martedì 13 ottobre 2020

Santa messa di ringraziamento al 40mo anniversario della Consacrazione della Cappella degli ungheresi in Vaticano

40 anni fa, l’8 ottobre 1980, Papa San Giovanni Paolo II consacrò la nuova Cappella ungherese in Vaticano alla Vergine Maria in quanto Patrona e protettrice degli ungheresi. Da allora, la Cappella Magna Domina Hungarorum è divenuta un luogo sacro di grande valore spirituale per i pellegrini ungheresi e di tutta la comunità ungherese in Italia. Il giorno del quarantesimo anniversario della consacrazione, il Cardinale Péter Erdő, primate d’Ungheria e arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha celebrato la Santa Messa per ringraziare il dono offerto alla comunità ungherese da Papa San Paolo VI e i quarant’anni passati in questo luogo sacro tanto significativo per tutta la comunità ungherese. Per motivi causati dalla pandemia, alla celebrazione hanno partecipato soltanto i rappresentanti della comunità ungherese di Roma, tra cui gli ambasciatori di Ungheria presso la Santa Sede e presso l’Italia, rispettivamente S.E. il Sig. Eduard Habsburg-Lothringen e S.E. il Sig. Zoltán Ádám Kovács, oltre i membri della stampa.



Di seguito pubblichiamo l’omelia pronunciata dal Cardinale Péter Erdő alla Santa Messa.

Oggi celebriamo la Beatissima Vergine come Patrona degli Ungheresi. Questa cappella è stata dedicata a Lei proprio quaranta anni fa. La cerimonia è stata presieduta da San Giovanni Paolo II. È stato un gesto indimenticabile, il compimento di un vecchio desiderio degli ungheresi. La Cappella Ungherese ha una storia millenaria. Essa, infatti, risale alla fondazione di Santo Stefano, primo re ungherese che voleva istituire una casa per i pellegrini ungheresi proprio qui nel centro della cristianità. La cappella in origine sorgeva vicino all’attuale sagrestia di questa basilica ed è stata demolita per i lavori di costruzione di quelle strutture barocche.

I cattolici ungheresi erano consapevoli del fatto che Roma è patria di tutti e sognavano di avere un luogo sacro proprio nella grande casa comune.

Era chiaro che la Cappella Ungherese doveva essere dedicata alla Madonna come Patrona degli Ungheresi. C’è stato però un “piccolo” problema. Dopo la battaglia di Mohács del 1526, l’Ungheria perdette gradualmente la propria sovranità, anche se il popolo non ha rinunciato mai dell’esistenza culturale e giuridica sovrana. Eppure la parte centrale del Paese, che quasi coincideva con l’Ungheria attuale, appartenne per cento cinquanta anni all’impero ottománo e perdette quasi i due terzi della sua popolazione. I cattolici ungheresi conservavano la tradizione del grande gesto di Santo Stefano, il quale ha offerto il suo Paese, recentemente convertito, alla Madonna. La liberazione della città di Buda dall’occupazione turca nel 1686 e la vittoria nella battaglia di Zenta sono state attribuite all’intercessione della Beata Vergine. Convintissimo di questo fatto miracoloso, l’imperatore e re ungherese Leopoldo primo volle seguire l’esempio di Santo Stefano e dedicò l’Ungheria alla Santissima Vergine nel 1693. Anche sulle monete del re Leopoldo apparve la Madonna con l’iscrizione: “Sancta Immaculata Virgo Maria, Mater Dei Patrona Hungariae”.

Nel Vangelo di oggi abbiamo sentito la sostanza del ruolo della Vergine Maria: il Signore è con Lei ed Ella è piena di grazia. Dio l’ha scelta e ha fatto sì, che sia esente dal peccato originale perché voleva realizzare con lei un grande progetto, ovvero voleva renderLa madre del Salvatore. Colui che è con il Signore, è pieno di grazia. La felicità, la vocazione è lo scopo dell’essere umano che si realizza nella vicinanza di Dio. Oggi, alcuni dicono che la Chiesa, le parrocchie, i gruppi di cattolici devono essere delle comunità felici. Questo non significa che esse sono comunità per sentirsi bene, per divertirsi solo, perché lo scopo della Chiesa non è che i suoi membri si sentano bene insieme in questa terra, bensì la missione, cioè l’annuncio del Vangelo di Cristo. Come scrisse San Paolo sesto, la Chiesa esiste per l’annuncio del Vangelo. Il nucleo di questo Vangelo è che Cristo è risorto ed ha aperto la via dell’eterna felicità per coloro che si convertono e credono in Lui.

Alla luce di questa Buona Novella dobbiamo ripensare che cosa significa per noi essere popolo di Maria. Nella nostra cultura ungherese è presente l’eredità cattolica. E tale eredità significa fiducia nella Divina Provvidenza e nell’avvenire, e anche l’apprezzamento e l’accettazione della nostra identità nazionale, ma pure l’apertura del nostro cuore verso tutti gli altri popoli. Tutto ciò costituisce un fatto che dobbiamo riconoscere e anche approfondire, perché il nostro cattolicesimo non è soltanto un fatto culturale, bensì una convinzione personale per tutta la vita. La costruzione di questa cappella quaranta anni fa e la sua benedizione pontificia dimostrava il fatto che la Chiesa romana accoglie anche noi, ci rispetta come comunità e ci unisce con gli altri popoli nella fede di Cristo. Qui a Roma, ma soprattutto in questa Basilica, ci sono anche altre cappelle nazionali dedicate alla Madonna. Questo è un bel segno del fatto che i cattolici di diversi popoli, anche come comunità, considerano la Vergine come la loro Madre. Ma se abbiamo una madre comune, allora anche per questo siamo fratelli.

Maria, Madre di tutti noi, non ha avuto paura di seguire il Suo Santo Figlio sulla via della croce fino al Calvario. Chiediamo la Sua intercessione perché possiamo professare Cristo con coraggio anche noi perché Egli è la verità, il Redentore dell’uomo e la luce dei popoli.

 


giovedì 24 settembre 2020

I Santi della Cappella Ungherese – San Gerardo vescovo


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 24 settembre si festeggia in Ungheria San Gerardo, vescovo martire di Csanád.
Martirio di S. Gerardo
rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte Vaticane (di Pál Kő)
 

Gerardo nacque intorno al 980 a Venezia ed entrò nel monastero benedettino di San Giorgio Maggiore. Desideroso di recarsi in Terra Santa giunse però in Ungheria. Qui venne presentato a re Santo Stefano, che lo volle trattenere affinché promuovesse la cristianizzazione dei magiari.
Dapprima gli venne affidata l’educazione del principe Sant’Emerico. Si ritirò poi nella Selva Baconia (Bakony), presso il monastero di Bakonybél. Divenne il primo vescovo della no-costituita diocesi di Csanád dove fu apostolo ed evangelizzatore.
Nel periodo turbolento seguito alla morte del re Stefano, scoppiò una rivolta pagana. Nel 1046, Gerardo ed altri vescovi ungheresi tentarono di attraversare il Danubio per recarsi all’incontro del futuro re Andrea I. Il 24 settembre vennero però catturati dai ribelli pagani e Gerardo, col suo carro, venne scaraventato dal monte Kelen, che oggi fa parte di Budapest e porta il suo nome. Lo finirono a colpi di lancia e di pietre. Sepolto prima nella Chiesa dell’Assunta di Pest, il suo corpo venne poi traslato nella sua diocesi di Csanád e, infine, gran parte delle sue reliquie tornarono a Venezia, più precisamente a Murano, dove oggi si venerano sotto l’altare della Basilica dei Santi Maria e Donato. Gerardo fu canonizzato nel 1083 da papa Gregorio VII.
Raffigurazione: Il rilievo raffigura il martirio del vescovo Gerardo ai piedi del Monte Kelen.
Festa liturgica: 24 settembre
Autore del rilievo: Pál Kő, scultore

martedì 8 settembre 2020

„Il Vaticano può contare sull’Ungheria per aiutare i cristiani perseguitati nel mondo” – visita del Ministro degli Esteri ungherese in Vaticano

Il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio Internazionale d’Ungheria, On. Péter Szijjártó è stato ricevuto dal suo omologo vaticano, Mons. Paul Richard Gallagher, lo scorso giovedì 5 settembre. È ormai consuetudine che i due capi diplomatici si consultino due volte all’anno.



Durante i cordiali colloqui l’argomento principale è stato la questione dei cristiani perseguitati e l’impegno nella loro difesa, ma sono stati toccati anche altri argomenti di comune interesse, come la crisi dei migranti. Il ministro ungherese ha definito continua e ottima la collaborazione con la chiesa nella storia del nostro paese ribadendo ancora una volta: „l’Ungheria ha una storia cristiana millenaria e quindi non possiamo lasciare che gli attacchi vincano contro i valori cristiani”. Oggi più di 250 milioni di cristiani devono affrontare ogni giorno violenze e persecuzioni per la loro religione, e non soltanto attacchi fisici ma anche di natura politica e ideologica.



L’On. Szijjártó ha avuto occasione di presentare gli ultimi progetti del Governo ungherese al riguardo, ovvero, gli aiuti d'urgenza per la chiesa maronita libanese subito dopo la terribile esplosione di agosto e il programma di borsa di studio per più di 200 studenti del Medio Oriente che hanno svolto i loro studi nelle università in Ungheria. Il ministro ha inoltre presentato il programma di ricostruzione e di restauro delle chiese in Ungheria e nel Bacino dei Carpazi. Il progetto negli ultimi dieci anni ha visto la rinascita di più di 3000 chiese, e si è raddoppiato il numero degli istituti educativi religiosi nel paese. Il ministro ha inoltre ribadito che l’Ungheria è pronta ad ospitare l’anno prossimo il Congresso Eucaristico Internazionale. 


Foto: KKM/Ministero degli Esteri d'Ungheria


giovedì 27 agosto 2020

Ungheria e Polonia insieme per i cristiani perseguitati – memorandum di collaborazione

Il 17 agosto i rappresentanti dei governi dell’Ungheria e della Polonia hanno firmato a Budapest un memorandum d’intesa sulla cooperazione umanitaria per il sostegno dei cristiani e delle altre comunitá religiose perseguitate nel mondo. I due paesi infatti sono determinati e impegnati per realizzare un’azione concreta e veloce d’aiuto nelle regioni bisognosi del mondo. L’Ungheria e la Polonia sono due nazioni con forti radici cristiane, le quali considerano il loro aiuto un dovere morale verso i cristiani e i perseguitati del mondo. L’intesa tra i due paesi apre la possibilità di condividere le esperienze e le conoscenze sulla crisi umanitaria.
Tristan Azbej e Paweł Jabłoński
Il Segretario di Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati del Governo Ungherese, Tristan Azbej, dopo la frima del memorandum, ha ribadito: „Siamo convinti che dobbiamo mettere in atto il nostro aiuto in loco ed esso deve essere diretto. Non possiamo dimenticarci dei cristiani perseguitati nel mondo.” Il Segretario di Stato ha sottolineato quindi che tutti devono poter vivere e trovare il loro benessere nelle terre native e in caso di necessità bisogna aiutare le persone per poterle far rimanere nel loro paese, migliorando le loro condizioni di vita. 

Dalla parte polacca, il vice ministro degli affari esteri, Paweł Jabłoński ha sottolineato che la firma del memorandum è l’inizio di una collaborazione polacca-ungherese ancora più forte e stretta. La Polonia e l’Ungheria non sono soltanto dei partner ma sono anche amici, seguono gli stessi principi e, come nella questione dei cristiani perseguitati, hanno opinioni simili. “Vogliamo richiamare l’attenzione sull’importanza della difesa dei diritti umani, tra cui la pratica della libertà religiosa. Per fare questo oggi non bastano soltanto le parole, ma ci vogliono aiuti concreti” – ha detto il vice ministro polacco, aggiungendo le aspettative di collaborazioni anche con altri stati. 

Foto: MTI/Szigetváry Zsolt

mercoledì 26 agosto 2020

Festa di Santo Stefano, re d’Ungheria a Roma

La festa nazionale ungherese del 20 agosto commemora la fondazione dello stato cristiano ungherese celebrando il suo primo re, Santo Stefano d’Ungheria. La festa è molto sentita non soltanto in Ungheria ma in ogni comunità ungherese nel mondo. Gli ungheresi di Roma quest’anno si sono riuniti il 23 agosto nella cappella della Casa di Santo Stefano per celebrare la Santa Messa, presieduta dal Rev. Norbert Németh, rettore del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese in Urbe, nonché nuovo coordinatore pastorale della comunità ungherese di Roma e in Italia. La casa ungherese per i pellegrini, recentemente rinnovata, è stata il luogo degno per l’evento in quanto dimora successiva alla casa fondata dal re Santo Stefano intorno al 1030.
„Agire nel presente per la vita della comunità ungherese” – furono le parole del Rev. Németh per incoraggiare, sulle orme del primo re d’Ungheria, tutti i partecipanti a seguire l’esempio del santo re e a costruire ed essere parte integrante della propria comunità. „La festa della fondazione non deve essere un ricordo del passato o un modo di sognare il futuro, ma deve dare la forza per agire nel presente!” – ha detto il Rev. Németh. La chiesa universale commemora Santo Stefano, re d’Ungheria il 16 agosto e dal 2000, dopo il riconoscimento del suo culto, nella Chiesa ortodossa è divenuto il primo santo latino riconosciuto. 
Foto: Borbála Bak

mercoledì 19 agosto 2020

I Santi della Cappella Ungherese – San Ludovico di Tolosa


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 19 agosto è la festa di San Ludovico vescovo di Tolosa.
San Ludovico di Tolosa
rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte vaticane (di László Róbert)

Ludovico nacque nel 1274 da Maria d’Ungheria (figlia di re Stefano V d’Ungheria) e di Carlo II d’Angiò, re di Napoli e della Sicilia. Da giovane ebbe una formazione francescana. A 16 anni si ammalò gravemente ma affidandosi alla fede in Dio, guarì miracolosamente e in seguito promise di indossare l’abito francescano.
Ludovico, erede al trono del Regno di Napoli, nel 1296 rinunziò ai suoi diritti, venne ordinato sacerdote e poi divenne vescovo di Tolosa per volere di Bonifacio VIII. Durante il suo episcopato, seguì le regole francescane aiutando sempre i poveri, i malati e gli emarginati. A soli 23 anni, si ammalò e morì nella città di Brignoles in Provenza. Venne sepolto nel Convento dei Frati Minori di Marsiglia, dove la sua tomba divenne meta di pellegrinaggi. Numerosi malati, zoppi e cechi furono guariti sopra la sua tomba. La sue reliquie dal XV secolo si trovano a Valencia.
Fu canonizzato ad Avignone da papa Giovanni XXII nel 1317.
Festa liturgica: 19 agosto
Raffigurazione: Ludovico, figlio della regina di Napoli Maria d’Ungheria, prima di essere ordinato vescovo, regala il suo vestito francescano ad un malato di ulcera, che guarisce all’istante.
Autore del rilievo: László Róbert, scultore

giovedì 13 agosto 2020

I Santi della Cappella Ungherese – Santa Piroska-Irene imperatrice


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 13 agosto si festeggia in Ungheria Santa Piroska figlia di un santo re ungherese, divenuta imperatrice di Bisanzio col nome di Irene.
Santa Piroska-Irene imperatrice
rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte Vaticane (di László Marton)

Figlia del re San Ladislao d’Ungheria e di Adelaide di Svevia, Piroska (Prisca) sposò Giovanni II Comneno, futuro imperatore nel 1104 e pertanto si convertì alla confessione ortodossa, cambiando il nome in Irene e divenne imperatrice consorte nel 1118. La coppia imperiale ebbe 8 figli.
Irene, con il suo amore benevolo ha segnato la vita della famiglia e di tutto l’impero bizantino. Aiutò anche a migliorare i rapporti tra l’impero e l’Ungheria. A Costantinopoli fondò il Monastero del Pantocratore con un ospedale annesso. È considerato il secondo più grande edificio bizantino tuttora esistente a Istanbul.
Piroska-Irene è raffigurata sui celebri mosaici della basilica di Santa Sofia (Hagia Sophia) di Istanbul… Nonché, secondo una ipotesi, è sempre lei l’imperatrice Irene della Pala d’Oro nella Basilica di San Marco a Venezia.
L’imperatrice morì a Costantinopoli nel 1134 e venne sepolta nel monastero da lei fondato.
Festa liturgica: 13 agosto
Raffigurazione: Piroska-Irene, figlia di San Ladislao d’Ungheria, costruttore di chiese e monasteri.
Autore del rilievo: László Marton, scultore

domenica 26 luglio 2020

I Santi della Cappella Ungherese – San Mosè Ungaro

Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 26 luglio è la festa di un santo ungherese, venerato nella Chiesa ortodossa: San Mosè.
San Mosè Ungaro
rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte Vaticane (di László Marton)

Mosè l’Ungherese (in russo Moiszej Ugrin) è un santo della chiesa ortodossa, di origine ungherese, della Transilvania (dove il nome Mosè è sempre stato più comune che altrove), vissuto ancora prima dello scisma d’Oriente. È interessante pertanto, che nella sua persona vi è nelle Grotte Vaticane la figura di un santo ortodosso, formalmente non canonizzato dalla Chiesa cattolica.
Nacque intorno al 995 e servì come militare nell’esercito di Vladimir I il Grande, principe di Kiev. Due suoi fratelli, Giorgio ed Efrem, furono pure al servizio della corte di Kiev, a testimonianza dei stretti rapporti tra l’Ungheria e il Rus di Kiev di quell’epoca. Durante il conflitto bellico che seguì alla morte di Vladimir, Mosè cadde in prigionia polacca nel 1018.
Mosè aveva già maturato il desiderio di farsi monaco e pertanto, secondo la sua leggenda, rifiutò l’offerta di matrimonio di una giovane vedova polacca e per questo dovette subire delle torture. Finalmente tornò a Kiev nel 1025 e lì si unì agli eremiti che diedero inizio al Monastero delle Grotte (Pečerska Lavra) nei pressi di Kiev. Ritenuto taumaturgo già durante la sua vita, morì in fama di santità nel 1043. Il suo sepolcro si venera tuttora nella Pečerska Lavra.
Festa liturgica: 26 luglio
Raffigurazione: Moses sta compiendo un miracolo tra gli eremiti di Kiev.
Autore del rilievo: László Marton, scultore

venerdì 24 luglio 2020

I Santi della Cappella Ungherese – Santa Kinga


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 24 luglio si festeggia in Ungheria Santa Kinga o Cunegonda, regina della Polonia.
Santa Kinga Cunegonda e la leggenda dell'anello
rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte vaticane (di András Kiss Nagy)

Nel 1224 Kinga “venne, infatti, al mondo nella famiglia reale ungherese di Bela IV, della dinastia degli Arpadi. Questa stirpe regale con grande fervore coltivava la vita di fede e diede grandi santi. Da essa proviene santo Stefano, il Patrono principale dell'Ungheria, ed il figlio sant'Emerico. Un posto particolare tra i santi della famiglia degli Arpadi occupano le donne…” (San Giovanni Paolo II). Infatti, ebbe due sorelle, anch’esse sante, Margherita e Iolanda, nonché una zia famosissima, Sant’Elisabetta d’Ungheria e una prozia anche lei santa, Agnese di Praga.
Kinga fu data in sposa al re di Polonia, Boleslavo V il Casto, ed entrambi vissero la castità nel matrimonio. Kinga divenendo regina della Polonia si dedicò spesso alle opere caritatevoli e aiutando i malati e i poveri. Dopo l’assalto dei mongoli si prodigò, assieme al marito per la ricostruzione della Polonia, proprio come suo padre Re Béla dovette fare in Ungheria.
Nel 1251 inaugurò la celebre miniera di sale a Wieliczka (Bochnia), che divenne scena di uno dei più famosi miracoli della santa: quando chiese dei minatori dall’Ungheria, gettò il suo anello in un pozzo della miniera di Aknaszlatina (oggi Solotvino in Ucraina), che venne poi ritrovato proprio nella miniera di Wieliczka, appena aperta.
Morto il marito nel 1279, Kinga decise di trasferirsi nel monastero di clarisse da lei fondato a Stary Sącz, dedicandosi alla preghiera e alla contemplazione, insieme a sua sorella, la Beata Iolanda. Morì nel 1292, dopo una lunga malattia.
Venne beatificata nel 1690, e papa Clemente XI la dichiarò patrona della Polonia e della Lituania. Nel 1999 viene canonizzata da papa Giovanni Paolo II a Stary Sącz.
Festa liturgica: 24 luglio
Raffigurazione: Il rilievo raffigura mentre Kinga, la figlia del re Béla IV, trova il suo anello in un fossile di sale vicino a Cracovia.
Autore del rilievo: András Kiss Nagy, scultore

sabato 18 luglio 2020

I Santi della Cappella Ungherese – Santa Edvige


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 18 luglio si festeggia in Ungheria S. Edvige, figlia del re d’Ungheria, divenuta a sua volta re della Polonia.
Santa Edvige, rilievo nella Cappella ungherese delle Grotte Vaticane
(di Róbert Csíkszentmihályi)

Edvige nacque a Buda, in Ungheria, nel 1374 come figlia di re Luigi I “Il Grande”, sovrano dell’Ungheria e della Polonia, discendente degli Angioini di Napoli. Destinata dal padre al trono della Polonia sin da bambina, Edvige sposò poi il Granduca della Lituania, Ladislao Jagellone, ancora pagano, il quale dopo questo matrimonio, si convertì al cattolicesimo, insieme al suo popolo. Edvige, per aiutare l’evangelizzazione, decise, tra l’altro, di fondare la prima Facoltà di Teologia della Polonia.
Fu una regina buona e pia, il suo operato si basò su una vita di fede e di carità: curò i malati e fece costruire degli ospedali, aiutò i monaci. Fu la più generosa e grande regina della Polonia, portando al compimento l’evangelizzazione di queste terre. Morì giovanissima, appena dopo aver dato la vita alla sua primogenita, nel 1399.
Nel 1997, a Cracovia, papa Giovanni Paolo II ne proclamò la canonizzazione.
Festa liturgica: 18 luglio
Raffigurazione: Edvige, figlia del re Ludovico I d’Ungheria, convertì al cristianesimo il marito Jagellone di Lituania e il suo popolo.
Autore del rilievo: Róbert Csíkszentmihályi, scultore

domenica 12 luglio 2020

Budapest e Roma unite da un ponte d‘arte, di cultura e di spiritualità - intervista del Consigliere Érszegi al programma “Tredici e Tredici”


Nella puntata di martedì 7 luglio 2020, il programma culturale “Tredici e Tredici” di Radio Vaticana Lucas Duran ha intervistato il Primo Consigliere Márk Aurél Érszegi, in occasione della fine della sua missione diplomatica all’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede.
Lucas Duran ha introdotto la “testimonianza di una voce amica di Radio Vaticana, che tante volte ci ha fatto conoscere delle realtà artistiche e culturali meno conosciute di Roma e dell’Italia, attraverso un “ponte” tra paesi che hanno gli stessi colori nella loro bandiera: l’Italia e l’Ungheria”.
“Vogliamo dedicare una puntata – ha proseguito – alla conversazione con Márk Aurél Érszegi che tante volte è stato qui con noi in studio e che sta terminando la sua missione a Roma. Tante volte tramite lui abbiamo conosciuto delle realtà che magari erano meno conosciute e comprendente cose che collegano questi due paesi. Márk Aurél Érszegi adesso tornerà in Ungheria ma manterrà sempre un legame aperto con Roma e l’Italia, grazie anche ad un rapporto che è cominciato fin da piccolo e che continuerà sicuramente non solo nella sua carriera diplomatica ma anche nella vita personale.”
Durante la conversazione sono stati toccati argomenti come l’attività dell’Ambasciata d’Ungheria negli ultimi anni, con qualche accenno alla storia dei rapporti tra Santa Sede e Ungheria, richiamando l’attenzione alla Cappella ungherese delle Grotte Vaticane, un vero e proprio simbolo di questi legami storici e anche attuali.

È possibile ascoltare la conversazione sul sito di Radio Vaticana:

Budapest e Roma unite da un ponte d‘arte, di cultura e di spiritualità

giovedì 9 luglio 2020

Sacrum convivium – Mostra d’arte contemporanea cristiana a Kecskemét (e online)


Nella città ungherese di Kecskemét la splendida sede del cosiddetto “Palazzo Bello” (in ungherese Cifrapalota), famoso esempio dell’art nouveau ungherese ospita in questo periodo la “X. Biennale di Iconografia Cristiana Contemporanea”. 
Cifrapalota - sede della Biennale
(foto: Museo Katona József di Kecskemét)
Il tema di questa edizione della Biennale è Sacrum convivium (Eucaristia – Santa Cena)”, stata scelta in vista del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest (originalmente previsto per quest’anno e poi rinviato per il settembre 2021) di cui la mostra doveva essere parte integrante.
La mostra, a cura di László Gyergyádesz Jr., presenta 169 opere di 146 artisti, con un approccio ecumenico.
“Il mio è un invito a riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l’arte nelle sue più nobili forme espressive” – si leggono nella premessa della mostra le parole della famosa Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II scritta nel 1999, pensieri che sono seguiti da sempre nella realizzazione delle opere d’arte del tema principale che in quest’anno è l’ospitalità, l’accoglienza dell’Eucaristia, ossia della Santa Cena delle comunità protestanti.
A causa della pandemia la mostra è attualmente visitabile online:

Nella colonna sulla destra sono elencate le varie opere d’arte che vengono visualizzate cliccandovi sopra. Ecco l'elenco delle opere con i titoli in italiano:


sabato 4 luglio 2020

I Santi della Cappella Ungherese – Sant’Elisabetta di Portogallo


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 4 luglio si festeggia in Ungheria Sant’Elisabetta, regina del Portogallo.
Sant'Elisabetta di Portogallo - rilievo nella Cappella ungherese in Vaticano
(opera di Gyula Kiss Kovács)
 

Elisabetta fu figlia del re di Spagna Pietro III il Grande, nacque a Saragozza nel 1271. Elisabetta fu parente della casa reale ungherese Árpád-ház, essendo pronipote del re Andrea II d’Ungheria, oltre ad essere pronipote dell’imperatore Federico II. Visse la sua vita seguendo le orme della sua prozia, Santa Elisabetta d’Ungheria, poiché divenne terziaria francescana e condusse una vita molto simile alla sua.
Andò in sposa al re Dionigi del Portogallo ed ebbero due figli. Il loro matrimonio fu segnato dai problemi familiari a causa della infedeltà del marito. Nonostante tali difficoltà, Elisabetta riuscì a portare suo marito sulla via della conversione. Elisabetta praticò la carità verso i poveri e i malati, non lasciava mai vuote le mani dei bisognosi.
Fu regina del Portogallo fino alla morte di suo marito, quando lasciò i suoi averi ai poveri entrando come terziaria francescana nel monastero delle clarisse a Coimbra, da lei stessa fondato. Fece un pellegrinaggio a Santiago de Compostela e offrì la sua corona d’oro al santuario di San Giacomo.
Morì nel 1336 a Coimbra, dove la sua tomba ben presto divenne luogo di pellegrinaggi.
La sua canonizzazione avvenne a Roma nel 1625 per mano di papa Urbano VIII.
Festa liturgica: 4 luglio
Raffigurazione: Santa Elisabetta cura i malati mentre cerca di portare la pace tra i membri della famiglia.
Autore del rilievo: Gyula Kiss Kovács, scultore

martedì 30 giugno 2020

Intervista dell'Ambasciatore Habsburg su politiche della famiglia in Ungheriaa

Recentemente l'Ambasciatore d'Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha illustrato in una intervista a "International Family News" alcuni aspetti delle politiche ungheresi a sostegno delle famiglie. L'intervista è stata pubblicata in diverse lingue:




Logo delle iniziative "Family-Friendly Hungary"


sabato 27 giugno 2020

I Santi della Cappella Ungherese – San Ladislao re, cavaliere della fede


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi. Il 27 giugno – nell’anniversario della sua canonizzazione – si festeggia in Ungheria il re San Ladislao.
San Ladislao e la fondazione dell'Abbazia di Somogyvár
rilievo nella Cappella ungherese in Vaticano (opera di András Kiss Nagy)

Nacque da re Béla I d’Ungheria e dalla principessa polacca Richeza. Da giovane si addestrò e si distinse nell’arte della guerra, fu un uomo dal portamento atletico, dal carattere cavalleresco, di profonda cultura e religiosità. Ne è emblematica la lettera da lui scritta nel 1091 all’abate di Montecassino Oderisio, per richiedere delle reliquie di S. Benedetto. In essa San Ladislao affermava candidamente: “sono peccatore poiché è impossibile promuovere l’impegno della dignità terrena senza gravissimi crimini” (“Quamvis peccator existam quoniam cura terrene dignitatis absque gravissimis non potest promoveri criminibus…”).
Ladislao tra il 1077 e il 1095 fu re d’Ungheria, riuscì a stabilizzare la situazione del giovane regno, sia sul piano politico che su quello religioso, concludendo l’opera iniziata da re Santo Stefano nel 1000. Durante il suo regno iniziarono gli otto secoli di storia comune con la Croazia e fu lui a fondare la Diocesi di Zagabria. Il suo regno fu un’epoca di splendore nella storia del paese.
Fondò altri vescovati, tra cui eccelle la sede di Nagyvárad (Gran Varadino, oggi Oradea in Romania). Organizzò un concilio nazionale, molto importante anche per la disciplina ecclesiastica. Ottenne la canonizzazione dei primi santi ungheresi: re Stefano, il principe Emerico, il vescovo martire Gerardo.
Morì nel 1095 e venne sepolto a Nagyvárad, luogo di pellegrinaggio per gli ungheresi per molti secoli. Fu un esempio per tutti i sovrani ungheresi: l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo lo venerava tanto da voler essere sepolto accanto a lui. Fu papa Celestino III a canonizzare San Ladislao nel 1192.

Festa liturgica: 27 giugno
Raffigurazione: Il Re Ladislao e la fondazione del monastero benedettino di Somogyvár in Ungheria.
Autore del rilievo: András Kiss Nagy, scultore


mercoledì 24 giugno 2020

I Santi della Cappella Ungherese - Beata Iolanda


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi. Il 15 giugno si festeggia la Beata Iolanda.
Beata Iolanda prega per il marito
rilievo nella Cappella Ungherese in Vaticano (autore: László Marton)

Settima figlia di Béla IV re d’Ungheria e di Maria Lascaris di Nicea, Iolanda crebbe in Polonia dove visse sua sorella maggiore, Kinga (Santa Kinga di Polonia), perché in quel periodo l’Ungheria subì la sanguinosa invasione dei tartari. Iolanda sposò un nobile polacco, il duca Boleslao il Pio, dal quale ebbe tre figlie. Divenne terziaria francescana praticando la carità verso i poveri e bisognosi.
Dopo la morte prematura del marito entrò, insieme con la figlia più piccola, nello stesso convento dove viveva la sorella Kinga a Stary Sacz, e si dedicò per 12 anni alla cura dei bisognosi e alla preghiera. Dopo la morte della sorella si trasferì nel convento delle clarisse di Gniezno. Fu sepolta nel monastero di Gniezno e nel 1827 Papa Leone XII la dichiarò beata, confermandone il culto.
Festa liturgica: 15 giugno
Raffigurazione: Il rilievo rappresenta Iolanda che prega per suo marito il duca Boleslao il Pio, che combatte in battaglia
Autore del rilievo: László Marton, scultore


I Santi della Cappella Ungherese – il beato Card. Giovanni Dominici, diplomatico in Ungheria


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 10 giugno si festeggia in Ungheria il Beato Giovanni Dominici, cardinale domenicano.
Il B. Card. Giovanni Dominici
rilievo nella Cappella ungherese in Vaticano (opera di Róbert Csíkszentmihályi) 

Nacque a Firenze nel 1355, monaco domenicano di grande cultura e grande protagonista della vita ecclesiale della sua epoca, ovvero del periodo dello Scisma d’Occidente. Giovanni Dominici fu membro dell’Ordine dei predicatori ma anche scrittore e diplomatico. Divenne arcivescovo e cardinale di Ragusa in Dalmazia.
Per richiesta del re di Ungheria Sigismondo di Lussemburgo, giunse in Ungheria come legato papale imparando la lingua e lottando contro l’eresia hussita. Morì a Buda e venne sepolto nel convento di San Paolo Primo Eremita dei paolini che poi verrà distrutto durante l’invasione turca d’Ungheria.
Fu beatificato da papa Gregorio XVI nel 1832.
Festa liturgica: 10 giugno
Raffigurazione: Il cardinale domenicano Giovanni Dominici, arcivescovo di Ragusa, arrivò a Buda per richiesta del re Sigismondo come legato papale. La raffigurazione del suo viso riprende le linee del Cardinale ungherese László Lékai, committente della cappella ungherese.
Autore del rilievo: Róbert Csíkszentmihályi, scultore

giovedì 4 giugno 2020

Ricordare, onorare, tendere la mano – l’Ungheria e il centenario del 4 giugno


Ricordare, onorare, tendere la mano – questi tre verbi potrebbero esprimere l’approccio odierno dell’Ungheria a quel trauma profondo che la Nazione ungherese ha subito cento anni fa, con il Trattato del Trianon del 4 giugno 1920. Questi tre verbi riassumono il messaggio della “Legge N. XLV del 2010 a testimonianza della coesione nazionale”, approvata nel 2010, che durante l’ultimo decennio ha ispirato la politica del Governo ungherese.
Gli ungheresi di tutto il mondo ricordano il “Trianon”, perché esso è considerato tuttora come una delle più grandi tragedie degli ungheresi. Prima di tutto perché ha imposto la separazione di milioni di ungheresi che si trovarono a vivere in Paesi diversi. Ma anche perché ha posto le basi ad una molteplicità di potenziali conflitti tra l’Ungheria e i suoi vicini, causando “problemi politici, economici, giuridici e psicologici tuttora irrisolti”.
Eppure, con la Legge sulla Coesione Nazionale, l’Assemblea Nazionale prendeva atto che l’unità della Nazione ungherese al di sopra dei confini è una realtà che fa parte dell’identità degli ungheresi. Una unità che lo Stato ungherese, per essere fedele alle aspirazioni del proprio popolo, deve appoggiare e promuovere. Tuttavia la stessa Legge annuncia di rispettare “il diritto di altre nazioni a pensare diversamente circa le questioni che sono importanti per gli ungheresi” e propone di tenere presente anche “i nostri stessi errori che ragionevolmente hanno causato offesa ai membri di altre nazioni”.
L’Assemblea Nazionale con la Legge sulla Coesione Nazionale rendeva onore a quanti, durante il secolo trascorso, “hanno contribuito al rafforzamento spirituale ed economico degli ungheresi e alla loro sopravvivenza”, ma anche “a quanti hanno subito discriminazioni e offese”, o hanno dovuto dare la vita per poter liberamente professare la propria identità ungherese. Non dimentica inoltre di ringraziare quanti, “pur non essendo ungheresi, hanno dimostrato solidarietà nei confronti degli ungheresi”.
Un passaggio molto significativo del documento normativo è dove l’Assemblea Nazionale “prende atto del fallimento dei tentativi finora sperimentati nella storia per risolvere le questioni sorte dopo il diktat di pace del Trianon, ossia la modificazione delle frontiere con l’ausilio di potenze straniere e i tentativi di sopprimere l’identità nazionale nel segno dell’ideologia internazionalista”. Infatti, il revisionismo fu perseguito tra le due guerre mondiali, mentre sotto il comunismo era addirittura proibito di considerare la problematica della nazione e quella degli ungheresi che vivono oltre i confini dell’Ungheria.
La Legge annunciava perciò un nuovo approccio, quello della “mano tesa”, per dirla con le parole di Papa Francesco, pronunciate dopo aver visitato il Santuario mariano di Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc), tanto caro agli ungheresi di tutto il mondo e che da un secolo si trova in Romania.
Questa "mano tesa" si concretizza, da parte ungherese, nell’impegno per la collaborazione con i Paesi vicini. L’Assemblea Nazionale, con la Legge sulla Coesione Nazionale dichiara, infatti, che la soluzione ai problemi tuttora irrisolti derivanti dal “Trianon” potrà venire solamente dalla collaborazione, “basata sul rispetto reciproco di paesi uguali, democratici, sovrani”, con l’obiettivo di contribuire “ad un futuro pacifico dei popoli che convivono nel Bacino dei Carpazi, basato sulla mutua comprensione e collaborazione”, promuovendo così anche la “riunificazione dell’Europa smembrata dalle tragedie del XX secolo”.
Un obiettivo riecheggiato anche dalle parole di Papa Francesco, nella S. Messa a Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc), il 1 giugno 2019: “Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna. Pellegrinare significa sentirsi chiamati e spinti a camminare insieme chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione.”
L’Ungheria è pronta a farlo, come enunciato proprio dalla Legge sulla Coesione Nazionale.

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Il centenario viene ricordato in Ungheria e altrove con diverse iniziative, che riflettono certamente la situazione e i sentimenti dei promotori.
L’Alleanza degli Intellettuali Cristiani (KÉSZ) ungherese ha promosso l’iniziativa ecumenica di suonare le campane delle diverse chiese alle ore 16.30 “per pregare e guardare avanti”, con “la fede nel Creatore, la capacità di perdonare e la coscienza della forza della preghiera”. Infatti, secondo una nota, il trauma del Trianon potrà essere elaborata solo “con la forza della fede”, in quanto “le ferite di un secolo non le possiamo guarire da soli, è necessaria la forza rigeneratrice di Dio”.
Secondo le indicazioni della Conferenza Episcopale Ungherese (MKPK) tale iniziativa sarà perciò fatta “in uno spirito di preghiera”: pregando per la patria, per il popolo ungherese in Ungheria e nei paesi limitrofi, ma anche “per tutti i popoli dell’Europa Centrale affinché possiamo costruire il nostro futuro comune nella pace, nella carità e nella fattiva collaborazione”.

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Testo della Legge N. XLV del 2010 a testimonianza della coesione nazionale