venerdì 14 febbraio 2020

Saluto del Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati alla celebrazione delle relazioni diplomatiche tra Ungheria e Santa Sede


All’inizio del concerto del 13 febbraio, organizzato dall’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede a Palazzo della Cancelleria, in occasione della visita del Presidente dell’Ungheria János Áder, per celebrare il centenario delle relazioni diplomatiche tra l’Ungheria e la Santa Sede, e il 30˚ anniversario del loro ristabilimento, il Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati Mons. Mirosław Wachowski ha pronunciato il seguente saluto.

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Questa sera ricordiamo il centenario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l’Ungheria e il trentesimo anniversario del loro ristabilimento dopo la fine del comunismo. Le relazioni tra l’Ungheria e la Santa Sede, in realtà, vantano una storia millenaria che ci riporta ai tempi di Papa Silvestro II e del sovrano magiaro Santo Stefano. San Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio in Ungheria nel 1991, ha enfatizzato il ruolo del santo Re, che «vi ha lasciato come eredità non soltanto la corona reale, ricevuta dal papa Silvestro II. Vi ha lasciato il testamento spirituale, un’eredità di valori fondamentali e indistruttibili. […] Santo Stefano riconobbe che la vera via per sopravvivere e formare, dalle diverse tribù, un’unica nazione era la conversione al Cristianesimo. Solo i valori cristiani, infatti, possono offrire una solida base per una cultura veramente umana». D’altronde, continua Giovanni Paolo II, «Santo Stefano integrò l’Ungheria nella comunità delle Nazioni europee, accettando le comuni forme e tradizioni cristiane del continente ed accogliendo nel paese i forestieri e specialmente i pellegrini» (Giovanni Paolo II, Budapest, 20 agosto 1991).
Nel corso dei secoli, malgrado le vicissitudini della Storia e le variazioni dei regimi politici, la Santa Sede e l’Ungheria – eccetto per il periodo sovietico – hanno affermato sempre la loro comune volontà di cooperare per il bene comune. Tale sincera collaborazione è tangibile anche al livello delle relazioni fra la Chiesa e lo Stato. I rapporti tra l’Ungheria e la Chiesa hanno contribuito agli equilibri europei, alla fisionomia della cultura europea e all’identità cristiana del continente europeo.
La sua visita in Vaticano, Signor Presidente, a suggellare le significative ricorrenze delle relazioni diplomatiche, costituisce un ulteriore segno dei buoni rapporti bilaterali esistenti. Le relazioni diplomatiche chiedono cure e alimento costanti. Ѐ il compito primario degli Ambasciatori e dei Rappresentanti Pontifici. Lo possono confermare il Signor Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, nonché Sua Eccellenza Monsignor Angelo Acerbi, primo Nunzio Apostolico in Ungheria dopo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche 30 anni fa, oggi presente tra di noi.
Le relazioni diplomatiche richiedono e nutrono allo stesso tempo la cultura dell’incontro che Papa Francesco ci insegna con le sue parole e i suoi gesti. Nel Messaggio per la celebrazione della 53˚ Giornata Mondiale della Pace, il 1˚ gennaio 2020, il Santo Padre ci ricorda: «La cultura dell’incontro […] rompe con la cultura della minaccia. […] Ci guida ad oltrepassare i limiti dei nostri orizzonti ristretti, per puntare sempre a vivere la fraternità universale, come figli dell’unico Padre celeste.» La cultura dell’incontro ci fa sperimentare le sfide e la ricchezza della diversità, che ci aiuta a scoprire la comune origine da Dio.
Le relazioni diplomatiche vivono del dialogo e lo promuovono. Mi permetto di citare nuovamente il Messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Pace: «non si può giungere veramente alla pace se non quando vi sia un convinto dialogo di uomini e donne che cercano la verità al di là delle ideologie e delle opinioni diverse».
Ѐ con grande gioia che oggi celebriamo solennemente il centenario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l’Ungheria e il trentesimo anniversario del loro stabilimento. Posso assicurarvi che la Santa Sede guarda all’Ungheria con una simpatia particolare per la sua storia cristiana millenaria e per il suo contributo all’edificazione della casa comune europea. In questa circostanza, che ci permette di ricordare, celebrare e affermare nuovamente la volontà di intensa collaborazione, vorrei esprimere il desiderio che i nostri rapporti bilaterali possano ulteriormente rafforzarsi all’insegna della cultura dell’incontro e del dialogo.

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