venerdì 29 dicembre 2017

La visita ad limina dei vescovi ungheresi


Nel 2017 uno degli eventi principali per la Conferenza Episcopale Ungherese è stata la visita ad limina, compiuta tra il 20-24 novembre. La settimana di incontri e visite a Roma e in Vaticano si è aperta subito con l’udienza con Santo Padre il 20 novembre. Nelle scorse settimane i presuli ungheresi hanno riferito delle loro esperienze ai microfoni del Programma Ungherese di Radio Vaticana.
I membri della Conferenza Episcopale Ungherese in udienza dal Santo Padre
(foto: OR/Magyar Kurír)
È stata una conversazione spontanea e cordiale, a detta dei vescovi ungheresi, quella avuta con Papa Francesco. Hanno anche voluto sottolineare la sintonia con il Papa sperimentato circa i temi toccati durante l’udienza.

Una delle tematiche meglio approfondite con il Santo Padre è stata quella della situazione del cristianesimo in Occidente. Mons. Gyula Márfi, Arcivescovo di Veszprém ha sollevato il tema del pericolo della scristianizzazione e dell’islamizzazione dell’Europa. Il Papa Francesco ha evidenziato al riguardo la necessità di essere non solo miti ma anche prudenti, e ha assicurato di essere cosciente dei rischi della situazione. Addirittura, secondo Mons. János Székely, Vescovo di Szombathely, non è stato molto usuale sentire come il Papa sia anche preoccupato al riguardo.

Il Santo Padre ha detto molto apertamente – come ne ha riferito Mons. László Kiss-Rigó di Szeged-Csanád che quanto avviene nell’Europa Occidentale può qualificarsi come colonizzazione ideologica e culturale, alla quale è necessario opporre resistenza e difendersi. Sarebbe fondamentale, ha detto Papa Francesco ai vescovi ungheresi, la presa di coscienza in Occidente delle proprie radici cristiane, altrimenti le nazioni perdono le proprie difese immunitarie e non ci sarà più l’Europa. Il Papa ha parlato anche del rischio di scambiare l’unità o l’uguaglianza con l’uniformità, come nel caso dell’ideologia del gender. Secondo Mons. András Veres, Presidente della Conferenza Episcopale il Papa ha espressamente detto che bisogna preservare le specificità della propria identità nazionale e l’Europa non dovrebbe essere come una sfera omogenea, ma dovrebbe piuttosto somigliare ad un poliedro con le sue sfaccettature diverse.

“Siamo stati incoraggiati dal Santo Padre – ha specificato il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest – per quanto riguarda l’apprezzamento dei valori e dell’identità culturale dei singoli popoli europei. Quindi il futuro dell’Europa non è la perdita dell’identità delle nazioni, ma il mutuo riconoscimento ed apprezzamento, con una gratitudine nei confronti del Creatore che ha permesso lo sviluppo di questa molteplicità riconciliata che riesce a collaborare e trovare sinergie.”
Messa dei vescovi ungheresi nelle Grotte Vaticane
Un altro tema importante è stato quello delle esperienze con le chiese cristiane perseguitate, perché “in Ungheria arrivano non tanto profughi cristiani, ma i patriarchi e vescovi orientali del Medio Orientali o vescovi della Nigeria, che raccontano in modo molto concreto la situazione dei cristiani del loro Paese” – ha raccontato il Card. Erdő. “Anche in Ungheria arrivano dei profughi, seppur pochi ultimamente, ma trovano sempre una accoglienza da parte delle strutture ecclesiali. E abbiamo una accoglienza ben organizzata per gli studenti cristiani che nei loro Paesi sono perseguitati. Li abbiamo accolti nelle nostre comunità ecclesiali.”

Il Primate d’Ungheria ha illustrato al Papa come in Ungheria si siano aperte “nuove possibilità per la Chiesa, grazie ai cambiamenti nella legislazione del Paese, e in seguito all’accordo tra la Santa Sede e l’Ungheria firmato nel 2013. L’introduzione nella scuola dell’obbligo dell’insegnamento di religione o, in alternativa quello dell’etica civile, presenta una sfida missionaria per la Chiesa in Ungheria: la maggioranza dei genitori opta per la religione, anche se loro stessi non sono praticanti. Solo a Budapest ci sono 8000 ragazzi nelle scuole che sono iscritti a religione pur non essendo ancora neanche battezzati. Sono circa 500 i catechisti laici che insegnano nelle scuole pubbliche con il mandato ecclesiale.”

Mons. András Veres ha evidenziato come in Ungheria si assista ad una sorta di rinascita della vita religiosa, specialmente per quanto concerne i pellegrinaggi e la frequentazione dei vari santuari. „Questo può essere un incentivo per trovare delle vie nuove di evangelizzazione per interpellare le persone in queste occasioni.”

Mons. Veres ha anche riferito al Papa che il Governo ungherese attuale ritiene importante il sostegno alle famiglie e, grazie alle misure adottate, sta crescendo il numero dei matrimoni e la natalità. Il tema delle famiglie è stato toccato anche da Mons. László Bíró, responsabile per la pastorale della famiglia che al Santo Padre ha sollevato la questione dell’esortazione Amoris Laetitia: per lui le parti più toccanti sono il capitolo quarto, incentrato sull’Inno alla carità di S. Paolo, e il capitolo nono sulla spiritualità della famiglia. Il Papa ha accolto con entusiasmo l’argomento dicendo che il capitolo quarto è molto vicino al suo cuore.
I presuli ungheresi in preghiera alla tomba di San Paolo
Il compito precipuo del vescovo consiste nella preghiera – è stata questa ammonizione del Papa che ha toccato di più il vescovo di Debrecen-Nyíregyháza, Mons. Ferenc Palánki. Il presule ha anche raccontato di aver riferito al Santo Padre della testimonianza comune che i tre vescovi della città di Debrecen cercano di rendere al mondo: il vescovo di rito latino, il metropolita greco-cattolico e il vescovo calvinista-riformato si trovano tra di loro ogni mese, si ascoltano e si aiutano a vicenda, rallegrandosi gli uni dei successi dell’altro. Insomma, i fedeli della regione possono affermare al vederli che si vogliono veramente bene per presentare insieme il volto di Cristo che è il volto dell’amore.

Tra i problemi e le sfide il Card. Péter Erdő e Mons. János Székely hanno menzionato al Papa l’integrazione sociale dei rom, che costituiscono l’8% della popolazione. Per loro ci sono già delle strutture pastorali, ci sono centri di formazione di responsabili laici zingari che lavorano quindi nelle loro comunità. È stato recentemente completata la traduzione della Bibbia nella lingua lovari, più diffusa tra i rom in Ungheria. Questo significa molto per una lingua piccola, perché comporta una riflessione e l’approfondimento della terminologia. “Adesso abbiamo consegnato al Santo Padre la Bibbia in lingua lovari – ha detto il Cardinale – e gli abbiamo chiesto cosa pensasse della traduzione della liturgia della S. Messa nella lingua dei rom, perché noi crediamo che dopo la Bibbia la terminologia di questa lingua sia già sufficientemente sviluppata. Il Papa ci ha incoraggiati con grande gioia: dovete procedere, questa è la via giusta, devono avere anche loro la liturgia.”
Una Bibbia nella lingua dei rom consegnata al Papa
(foto: OR/Magyar Kurír)
Prima dell’udienza il Santo Padre ha benedetto la croce missionaria che nei prossimi mesi inizierà un pellegrinaggio nelle varie regioni dell’Europa Centrale in vista del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, nel 2020. La croce, creata dal maestro Csaba Ozsvári (1963-2009) ancora per le missioni cittadine del 2007, è alta tre metri, in legno di quercia, ricoperta di lamine di bronzo. Custodisce al centro la reliquia della Vera Croce e, intorno, le reliquie di vari santi e beati ungheresi.

I venti membri della Conferenza Episcopale hanno visitato le varie istituzioni ecclesiali ungheresi dell’Urbe e hanno celebrato la S. Messa nella Cappella Magna Domina Hungarorum, vicino alla tomba dell’Apostolo Pietro, nonché alla tomba dell’apostolo Paolo.
La croce del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest
benedetta da Papa Francesco
(foto: OR/Magyar Kurír)

lunedì 25 dicembre 2017

Buon Natale 2017



Presepe artigianale ungherese donato al Museo del Presepio di Roma

"È con commozione che leggiamo sulle prime pagine della Bibbia che il Creatore ha affidato all’uomo gli esseri viventi della terra. Sarebbe però un compito troppo gravoso conoscere e cogliere con l’intelletto tutto il creato in tutte le sue sfaccettature. Ci proviamo certo a descrivere in qualche modo, con le nostre categorie umane, l’universo che ci circonda ma in ogni epoca ci rendiamo conto che i nostri concetti sono insufficienti e dobbiamo trovare un altro approccio, anche diverso, alle cose. Adesso stiamo vivendo il tempo di siffatti cambiamenti. Ne sentiamo gli effetti in quanto molti rinunciano a cercare le profonde connessioni, altri provano a proseguire nella ricerca seguendo esclusivamente le regole di una professione, moltissimi, invece, pensano che non valga neanche la pena di occuparsi di tali questioni e bisogna piuttosto vivere per l’attimo. Furono forse altrettanto gravi le angosce che albergavano negli animi ai tempi di Virgilio che scrisse la sua famosa IV Ecloga dalla quale traspare un’angoscia e un desiderio, che deve nascere Qualcuno che cambi le sorti del mondo, che dissipi le tenebre della paura. Da cristiani è bello credere e sapere, che noi uomini non siamo soli. È stato l’Onnipotente stesso a prendersi cura di noi. È questo che celebriamo a Natale, è questo che percepiamo accanto al presepe del Bambino di Betlemme. Poiché è Lui la luce che illumina ogni uomo e che è venuto nel mondo."

(Tratto dall'articolo del Card. Péter Erdő, Láttuk csillagát, in: Magyar Hírlap, 23 dicembre 2017)

domenica 17 dicembre 2017

I vescovi dell’Europa Centro-Orientale aiutano i profughi in Medio Oriente

Le Conferenze Episcopali di cinque paesi dell’Europa Centro-Orientale hanno annunciato, il 4 dicembre scorso a Budapest, un gesto altamente significativo di concreta solidarietà con i profughi del Medio Oriente. Gli episcopati di Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria hanno deciso di offrire il sostegno comune alla Caritas libanese, a favore dei profughi e dei bisognosi assistiti da essa.
I rappresentanti degli episcopati di Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria
con P. Paul Karam a Budapest (foto: Attila Lambert / Magyar Kurír)
Alla conferenza stampa tenutasi nella sede della Conferenza Episcopale Ungherese il Cardinale Péter Erdő, Primate d’Ungheria ha spiegato che gli episcopati dell’Europa Centro-Orientale collaborano ormai da un decennio, al fine di trovare insieme delle soluzioni, basate sull’insegnamento della Chiesa, ai problemi sociali e pastorali specifici della loro regione.

Durante il loro incontro dello scorso ottobre hanno condiviso quanto già allora stavano facendo individualmente a favore dei profughi e hanno deciso di organizzare un’iniziativa comune a favore dei profughi che si trovano nel Libano in attesa di poter tornare nelle loro case.

“I vescovi del Medio Oriente spesso ci chiedevano di non incentivare i cristiani a lasciare la loro terra, poiché una volta partiti non ci torneranno più. Invece, ci hanno chiesto di aiutarli a sopravvivere la guerra” – ha ribadito Mons. András Veres, Vescovo di Győr e Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese.

Mons. Stanislav Zvolenský, Arcivescovo di Bratislava e Presidente della Conferenza Episcopale della Slovacchia ha ricordato che non era la prima volta che i cattolici della Slovacchia aiutavano i cristiani del Medio Oriente, raccogliendo fondi per un milione di euro.

Mons. Stanisław Gądecki Arcivescovo di Posnań e Presidente della Conferenza Episcopale Polacca ha parlato delle sue esperienze in Iraq, Siria e Libano e degli aiuti polacchi volti ad assicurare dei servizi sanitari in questi paesi.

Mons. Jan Graubner Arcivescovo di Olomouc e Vicepresidente della Conferenza Episcopale della Repubblica Ceca ha raccontato dei suoi sacerdoti che hanno fatto la raccolta a favore dei confratelli in Iraq e hanno donato un autobus e un’ambulanza ai profughi curdi.

A nome dei vescovi croati Mons. Fabijan Svalina, Direttore di Caritas Croazia, ha rievocato come, durante la guerra che ha interessato la Croazia, anche loro abbiano ricevuto aiuti dai popoli vicini e adesso cercano di sostenere i cristiani del Medio Oriente.

Una parte dei fondi raccolti è stata consegnata personalmente a Padre Paul Karam, presidente della Caritas libanese. La popolazione del Libano è di circa 4,5 milioni cui si aggiungono altro circa 2 milioni di profughi siriani, iracheni e palestinesi. La sistemazione degli sfollati è un problema enorme per il paese sia dal punto di vista sociale che economico. Sono 250 mila i bambini che dovrebbero frequentare la scuola, ma gran parte di loro non ne ha la possibilità. La situazione è quindi molto difficile – ha spiegato il presidente di Caritas Libano e ringraziando per la solidarietà dei vescovi centro-europei, ha ribadito che i loro aiuti saranno destinati ai più bisognosi.

lunedì 11 dicembre 2017

Tolentino: il Ministro Zoltán Balog all’inaugurazione della Chiesa del S. Cuore


A Tolentino è stata riaperta al culto la Chiesa del Sacro Cuore e di San Benedetto, danneggiata dal sisma del 2016 e restaurata nel giro di un anno con il contributo del Governo ungherese. Alla cerimonia del 9 dicembre ha partecipato una significativa delegazione governativa ungherese, con il Ministro per le Risorse Umane On. Zoltán Balog e il Sottosegretario agli affari religiosi On. Miklós Soltész, accompagnati dagli Ambasciatori ungheresi Eduard Habsburg-Lothringen (presso la S. Sede) e Ádám Zoltán Kovács (presso il Quirinale), nonché Péter Heltai (inviato speciale per il programma Hungary Helps).

Il Ministro Balog nel suo discorso, ripercorrendo la storia dei legami tra Italia e Ungheria, ha rammentato diversi personaggi italiani che hanno dato un contributo importante in Ungheria: il vescovo martire San Gerardo, uno dei primi evangelizzatori dei magiari, o San Giovanni da Capestrano che ha promosso la difesa del paese contro l’invasione ottomana. Ha voluto ricordare pure che nel 1956, nell’ora suprema della lotta per la libertà del popolo ungherese, gli italiani hanno pregato e organizzato raccolte a favore degli ungheresi.

“Abbiamo voluto aiutare perché sentivamo che quella richiesta ci aveva toccati” – ha rievocato il ministro Zoltán Balog il momento quando il Governo ungherese ha ricevuto la lettera di Andrea Carradori, priore della Confraternita del Sacro Cuore cui è affidata la chiesa. “Quello che abbiamo fatto ha anche un messaggio simbolico. Se, infatti, il terremoto geologico scuote le fondamenta e i muri degli edifici e delle chiese, vi è in Europa oggi un sisma che rischia di sconvolgere l’edificio dell’identità europea, la sua cultura cristiana. Ma l’Ungheria non ci sta, vuole difendere le fondamenta cristiane dell’Europa. Mentre in diversi paesi occidentali si chiudono le chiese l’Ungheria ha voluto aiutare a riaprire una chiesa danneggiata.”

Sebbene non sia un paese facoltoso, l’Ungheria ha ora raggiunto un livello di sviluppo economico che gli rende possibile di aiutare altri. Così è nato il programma Hungary Helps, che coordina i diversi interventi internazionali di sviluppo e di assistenza. Il Ministro ha anche accennato all’aiuto dell’Ungheria ai cristiani in Siria e Iraq, ma anche in diversi paesi dell’Africa, con la ricostruzione di villaggi, di scuole e di ospedali, ma anche con delle borse di studio offerte a giovani di tanti paesi.

L’On. Miklós Soltész ha dato lettura del messaggio dell’On. Viktor Orbán, nel quale il Primo Ministro ungherese ha espresso le sue congratulazioni alla comunità tolentinate per il lavoro compiuto: “In seguito all’immane distruzione voi siete stati esempio di perseveranza per tutti noi, avendo restaurato in un anno i muri della chiesa, così da poter continuare nell’antico ma rinnovato edificio l’orazione iniziata dai vostri avi.”

giovedì 7 dicembre 2017

Riapre la chiesa di Tolentino restaurata con l'aiuto dell'Ungheria


A poco più di un anno dal sisma del 30 ottobre 2016 che l’ha resa inagibile, la Chiesa del Sacro Cuore di Tolentino verrà riaperta al culto il 9 dicembre 2017, alle ore 16, da Mons. Nazzareno Marconi, Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia.

Il restauro è stato finanziato dal Governo ungherese che, su richiesta del Priore della Confraternita del Sacro Cuore di Tolentino, Sig. Andrea Carradori, aveva deciso, nel dicembre del 2016, di stanziare un finanziamento di circa 480 mila euro all’uopo.

La riapertura della chiesa verrà solennizzata dalla celebrazione dei vespri, presieduti da Mons. Giuseppe Sciacca, Segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Il Governo ungherese sarà rappresentato dall’On. Zoltán Balog, Ministro delle Risorse Umane, che porterà il messaggio del Primo Ministro ungherese Viktor Orbán. Faranno parte della delegazione ufficiale il Sig. Miklós Soltész, Sottosegretario agli affari religiosi, l’Ambasciatore Péter Heltai, inviato speciale del programma di aiuti governativi “Hungary Helps” e l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede, Eduard Habsburg-Lothringen.

Un folto gruppo di pellegrini ungheresi residenti in Italia parteciperà alla cerimonia, guidato da Mons. Lajos Varga, Vescovo ausiliare della Diocesi ungherese di Vác e da Mons. László Németh, coordinatore pastorale degli ungheresi in Italia.

lunedì 4 dicembre 2017

Onorificenza a Mons. Bottari nunzio a Budapest


(foto: Magyar Kurír)
Sta per concludere la sua missione in Ungheria Mons. Alberto Bottari de Castello, nunzio apostolico a Budapest sin dall’estate del 2011. Per ringraziarlo il vice primo ministro, On. Zsolt Semjén lo ha ricevuto nel Palazzo del Parlamento, il 4 dicembre, e gli ha consegnato l’onorificenza della Croce di Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito Ungherese.

Durante la cerimonia, alla presenza del Card. Péter Erdő, Primate d’Ungheria, l’On. Semjén ha evidenziato i positivi sviluppi dei rapporti con la Santa Sede, dei quali il momento principale è stato la firma, proprio da parte di Mons. Bottari, della modifica dell’Accordo tra la Santa Sede e l’Ungheria, il 21 ottobre 2013.

venerdì 1 dicembre 2017

Un volume racconta il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese


È stato presentato dal Cardinale Péter Erdő lo scorso 15 novembre, il volume sul Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese in Urbe, scritto dal suo attuale rettore, lo storico Mons. Tamás Tóth. In occasione dell’evento, l’Istituto che funge da collegio sacerdotale, facente capo alla Conferenza Episcopale Ungherese, ha aperto le sue porte al pubblico. Il volume edito in lingua italiana e ungherese presenta numerosi documenti e fotografie finora mai pubblicate nonché la lista degli ex-alunni dell’Istituto.
Presentazione del libro con il Card. Erdő e Mons. Tóth
La sede dell’Istituto, che ospita dei sacerdoti ungheresi durante i loro studi post-graduali a Roma, risale al 1927, quando lo Stato ungherese acquisì il Palazzo Falconieri a Via Giulia per stabilirvi l’Accademia d’Ungheria. Dell’istituto di cultura ungherese faceva parte una “sezione ecclesiastica”, la quale si rese poi autonoma nel 1940, per iniziativa del Cardinale Jusztinián Serédi Primate d’Ungheria, con decreto della Santa Sede.

I momenti storici più significativi dell’Istituto sono stati presentati dal Cardinale Péter Erdő, attuale Primate d’Ungheria e Arcivescovo di Esztergom-Budapest nonché ex-alunno dell’Istituto, sottolineando come la presenza della Chiesa ungherese a Roma fosse continua sin dalla fondazione dello stato ungherese. Una continuità interrotta persino durante il comunismo grazie proprio all’esistenza dell’Istituto, gestito da ecclesiastici ungheresi in esilio, che ha anche avuto un ruolo fondamentale nell’accoglienza dei profughi ungheresi dopo il 1956.

Il cambiamento arrivò nel 1964 con l’intesa semplice tra Ungheria e Santa Sede, quando la direzione dell’Istituto fu delegata alla Conferenza Episcopale Ungherese permettendo così l’arrivo dei sacerdoti borsisti direttamente dell’Ungheria. Ciò ha aiutato in modo notevole la Chiesa in Ungheria ad essere al passo con i tempi, di mantenere una certa apertura verso il resto del mondo da oltre cortina.
Lapide commemorativa a Palazzo Falconieri


Il Card. Péter Erdő ha ricordato i suoi anni trascorsi a Roma da studente negli anni ’70, sottolineando che per i sacerdoti ungheresi, ancora oggi, studiare a Roma significa un’apertura unica verso la cultura internazionale e un’opportunità singolare di costruire dei rapporti con i professori e studenti di tutto il mondo. Mons. Tamás Tóth, Rettore dell’Istituto e autore del volume ha presentato la vita attuale dell’Istituto fa parte anche della rete internazionale dei collegi ecclesiastici romani.

Dopo la presentazione, per la prima volta nella sua storia, l’Istituto Pontificio Ecclesiastico Ungherese ha aperto le sue porte al pubblico dando la possibilità di visitare anche la cappella, con gli affreschi di Péter Prokop e le vetrate di János Hajnal.
La Cappella dell'Istituto con gli affreschi di Prokop e le vetrate di Hajnal

domenica 19 novembre 2017

Chiesa siriana ristrutturata con aiuti dei greco-cattolici ungheresi


Continua a grandi passi la ristrutturazione della chiesa cattolica greco-melchita di Al-Dmeine al-Sarqije in Siria, finanziata interamente dalle offerte della Metropolia Greco Cattolica ungherese. La somma della colletta, iniziata a marzo di quest’anno, è stata portata personalmente in Medio Oriente lo scorso giugno da Mons. Fülöp Kocsis, Metropolita della Chiesa Greco Cattolica ungherese. I 30 mila dollari raccolti tra marzo e giugno sono stati consegnati al parroco don Najím Garbi il quale continua a mandare notizie sull’avanzamento dei lavori. In questi giorni sono arrivati i materiali per riparare tutto il tetto della chiesa che verrà fatto con la collaborazione dei cittadini del paese.

La chiesa di Al-Dmeine al-Sarqije ristrutturata con fondi ungheresi
(foto: Magyar Kurír)
Il Metropolita Fülöp Kocsis in un’intervista prima del suo viaggio, effettuato nel giugno scorso, ha spiegato i motivi per cui ha voluto portare personalmente la somma del denaro in Medio Oriente. Il primo, perché la sicurezza in Siria è meglio garantita in questo modo rispetto ad un bonifico bancario; l’altro, perché l’incontro personale significa molto per le persone del posto. “La gente che vive in Medio Oriente ha speranza ed è fiduciosa, da una testimonianza importantissima della fede e della forza dell’uomo. I fedeli raccontano che battezzano anche tante persone musulmane, e nonostante la persecuzione, confessano la loro fede come i primi cristiani della storia della Chiesa. La testimonianza dei cristiani del Medio Oriente rafforza tutta la Chiesa cattolica e il mondo cristiano, dobbiamo aiutarli in ogni modo possibile e loro ci daranno in cambio un aiuto spirituale unico” – ha detto il Metropolita prima di partire per il Medio Oriente.

venerdì 17 novembre 2017

San Ladislao: pubblicato il volume biografico


È stato pubblicato in italiano e in inglese la breve biografia illustrata di uno dei santi più popolari in Ungheria: San Ladislao.

Il volume, inserito nella collana sui santi e beati dell’Editrice Velar, è stato scritto da due storici ungheresi appositamente per questa pubblicazione.

Il 23 novembre 2017 Mons. András Veres vescovo di Győr e presidente della Conferenza Episcopale Ungherese presenterà il volume presso l’Accademia d’Ungheria, alle 18:30. È proprio la città di Mons. Veres uno dei principali centri del culto di S. Ladislao: custodisce il busto reliquiario che ne contiene il cranio, capolavoro dell’arte orafa medievale ungherese.

L’evento richiamerà l’attenzione anche sugli aspetti del culto di questo santo ungherese in Italia: da Bologna ad Altomonte, passando per Assisi, Roma e Napoli.

giovedì 16 novembre 2017

Musica Sacra di Kodály a Roma



La musica sacra di Zoltán Kodály, famoso compositore ungherese del novecento ha risuonato forte nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, dove l’11 novembre 2017 si è svolto il concerto di beneficenza, offerto dalla Città di Debrecen a favore delle opere del Circolo S. Pietro.



Il Maestro Dániel Somogyi-Tóth ha diretto il Coro e l’Orchestra Filarmonica “Kodály” di Debrecen.




Nel suo indirizzo di saluto l’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha presentato la ragione dell’evento:
“Oggi è la festa di San Martino di Tours, originario della Pannonia, l’odierna Ungheria, conosciuto anche come il santo per eccellenza della carità, della condivisione. La sua festa, nonché la prima Giornata Mondiale dei Poveri, indetto da Papa Francesco, che celebreremo fra una settimana, presta una cornice di attualità all’iniziativa di questa sera. Un’iniziativa che intende essere un piccolo gesto di omaggio dell’Ungheria nei confronti di Roma, città del Papa e, allo stesso tempo, un gesto di condivisione: condivisione delle ricchezze artistiche e spirituali che abbiamo in Ungheria e che vorremmo offrire volentieri ai nostri amici di Roma, e, in primo luogo, al Circolo S. Pietro.”

A nome del Circolo S. Pietro ha salutato i presenti l’economo generale Riccardo Rosci.

Il Reverendo Károly Fekete, vescovo protestante della Circoscrizione Transtibiscana della Chiesa Riformata in Ungheria ha portato i saluti della sua città ed ha anche presentato brevemente alcuni aspetti dei brani musicali eseguiti durante il concerto: il “Psalmus Hungaricus”, il mottetto “Gesù e i mercanti del tempio”, nonché il possente “Te Deum di Buda”.






venerdì 10 novembre 2017

Concerto di Musica Sacra a favore del Circolo S. Pietro


In occasione di due ricorrenze significative, come la festa di San Martino di Tours (11 novembre), uno dei Patroni dell’Ungheria e universalmente riconosciuto come il santo della carità e della condivisione, nonché la prima Giornata Mondiale dei Poveri (19 novembre), istituita da Papa Francesco, l’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede, in collaborazione con la città ungherese di Debrecen e con il Circolo S. Pietro ha organizzato un concerto di beneficenza per il Circolo S. Pietro, a favore dei poveri di Roma.

Il concerto, che si terrà l’11 novembre alle ore 20 nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova) di Roma, è offerto dal Comune di Debrecen e vedrà la partecipazione del Coro e dell’Orchestra Filarmonica “Kodály” della medesima città.


Sul programma tre brani di musica sacra del grande compositore ungherese Zoltán Kodály (1882-1967), del quale quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa.

  • Il “Psalmus Hungaricus” è una cantata, composta nel 1923, basata su una traduzione ungherese del XVI secolo del Salmo 55.
  • Il mottetto “Gesù e i mercanti del tempio” (del 1934) è ispirato dal noto brano del Vangelo di Giovanni (Gv, 2,13-16).
  • Il “Te Deum di Buda” è l’inno di lode composto per il 250mo anniversario della liberazione dell’Ungheria dal dominio ottomano (1936).



I Filarmonici Kodály di Debrecen uniscono il lavoro dei due maggiori gruppi musicali della città: l’Orchestra Filarmonica ed il Coro Kodály. L’Orchestra pluripremiata attualmente è diretta dal Maestro Dániel Somogyi-Tóth e vanta un repertorio di opere prevalentemente ungheresi, in particolare musiche di Z. Kodály, F. Liszt, F. Erkel. Il coro ha al suo attivo un repertorio vastissimo di opere che vanno dai canti a cappella, oratori più importanti della musica europea alle composizioni contemporanee per coro.

Zoltán Kodály – pedagogia della musica sacra


Sepolcro di Zoltán Kodály nel cimitero di Farkasrét (Budapest)
Ricorrono quest’anno il 50º anniversario della morte e il 135º anniversario della nascita del grande compositore ungherese, Zoltán Kodály. Oltre ad essere un compositore fu anche musicologo, professore di musica, etnomusicologo, nonché educatore, una carriera che lo ha fatto diventare uno dei personaggi più famosi e conosciuti di tutta la storia del paese. É stato, prima di tutto, una persona di fede, la cui opera rappresenta una risorsa per la Chiesa in Ungheria.

Nacque a Kecskemét il 16 dicembre nel 1882. Si laureò in letteratura ungherese e in lingua tedesca, e studiò all’Accademia di Musica di Budapest. Il suo campo principale fu lo studio e la raccolta delle melodie arcaiche di tradizione orale ungherese. In questo lavoro ha collaborato molto con un altrettanto importante e conosciuto compositore ungherese, Béla Bartók.

Kodály, in seguito, s’interessò anche al problema dell’educazione musicale ed elaborò molti brani a scopi educativi per le scuole e diversi libri didattici, avendo così un profondo effetto nell’educazione musicale, sia in Ungheria che all’estero. Il cosiddetto “Metodo Kodály” racchiude le idee didattiche musicali di Kodály, anche se il suo lavoro non formò un metodo completo, ma tracciò una serie di principi da seguire nell’insegnamento.

L’opera di Kodály nell’ambito della musica sacra è altrettanto importante. Anche se non ha mai propriamente insegnato musica sacra, lo si può definire come “pedagogo della musica sacra”. Il suo scopo primario fu quello di evidenziare i valori della vita e condurre i suoi ascoltatori agli stili principali della musica sacra europea. Il canto gregoriano, il linguaggio musicale della polifonia classica, le melodie del salterio ginevrino, la polifonia di Johann Sebastian Bach, i canti popolari religiosi ungheresi del secolo XVI-XVII, le melodie classiche di Haydn, il linguaggio trascendentale della musica di Liszt hanno formato e arricchito la fantasia delle composizioni di Kodály.

Il 19 novembre del 1923 debuttò una delle sue opere più famose, il “Psalmus Hungaricus” (Salmo Ungherese), scritta per il giubileo dell’unificazione delle città di Buda e di Pest. Kodály riuscì a cogliere lo spirito della musica popolare ungherese che risulta radicato nella tradizione musicale cristiana occidentale così come nell’altra famosa composizione religiosa, il “Te Deum del Castello di Buda”.

Negli anni ’30 Kodály fondò delle riviste specializzate e cercò di contribuire alla riforma della musica sacra della Chiesa cattolica e di migliorare l’educazione musicale in Ungheria.

Durante la seconda guerra mondiale Kodály visse l’assedio di Budapest (inverno 1944/1945) nascosto nelle cantine rifugio della capitale. Compose in quei giorni la “Missa Brevis”, una supplica per la pace. Dopo la guerra ebbe un ruolo importante nella rinascita culturale e spirituale del Paese. Tra il 1946 e il 1949 fu presidente dell’Accademia Ungherese delle Scienze e viaggiò sia in Europa che negli Stati Uniti, tenendo conferenze soprattutto sulla musica popolare e sulla pedagogia musicale.

È noto l’aneddoto come avrebbe “salvato” l’inno nazionale ungherese quando il regime comunista gli chiese di comporre uno nuovo (al posto di quello, tuttora in uso, che inizia con il nome di Dio…). Morì a Budapest il 6 marzo 1967 e riposa nel cimitero di Farkasrét.

Le parole di Kodály: “La musica è di tutti” rispecchiano bene tutta la sua opera di vita. Avvicinare le persone alla musica sin da piccoli, far conoscere la propria cultura attraverso la musica, far amare la musica a tutti perché la musica è di tutti. La diffusa cultura musicale in Ungheria deve molto al suo impegno.

giovedì 9 novembre 2017

Riconosciuto il martirio di János Brenner


Grande gioia in Ungheria per il decreto con cui Papa Francesco ha riconosciuto il martirio di János Brenner, giovane sacerdote ungherese vittima della repressione comunista. L’atteso riconoscimento è arrivato proprio durante l’anno memoriale indetto dalla Diocesi di Szombathely per il 60mo anniversario della morte di don János.

János Brenner nacque il 27 dicembre 1931 a Szombathely (Ungheria). Ebbe altri due fratelli sacerdoti e fu ordinato il 19 giugno 1955. Svolse il suo ministero come vicario parrocchiale, attivo soprattutto tra i giovani. A quei tempi ciò fu considerato un peccato grave dal regime comunista e così decisero di eliminarlo. Durante la notte del 15 dicembre 1957 János Brenner venne chiamato d’urgenza ad un malato, ma si trattò di una vera e propria imboscata.

Sul tragitto dalla parrocchia di Rábakethely al vicino paese di Zsida venne assalito e ucciso con trentadue coltellate. Morendo, continuava a proteggere il Viatico, l'Eucaristia che portava con sé per il malato.
Il luogo del martirio di János Brenner, con la cappella votiva
Quest’anno la sua diocesi di Szombathely lo commemora con diverse iniziative pastorali che culmineranno con la messa nel sessantesimo anniversario del martirio, il 15 dicembre 2017, vicino alla sua tomba nella chiesa di San Quirino a Szombathely. Da sempre la testimonianza pastorale e poi il martirio di János Brenner è stato una grande risorsa spirituale per i sacerdoti della sua diocesi come pure per i fedeli.
Il rocchetto che János Brenner indossava quando subì il martirio
(foto: Magyar Kurír)

Beatificato vent’anni fa: Vilmos Apor, il pastore che offrì la vita per il proprio gregge



Venti anni fa, il 9 novembre 1997, è stato elevato all’onore degli altari Vilmos Apor, vescovo di Győr (Ungheria). È stata la prima beatificazione ungherese dopo la caduta del comunismo. Simbolicamente, nella sua persona è stato onorato uno dei primi martiri dell’occupazione sovietica dell’Ungheria.

Vilmos Apor, infatti, è stato colpito a morte il giorno del Venerdì Santo del 1945 dai soldati sovietici che, dopo la presa della città di Győr, volevano portarsi via le donne rifugiatesi nel palazzo episcopale. Il vescovo si oppose fermamente e con il suo sacrificio riuscì a salvare le persone che si erano affidate a lui. Morì dopo tre giorni di agonia, il lunedì di Pasqua (2 aprile).
Statua di Vilmos Apor nell'omonima piazza di Budapest
Altri simili martiri attendono ancora la beatificazione, come la Serva di Dio, Mária Magdolna Bódi, giovane operaia morta per mano di soldati, il 23 marzo 1945, difendendo la propria castità. Oppure il Sacerdote Kornél Hummel il quale, dopo aver contribuito a salvare gli ebrei perseguitati ha difeso le ragazze dell’istituto per ciechi di Budapest e per questo è stato ucciso dai soldati sovietici il 17 gennaio 1945.


Dopo la beatificazione di Vilmos Apor, celebrata su piazza San Pietro, S. Giovanni Paolo II ha esortato i pellegrini ungheresi con le seguenti parole:

Beatificazione di Vilmos Apor,
9 novembre 1997
“La croce fortifica il debole e rende mite il forte – Il motto scelto dal Vescovo e martire ungherese Vilmos Apor costituisce una mirabile sintesi del suo itinerario spirituale e del suo ministero pastorale. Forte della verità del Vangelo e dell'amore a Cristo, egli alzò con coraggio la propria voce per difendere sempre i più deboli dalle violenze e dai soprusi. Durante gli anni difficili del secondo conflitto mondiale si prodigò instancabilmente ad alleviare la povertà e le sofferenze della sua gente. Il fattivo amore per il gregge a lui affidato lo condusse a mettere a disposizione degli sfollati a motivo della guerra anche il palazzo vescovile, difendendo i più esposti ai pericoli anche a rischio della propria vita. Il suo martirio, avvenuto il Venerdì Santo del 1945, fu degno coronamento di una esistenza tutta segnata dall'intima partecipazione alla Croce di Cristo. La sua testimonianza evangelica sia per voi, carissimi Fratelli e Sorelle d'Ungheria, uno stimolo costante a sempre maggiore dedizione nel servire Cristo e i fratelli.”

Nel Martirologio Romano il Beato Vilmos Apor è commemorato il 2 aprile, anniversario della sua morte, mentre in Ungheria lo si celebra il 23 maggio, giorno della traslazione del suo corpo. Infatti, durante l’occupazione sovietica non lo si poteva venerare, né tumularlo nella sua cattedrale e quindi è stato deposto nella cripta di un’altra chiesa della città. Solo verso la fine del comunismo, nel 1986 è stato possibile trasferire la sua tomba nella cappella laterale della Cattedrale di Győr, dove poi, in occasione della sua seconda visita in Ungheria, anche San Giovanni Paolo II ha voluto venerarlo nel 1996.

Il Beato Vilmos Apor fu fratello dell’ultimo ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, il barone Gábor Apor che dopo la seconda guerra mondiale non fece più ritorno in patria ma visse a Roma come dignitario dell’Ordine di Malta.
Il memoriale del martirio a Győr
Il culto del beato vescovo si è diffuso in tutta l’Ungheria. Il luogo del suo martirio, la cantina del palazzo episcopale di Győr, oggi è stato trasformato in un memoriale (si vedono tuttora i segni dei proiettili mortali) e fa parte del circuito del Museo Diocesano. Un bassorilievo, opera di Ferenc Lebó, lo raffigura nella Cappella Magna Domina Hungarorum delle Grotte Vaticane.
Il Beato Vilmos Apor
bassorilievo nelle Grotte Vaticane


martedì 7 novembre 2017

Caduti ungheresi della Grande Guerra ricordati a Roma


Nella cripta della Chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma sono sepolte le spoglie mortali di 456 militari dell’esercito austro-ungarico deceduti in Italia. Si tratta di prigionieri di guerra, di malati e feriti che non hanno più potuto far ritorno in patria. Nel 1937 i loro resi sono stati riesumati dai vari cimiteri della regione e traslati nella Chiesa dell’Anima, considerata chiesa nazionale degli austriaci e già sotto la protezione della Casa d’Asburgo. Nel 1953 una cappella della chiesa medesima è stata trasformata in un memoriale dei caduti.
Sepolcro dei soldati austro-ungarici nella cripta
della Chiesa di S. Maria dell'Anima
Quest’anno, a 80 anni esatti dalla traslazione delle spoglie, la comunità ungherese di Roma ha voluto ravvivare la pia tradizione, caduta in disuso dopo la seconda guerra mondiale, di rendere omaggio a questi soldati, tra i quali vi erano molti ungheresi.
S. Messa di suffragio nella Chiesa di S. Maria dell'Anima, 2 novembre 2017
Il 2 novembre, al termine della S. Messa in suffragio dei defunti, la commemorazione ha proseguito nella cripta, illuminata da candele. Il rito è stato celebrato dal rettore Mons. Franz Xaver Brandmayr, assieme ai sacerdoti di lingua tedesca, nonché a quelli ungheresi residenti in Urbe che hanno pregato anche nella loro lingua. Presente pure la delegazione dell’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede.
L’iscrizione latina della lapide posta sopra la tomba dei caduti ne tramanda la storia:

456 MILITES EXERCITUS AUSTRO – HUNGARICI
QUI IN BELLO IMMANI 1914 – 1918 IN DIVERSIS NOSOCOMIIS
URBIS EIUSQUE SUBURBII DIEM OBIERANT SUPREMUM
DIE 26 OCTOBRIS 1937 E VARIIS COEMETERIIS IN ECCLESIAM
S. MARIAE DE ANIMA IN URBE HONORIFICE TRANSLATI SUNT
ET IN CRYPTA SUB SACELLO EORUM PIAE MEMORIAE
DEDICATO HIC SEPULTI
UT APTIUS EORUM EXUVIAE RECONDI POSSENT
SEPULTURAE LOCUS ANNO DEMUM 1953
IN NOVAM REDACTUS EST FORMAM

TUIS DA SERVIS MITISSIME PATER VITAE AETERNAE
CORONAM

Nella cappella sovrastante un’iscrizione latina ricorda in particolare i caduti ungheresi:

HUNGARICORUM
PIAM IN MEMORIAM
HEROUM
MORTIFERA
OB VULNERA
EX IMMANE BELLO
UNIVERSALI
1915 – 1918
GESTA DECESSORUM
IN URBE

(ÉMA)