venerdì 29 dicembre 2017

La visita ad limina dei vescovi ungheresi


Nel 2017 uno degli eventi principali per la Conferenza Episcopale Ungherese è stata la visita ad limina, compiuta tra il 20-24 novembre. La settimana di incontri e visite a Roma e in Vaticano si è aperta subito con l’udienza con Santo Padre il 20 novembre. Nelle scorse settimane i presuli ungheresi hanno riferito delle loro esperienze ai microfoni del Programma Ungherese di Radio Vaticana.
I membri della Conferenza Episcopale Ungherese in udienza dal Santo Padre
(foto: OR/Magyar Kurír)
È stata una conversazione spontanea e cordiale, a detta dei vescovi ungheresi, quella avuta con Papa Francesco. Hanno anche voluto sottolineare la sintonia con il Papa sperimentato circa i temi toccati durante l’udienza.

Una delle tematiche meglio approfondite con il Santo Padre è stata quella della situazione del cristianesimo in Occidente. Mons. Gyula Márfi, Arcivescovo di Veszprém ha sollevato il tema del pericolo della scristianizzazione e dell’islamizzazione dell’Europa. Il Papa Francesco ha evidenziato al riguardo la necessità di essere non solo miti ma anche prudenti, e ha assicurato di essere cosciente dei rischi della situazione. Addirittura, secondo Mons. János Székely, Vescovo di Szombathely, non è stato molto usuale sentire come il Papa sia anche preoccupato al riguardo.

Il Santo Padre ha detto molto apertamente – come ne ha riferito Mons. László Kiss-Rigó di Szeged-Csanád che quanto avviene nell’Europa Occidentale può qualificarsi come colonizzazione ideologica e culturale, alla quale è necessario opporre resistenza e difendersi. Sarebbe fondamentale, ha detto Papa Francesco ai vescovi ungheresi, la presa di coscienza in Occidente delle proprie radici cristiane, altrimenti le nazioni perdono le proprie difese immunitarie e non ci sarà più l’Europa. Il Papa ha parlato anche del rischio di scambiare l’unità o l’uguaglianza con l’uniformità, come nel caso dell’ideologia del gender. Secondo Mons. András Veres, Presidente della Conferenza Episcopale il Papa ha espressamente detto che bisogna preservare le specificità della propria identità nazionale e l’Europa non dovrebbe essere come una sfera omogenea, ma dovrebbe piuttosto somigliare ad un poliedro con le sue sfaccettature diverse.

“Siamo stati incoraggiati dal Santo Padre – ha specificato il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest – per quanto riguarda l’apprezzamento dei valori e dell’identità culturale dei singoli popoli europei. Quindi il futuro dell’Europa non è la perdita dell’identità delle nazioni, ma il mutuo riconoscimento ed apprezzamento, con una gratitudine nei confronti del Creatore che ha permesso lo sviluppo di questa molteplicità riconciliata che riesce a collaborare e trovare sinergie.”
Messa dei vescovi ungheresi nelle Grotte Vaticane
Un altro tema importante è stato quello delle esperienze con le chiese cristiane perseguitate, perché “in Ungheria arrivano non tanto profughi cristiani, ma i patriarchi e vescovi orientali del Medio Orientali o vescovi della Nigeria, che raccontano in modo molto concreto la situazione dei cristiani del loro Paese” – ha raccontato il Card. Erdő. “Anche in Ungheria arrivano dei profughi, seppur pochi ultimamente, ma trovano sempre una accoglienza da parte delle strutture ecclesiali. E abbiamo una accoglienza ben organizzata per gli studenti cristiani che nei loro Paesi sono perseguitati. Li abbiamo accolti nelle nostre comunità ecclesiali.”

Il Primate d’Ungheria ha illustrato al Papa come in Ungheria si siano aperte “nuove possibilità per la Chiesa, grazie ai cambiamenti nella legislazione del Paese, e in seguito all’accordo tra la Santa Sede e l’Ungheria firmato nel 2013. L’introduzione nella scuola dell’obbligo dell’insegnamento di religione o, in alternativa quello dell’etica civile, presenta una sfida missionaria per la Chiesa in Ungheria: la maggioranza dei genitori opta per la religione, anche se loro stessi non sono praticanti. Solo a Budapest ci sono 8000 ragazzi nelle scuole che sono iscritti a religione pur non essendo ancora neanche battezzati. Sono circa 500 i catechisti laici che insegnano nelle scuole pubbliche con il mandato ecclesiale.”

Mons. András Veres ha evidenziato come in Ungheria si assista ad una sorta di rinascita della vita religiosa, specialmente per quanto concerne i pellegrinaggi e la frequentazione dei vari santuari. „Questo può essere un incentivo per trovare delle vie nuove di evangelizzazione per interpellare le persone in queste occasioni.”

Mons. Veres ha anche riferito al Papa che il Governo ungherese attuale ritiene importante il sostegno alle famiglie e, grazie alle misure adottate, sta crescendo il numero dei matrimoni e la natalità. Il tema delle famiglie è stato toccato anche da Mons. László Bíró, responsabile per la pastorale della famiglia che al Santo Padre ha sollevato la questione dell’esortazione Amoris Laetitia: per lui le parti più toccanti sono il capitolo quarto, incentrato sull’Inno alla carità di S. Paolo, e il capitolo nono sulla spiritualità della famiglia. Il Papa ha accolto con entusiasmo l’argomento dicendo che il capitolo quarto è molto vicino al suo cuore.
I presuli ungheresi in preghiera alla tomba di San Paolo
Il compito precipuo del vescovo consiste nella preghiera – è stata questa ammonizione del Papa che ha toccato di più il vescovo di Debrecen-Nyíregyháza, Mons. Ferenc Palánki. Il presule ha anche raccontato di aver riferito al Santo Padre della testimonianza comune che i tre vescovi della città di Debrecen cercano di rendere al mondo: il vescovo di rito latino, il metropolita greco-cattolico e il vescovo calvinista-riformato si trovano tra di loro ogni mese, si ascoltano e si aiutano a vicenda, rallegrandosi gli uni dei successi dell’altro. Insomma, i fedeli della regione possono affermare al vederli che si vogliono veramente bene per presentare insieme il volto di Cristo che è il volto dell’amore.

Tra i problemi e le sfide il Card. Péter Erdő e Mons. János Székely hanno menzionato al Papa l’integrazione sociale dei rom, che costituiscono l’8% della popolazione. Per loro ci sono già delle strutture pastorali, ci sono centri di formazione di responsabili laici zingari che lavorano quindi nelle loro comunità. È stato recentemente completata la traduzione della Bibbia nella lingua lovari, più diffusa tra i rom in Ungheria. Questo significa molto per una lingua piccola, perché comporta una riflessione e l’approfondimento della terminologia. “Adesso abbiamo consegnato al Santo Padre la Bibbia in lingua lovari – ha detto il Cardinale – e gli abbiamo chiesto cosa pensasse della traduzione della liturgia della S. Messa nella lingua dei rom, perché noi crediamo che dopo la Bibbia la terminologia di questa lingua sia già sufficientemente sviluppata. Il Papa ci ha incoraggiati con grande gioia: dovete procedere, questa è la via giusta, devono avere anche loro la liturgia.”
Una Bibbia nella lingua dei rom consegnata al Papa
(foto: OR/Magyar Kurír)
Prima dell’udienza il Santo Padre ha benedetto la croce missionaria che nei prossimi mesi inizierà un pellegrinaggio nelle varie regioni dell’Europa Centrale in vista del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, nel 2020. La croce, creata dal maestro Csaba Ozsvári (1963-2009) ancora per le missioni cittadine del 2007, è alta tre metri, in legno di quercia, ricoperta di lamine di bronzo. Custodisce al centro la reliquia della Vera Croce e, intorno, le reliquie di vari santi e beati ungheresi.

I venti membri della Conferenza Episcopale hanno visitato le varie istituzioni ecclesiali ungheresi dell’Urbe e hanno celebrato la S. Messa nella Cappella Magna Domina Hungarorum, vicino alla tomba dell’Apostolo Pietro, nonché alla tomba dell’apostolo Paolo.
La croce del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest
benedetta da Papa Francesco
(foto: OR/Magyar Kurír)

lunedì 25 dicembre 2017

Buon Natale 2017



Presepe artigianale ungherese donato al Museo del Presepio di Roma

"È con commozione che leggiamo sulle prime pagine della Bibbia che il Creatore ha affidato all’uomo gli esseri viventi della terra. Sarebbe però un compito troppo gravoso conoscere e cogliere con l’intelletto tutto il creato in tutte le sue sfaccettature. Ci proviamo certo a descrivere in qualche modo, con le nostre categorie umane, l’universo che ci circonda ma in ogni epoca ci rendiamo conto che i nostri concetti sono insufficienti e dobbiamo trovare un altro approccio, anche diverso, alle cose. Adesso stiamo vivendo il tempo di siffatti cambiamenti. Ne sentiamo gli effetti in quanto molti rinunciano a cercare le profonde connessioni, altri provano a proseguire nella ricerca seguendo esclusivamente le regole di una professione, moltissimi, invece, pensano che non valga neanche la pena di occuparsi di tali questioni e bisogna piuttosto vivere per l’attimo. Furono forse altrettanto gravi le angosce che albergavano negli animi ai tempi di Virgilio che scrisse la sua famosa IV Ecloga dalla quale traspare un’angoscia e un desiderio, che deve nascere Qualcuno che cambi le sorti del mondo, che dissipi le tenebre della paura. Da cristiani è bello credere e sapere, che noi uomini non siamo soli. È stato l’Onnipotente stesso a prendersi cura di noi. È questo che celebriamo a Natale, è questo che percepiamo accanto al presepe del Bambino di Betlemme. Poiché è Lui la luce che illumina ogni uomo e che è venuto nel mondo."

(Tratto dall'articolo del Card. Péter Erdő, Láttuk csillagát, in: Magyar Hírlap, 23 dicembre 2017)

domenica 17 dicembre 2017

I vescovi dell’Europa Centro-Orientale aiutano i profughi in Medio Oriente

Le Conferenze Episcopali di cinque paesi dell’Europa Centro-Orientale hanno annunciato, il 4 dicembre scorso a Budapest, un gesto altamente significativo di concreta solidarietà con i profughi del Medio Oriente. Gli episcopati di Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria hanno deciso di offrire il sostegno comune alla Caritas libanese, a favore dei profughi e dei bisognosi assistiti da essa.
I rappresentanti degli episcopati di Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria
con P. Paul Karam a Budapest (foto: Attila Lambert / Magyar Kurír)
Alla conferenza stampa tenutasi nella sede della Conferenza Episcopale Ungherese il Cardinale Péter Erdő, Primate d’Ungheria ha spiegato che gli episcopati dell’Europa Centro-Orientale collaborano ormai da un decennio, al fine di trovare insieme delle soluzioni, basate sull’insegnamento della Chiesa, ai problemi sociali e pastorali specifici della loro regione.

Durante il loro incontro dello scorso ottobre hanno condiviso quanto già allora stavano facendo individualmente a favore dei profughi e hanno deciso di organizzare un’iniziativa comune a favore dei profughi che si trovano nel Libano in attesa di poter tornare nelle loro case.

“I vescovi del Medio Oriente spesso ci chiedevano di non incentivare i cristiani a lasciare la loro terra, poiché una volta partiti non ci torneranno più. Invece, ci hanno chiesto di aiutarli a sopravvivere la guerra” – ha ribadito Mons. András Veres, Vescovo di Győr e Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese.

Mons. Stanislav Zvolenský, Arcivescovo di Bratislava e Presidente della Conferenza Episcopale della Slovacchia ha ricordato che non era la prima volta che i cattolici della Slovacchia aiutavano i cristiani del Medio Oriente, raccogliendo fondi per un milione di euro.

Mons. Stanisław Gądecki Arcivescovo di Posnań e Presidente della Conferenza Episcopale Polacca ha parlato delle sue esperienze in Iraq, Siria e Libano e degli aiuti polacchi volti ad assicurare dei servizi sanitari in questi paesi.

Mons. Jan Graubner Arcivescovo di Olomouc e Vicepresidente della Conferenza Episcopale della Repubblica Ceca ha raccontato dei suoi sacerdoti che hanno fatto la raccolta a favore dei confratelli in Iraq e hanno donato un autobus e un’ambulanza ai profughi curdi.

A nome dei vescovi croati Mons. Fabijan Svalina, Direttore di Caritas Croazia, ha rievocato come, durante la guerra che ha interessato la Croazia, anche loro abbiano ricevuto aiuti dai popoli vicini e adesso cercano di sostenere i cristiani del Medio Oriente.

Una parte dei fondi raccolti è stata consegnata personalmente a Padre Paul Karam, presidente della Caritas libanese. La popolazione del Libano è di circa 4,5 milioni cui si aggiungono altro circa 2 milioni di profughi siriani, iracheni e palestinesi. La sistemazione degli sfollati è un problema enorme per il paese sia dal punto di vista sociale che economico. Sono 250 mila i bambini che dovrebbero frequentare la scuola, ma gran parte di loro non ne ha la possibilità. La situazione è quindi molto difficile – ha spiegato il presidente di Caritas Libano e ringraziando per la solidarietà dei vescovi centro-europei, ha ribadito che i loro aiuti saranno destinati ai più bisognosi.

lunedì 11 dicembre 2017

Tolentino: il Ministro Zoltán Balog all’inaugurazione della Chiesa del S. Cuore


A Tolentino è stata riaperta al culto la Chiesa del Sacro Cuore e di San Benedetto, danneggiata dal sisma del 2016 e restaurata nel giro di un anno con il contributo del Governo ungherese. Alla cerimonia del 9 dicembre ha partecipato una significativa delegazione governativa ungherese, con il Ministro per le Risorse Umane On. Zoltán Balog e il Sottosegretario agli affari religiosi On. Miklós Soltész, accompagnati dagli Ambasciatori ungheresi Eduard Habsburg-Lothringen (presso la S. Sede) e Ádám Zoltán Kovács (presso il Quirinale), nonché Péter Heltai (inviato speciale per il programma Hungary Helps).

Il Ministro Balog nel suo discorso, ripercorrendo la storia dei legami tra Italia e Ungheria, ha rammentato diversi personaggi italiani che hanno dato un contributo importante in Ungheria: il vescovo martire San Gerardo, uno dei primi evangelizzatori dei magiari, o San Giovanni da Capestrano che ha promosso la difesa del paese contro l’invasione ottomana. Ha voluto ricordare pure che nel 1956, nell’ora suprema della lotta per la libertà del popolo ungherese, gli italiani hanno pregato e organizzato raccolte a favore degli ungheresi.

“Abbiamo voluto aiutare perché sentivamo che quella richiesta ci aveva toccati” – ha rievocato il ministro Zoltán Balog il momento quando il Governo ungherese ha ricevuto la lettera di Andrea Carradori, priore della Confraternita del Sacro Cuore cui è affidata la chiesa. “Quello che abbiamo fatto ha anche un messaggio simbolico. Se, infatti, il terremoto geologico scuote le fondamenta e i muri degli edifici e delle chiese, vi è in Europa oggi un sisma che rischia di sconvolgere l’edificio dell’identità europea, la sua cultura cristiana. Ma l’Ungheria non ci sta, vuole difendere le fondamenta cristiane dell’Europa. Mentre in diversi paesi occidentali si chiudono le chiese l’Ungheria ha voluto aiutare a riaprire una chiesa danneggiata.”

Sebbene non sia un paese facoltoso, l’Ungheria ha ora raggiunto un livello di sviluppo economico che gli rende possibile di aiutare altri. Così è nato il programma Hungary Helps, che coordina i diversi interventi internazionali di sviluppo e di assistenza. Il Ministro ha anche accennato all’aiuto dell’Ungheria ai cristiani in Siria e Iraq, ma anche in diversi paesi dell’Africa, con la ricostruzione di villaggi, di scuole e di ospedali, ma anche con delle borse di studio offerte a giovani di tanti paesi.

L’On. Miklós Soltész ha dato lettura del messaggio dell’On. Viktor Orbán, nel quale il Primo Ministro ungherese ha espresso le sue congratulazioni alla comunità tolentinate per il lavoro compiuto: “In seguito all’immane distruzione voi siete stati esempio di perseveranza per tutti noi, avendo restaurato in un anno i muri della chiesa, così da poter continuare nell’antico ma rinnovato edificio l’orazione iniziata dai vostri avi.”

giovedì 7 dicembre 2017

Riapre la chiesa di Tolentino restaurata con l'aiuto dell'Ungheria


A poco più di un anno dal sisma del 30 ottobre 2016 che l’ha resa inagibile, la Chiesa del Sacro Cuore di Tolentino verrà riaperta al culto il 9 dicembre 2017, alle ore 16, da Mons. Nazzareno Marconi, Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia.

Il restauro è stato finanziato dal Governo ungherese che, su richiesta del Priore della Confraternita del Sacro Cuore di Tolentino, Sig. Andrea Carradori, aveva deciso, nel dicembre del 2016, di stanziare un finanziamento di circa 480 mila euro all’uopo.

La riapertura della chiesa verrà solennizzata dalla celebrazione dei vespri, presieduti da Mons. Giuseppe Sciacca, Segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Il Governo ungherese sarà rappresentato dall’On. Zoltán Balog, Ministro delle Risorse Umane, che porterà il messaggio del Primo Ministro ungherese Viktor Orbán. Faranno parte della delegazione ufficiale il Sig. Miklós Soltész, Sottosegretario agli affari religiosi, l’Ambasciatore Péter Heltai, inviato speciale del programma di aiuti governativi “Hungary Helps” e l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede, Eduard Habsburg-Lothringen.

Un folto gruppo di pellegrini ungheresi residenti in Italia parteciperà alla cerimonia, guidato da Mons. Lajos Varga, Vescovo ausiliare della Diocesi ungherese di Vác e da Mons. László Németh, coordinatore pastorale degli ungheresi in Italia.

lunedì 4 dicembre 2017

Onorificenza a Mons. Bottari nunzio a Budapest


(foto: Magyar Kurír)
Sta per concludere la sua missione in Ungheria Mons. Alberto Bottari de Castello, nunzio apostolico a Budapest sin dall’estate del 2011. Per ringraziarlo il vice primo ministro, On. Zsolt Semjén lo ha ricevuto nel Palazzo del Parlamento, il 4 dicembre, e gli ha consegnato l’onorificenza della Croce di Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito Ungherese.

Durante la cerimonia, alla presenza del Card. Péter Erdő, Primate d’Ungheria, l’On. Semjén ha evidenziato i positivi sviluppi dei rapporti con la Santa Sede, dei quali il momento principale è stato la firma, proprio da parte di Mons. Bottari, della modifica dell’Accordo tra la Santa Sede e l’Ungheria, il 21 ottobre 2013.

venerdì 1 dicembre 2017

Un volume racconta il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese


È stato presentato dal Cardinale Péter Erdő lo scorso 15 novembre, il volume sul Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese in Urbe, scritto dal suo attuale rettore, lo storico Mons. Tamás Tóth. In occasione dell’evento, l’Istituto che funge da collegio sacerdotale, facente capo alla Conferenza Episcopale Ungherese, ha aperto le sue porte al pubblico. Il volume edito in lingua italiana e ungherese presenta numerosi documenti e fotografie finora mai pubblicate nonché la lista degli ex-alunni dell’Istituto.
Presentazione del libro con il Card. Erdő e Mons. Tóth
La sede dell’Istituto, che ospita dei sacerdoti ungheresi durante i loro studi post-graduali a Roma, risale al 1927, quando lo Stato ungherese acquisì il Palazzo Falconieri a Via Giulia per stabilirvi l’Accademia d’Ungheria. Dell’istituto di cultura ungherese faceva parte una “sezione ecclesiastica”, la quale si rese poi autonoma nel 1940, per iniziativa del Cardinale Jusztinián Serédi Primate d’Ungheria, con decreto della Santa Sede.

I momenti storici più significativi dell’Istituto sono stati presentati dal Cardinale Péter Erdő, attuale Primate d’Ungheria e Arcivescovo di Esztergom-Budapest nonché ex-alunno dell’Istituto, sottolineando come la presenza della Chiesa ungherese a Roma fosse continua sin dalla fondazione dello stato ungherese. Una continuità interrotta persino durante il comunismo grazie proprio all’esistenza dell’Istituto, gestito da ecclesiastici ungheresi in esilio, che ha anche avuto un ruolo fondamentale nell’accoglienza dei profughi ungheresi dopo il 1956.

Il cambiamento arrivò nel 1964 con l’intesa semplice tra Ungheria e Santa Sede, quando la direzione dell’Istituto fu delegata alla Conferenza Episcopale Ungherese permettendo così l’arrivo dei sacerdoti borsisti direttamente dell’Ungheria. Ciò ha aiutato in modo notevole la Chiesa in Ungheria ad essere al passo con i tempi, di mantenere una certa apertura verso il resto del mondo da oltre cortina.
Lapide commemorativa a Palazzo Falconieri


Il Card. Péter Erdő ha ricordato i suoi anni trascorsi a Roma da studente negli anni ’70, sottolineando che per i sacerdoti ungheresi, ancora oggi, studiare a Roma significa un’apertura unica verso la cultura internazionale e un’opportunità singolare di costruire dei rapporti con i professori e studenti di tutto il mondo. Mons. Tamás Tóth, Rettore dell’Istituto e autore del volume ha presentato la vita attuale dell’Istituto fa parte anche della rete internazionale dei collegi ecclesiastici romani.

Dopo la presentazione, per la prima volta nella sua storia, l’Istituto Pontificio Ecclesiastico Ungherese ha aperto le sue porte al pubblico dando la possibilità di visitare anche la cappella, con gli affreschi di Péter Prokop e le vetrate di János Hajnal.
La Cappella dell'Istituto con gli affreschi di Prokop e le vetrate di Hajnal