedere che ascoltiamo la buona parola. Dobbiamo dimostrare attenzione e comprensione nei confronti di chi ci sta vicino. Dobbiamo dimostrare che l’umiltà non è una qualità fuori moda. Che una cultura più che millenaria non è antica ma è una forza creativa anche oggi. Che la tradizione non solo ci ricollega al passato ma ci sosterrà anche nel futuro. Che il lavoro umano anche oggi ha scopo, senso e onore. Un messaggio importante dell’Anno San Martino è che il nostro ricco patrimonio spirituale rappresenta non solo dei valori culturali ma anche un insegnamento morale costante. E che in questo Paese bellissimo [l’Ungheria], dalla ricca cultura, tutto ci è dato affinché la bontà e l’onestà possa formarci in una comunità.”

Il Governo ungherese ha colto questo messaggio e ha voluto affiancare le iniziative della Conferenza Episcopale Ungherese e delle comunità di Szombathely e di Pannonhalma per celebrare San Martino. Oggi noi lo celebriamo con una visuale ampia che abbraccia idealmente tutto il “cammino” di San Martino.

Concluderei, infatti, ancora con una citazione di San Giovanni Paolo II:

“Ringraziamo san Martino che ha voluto nascere qui [in Ungheria]. Ringraziamo san Martino che ha voluto portare il Vangelo in Europa occidentale, in Francia.”

 

mercoledì 4 maggio 2016

Iniziative per l’Anno San Martino in Ungheria


Il 2016 è stato proclamato in Ungheria Anno Martiniano, nella ricorrenza del XVII centenario della nascita di San Martino. L’iniziativa, partita dalla Conferenza Episcopale Ungherese, è stata accolta anche dal Governo ungherese, il quale ha voluto sostenere le diverse iniziative in onore di San Martino.


Logo dell'Anno Giubilare Martiniano
È poco conosciuto che in origine proprio San Martino fu il primo patrono dell’Ungheria. Lo scelse il primo re Stefano che invocò il Santo per ottenere la vittoria sui rivali e consolidare così il suo regno ed il cristianesimo. Il culto di Martino rimase vivo sul posto della sua nascita, a Savaria/Szombathely e durante il Medioevo egli fu uno dei santi più popolari in Ungheria.


A Szombathely, per l’Anno San Martino, sono stati eseguiti diversi interventi di riqualificazione urbana, grazie al partenariato tra la Diocesi e il Comune di Szombathely, nonché il Governo ungherese. La città ha potuto beneficiare di 5 miliardi di HUF (16,13 milioni EUR) per il restauro di chiese e altri edifici legati al culto di San Martino. Il Governo ha anche stanziato 800 milioni di HUF (2,6 milioni EUR) per le celebrazioni stesse.


La Città di Szombathely durante l’anno giubilare ospiterà circa 150 programmi, soprattutto culturali, sia ecclesiali che civili, per approfondire le conoscenze su San Martino e sulla sua città natale. La Diocesi, invece, si concentrerà sugli eventi ecclesiali e religiosi all’insegna del motto “Carità che esalta”.
 

L’Arciabbazia di Pannonhalma è l’altro centro più importante del culto si San Martino e così anche dell’anno giubilare. Il primo monastero benedettino dell’Ungheria venne fondato da re Santo Stefano proprio in onore di San Martino. Secondo una tradizione medievale, infatti, proprio quel posto, il Mons Sacer Pannoniae Martino aveva eletto come luogo di preghiera quando si trovava in Pannonia (alcuni sostenevano per questo che fosse anche nato lì).


È stato proprio a Pannonhalma che, l’11 novembre 2015 l’anno giubilare è stato inaugurato, alla presenza del Presidente della Repubblica ungherese János Áder e del Primate d’Ungheria il Card. Péter Erdő. Il monastero continua a ospitare diversi programmi culturali e spirituali durante tutto l’anno con il motto “Siamo in comunità – Est nobis societas”.

lunedì 2 maggio 2016

Cerimonia in onore del Principe Nikola II del Montenegro


“Un Principe che vuole servire il suo Paese, con i suoi valori, soprattutto con quelli ecologici.” – così l’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha salutato il Principe Nikola II Petrovic Njegos di Montenegro, ospite d’onore della cerimonia organizzata in occasione della sua visita in Vaticano.

L’evento, organizzato il 28 aprile dalle Ambasciate del Montenegro e dell’Ungheria presso la Santa Sede nelle sale di Palazzo Falconieri (Accademia d’Ungheria), ha visto la presenza di una folta rappresentanza del Corpo Diplomatico presso la Santa Sede, con a capo il Decano, l’Ambasciatore dell’Angola. Dalla parte della Santa Sede erano presenti Mons. Paolo Borgia, Assessore della Segreteria di Stato e Mons. José Avelino Bettencourt, Capo del Protocollo.

L'Amb. Sukovic, l'Amb. Habsburg-Lothringen, il Princile Nikola II
 
Nel salutare gli intervenuti l’Ambasciatore del Montenegro Veselin Šuković ha illustrato il ruolo speciale del Principe Nikola, ambasciatore ed inviato del Parlamento del Montenegro, e ha sottolineato le ottime relazioni tra il Montenegro e l’Ungheria. L’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha spiegato quale ruolo può avere un principe nell’Europa del XXI secolo.

Il Principe Nikola ha raccontato il suo incontro col Santo Padre, ha parlato del proprio lavoro per far conoscere il Montenegro nel mondo, e ha illustrato come il suo Paese sia impegnato a realizzare tante idee della profetica enciclica Laudato si’. Ha, infine, conferito l’onorificenza dell’Ordine del Principe Danilo I a personalità benemerite del Corpo Diplomatico, della Santa Sede e dell’Italia.