martedì 14 maggio 2019

“La sua santità nobilita e commuove la Chiesa universale” – Omelia del Card. Angelo Amato sul Cardinale Mindszenty


S. Messa celebrata dal Card. Amato in memoria del Cardinale Mindszenty
Con una Messa solenne, il 9 maggio 2019, nella Basilica di S. Stefano Rotondo, è stato commemorato il 44° anniversario della morte del Venerabile Cardinale József Mindszenty. A presiedere il rito il Cardinale Angelo Amato, Prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi, accompagnato da diversi sacerdoti ungheresi e di altre nazioni.

Hanno preso parte alla celebrazione diversi membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la S. Sede, nonché l’Ambasciatore d’Ungheria in Italia Ádám Zoltán Kovács. Presenti i pellegrini provenienti dall’Ungheria, che il giorno prima sono stati ricevuti da Papa Francesco. Tra i pellegrini anche un parente di Mindszenty, il Sig. Imre Fukszberger, sindaco del paese natale dell’eroico Primate d’Ungheria, nonché la Sig.ra Etelka Romanek, sindaca di Esztergom, sede primaziale ungherese e luogo della sepoltura del Card. Mindszenty. I bambini orfani del “Piccolo Coro di S. Francesco” hanno animato la liturgia, trasmessa dal vivo da Radio Maria Ungheria.


Pubblichiamo il testo dell’omelia del Cardinale Angelo Amato.

* * *

1. Siamo nel tempo pasquale, durante il quale la Chiesa celebra con gioia il mistero della risurrezione di Gesù, salvatore del mondo. Lo stupore dei primi discepoli continua ancora oggi a risplendere sul volto dei fedeli del mondo intero, confortati e fortificati dalla presenza del Signore risorto e dalle sue parole di verità e di vita.


Nell'odierna lettura degli Atti degli Apostoli (At 8,26-40), il diacono Filippo, uno dei primi missionari della storia, annuncia Gesù al pio funzionario di Candace, regina d'Etiopia, convertendolo alla vera fede e battezzandolo. Nel brano evangelico, Gesù si rivela come il pane vivo disceso dal cielo: «Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). L'eucaristia, presenza viva del Cristo risorto nella storia, è il segreto della santità della Chiesa e del suo dinamismo apostolico.

Il Card. Angelo Amato pronuncia l'omelia alla Messa in memoria del Venerabile Card. Mindszenty
2. La fede nel Cristo risorto e il nutrimento eucaristico furono i pilastri della perseveranza del cardinale József Mindszenty nella difesa eroica della sua identità cristiana e sacerdotale di fronte al mostro falso e sanguinario del persecutore.

Per questo, il 12 febbraio 2019 è stato per i cattolici ungheresi e per la Chiesa intera un giorno di gioia, per il riconoscimento ufficiale delle virtù eroiche del cardinale Mindszenty. Riconoscendone la bontà della vita, la perfezione delle virtù e la fama di santità, la Chiesa mostra ancora una volta al mondo un ulteriore esempio di autenticità evangelica, segno della possibilità di essere cristiani oggi nonostante le incomprensioni e le ostilità del mondo.

Ora, spetta a tutti noi, ma in primo luogo ai cattolici ungheresi, l'impegno di impetrare dal Venerabile un miracolo, per la sua beatificazione. Sappiamo che il miracolo, voluto dalla Chiesa, non è un elemento opzionale. Il miracolo è indispensabile per porre il divino sigillo di verità sulle nostre considerazioni e valutazioni umane.

3. Il riconoscimento della vita virtuosa del Cardinale in un periodo di persecuzione cruenta dei fedeli e dei ministri della Chiesa merita una breve riflessione sulla figura del nuovo Venerabile. Un giorno fu chiesto a Béla Biszku, dal 1957 al 1961 Ministro degli Interni di Ungheria, quale era stata la colpa del Cardinale per giustificare la condanna a morte a lui inflitta. Dopo una lunga pausa, il Ministro rispose pensieroso: «Non lo so». 

A ragione, di fronte alla grande personalità del cardinale Mindszenty, mons. János Varga afferma: «Ovunque guardiamo e per quanto possiamo osservare - ovviamente nell'intero arco della vita e dell'attività di Mindszenty - incontriamo in lui soltanto virtù».

Questa è la convinzione degli innumerevoli testimoni chiamati in causa nel processo di beatificazione, i quali all'unanimità, anche se con accenti diversi, affermano che egli praticò le virtù cristiane in grado eroico, anche quelle minori, ma altrettanto indicative di santità, come l'immacolata purezza, la semplicità, l'umiltà, la padronanza di sé, la pazienza.

La base della sua straordinaria testimonianza fu la sua fede incrollabile. Mindszenty era un uomo di fede. In lui non c'era dubbio né incertezza. Egli viveva di fede. La fede era la luce nel difficile cammino della sua esistenza. Per la fede era disposto a subire persecuzione, incarcerazione, tortura e anche il martirio. Durante il periodo della dura prigionia egli offriva le proprie sofferenze per la nazione. La fede esigeva da lui la testimonianza quotidiana della parola di vita e di verità del Vangelo contro le parole di morte e di menzogna dei suoi oppressori.

4. Dalla fede scaturiva la speranza. Per questo era ottimista, non cadeva nella disperazione, ma si affidava completamente alla divina Provvidenza. Sopportò eroicamente prove fisiche e spirituali con la speranza nel cuore. E infondeva speranza nei sacerdoti e nei connazionali. Diceva ai sacerdoti che il mondo aveva loro tolto tutto, ma non Cristo e la speranza riposta in lui. I cristiani non potevano comportarsi come chi è privo di fede e di speranza. Un teste riporta una sua affermazione: «in Cristo, con Lui, in Lui e per Lui possiamo trasformarci in tanti leoni spiranti fuoco».  Per questo resta incancellabile quanto il Cardinale disse prima dell'arresto e cioè che egli perdonava preventivamente coloro che gli avrebbero fatto del male.

5. Il cardinale Mindszenty era un vero atleta di Cristo, coraggioso, forte, umile e povero. Indossava una modesta veste talare, consumata dall'uso, che talvolta rammendava da solo, senza mai cambiarla con una nuova. All'Ambasciata Americana indossò la stessa veste talare per quindici anni.

Egli faceva del sacrificio una potente arma spirituale. Il suo vitto era quasi sempre un piatto di semolino. Non voleva che per lui si utilizzassero cibi giunti dall'estero. Un giorno a Natale non mangiò il panettone: «Fino a quando non ci sarà il panettone sulla tavola di ogni famiglia ungherese, non occorre neanche a me».

Rifuggiva dai privilegi e dagli agi. Era un autentico asceta. Tutto quanto riceveva lo dava ai poveri, ai quali procurava anche vestiti, scarpe, cibi e biancheria. Da parroco, distribuiva gli studenti dotati ma bisognosi nelle famiglie benestanti per il pasto quotidiano. Questi studenti più tardi ricordavano con grande affetto le nobili attività del signor parroco.

6. Abbiamo sfogliato qualche pagina del libro della vita del santo cardinale ungherese József Mindszenty, sacerdote coraggioso, schietto, intrepido, che amava molto la sua Chiesa e la sua patria, che difendeva il suo popolo e difendeva la sua fede. La sua santità, nobilitando la Chiesa ungherese, nobilita e commuove la Chiesa universale. Altre pagine edificanti della sua vita restano ancora da leggere. È questo il compito dei fedeli oggi: diffondere e far conoscere al mondo intero la vita, le virtù e la santità di questo grande figlio della Chiesa.

Il suo martirio bianco, infatti, ha lo stesso significato dell'odierno martirio di sangue dei numerosi cristiani perseguitati e uccisi in odio alla fede.
Il Card. Amato con il "Piccolo Coro di San Francesco" dei bambini orfani della Trasnilvania

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