sabato 5 novembre 2016

Commemorazione dei 60 anni della Rivoluzione del 1956 - saluto dell’Ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen



L'amb. Eduard Habsburg-Lothringen
(Foto: K. Várhelyi)
Eminenza Reverendissima, Eccellenze, Reverendissimi Padri, cari Colleghi e Amici, vi ringrazio tutti per aver voluto unirvi a noi questa sera.

Saluto con deferenza Sua Eminenza il cardinale Walter Brandmüller, Presidente  emerito del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Ringrazio per la loro presenza i colleghi Ambasciatori, i Reverendissimi Monsignori e i membri della comunità ungherese di Roma. Un saluto affettuoso agli alunni di Sopron, dall’Ungheria.


Cari Amici,

“Noi, ungheresi, vogliamo vivere e agire come vessilliferi di una pace intima e familiare tra le nazioni europee. Non di quella artificiosamente proclamata, ma di una pace vera con ciascuna. (…) Noi, una piccola nazione, vogliamo vivere un’amicizia e una stima reciproca, pacifica ed indisturbata sia con i grandi Stati Uniti d’America che con l’enorme impero russo. Vogliamo vivere il buon vicinato con Praga, con Bucarest, con Varsavia e con Belgrado. Dell’Austria, invece, debbo dire a questo riguardo che, in seguito al suo atteggiamento fraterno in mezzo al nostro travaglio presente, tutti gli ungheresi l’hanno racchiusa nei loro cuori.”

Sono parole piene di gratitudine e di speranza quelle del discorso radiofonico, pronunciato il 3 novembre 1956, dal Card. Mindszenty dopo la sua liberazione. Eppure, il giorno seguente, esattamente sessanta anni fa in queste ore, la Nazione ungherese stava vivendo uno dei momenti più tragici della sua esistenza. All’alba del 4 novembre 1956, infatti, le forze sovietiche hanno lanciato l’attacco a Budapest, per soffocare nel sangue la rivoluzione ungherese.


In Ungheria viene sempre ricordato anche questo giorno, dedicato alla memoria delle vittime. In questa stessa ora in tante città ungheresi si svolgono commemorazioni religiose e fiaccolate, organizzate di comune intesa dalle Autorità civili e religiose. Vorremmo unirci a loro nello spirito.

Al ricordo delle vittime della rivoluzione e guerra d’indipendenza del ’56 si unisce, in questo anniversario, la gratitudine. La gratitudine che tanti ungheresi e la Nazione intera provano per quelle persone e istituzioni che sessant’anni fa hanno voluto soccorrerli in vari modi.

Vogliamo esprimere i nostri ringraziamenti innanzitutto alla Santa Sede. Sessant’anni fa il Servo di Dio Pio XII ha seguito con ansia paterna le vicende ungheresi, esortando alla preghiera e al soccorso i fedeli di tutto il mondo. Grazie alla sua generosità, un collegio di studenti ungheresi esuli è stato fondato a Roma, in Via dei Cestari. Gliene siamo grati!

Il Sovrano Militare Ordine di Malta anche quella volta era tra i primi a portare aiuti e, in seguito, ad accogliere gli esuli magiari, aiutandoli ad integrarsi nei Paesi che li hanno accolti. Ne siamo grati!

Tantissime furono le realtà laiche e religiose italiane che sessant’anni fa hanno aiutato ed accolto gli ungheresi. A loro la nostra gratitudine!

Vorrei ricordare, in particolare, un personaggio che si era distinto in quest’opera generosa a favore degli ungheresi. Si tratta di Padre Tommaso Toschi, collaboratore del Cardinale Giacomo Lercaro di Bologna. Solo pochi giorni or sono mi è giunto un suo messaggio che diceva: “Io prego per voi, voi pregate per me”. Ebbene, l’altro giorno Padre Toschi, testimone e protagonista della solidarietà italiana del ’56, è tornato alla casa del Padre. Proprio questa mattina si sono svolti i suoi funerali a Bologna. Stasera pensiamo anche a lui nella preghiera.

 

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