martedì 30 giugno 2020

Intervista dell'Ambasciatore Habsburg su politiche della famiglia in Ungheriaa

Recentemente l'Ambasciatore d'Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha illustrato in una intervista a "International Family News" alcuni aspetti delle politiche ungheresi a sostegno delle famiglie. L'intervista è stata pubblicata in diverse lingue:




Logo delle iniziative "Family-Friendly Hungary"


sabato 27 giugno 2020

I Santi della Cappella Ungherese – San Ladislao re, cavaliere della fede


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi. Il 27 giugno – nell’anniversario della sua canonizzazione – si festeggia in Ungheria il re San Ladislao.
San Ladislao e la fondazione dell'Abbazia di Somogyvár
rilievo nella Cappella ungherese in Vaticano (opera di András Kiss Nagy)

Nacque da re Béla I d’Ungheria e dalla principessa polacca Richeza. Da giovane si addestrò e si distinse nell’arte della guerra, fu un uomo dal portamento atletico, dal carattere cavalleresco, di profonda cultura e religiosità. Ne è emblematica la lettera da lui scritta nel 1091 all’abate di Montecassino Oderisio, per richiedere delle reliquie di S. Benedetto. In essa San Ladislao affermava candidamente: “sono peccatore poiché è impossibile promuovere l’impegno della dignità terrena senza gravissimi crimini” (“Quamvis peccator existam quoniam cura terrene dignitatis absque gravissimis non potest promoveri criminibus…”).
Ladislao tra il 1077 e il 1095 fu re d’Ungheria, riuscì a stabilizzare la situazione del giovane regno, sia sul piano politico che su quello religioso, concludendo l’opera iniziata da re Santo Stefano nel 1000. Durante il suo regno iniziarono gli otto secoli di storia comune con la Croazia e fu lui a fondare la Diocesi di Zagabria. Il suo regno fu un’epoca di splendore nella storia del paese.
Fondò altri vescovati, tra cui eccelle la sede di Nagyvárad (Gran Varadino, oggi Oradea in Romania). Organizzò un concilio nazionale, molto importante anche per la disciplina ecclesiastica. Ottenne la canonizzazione dei primi santi ungheresi: re Stefano, il principe Emerico, il vescovo martire Gerardo.
Morì nel 1095 e venne sepolto a Nagyvárad, luogo di pellegrinaggio per gli ungheresi per molti secoli. Fu un esempio per tutti i sovrani ungheresi: l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo lo venerava tanto da voler essere sepolto accanto a lui. Fu papa Celestino III a canonizzare San Ladislao nel 1192.

Festa liturgica: 27 giugno
Raffigurazione: Il Re Ladislao e la fondazione del monastero benedettino di Somogyvár in Ungheria.
Autore del rilievo: András Kiss Nagy, scultore


mercoledì 24 giugno 2020

I Santi della Cappella Ungherese - Beata Iolanda


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi. Il 15 giugno si festeggia la Beata Iolanda.
Beata Iolanda prega per il marito
rilievo nella Cappella Ungherese in Vaticano (autore: László Marton)

Settima figlia di Béla IV re d’Ungheria e di Maria Lascaris di Nicea, Iolanda crebbe in Polonia dove visse sua sorella maggiore, Kinga (Santa Kinga di Polonia), perché in quel periodo l’Ungheria subì la sanguinosa invasione dei tartari. Iolanda sposò un nobile polacco, il duca Boleslao il Pio, dal quale ebbe tre figlie. Divenne terziaria francescana praticando la carità verso i poveri e bisognosi.
Dopo la morte prematura del marito entrò, insieme con la figlia più piccola, nello stesso convento dove viveva la sorella Kinga a Stary Sacz, e si dedicò per 12 anni alla cura dei bisognosi e alla preghiera. Dopo la morte della sorella si trasferì nel convento delle clarisse di Gniezno. Fu sepolta nel monastero di Gniezno e nel 1827 Papa Leone XII la dichiarò beata, confermandone il culto.
Festa liturgica: 15 giugno
Raffigurazione: Il rilievo rappresenta Iolanda che prega per suo marito il duca Boleslao il Pio, che combatte in battaglia
Autore del rilievo: László Marton, scultore


I Santi della Cappella Ungherese – il beato Card. Giovanni Dominici, diplomatico in Ungheria


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 10 giugno si festeggia in Ungheria il Beato Giovanni Dominici, cardinale domenicano.
Il B. Card. Giovanni Dominici
rilievo nella Cappella ungherese in Vaticano (opera di Róbert Csíkszentmihályi) 

Nacque a Firenze nel 1355, monaco domenicano di grande cultura e grande protagonista della vita ecclesiale della sua epoca, ovvero del periodo dello Scisma d’Occidente. Giovanni Dominici fu membro dell’Ordine dei predicatori ma anche scrittore e diplomatico. Divenne arcivescovo e cardinale di Ragusa in Dalmazia.
Per richiesta del re di Ungheria Sigismondo di Lussemburgo, giunse in Ungheria come legato papale imparando la lingua e lottando contro l’eresia hussita. Morì a Buda e venne sepolto nel convento di San Paolo Primo Eremita dei paolini che poi verrà distrutto durante l’invasione turca d’Ungheria.
Fu beatificato da papa Gregorio XVI nel 1832.
Festa liturgica: 10 giugno
Raffigurazione: Il cardinale domenicano Giovanni Dominici, arcivescovo di Ragusa, arrivò a Buda per richiesta del re Sigismondo come legato papale. La raffigurazione del suo viso riprende le linee del Cardinale ungherese László Lékai, committente della cappella ungherese.
Autore del rilievo: Róbert Csíkszentmihályi, scultore

giovedì 4 giugno 2020

Ricordare, onorare, tendere la mano – l’Ungheria e il centenario del 4 giugno


Ricordare, onorare, tendere la mano – questi tre verbi potrebbero esprimere l’approccio odierno dell’Ungheria a quel trauma profondo che la Nazione ungherese ha subito cento anni fa, con il Trattato del Trianon del 4 giugno 1920. Questi tre verbi riassumono il messaggio della “Legge N. XLV del 2010 a testimonianza della coesione nazionale”, approvata nel 2010, che durante l’ultimo decennio ha ispirato la politica del Governo ungherese.
Gli ungheresi di tutto il mondo ricordano il “Trianon”, perché esso è considerato tuttora come una delle più grandi tragedie degli ungheresi. Prima di tutto perché ha imposto la separazione di milioni di ungheresi che si trovarono a vivere in Paesi diversi. Ma anche perché ha posto le basi ad una molteplicità di potenziali conflitti tra l’Ungheria e i suoi vicini, causando “problemi politici, economici, giuridici e psicologici tuttora irrisolti”.
Eppure, con la Legge sulla Coesione Nazionale, l’Assemblea Nazionale prendeva atto che l’unità della Nazione ungherese al di sopra dei confini è una realtà che fa parte dell’identità degli ungheresi. Una unità che lo Stato ungherese, per essere fedele alle aspirazioni del proprio popolo, deve appoggiare e promuovere. Tuttavia la stessa Legge annuncia di rispettare “il diritto di altre nazioni a pensare diversamente circa le questioni che sono importanti per gli ungheresi” e propone di tenere presente anche “i nostri stessi errori che ragionevolmente hanno causato offesa ai membri di altre nazioni”.
L’Assemblea Nazionale con la Legge sulla Coesione Nazionale rendeva onore a quanti, durante il secolo trascorso, “hanno contribuito al rafforzamento spirituale ed economico degli ungheresi e alla loro sopravvivenza”, ma anche “a quanti hanno subito discriminazioni e offese”, o hanno dovuto dare la vita per poter liberamente professare la propria identità ungherese. Non dimentica inoltre di ringraziare quanti, “pur non essendo ungheresi, hanno dimostrato solidarietà nei confronti degli ungheresi”.
Un passaggio molto significativo del documento normativo è dove l’Assemblea Nazionale “prende atto del fallimento dei tentativi finora sperimentati nella storia per risolvere le questioni sorte dopo il diktat di pace del Trianon, ossia la modificazione delle frontiere con l’ausilio di potenze straniere e i tentativi di sopprimere l’identità nazionale nel segno dell’ideologia internazionalista”. Infatti, il revisionismo fu perseguito tra le due guerre mondiali, mentre sotto il comunismo era addirittura proibito di considerare la problematica della nazione e quella degli ungheresi che vivono oltre i confini dell’Ungheria.
La Legge annunciava perciò un nuovo approccio, quello della “mano tesa”, per dirla con le parole di Papa Francesco, pronunciate dopo aver visitato il Santuario mariano di Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc), tanto caro agli ungheresi di tutto il mondo e che da un secolo si trova in Romania.
Questa "mano tesa" si concretizza, da parte ungherese, nell’impegno per la collaborazione con i Paesi vicini. L’Assemblea Nazionale, con la Legge sulla Coesione Nazionale dichiara, infatti, che la soluzione ai problemi tuttora irrisolti derivanti dal “Trianon” potrà venire solamente dalla collaborazione, “basata sul rispetto reciproco di paesi uguali, democratici, sovrani”, con l’obiettivo di contribuire “ad un futuro pacifico dei popoli che convivono nel Bacino dei Carpazi, basato sulla mutua comprensione e collaborazione”, promuovendo così anche la “riunificazione dell’Europa smembrata dalle tragedie del XX secolo”.
Un obiettivo riecheggiato anche dalle parole di Papa Francesco, nella S. Messa a Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc), il 1 giugno 2019: “Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna. Pellegrinare significa sentirsi chiamati e spinti a camminare insieme chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione.”
L’Ungheria è pronta a farlo, come enunciato proprio dalla Legge sulla Coesione Nazionale.

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Il centenario viene ricordato in Ungheria e altrove con diverse iniziative, che riflettono certamente la situazione e i sentimenti dei promotori.
L’Alleanza degli Intellettuali Cristiani (KÉSZ) ungherese ha promosso l’iniziativa ecumenica di suonare le campane delle diverse chiese alle ore 16.30 “per pregare e guardare avanti”, con “la fede nel Creatore, la capacità di perdonare e la coscienza della forza della preghiera”. Infatti, secondo una nota, il trauma del Trianon potrà essere elaborata solo “con la forza della fede”, in quanto “le ferite di un secolo non le possiamo guarire da soli, è necessaria la forza rigeneratrice di Dio”.
Secondo le indicazioni della Conferenza Episcopale Ungherese (MKPK) tale iniziativa sarà perciò fatta “in uno spirito di preghiera”: pregando per la patria, per il popolo ungherese in Ungheria e nei paesi limitrofi, ma anche “per tutti i popoli dell’Europa Centrale affinché possiamo costruire il nostro futuro comune nella pace, nella carità e nella fattiva collaborazione”.

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Testo della Legge N. XLV del 2010 a testimonianza della coesione nazionale

lunedì 1 giugno 2020

Santuario di Csíksomlyó – celebrato il primo anniversario della visita di Papa Francesco


Il 1 giugno ricorre il primo anniversario della visita di Papa Francesco al Santuario di Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc in Transilvania, Romania). Un anno fa la visita di Papa Francesco e l’annuale Perdonanza di Pentecoste ha riempito la vasta sella del monte di Csíksomlyó ben due volte nell’arco di otto giorni, con oltre 100 mila fedeli. È stato un anno davvero speciale per gli ungheresi della Transilvania, e non solo. Quest’anno è pure speciale, ma per un motivo ben diverso: a causa delle limitazioni dovute alla pandemia, le celebrazioni sia dell’anniversario che della Perdonanza si sono svolte con poche presenze, all’interno della Basilica del Santuario.
Un anno fa a commentare la S. Messa del papa su Vatican News è stato Mons. Gergely Kovács, allora Capo Ufficio del Pontificio Consiglio della Cultura. Oggi, invece, è stato proprio lui a celebrarne l’anniversario a Csíksomlyó. Infatti, nominato nuovo Arcivescovo di Gyulafehérvár/Alba Iulia la vigilia di Natale 2019, Mons. Kovács è stato consacrato vescovo lo scorso 22 febbraio, nella Cattedrale della sua diocesi dal Cardinale Gianfranco Ravasi.
Celebrazione in ricordo della visita di Papa Francesco al Santuario di Csíksomlyó (foto: romkat.ro)
La Santa Messa di ringraziamento per l’anniversario della visita del Santo Padre è stata celebrata nella Basilica di Csíksomlyó, ai piedi della monumentale statua della Madonna, la quale, da un anno, è ornata dalla speciale Rosa d’Oro, donata da Papa Francesco. Oggi nella sua omelia l’Arcivescovo Kovács si è interrogato sui frutti della visita del papa maturati durante l’anno trascorso:
Camminiamo insieme - il motto della visita del papa in Romania
in versone ungherese sulla casula papale di Csíksomlyó
“Personalmente io mi propongo di realizzare due delle esortazioni contenuti nell’omelia del papa pronunciata a Csíksomlyó. Il primo è il ‘camminare insieme’. Sì, camminiamo insieme e cominciamo a farlo tra di noi, prima di tutto nella nostra arcidiocesi: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Camminiamo tutti insieme! Come ci aveva esortati anche il vescovo Áron Márton di venerata memoria: ‘Dobbiamo imparare di impegnarci gli uni per gli altri e di lavorare insieme’. L’altra esortazione di papa Francesco, che sento sempre più mia, è quanto abbiamo sentito alla fine dell’omelia: ‘chi rischia, il Signore non lo delude!’ Non dobbiamo essere temerari, né essere irresponsabili, ma piuttosto dobbiamo osare di rischiare, di uscire dalle nostre comodità, osiamo uscire, rischiare, abbandonare l’atteggiamento del ‘si è sempre fatto così’. Apriamo piuttosto le finestre al vento dello Spirito Santo che ci pervade.”
Il labaro, simbolo del Santuario di Csíksomlyó, portato in processione prima della S. Messa
celebrata quest'anno nella basilica del santuario (foto: romkat.ro)
Sempre al santuario mariano di Csíksomlyó, così caro agli ungheresi, ha avuto luogo due giorni fa l’annuale festa della Perdonanza di Pentecoste. Una ricorrenza normalmente celebrata nella sella del monte che sovrasta il santuario e che attira oltre centomila fedeli dalla Transilvania e dall’Ungheria, ma anche da diversi altri paesi. A presiedere la liturgia, all’interno della Basilica, è stato sempre il nuovo Arcivescovo, Mons. Gergely Kovács, il quale nella sua omelia ha fatto riferimento al significato dell’attuale situazione particolare:
“Pellegrinare e stare insieme: sono proprio questi due elementi che mancano dalla nostra festa di quest’anno, in seguito ai provvedimenti a causa dell’epidemia da coronavirus. Ma come si può festeggiare così? – sono stati in tanti a porre la questione. (…) Ma ne siete certi che tutto questo sia un male? Il buon Dio non vuole mai del male al suo popolo! (…) Più volte nella storia il nostro popolo poteva sentirsi abbandonato da Dio, credere che Egli gli avesse nascosto il Suo volto. Rievocando queste occasioni ed eventi spesso siamo tentati di piangere, di lamentarci, siamo tentati da un sentimento di lutto profondo. E allora mi
La Rosa d'Oro di
Csíksomlyó
vengono in mente le parole di Papa Francesco, pronunciate un anno fa qui a Csíksomlyó. ‘Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate’, ha detto, ma ci ha anche esortati ad agire per il futuro ‘chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione’. Certo, è strana e inusuale l’odierna celebrazione. Ma vorrei porre nuovamente la domanda: Ma ne siete certi che tutto ciò sia un male? Durante l’epidemia da coronavirus ci siamo spesso detti che adesso tante cose vanno rivalutate… Abbiamo potuto imparare cos’è che veramente conta, cosa è veramente preziosa e duratura. Ne sono convinto che sia proprio ciò che succede anche con la Perdonanza del sabato di Pentecoste di Csíksomlyó. La pandemia ci riconduce all’essenziale, al nocciolo della festa. (…) Non dobbiamo dimenticare che il Signore della storia è Dio che ci vuole sempre del bene. Dobbiamo caricarci della comunione e credere che la Vergine Maria, la Donna vestita di sole ci aiuterà. Adesso non siamo potuti venire qui in pellegrinaggio, fisicamente non possiamo stare insieme, ma niente e nessuno potrà toglierci l’attaccamento filiale alla Vergine Maria.”
Stemma di Mons. Gergely Kovács,
Arcivescovo di Gyulafehérvár/Alba Iulia
Mostra virtuale sulla visita del Santo Padre a Csíksomlyó (con sottotitoli in inglese):