venerdì 1 gennaio 2016

Porta Santa del Giubileo a Budapest – omelia del Card. Erdő




Apertura Porta Santa a Budapest
(foto: Lambert Attila/Magyar Kurír)
Anche nelle diocesi ungheresi sono state aperte le porte sante del Giubileo della Misericordia. Il 13 dicembre 2015 nella Basilica di Santo Stefano, concattedrale di Budapest, la Porta Santa è stata aperta solennemente dal Card. Péter Erdő arcivescovo di Esztergom-Budapest.

Ecco la traduzione dell’omelia che il cardinale ha pronunciato durante la S. Messa.

Omelia di S.Em il Card. Péter Erdő Arcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d’Ungheria in occasione dell’apertura della Porta Santa nella Basilica di S. Stefano Re concattedrale di Budapest (13 dicembre 2015)

Cari Fratelli in Cristo,

1. Celebriamo la Terza Domenica d’Avvento, quando nel buio dell’attesa la Chiesa accende il colore della gioia. Ascoltiamo così, nel vangelo di oggi, di avere buone ragioni per gioire, poiché viene preparato il nostro incontro promesso con il Redentore, con Dio. Questa preparazione la possiamo chiamare con la parola conversione. E, secondo il Vangelo, questa conversione ha due momenti salienti.

Il primo è la conversione, il cambiamento, l’impegno dell’uomo. Lo rappresenta in modo compiuto San Giovanni Battista con la sua predicazione che invita al pentimento.

Il Battista annuncia, prima di tutto, che tutti hanno bisogno della conversione. Pure le persone che adempiono ai precetti religiosi, anche i farisei. Poiché, in base alle sue forze, nessuno è del tutto preparato all’incontro con il Signore.

Ed egli annuncia pure che la conversione è possibile per tutti. Pure i pubblicani e i militari possono convertirsi. Non c’è situazione di vita così disperata dove non sia possibile la conversione.

Annuncia, infine, San Giovanni Battista che questa conversione influisce sul nostro rapporto con le persone: esige l’attenzione verso l’altro, la giustizia nei confronti dell’altro.

Tutto ciò è molto attuale anche nella nostra vita di oggi. Vediamo molte ingiustizie e sofferenze intorno a noi. Non è un caso che proprio nel periodo penitenziale e preparatorio dell’Avvento si moltiplicano le iniziative assistenziali e caritative. Ma non dobbiamo pensare agli altri solo in questo periodo: la giustizia, l’attenzione verso il prossimo deve essere l’atteggiamento fondamentale della nostra vita!

L’altro momento saliente della conversione, secondo il vangelo di oggi, non viene dall’uomo. Verrà qualcuno che è più grande. È il Dio che opera la giustizia e brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile, che battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

Nell’immagine apocalittica d’Antico Testamento di San Giovanni Battista la fede cristiana riconosce la presenza salvatrice del Dio il quale, nella persona del Cristo, arriva in mezzo a noi. L’altro grande presupposto del nostro incontro con l’Onnipotente è, infatti, la presenza purificatrice, corroborante e trasformatrice di Dio. È questo che rende possibile la nostra conversione, è questo che porta a compimento la nostra attesa.

2. È questa la grazia divina che giustamente noi chiamiamo misericordia. Ne è simbolo durante quest’Anno Santo la Porta della Misericordia, aperta quest’oggi nella Basilica di Santo Stefano, come pure nella arcicattedrale di Esztergom e nel santuario di Máriaremete. La porta è un simbolo biblico meraviglioso ed eloquente. Se la porta è aperta, la possiamo varcare. Esprime perciò l’accoglienza (Giobbe 31,32) e la possibilità offertaci (1Cor 16,9). La porta chiusa invece difende chi si trova all’interno delle mura (Gv 20,19) ma esprime pure il ripudio di chi è rimasto escluso (Mt 25,10). Ci ricorda la parabola di Gesù sulle nozze quando, arrivati gli ospiti, la porta viene chiusa (cfr. Mt 25,10; Lc 13,25). E chi ha esaurito l’olio della sua lampada, ha esaurito la fede e la carità della sua vita, bussa invano chiedendo: „Signore, signore, aprici!”. La porta allora fa percepire anche l’idea del discernimento e del vaglio. Vi fa riferimento pure Gesù quando affida le chiavi del Regno dei Cieli a Pietro. Già nell’Antico Testamento la porta è raffigurazione della possibilità di entrare nella vicinanza di Dio, nel regno della felicità. Parlando della nuova Gerusalemme i profeti la riassumono in una visione poetica, come una che avrà le porte sempre aperte e sarà una città costruita in pace e giustizia (cfr. Is 60,11; Ez 48,30-35; Zacc 2,8-9). Dice in proposito il salmo: „È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti.” (Sal 117,20). Ne parla il profeta Isaia: “Aprite le porte: entri il popolo giusto che mantiene la fedeltà. Il suo animo è saldo; tu gli assicurerai la pace, pace perché in te ha fiducia.” (Is 26,2-3). L’amore fedele di Dio che si dona ci ha invitati alla vita eterna e alla felicità eterna. Gesù dice che la porta che conduce alla salvezza è una porta angusta. Il presupporto dell’ingresso è la conversione (Mt 7,13-14; Lk 13,24) e la fede (At 14,27; Ef 3,22). Secondo il Libro dell’Apocalisse è Gesù ad avere le chiavi della morte e degli inferi (Ap 1,18). È lui ad affidare le chiavi alla sua Chiesa e promette che le porte degli inferi non prevarranno su di essa (Mt 16,18). Poiché la porta è anche simbolo di potere: chi controlla la porta, controlla la città.

3. Durante l’Anno Santo le chiavi della Chiesa sono presenti in modo visibile e simbolico. La nostra missione, infatti, è quella di aprire la porta della misericordia e del perdono nella grazia del Signore e di annunciare: chiunque viene purificato dal sacramento della Penitenza e corroborato dal sacramento dell’Eucaristia appartiene al Signore, con il cuore libero, già qui sulla terra. La liberazione dall’egoismo, può, infatti, diventare sorgente di gioia e di un nuovo inizio per gli altri.

È con questo spirito e con questi pensieri che dobbiamo varcare quest’anno la soglia della Porta Santa per accogliere e trasmettere al mondo il dono della misericordia di Dio.
Amen.

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