All’inizio del concerto del 13 febbraio, organizzato dall’Ambasciata d’Ungheria
presso la Santa Sede a Palazzo della Cancelleria, in occasione della visita del
Presidente dell’Ungheria János Áder, per celebrare il centenario delle
relazioni diplomatiche tra l’Ungheria e la Santa Sede, e il 30˚ anniversario
del loro ristabilimento, il Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati Mons.
Mirosław Wachowski ha pronunciato il seguente saluto.
* * *
Questa sera ricordiamo il centenario
delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l’Ungheria e il trentesimo
anniversario del loro ristabilimento dopo la fine del comunismo. Le relazioni
tra l’Ungheria e la Santa Sede, in realtà, vantano una storia millenaria che ci
riporta ai tempi di Papa Silvestro II e del sovrano magiaro Santo Stefano. San
Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio in Ungheria nel 1991, ha enfatizzato
il ruolo del santo Re, che «vi ha
lasciato come eredità non soltanto la corona reale, ricevuta dal papa Silvestro
II. Vi ha lasciato il testamento spirituale, un’eredità di valori fondamentali
e indistruttibili. […] Santo Stefano riconobbe che la vera via per sopravvivere
e formare, dalle diverse tribù, un’unica nazione era la conversione al
Cristianesimo. Solo i valori cristiani, infatti, possono offrire una solida
base per una cultura veramente umana». D’altronde, continua Giovanni Paolo
II, «Santo Stefano integrò l’Ungheria
nella comunità delle Nazioni europee, accettando le comuni forme e tradizioni
cristiane del continente ed accogliendo nel paese i forestieri e specialmente i
pellegrini» (Giovanni Paolo II, Budapest, 20 agosto 1991).
Nel corso dei secoli, malgrado le
vicissitudini della Storia e le variazioni dei regimi politici, la Santa Sede e
l’Ungheria – eccetto per il periodo sovietico – hanno affermato sempre la loro
comune volontà di cooperare per il bene comune. Tale sincera collaborazione è
tangibile anche al livello delle relazioni fra la Chiesa e lo Stato. I rapporti
tra l’Ungheria e la Chiesa hanno contribuito agli equilibri europei, alla
fisionomia della cultura europea e all’identità cristiana del continente europeo.
La sua visita in Vaticano, Signor
Presidente, a suggellare le significative ricorrenze delle relazioni
diplomatiche, costituisce un ulteriore segno dei buoni rapporti bilaterali
esistenti. Le relazioni diplomatiche chiedono cure e alimento costanti. Ѐ il
compito primario degli Ambasciatori e dei Rappresentanti Pontifici. Lo possono
confermare il Signor Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, nonché Sua
Eccellenza Monsignor Angelo Acerbi, primo Nunzio Apostolico in Ungheria dopo il
ristabilimento delle relazioni diplomatiche 30 anni fa, oggi presente tra di
noi.
Le relazioni diplomatiche
richiedono e nutrono allo stesso tempo la cultura dell’incontro che Papa
Francesco ci insegna con le sue parole e i suoi gesti. Nel Messaggio per la
celebrazione della 53˚ Giornata Mondiale della Pace, il 1˚ gennaio 2020, il
Santo Padre ci ricorda: «La cultura
dell’incontro […] rompe con la cultura della minaccia. […] Ci guida ad
oltrepassare i limiti dei nostri orizzonti ristretti, per puntare sempre a
vivere la fraternità universale, come figli dell’unico Padre celeste.» La
cultura dell’incontro ci fa sperimentare le sfide e la ricchezza della
diversità, che ci aiuta a scoprire la comune origine da Dio.
Le relazioni diplomatiche vivono
del dialogo e lo promuovono. Mi permetto di citare nuovamente il Messaggio di
Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Pace: «non si può giungere veramente alla pace se
non quando vi sia un convinto dialogo di uomini e donne che cercano la verità
al di là delle ideologie e delle opinioni diverse».
Ѐ con grande gioia che oggi
celebriamo solennemente il centenario delle relazioni diplomatiche tra la Santa
Sede e l’Ungheria e il trentesimo anniversario del loro stabilimento. Posso
assicurarvi che la Santa Sede guarda all’Ungheria con una simpatia particolare
per la sua storia cristiana millenaria e per il suo contributo all’edificazione
della casa comune europea. In questa circostanza, che ci permette di ricordare,
celebrare e affermare nuovamente la volontà di intensa collaborazione, vorrei
esprimere il desiderio che i nostri rapporti bilaterali possano ulteriormente
rafforzarsi all’insegna della cultura dell’incontro e del dialogo.
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