lunedì 22 ottobre 2018

La fine della Grande Guerra e la Chiesa nella Mitteleuropa


Si è svolta venerdì 19 ottobre 2018 presso il Seminario Patriarcale di Venezia, sede della Facoltà di Diritto Canonico San Pio X, la giornata di studio dal titolo “La fine della Grande Guerra e la Chiesa nella Mitteleuropa. Aspetti politici, istituzionali, pastorali”. L’evento, organizzato in collaborazione con l’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede ed il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, ha esaminato gli effetti della fine del primo conflitto mondiale sulla vita della Chiesa cattolica nell’Europa Centrale. Uno dei meriti dell’iniziativa è stato quello di riunire studiosi dai diversi Paesi della regione per condividere i risultati delle proprie ricerche.

La prima sessione è stata guidata da P. Bernard Ardura O.Praem, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche che nella sua introduzione ha rilevato come la fine della Grande Guerra, cent’anni fa, sia “una storia di cui viviamo l’attualità drammatica”, basti pensare al Medio Oriente la cui sistemazione risale pure a quell’epoca.

Prima dei casi specifici dei singoli paesi, quattro relazioni di carattere generale hanno illustrato il contesto in cui la Chiesa si è venuta a trovare nel primo dopoguerra. Il Prof. Giuliano Brugnotto, Preside della Facoltà di Diritto Canonico San Pio X, ha spiegato come il primo processo di codificazione canonica sia stato promosso da Papa Pio X per rafforzare la difesa della libertà della Chiesa. Tale processo, culminato nel Codice di Diritto Canonico del 1917, ha dotato la Chiesa di uno strumento efficace per promuovere una riforma pastorale e per reimpostare il rapporto con gli stati moderni, rafforzando l’autorità pontificia e creando le premesse per i nuovi concordati che sono stati sviluppati proprio a partire dal dopoguerra.


Il Prof. Gianpaolo Romanato, dell’Università degli Studi di Padova, membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha illustrato le problematiche generali del dopoguerra che, tra nuovi confini, rivoluzioni e conflitti che hanno disintegrato quella Mitteleuropa “che ci è cara anche perché fu l’epicentro di una irripetibile stagione culturale nel campo dell’arte, della letteratura, della scienza, dell’architettura, della medicina”. Dalla distruzione dell’Impero Austro-Ungarico, maturata nell’ultimo anno di guerra, derivò “una ricostruzione della carta geografica dell’Est Europa artificiale e arbitraria, che non accontentò nessuno e pose le premesse non solo di nuovi conflitti, ma di instabilità, di rancori e di volontà di rivalsa che sono giunti sino ai nostri giorni”, anche perché “seminò dovunque minoranze nazionali allogene destinate ad alimentare ogni genere di rancori e di tensioni”.

La Santa Sede, a sua volta, dovette confrontarsi con la difficoltà di “essere a capo di un’organizzazione mondiale composta da fedeli, sacerdoti, religiosi, vescovi, ciascuno dei quali è uomo di Chiesa ma anche cittadino del proprio Stato e vive quasi una sorta di doppia cittadinanza”. Ma ciò creò anche le premesse per superare tali difficoltà, attraverso una riaffermazione dell’autorità pontificia nei confronti dell’autorità statale: archiviando il “colonialismo missionario” e cercando di recuperare gli antichi diritti “in sacris” storicamente concessi agli Stati. “Gli eventi bellici e post-bellici innescarono, insomma, un profondo cambiamento tanto nella Chiesa di Roma quanto nella sua percezione da parte dei governi”, ma molte delle questioni poste allora “in parte ancora ci condizionano”. (Per un riassunto della relazione v. L’Osservatore Romano.)

Dott. J. Ickx, Prof. G. Romanato, P. B. Ardura, Prof. G. Brugnotto, Prof. A. Szuromi
Il Dott. Johan Ickx, responsabile dell’Archivio Storico della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato ha presentato lo sviluppo degli accordi che la Santa Sede ha concluso con i vari governi dell’Europa Centrale ed Orientale (16 paesi in 15 anni). È emerso, inoltre, il ruolo importante che Eugenio Pacelli, nelle sue varie funzioni, ebbe in questo processo per tutto il periodo interbellico.

Il Prof. Anzelm Szuromi O.Praem, Rettore dell’Università Cattolica “Péter Pázmány” di Budapest ha ricordato il ruolo di Benedetto XV nella ricerca della pace, motivata anche dalla consapevolezza che la sopravvivenza della Monarchia Austro-Ungarica, come ultima grande potenza cattolica, sarebbe stata nell’interesse della Chiesa.

Il Prof. András Fejérdy, dell’Accademia Ungherese delle Scienze e dell’Università Cattolica “Péter Pázmány” ha presentato le problematiche emerse per la Chiesa in Ungheria. Il ridisegnamento dei confini statali ha toccato anche quelli diocesani creando delle situazioni da risolvere sia dal punto di vista giuridico che pastorale. Diverse diocesi hanno visto, infatti, le loro sedi tagliate dal resto del proprio territorio da frontiere non facilmente valicabili. Anzi, i governi dei nuovi Stati pretesero in molti casi la sostituzione dei vescovi e l’adeguamento dei territori diocesani ai nuovi confini. In diversi casi i nuovi governi nazionali (specialmente in Cecoslovacchia e Romania) si sono rivelati avversi alla Chiesa cattolica per cui, in molti casi, gli interessi della Santa Sede risultarono più vicini a quelli dell’Ungheria.

Il Prof. Luboslav Hromjak dell’Università Cattolica di Ružomberok, in Slovacchia, collegandosi alla relazione precedente, ha illustrato le problematiche relative alla Cecoslovacchia e, in particolare al popolo slovacco. Quest’ultimo incontrò diverse difficoltà a causa del governo di Praga che volle intervenire negli affari interni della Chiesa cattolica, volendo per esempio, avvalersi dell’antico diritto di supremo patronato, espellendo diversi vescovi ungheresi senza alcuna ragione canonica e suscitando una sorta di Kulturkampf cecoslovacco che stupì i fedeli slovacchi. La Santa Sede adottò un approccio di realismo diplomatico, procedendo quasi subito al riconoscimento de facto dei nuovi Paesi sorti sulle rovine della Monarchia Austro-Ungarica.

La situazione dell’antica arcidiocesi di Gorizia è stata illustrata dal Prof. Miha Šimac, dell’Università di Ljubljana, anche tramite le cronache parrocchiali (historia domus) di quella regione tradizionalmente multietnica e plurilinguistica.

I Paesi baltici sono stati oggetto della presentazione del Prof. Valerio Perna dell’Università “La Sapienza”. Egli rilevò come uno degli obiettivi primari della Santa Sede alla fine della Grande Guerra fosse la missione verso la Russia e quale ruolo in esso ebbero i Pesi baltici. Uno dei problemi in cui la Santa Sede s’imbatté fu il conflitto tra la Polonia e la Lituania a causa dell’appartenenza di Vilnius che ovviamente ebbe delle ripercussioni ecclesiali. In questa situazione la missione di Mons. Achille Ratti risultò infruttuosa, ma anche gli altri inviati pontifici come P. Antonio Zecchini e Mons. Luigi Faidutti, ambedue friulani, incontrò delle difficoltà.

Mons. T. Tóth, Amb. E. Habsburg, Prof. R. Scagno
Il Prof. Roberto Scagno, dell’Università degli Studi di Padova ha parlato delle problematiche relative alla Chiesa cattolica in Romania e del concordato concluso con la S. Sede nel 1927. La Transilvania, che prima del 1918 non era mai appartenuta alla Romania, fu durante tutta la sua storia una regione plurietnica e pluriconfessionale dove viveva la maggioranza dei cattolici sia latini che greci, ungheresi i primi, romeni i secondi. La Costituzione romena riconobbe ufficialmente la parità di diritti a tutte le persone ma solo come individui, non come comunità. Dichiarava la Romania come stato unitario e indivisibile, con la Chiesa ortodossa come dominante e quella greco cattolica con uno status particolare. La rilevanza del Concordato del 1927 per la Santa Sede fu quella di essere il primo del genere concluso con un Paese a maggioranza ortodossa. Gli ortodossi, invece, vi furono avversi perché lo vedevano come possibile strumento di proselitismo cattolico e vedevano nel “pericolo cattolico” una espressione dell’”irredentismo magiaro”.

L’ultima relazione della giornata di studio è stata presentata da Mons. Tamás Tóth, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Ungherese, sulle origini e la storia del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese di cui egli è stato fino a poco tempo fa rettore. Tale istituzione, nata nel periodo interbellico, è stata espressione della volontà di un maggiore legame della Chiesa ungherese con la Santa Sede.

Le conclusioni sono state pronunciate dall’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen che ha anche presieduto la seconda sessione del convegno. L’Ambasciatore evidenziato come l’iniziativa abbia voluto gettare una luce particolare sugli aspetti ecclesiali che forse in altre sedi non erano stati ancora sufficientemente valutati, nonostante alcune delle relative questioni si fossero protratte per tutto il secolo appena passato.

Ha, infine, rievocato la valutazione che Papa Francesco ha voluto dare al centenario della Grande Guerra all’inizio di quest’anno: “Dalle ceneri della Grande Guerra si possono ricavare due moniti, che purtroppo l’umanità non seppe comprendere immediatamente, giungendo nell’arco di un ventennio a combattere un nuovo conflitto ancor più devastante del precedente. Il primo monito è che vincere non significa mai umiliare l’avversario sconfitto. La pace non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non è la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensì la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze. Da ciò deriva il secondo monito: la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di parità” (Udienza al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, 08.01.2018).

La giornata di studi si è idealmente collegata al Convegno Internazionale di Studi “Santa Sede e Cattolici nel mondo postbellico (1918-1922)” organizzata dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in collaborazione con la Pontificia Università Lateranense e l’Accademia d’Ungheria in Roma per i giorni 14-15-16 novembre 2018. (Vedi programma in pdf.)
Relatori e organizzatori della giornata di studio di Venezia


Nessun commento:

Posta un commento