venerdì 27 dicembre 2019

Natale, amore primordiale di Dio cui anela ogni uomo – messaggio natalizio del Card. Péter Erdő


Pubblichiamo la traduzione italiana del messaggio natalizio del cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Primate d’Ungheria.
* * *
Il Card. Erdő nella S. Messa della notte di Natale nella Basilica di S. Stefano a Budapest
(foto: Magyar Kurír)
Dice di re Salomone il Libro della Sapienza: “E fui allevato in fasce e circondato di cure; nessun re iniziò in modo diverso l'esistenza.” (Sapienza, 7,4-5). Ben due volte vengono menzionate le fasce nel brano del Vangelo della notte di Natale. Maria avvolge in fasce il suo figlio primogenito e lo depone in una mangiatoia (Lc, 2,7), mentre l’angelo annuncia ai pastori la gioia del Natale e gli dà un segno: “troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). La Seconda Persona Divina incarnata inizia quindi la sua vita terrena come ogni uomo, povero o ricco, senzatetto o re, semplice o saggio come Salomone che successe a Davide sul trono. Il messaggio di questa parola è spiegata così bene dal canto natalizio che riecheggia nelle nostre chiese: “è debole il tuo corpicino, eppure / tuoi saranno terra e cielo”.
L’uomo nasce assai debole. I neonati hanno freddo, trovano freddo il mondo in cui sono nati. E non resterebbero in vita se non fossero presi in braccio, non fossero nutriti, non fossero riscaldati. Non inizierebbero poi a parlare se non fossero circondati dal mondo degli uomini. Non saprebbero essere contenti, amare, ascoltare l’altro o realizzare dei grandi obiettivi se non sperimentassero quella comunità dell’amore primordiale che l’uomo deve ricevere prima di tutto dai propri genitori, dalla propria famiglia. La realizzazione più splendente di questo amore primordiale, di questa prima comunità è la festa del Natale, la sicurezza della propria casa e della propria famiglia. È questo che continua a vivere nell’intimo dei nostri ricordi. È a questo che aneliamo col passare dei decenni, e qui che vorremmo ritornare quando festeggiamo il Natale con una famiglia, da parenti anziani o da amici. Ed è a questo amore che vorremmo tornare quando ci congediamo dalla vita terrena. Sin dalla mia ordinazione sacerdotale ho potuto accompagnare diverse persone morenti negli ultimi istanti della loro vita. E il loro desiderio, anelito cosciente o inconsapevole, il loro quasi ultimo sforzo era sempre quello di comunicare qualcosa, di mettersi in contatto. Non a caso è considerata sacra l’ultima volontà, l’ultimo desiderio della persona.
A Natale Dio si rivela a noi, facendoci entrare anche nel mistero della nostra umanità. L’uomo, infatti, è un essere la cui vita inizia dall’amore e tende all’amore. Tale è la nostra vocazione, siamo fatti così. Abbiamo bisogno di cure, poi la nostra vita si sviluppa, fiorisce, affinché anche noi potessimo prenderci cura degli altri e potessimo arricchirli. E per poter, infine, arrivare dall’amore umano all’amore del Creatore stesso, tornando alla casa del Padre.
L’intimità del Natale è luce per noi, come dice il vangelo di Giovanni: veniva nel mondo la luce vera (Gv 1,9). Dall’amore di ciascuna persona e dalla comunità d’amore, come da un insieme vivente, Dio ci guarda sorridendo, aspettandoci con magnanime generosità. Il suo primo dono per noi è la nostra vita stessa, la dignità di essere uomini. Il fatto che ci chiama per nome, che ci dà una meta e ci invita ad aver parte della sua stessa vita, ci invita a quel banchetto di cui ci parla Gesù. Infatti, come si potrebbe meglio spiegare a noi uomini, bisognosi di cibo e di bevanda, di aver ricevuto l’invito ad un convivio grandioso e felice nella casa del Padre? Il suo secondo dono sarà questo banchetto, il grande e incontro ultimo che prenderà il suo inizio con la seconda venuta di Cristo.
È questo banchetto che pregustiamo in ogni Santa Messa, in ogni Santa Comunione, e ogni volta che ci inginocchiamo adoranti davanti al Santissimo Sacramento. Poiché la Seconda Persona Divina per noi ha svuotato sé stesso, è divenuto uomo, anzi cibo, pane e vino: tanto anela il nostro amore.
Il Natale ci irradia questa prospettiva, di cui l’allungarsi del giorno e l’accorciarsi della notte costituisce un umile segno. La festa del Natale lascia intravedere questa prospettiva che si apre oltre il mondo creato. Di questa luce è umile segno la candela che accendiamo davanti al presepe, nascosto sotto l’albero di Natale.
Preparandoci al Congresso Eucaristico Internazionale celebriamo questo Natale con gratitudine e con amore reciproco. Con rinnovata letizia, fiducia, avendo chiaro l’obiettivo davanti a noi: infatti Dio è già ora e inseparabilmente con noi.

mercoledì 25 dicembre 2019

Auguri - Áldott Karácsonyt!

Il presepe, scolpito nel legno, a forma di un trittico tridimensionale, opera dello scultore artigiano Sig. István Kiss di Eger (Ungheria) è presente alla 44ma Esposizione "100 Presepi" in Vaticano.


La mostra è stata onorata dalla visita del Santo Padre il 9 dicembre scorso.
(Foto: Vatican Media)

lunedì 23 dicembre 2019

Messa “Rorate”, devozione d’Avvento


La Messa „Rorate” è una usanza liturgica dell’Avvento in Ungheria. Prende il nome dall’antifona della messa: „Rorate caeli desuper et nubes pluant iustum” (“Stillate, cieli, dall’alto e le nubi piovano il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore”, Is 45, 8).
Si tratta di una liturgia quotidiana molto suggestiva e sentita dai fedeli, pur nella sua semplicità. Inizia di solito alle ore 6 della mattina, ben prima, quindi, del sorgere del sole e comunque anticipata rispetto all’orario usuale delle messe parrocchiali. È caratterizzata dal lume delle candele della corona d’Avvento, un’altra usanza centro europea che però si è progressivamente diffusa anche altrove. L’albero di Natale, però, viene allestito, anche nelle chiese, solamente alla vigilia di Natale, come pure il presepe.

Il "Canto d'Avvento" di Zoltán Kodály riprende il testo dell’antico inno “Veni veni, Emmanuel”, ispirata dalle antifone maggiori dell'Avvento (antifone O).

venerdì 20 dicembre 2019

Auguri da Budapest


"Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze..."
(Papa Francesco, Lett. Ap. Admirabile signum, 1)

Presepe nell'atrio del
Ministero degli Affari Esteri di Budapest

martedì 17 dicembre 2019

Papa Francesco accompagna con la preghiera i preparativi del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest


Dopo la preghiera dell’Angelus del 15 dicembre il Santo Padre ha voluto richiamare l’attenzione al prossimo Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest:
“Tra meno di un anno, dal 13 al 20 settembre 2020, si celebrerà a Budapest il 52° Congresso Eucaristico Internazionale. I Congressi Eucaristici, da più di un secolo, ricordano che al centro della vita della Chiesa c’è l’Eucaristia. Il tema del prossimo Congresso sarà «Sono in te tutte le mie sorgenti» (Sal 87,7). Preghiamo che «l’evento eucaristico di Budapest possa favorire nelle comunità cristiane processi di rinnovamento» (Discorso al Pont. Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, 10 novembre 2018).”
Nel corso della visita all’esposizione “100 Presepi” in Vaticano lo scorso lunedì 9 dicembre, la delegazione ungherese, giunta in Vaticano anche per una testimonianza sul Congresso Eucaristico, ha raccontato a Papa Francesco dei preparativi dell’importante evento ecclesiale.


lunedì 9 dicembre 2019

100 Presepi con Papa Francesco e recita ungherese


Con una visita a sorpresa Papa Francesco ha onorato l’Esposizione “100 Presepi” in Vaticano nel pomeriggio del 9 dicembre.
Su invito del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione l’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede ha organizzato l’animazione dell’evento, in collaborazione con la Segreteria Generale del Congresso Eucaristico Internazionale 2020 di Budapest.
Membri del coro ungherese salutano Papa Francesco all'Esposizione 100 Presepi
Il Coro della Scuola Coristica Zoltán Kodály di Budapest ha accolto con tradizionali canti natalizi ungheresi il Santo Padre che si è soffermato a lungo tra i vari presepi, tra i quali ben 18 giunti dall’Ungheria.
Dopo aver benedetto i presepi con una speciale preghiera, Papa Francesco ha assistito ad una breve recita natalizia ungherese, presentata dalle bambine del coro di Budapest, che alla fine lo hanno voluto omaggiare con dei tipici cioccolatini natalizi “szaloncukor”.
La delegazione ungherese, guidata da Mons. Ferenc Cserháti, vescovo ausiliare di Budapest, ha voluto richiamare l’attenzione al 52° Congresso Eucaristico Internazionale che si celebrerà nella capitale ungherese tra il 13-20 settembre 2020.


domenica 8 dicembre 2019

Canti ungheresi all’inaugurazione dell’Esposizione 100 Presepi in Vaticano


L’inaugurazione della 44ª Esposizione dei “100 Presepi” in Vaticano, nel pomeriggio dell’8 dicembre, è stata animata dal Coro da Camera della Scuola Coristica “Zoltán Kodály” di Budapest, guidato dalla Sig.ra Borbála Sapszon. Dopo i saluti di Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen ha illustrato le caratteristiche del presepio ungherese, mentre Monsignor Ferenc Cserháti, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest ha portato i saluti degli organizzatori del 52° Congresso Eucaristico Internazionale che sarà celebrato a Budapest nel settembre 2020.
Presepi ungheresi alla mostra in Vaticano
È, infatti, il legame tra il Gesù del presepe e il Gesù eucaristico che la presenza della delegazione ungherese voleva mettere in risalto, ha spiegato Mons. Cserháti. “Nel nostro contesto europeo secolarizzato – ha proseguito il vescovo – il Congresso Eucaristico Internazionale vuole promuovere una professione chiara ed esplicita della fede. Penso che il presepe possa aiutarci in questo. Anche perché, come scrive il Santo Padre, il presepe “ci educa a contemplare Gesù, (…) a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui, tutti figli e fratelli grazie a quel Bambino Figlio di Dio e della Vergine Maria. E a sentire che in questo sta la felicità.” (Papa Francesco, Lettera Apostolica Admirabile signum, 10). Si tratta della stessa felicità riecheggiata dal motto del Congresso Eucaristico, scelto dal Salmo 86 (87): Sono in te tutte le mie sorgenti.”
Il coro della Scuola Coristica Zoltán Kodály di Budapest
Sono 18 i presepi provenienti dall’Ungheria, per la maggior parte scelti dalla Fondazione per l’Artigianato Ungherese (AMKA), mentre uno è stato preparato dagli universitari di Budapest ed un altro da una famiglia con quattro bambini.

Il presepe e la recita di Natale ungherese
Il presepe tradizionale ungherese è a servizio della sacra rappresentazione (“mistero”), una recita che narra la storia della Natività. I primi testi ungheresi risalgono al XVII secolo, che da usanza scolastica si diffuse tra la popolazione. La recita si svolge il pomeriggio del 24 dicembre presso le chiese parrocchiali, oppure porta a porta, per le strade del paese. La scena caratteristica della recita ungherese è l’annuncio ai pastori. Il classico presepe ungherese, che prende il nome da Betlemme (“betlehem”), è “mobile”, poiché viene portato dai giovani durante la recita (chiamata “betlehemezés”, ossia recita del presepe). Spesso è a forma di casetta, chiesa, o stalla, con le figure essenziali. I giovani, di solito vestiti da pastore o da personaggi della scena della natività, ricevono dei dolci o della frutta presso le case ove ha luogo la recita.

Coro Da Camera Della Scuola Coristica “Zoltán Kodály” Di Budapest
Basata sul metodo Kodály, la Scuola Coristica “Zoltán Kodály”, è stata originalmente fondata nel 1988 dal Comune di Budapest. Si ispira all’antico modello delle scuole cattedrali del Medioevo, nelle quali la musica ebbe un ruolo molto importante. Un modello preso da Kodály come esempio nell’elaborare il proprio metodo di educazione musicale: “la musica è di tutti”. Non di scuola musicale si tratta ma di una scuola di scienze umanistiche, dalle elementari al liceo, dove la musica è presente in ogni disciplina. Lo spirito di Kodály permea tutto il progetto educativo che mira alla formazione integrale della persona. Dopo i primi anni trascorsi nei quartieri di periferia della capitale ungherese, nel 2000 la Scuola Coristica poté trasferirsi vicino allo storico Castello di Buda. Ideato dal rinomato direttore di coro M° Ferenc Sapszon Jr. la scuola ha ben sette cori, famosi in Ungheria e all’estero, con un’attenzione particolare alla musica gregoriana. Dal settembre 2019 la scuola appartiene all’Arcidiocesi di Esztergom-Budapest.


mercoledì 4 dicembre 2019

Scavi archeologici nel palazzo di Erode Antipa, luogo autentico della prigionia e del martirio di S. Giovanni Battista – conferenza del Professor Vörös a Roma

Il sito di Macheronte in Giordania,
non lontano dal Mar Morto (foto: Győző Vörös)

Il complesso fortificato di Macheronte (Machaerus), edificato non lontano dalla sponda orientale del Mar Morto, fungeva come baluardo orientale del regno di Erode il Grande. Secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio e di Eusebio di Cesarea fu qui che Erode Antipa fece rinchiudere e poi decapitare San Giovanni Battista. La fortezza, distrutta dai romani nel corso della prima rivolta giudaica, è molto più di un sito archeologico: è il teatro della vicenda dei personaggi evangelici come San Giovanni Battista, Erode il Grande, Erode Antipa, Erodiade e Salome. Sulla scia delle prime indagini condotte dallo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, dal 2009 l’archeologo dell’Accademia Ungherese di Belle Arti, il Prof. Győző Vörös conduce una campagna di scavi archeologici che stanno rivelando affascinanti dettagli sull’epoca in cui Gesù ha vissuto in quella stessa regione.
La storia e l’importanza di Macheronte sono state presentate dal Prof. Győző Vörös nel corso di un evento organizzato dall’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede e dall’Ordine Equestre del S. Sepolcro il 22 novembre, presso l’Accademia d’Ungheria in Roma. Presente all’evento anche il Custode di Terra Santa Fra Francesco Patton che ha lodato l’impegno ungherese per la Terra Santa.
Salutando i presenti il Prof. Lorenzo De Notaristefani, Preside della Sezione Roma dell’Ordine del Santo Sepolcro ha richiamato l’importanza di Macheronte e della figura di S. Giovanni Battista per i membri dell’Ordine del S. Sepolcro.
Prof. Lorenzo de Notaristefani OESSG, Fra Francesco Patton OFM, Amb. Eduard Habsburg-Lothringen,
Fra Rosario Pierri OFM, Prof. Tamás Gergely Kucsera (foto: Klára Várhelyi)
L’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha accennato brevemente agli antichi e significativi legami dell’Ungheria con la Terra Santa. Un primo ospizio ungherese a Gerusalemme fu stabilito da re Santo Stefano, mentre l’attuale Ospizio Austro-Ungarico della Sacra Famiglia venne fondato da Francesco Giuseppe I. I re d’Ungheria nel medioevo hanno avuto il merito di riaprire e di garantire il cammino attraverso l’Ungheria verso la Terra Santa proprio. 800 anni fa Andrea II d’Ungheria si recò di persona in Terra Santa, nell’ambito della Quinta Crociata. Secondo una tradizione fu proprio con le stesse navi che i primi francescani raggiunsero la Terra Santa. Anche oggi vi è una attenzione ungherese verso il Medio Oriente che si concretizza in aiuti concreti alle comunità cristiane bisognose tra Iraq, Siria, Libano, Giordania. Di quest’attenzione fa parte anche la missione archeologica del Prof. Győző Vörös.
Il Segretario Generale dell’Accademia Ungherese delle Arti di Budapest, Prof. Tamás Gergely Kucsera, ha illustrato i meriti del Prof. Vörös, membro onorario del sodalizio, autore di diversi libri e articoli scientifici su temi dell’antichità e dell’archeologia. Il Prof. Vörös ha diretto scavi archeologici in Egitto, a Tebe ed Alessandria (1994–2004), poi in Cipro, a Pafo (2004–2009). Dal 2009 conduce gli scavi a Macheronte in Giordania nell’ambito della Missione Archeologica Ungherese, sostenuto in parte dall’Accademia Ungherese delle Arti. Il Prof. Kucsera ha sottolineato il valore internazionale della cooperazione scientifica delle varie istituzioni per il programma di Macheronte.
(Foto: Klára Várhelyi)
Fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa ha rievocato gli inizi della presenza francescana nella terra di Gesù: “Lungo i secoli la presenza francescana si radicò in Terra Santa grazie alle indicazioni date dallo stesso san Francesco, grazie all’impegno politico diplomatico ed economico dei re di Napoli e grazie infine al mandato pontificio del 1342, quando papa Clemente VI affidò ai frati minori il compito di dimorare nei santuari ‘celebrando messe cantate e divini uffici’. E la presenza della Custodia di Terra Santa è divenuta sempre più una presenza legata ai santuari cristiani, poi alle parrocchie e alle opere sociali nate lungo i secoli, quali le scuole di Terra Santa. Non va dimenticato che il legame tra il francescanesimo e la nazione ungherese si sviluppò in quella fiorente stagione iniziale della nostra storia anche grazie a una figlia di re Andrea II, santa Elisabetta d’Ungheria che contribuì a offrire della spiritualità francescana anche una versione adatta ai laici.”
Il Padre Custode ha voluto ricordare anche la sua recente visita in Ungheria: “Desidero approfittare di questa occasione anche per esprimere la gratitudine della Custodia di Terra Santa nei confronti del Governo e del popolo ungherese, non solo per quanto ha fatto in passato ma anche per quello che sta facendo oggi, in modo particolare per le minoranze cristiane che vivono in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Di recente ho avuto modo di visitare ufficialmente Budapest e incontrare le Autorità del Governo Ungherese proprio per rinnovare questa amicizia e questa collaborazione. E desidero esprimere la riconoscenza della Custodia di Terra Santa per l’impegno assunto dal Governo Ungherese di sostenere due nostri progetti, uno relativo al completamento di una scuola per i ragazzi della locale minoranza cristiana e l’altro relativo al Terra Sancta Museum, che vuol essere un luogo della memoria e dell’identità cristiana a Gerusalemme, nonché un luogo di cultura e perciò di dialogo tra persone di culture e fedi differenti.”

martedì 3 dicembre 2019

Prime Minister Viktor Orbán: “Problems facing Christianity in Europe and the persecution of Christians in Africa and the Middle East cannot be separated”


On November 25-28, the 2nd International Conference on the Persecution of Christians was held in Budapest. The event, organized by the Hungarian Government’s Secretariat for the Aid of Persecuted Christians and the Hungary Helps Program, was opened by the speech of Prime Minister Viktor Orbán. In his speech, he pointed out that Hungary is conscious that his survival for 1000 years had been greatly helped by the adoption of Cristian faith. Therefore the Hungarian government believes that “Christianity can help peoples and nations to survive, as it has helped us”.  He then affirmed that that “we Christians have the right to defend our culture and the way of life that has grown from it”, and that “in Hungary there is also general agreement that assistance must be taken directly to communities in distress”. Finally Viktor Orbán reminded, “the greatest mistake Europeans can ever make is to say that this could never happen to them in their own country”.
Christian leaders received by Hungarian Prime Minister Viktor Orbán in Budapest
* * *
Address by Prime Minister Viktor Orbán at
the 2nd International Conference on the Persecution of Christians
26 November 2019, Budapest
 One thousand one hundred years ago the majority of the Hungarian tribes – hundreds of thousands of people – arrived in this region, and settled down to start their lives here. We were not the first: many other peoples came here before us, but they disappeared, died out, or simply moved on. To this day Hungarians are curious to find out why we didn’t suffer the same fate. Why haven’t we Hungarians disappeared? Why have we Hungarians survived, even though in this region we are outsiders? We’re surrounded by Germanic and Slavic peoples, and we don’t belong to any of them. We’re also outsiders culturally: our language is unique, with no relations in the region; our songs, our literature and our dances are characteristic of us alone. The most widely accepted answer is that our military virtues and indisputable vitality were in themselves not sufficient reason for our survival. The most widely accepted answer, the key to our survival, was our adoption of the Christian faith. There are some who regard this as primarily a diplomatic coup, as an achievement of statecraft – this happened a thousand years ago. And indeed it was. But above all that – or rather before all that – it was also a spiritual rebirth, and a true conversion. Here, a thousand years ago, there was the birth of a special Christian cast of mind, and a special Hungarian Christian state. Over the past one thousand years there were times when we left this path, but we always found our way back eventually. This is why the Hungarian Constitution states: “We recognise the role of Christianity in preserving nationhood”. So the Hungarian people and the Hungarian government believe that Christianity can help peoples and nations to survive, as it has helped us.