domenica 30 settembre 2018

Il culto di San Charbel in Ungheria – solidarietà spirituale con il Libano


Il Cardinale Béchara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, ha visitato l’Ungheria in occasione della festa di re Santo Stefano d’Ungheria, il 20 agosto scorso, su invito del cardinale Péter Erdő, primate d’Ungheria e dell’On. Zsolt Semjén, vice primo ministro d’Ungheria. 
Il Card. Erdő e il Card. Rai nella Chiesa dei Santi Angeli di Gazdagrét,
con il ritratto e le reliquie di S. Charbel
(foto: Magyar Kurír/Attila Lambert)
 
Uno dei momenti più significativi della visita è stata la benedizione del battistero dedicato a San Charbel Makhluf, monaco e presbitero maronita libanese nella chiesa dei Santi Angeli a Gazdagrét. Alla cerimonia hanno partecipato il Cardinale Péter Erdő, la Signora Joanna Azzi, Ambasciatore del Libano in Ungheria, il Sig. Tamás Hoffmann, Sindaco dell’XI Distretto della Capitale e il Sig. Tristan Azbej, Sottosegretario ungherese per l’aiuto ai cristiani perseguitati. La chiesa dei Santi Angeli sorge nel quartiere periferico di Gazdagrét, caratterizzato dai grandi palazzi dell’epoca socialista, e fu consacrata nel 2016. È stata in quella occasione che il Cardinale Erdő ha affidato alla parrocchia le reliquie di quattro santi Maroniti, San Charbel, Santa Rafqua, San Nimatullah Al-Hardini e il Beato Estephan Nehmé, ricevute in regalo dal Patriarca Raï. ha inteso promuovere in questo modo il loro culto in Ungheria, per rafforzare la solidarietà dei fedeli ungheresi con i cristiani perseguitati del Medio Oriente.


venerdì 28 settembre 2018

“CROSS IN FIRE” – Mostra sulla persecuzione dei cristiani in Medio Oriente


Palazzo Cardinal Cesi, a due passi dal Vaticano, ospiterà dall’8 al 12 ottobre 2018, una mostra particolare: “Cross in Fire” – La croce nel fuoco. La vita, la sofferenza, il terrore e la distruzione toccati in sorte alle diverse comunità del Medio Oriente questa volta vengono presentati non attraverso le telecamere e le notizie dei media occidentali, ma dall’ottica delle vittime stesse.

Gli oggetti esposti alla mostra non sono solo dei cimeli, ma alcune possono considerarsi delle vere reliquie, offerti dagli interessati: oggetti e libri sacri e paramenti liturgici danneggiati, frammenti di pietre dalle chiese devastate, effetti personali di vittime innocenti degli attentati.

L’obiettivo però non è quello di offrire ai visitatori delle scene raccapriccianti. La mostra vuole piuttosto aiutare, anche con l’ausilio di accurate spiegazioni, a rafforzare la consapevolezza che le radici cristiane della civiltà occidentale si trovano in Medio Oriente, e se venissero estirpate tutta la civiltà umana ne rimarrebbe sconvolta.

Cristiani allo stremo

All’inizio del XX secolo i cristiani medio orientali furono partecipanti attivi dei processi politici e sociali. Nel 1920 in Siria un terzo della popolazione era cristiana, mentre nel 2011 la loro proporzione è scesa al 5-8%. Dopo l’esplosione di guerra in Siria si possono solo stimare i numeri dei cristiani rimasti nel paese. Il declino è molto tragico in Iraq dove il loro numero è ridotto dai 1,5 milioni del 2003, ai 250 mila di oggi. Nonostante l’apparente vitalità, la comunità cristiana d’Egitto, di 10 milioni di persone, è pure gravemente minacciata dagli attacchi terroristici.

Mostra Cross-in-Fire (foto: Museo Nazionale Ungherese)
Lo scopo del jihadismo – umiliazione e persecuzione

Non si possono identificare le organizzazioni estremiste jihadiste con i musulmani in generale. L’ISIS e altri gruppi radicali hanno però l’obiettivo di creare uno stato organizzato sulla base del diritto islamico, e secondo loro la violenza non è solo necessaria per la salvezza ma è addirittura un obbligo religioso.

„…siamo associati all’occidente”

La propaganda jihadista tipica identifica i cristiani con i crociati medievali e con l’Occidente ateo e senza religione. I jihadisti sostengono che i cristiani medio orientali sono discendenti dei crociati e agenti infiltrati dell’Occidente “ateo” e “infedele”. L’obiettivo di lungo termine è di estirpare la civiltà cristiana da tutto il mondo, e così questi attacchi fanno parte di una battaglia apocalittica. Ciò spiega perché gli attentati puntano soprattutto ai cristiani del Medio Oriente.

Mostra Cross-in-Fire (foto: Museo Nazionale Ungherese)
Distruzione del patrimonio culturale

La distruzione non rispetta niente e nessuno: oltre all’eliminazione di monumenti antichi i jihadisti hanno rovinato e distrutto beni architettonici cristiani e precristiani insostituibili, come tombe di santi, dipinti, chiese, conventi e altri luoghi santi. Spesso questi monumenti furono per secoli dei simboli anche della locale coesistenza pacifica dei cristiani e musulmani e la loro perdita è ancor più dolorosa.
Conseguenze: fuga ed esilio

Come conseguenza degli attacchi e delle atrocità l’emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente si svolge già da decenni, e con loro la cultura cristiana potrebbe sparire per sempre da questa regione. L’esodo dei cristiani cominciò già nel 1915 e nell’ultimo secolo centinaia di migliaia di loro si sono trasferiti in Europa, in America e in Australia. I conflitti dell’ultimo decennio e mezzo hanno accentuato questo processo e molti cristiani ora vivono da rifugiati e sono doppiamente vulnerabili, a causa della loro religione.

Il futuro: sforzi e speranze

La persecuzione dei cristiani medio orientali sta suscitando un’eco sempre maggiore nel mondo. Bisogna essere consapevoli che la perdita del cristianesimo in Medio Oriente sarà un grave danno per l’intera umanità. Ci sono ormai diverse iniziative che aiutano i cristiani a rimanere o a ritornare nella loro terra d’origine.

In questo contesto si inseriscono le politiche del Governo ungherese: nel 2016 ha istituito il Segretariato di Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati con lo scopo di fornire aiuti umanitari, favorire la ricostruzione e lo sviluppo delle comunità colpite, ma anche di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale. È stata, inoltre, creata una borsa di studio per i giovani cristiani del Medio Oriente, offrendo loro la possibilità di studiare nelle diverse università ungheresi.

La mostra “Cross in Fire” è stata realizzata dal Museo Nazionale Ungherese, in collaborazione con diversi istituti di ricerca ungheresi, con il sostegno della Segreteria di Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati e presentata prima a Budapest, poi a Washington e a New York.
Palazzo Cardinal Cesi (Via della Conciliazione 51), ore 11-19 - ingresso libero
Per visite guidate: ungheriasantasede@gmail.com


mercoledì 19 settembre 2018

Gemellaggio tra Betlemme e Budapest


I sindaci di Betlemme e Budapest hanno firmato, il 3 settembre 2018 a Betlemme, un accordo di gemellaggio e di cooperazione tra le due città.

Il sindaco della città palestinese Anton Salman ha spiegato che Betlemme vuole far conoscere le sue bellezze e le sue sfide, in particolare quelli dei cristiani palestinesi. István Tarlós, sindaco di Budapest invece ha sottolineato l’importanza di approfondire e tenere vivi i propri rapporti con le radici spirituali del cristianesimo e di conseguenza difendere la cultura millenaria d’Europa: „La cooperazione aiuterà a far conoscere la capitale e la cultura ungheresi agli abitanti di Betlemme, attraverso iniziative musicali, artistiche, in ambito sportivo e giovanile, nonché di tutela del patrimonio artistico”.

Prima di Budapest anche la città di Kalocsa, antica sede arcivescovile dell’Ungheria centrale, ha firmato un simile gemellaggio con Betlemme, nel 2010. Il Governo ungherese, invece, è stato tra i primi a contribuire, con 100.000 EUR, ai restauri della Basilica della Natività.

mercoledì 12 settembre 2018

La Conferenza Episcopale Ungherese rilancia la raccolta a favore dei cristiani perseguitati


La Conferenza Episcopale Ungherese, in occasione della seduta plenaria del 5 settembre scorso, la lanciato un nuovo appello per la raccolta di fondi a sostegno dei cristiani perseguitati dei paesi del Medio Oriente. Già in precedenza i fedeli ungheresi hanno provveduto ad inoltrare aiuti in Iraq e Siria, integrati dal Governo ungherese.

* * *

Il testo del comunicato della Conferenza Episcopale Ungherese:

“I membri della Conferenza Episcopale Ungherese e i fedeli sono sconcertati dalle ripetute notizie sulle persecuzioni subite dai nostri fratelli cristiani in certi paesi africani e asiatici, nonché altrove nel mondo.

Tali persecuzioni si presentano sotto diversi aspetti, dalle discriminazioni agli omicidi più atroci. Secondo ricerche affidabili anche oggigiorno ogni cinque minuti uno dei nostri fratelli cristiani viene ucciso per la sua religione. Li commemoriamo regolarmente nelle nostre preghiere.

Non intendiamo assolutamente suscitare avversione nei confronti di persecutori, né tantomeno vorremo incoraggiare alcuna vendetta. La commemorazione dei martiri fa parte della vita della nostra Chiesa sin dalle origini. Anche il sostegno ai fratelli della fede bisognosi è una pratica antica, mettendo al primo posto le famiglie cristiane che sono state cacciate dalla propria patria, mentre le loro case e le loro chiese sono state distrutte.

A sostegno dei nostri fratelli cristiani perseguitati chiediamo nuovamente le donazioni generose dei confratelli sacerdoti, dei fedeli, nonché di ogni persona di buona volontà, sul conto corrente seguente: Magyar Katolikus Püspöki Konferencia, 11100104—18181490—14000003.

Già in occasione della colletta di due anni fa abbiamo sperimentato la loro generosità, quando abbiamo potuto sovvenzionare con 126 milioni di fiorini (circa 400 mila euro) i nostri fratelli cristiani perseguitati del Medio Oriente.

Ogni fiorino aiuta i nostri fratelli perseguitati a ritornare in quelle città e in quei villaggi dove i loro antenati hanno vissuto per secoli e millenni. Anche in nome di nostri fratelli cristiani vi ringraziamo per il vostro generoso sostegno.

Budapest, 5 settembre 2018”

lunedì 10 settembre 2018

Riunione dei Vescovi centro-est europei


Vescovi dell'Europa centro-orientale a Bratislava
(foto: Magyar Kurír, CCEE)
Si è svolto il 6-7 settembre 2018 a Bratislava (Slovacchia) l’incontro dei rappresentanti delle Conferenze episcopali dell'Europa centro-orientale. Vi hanno partecipato rappresentanti degli Episcopati della Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Croazia, Ucraina, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina, della Conferenza internazionale dei SS. Cirillo e Metodio, nonché la Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). L’Ungheria era rappresentata dal Primate, il Card. Péter Erdő e dal Presidente della Conferenza Episcopale, Mons. András Veres.
Tra altri temi si sono occupati dell’aiuto ai cristiani perseguitati del Medio Oriente, e della cooperazione in Europa, come risulta dal loro comunicato:
“Negli ultimi anni, le diocesi della regione hanno svolto diverse azioni - come per esempio la comune raccolta organizzata nel 2017 a favore delle vittime delle guerre in Medioriente - e contribuiscono alla ricostruzione delle case, ospedali, scuole e interi villaggi, per rendere possibile il ritorno dei profughi nelle loro patrie. Gli organi della Chiesa cattolica hanno prestato un valido aiuto anche ai profughi e migranti che attraversavano il territorio dei loro paesi. (…)
La crisi migratoria ha mostrato che non è facile superare le differenze mentali e culturali che esistono tra Oriente e Occidente. I vescovi, però, osservano di essere tenuti a collaborare. (…)
Non è possibile essere indifferenti nei confronti delle persone che - cercando un futuro migliore per se stessi e per le loro famiglie – si trovano in pericolo di morte o soffrono di fame e carestia. Bisogna fare tutto il possibile per aiutare i loro paesi d'origine, per risolvere i problemi che causano le migrazioni. (…)
I vescovi sono preoccupati per la diffusione dell'ideologia gender, nascosta tra altro anche nel noto Protocollo di Istanbul [Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa – ndr.]. Bisogna fare del tutto affinché l'Europa torni alle radici naturali e cristiane. Le sue istituzioni, comprese le corti [i tribunali – ndr.], dovrebbero rispettare l'autonomia dei paesi dell'Europa centro-orientale nella sfera culturale ed etica. Inquietano le decisioni sovranazionali che impongono, a volte in modo indiretto, soluzioni in contrasto alle costituzioni e culture dei singoli paesi, approfondendo così le alienazioni e agendo contro l'integrazione. I vescovi chiedono i rappresentanti dei governi di rifiutare la ratifica del Protocollo di Istanbul, o di revocare la firma.”

giovedì 6 settembre 2018

Nuovo Nunzio Apostolico in Ungheria


Monsignor Michael August Blume, nuovo nunzio apostolico in Ungheria ha presentato le credenziali al Presidente dell’Ungheria, S.E. János Áder il 5 settembre 2018, a Palazzo Sándor.
Mons. Michael A. Blume presenta le credenziali al Presidente ungherese János Áder
foto: Magyar Kurír)
Il nunzio è arrivato a Budapest il 3 settembre, accolto all’aeroporto dai rappresentanti della Conferenza Episcopale Ungherese e dal Capo del Cerimoniale Diplomatico. Il giorno seguente Mons. Blume ha partecipato alla seduta plenaria della Conferenza Episcopale Ungherese, tenutasi nella città di Győr.

Dopo la presentazione delle credenziali, Mons. Blume ha reso omaggio al Milite Ignoto sulla Piazza degli Eroi a Budapest.
Il nuovo Nunzio di Budapest a Piazza degli Eroi
(foto: Magyar Kurír)