venerdì 27 settembre 2019

INVITO - MOSTRA "Magna Domina Hungarorum. Omaggio dell’arte alla Madonna degli ungheresi"


Ogni anno, intorno all’8 ottobre, la comunità ungherese di Roma celebra l’anniversario della consacrazione della Cappella ungherese in Vaticano, intitolata alla Magna Domina Hungarorum.
Quest’anno, l’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede e l’Istituto per gli Studi Strategici Nazionali (NSKI) di Budapest, hanno promosso una mostra d’arte “Magna Domina Hungarorum” (in ungherese: Boldogasszony), dedicata proprio alla Vergine Maria in quanto Patrona e protettrice degli ungheresi.
Si tratta di una collezione speciale, allestita nel 2015, per il V centenario della statua della Madonna di Csíksomlyó (in Transilvania), meta dei pellegrini ungheresi di tutto il mondo. Il primo giugno scorso, nel corso del suo viaggio apostolico in Romania, Papa Francesco ha visitato quel Santuario e, dopo aver celebrato la S. Messa, ha voluto onorare la statua della Vergine con la Rosa d’Oro.
La mostra presenta una cinquantina di opere di altrettanti artisti contemporanei ungheresi, interpellati specificamente per la mostra.
L’esposizione è allestita nelle salette espositive del piano terra di Palazzo della Cancelleria, stupendo palazzo rinascimentale, sede di diversi uffici della Santa Sede.
Palazzo della Cancelleria
(Roma, P.zza della Cancelleria, 1)
2-13 ottobre 2019
Orari: 10.00-13.00 / 16.00-19.00
(dal lunedì alla domenica)



INGRESSO LIBERO




Sotto l’alto patronato del Presidente dell’Ungheria

Con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura



e della Pontificia Accademia Mariana Internazionale



Si ringrazia l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica


Informazioni: tel.: 06-4402167; e-mail: ungheriasantasede@gmail.com;

sabato 21 settembre 2019

Ricordando il viaggio in Romania - i responsabili di Csíksomlyó ricevuti da Papa Francesco


Papa Francesco riceve l'album dalla delegazione di Gyulafehérvár/Alba Iulia
“Abbiamo ringraziato Papa Francesco perché con la sua visita al Santuario di Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc, in Romania) ha voluto onorare la minoranza ungherese della Romania” – ha sintetizzato Mons. József Tamás, vescovo ausiliare di Gyulafehérvár/Alba Iulia il motivo della visita di una delegazione diocesana all’Udienza Generale del 18 settembre in Vaticano.

"Papa Francesco a Csíksomlyó"
I membri del comitato che ha preparato la messa del Santo Padre a Csíksomlyó, lo scorso 1 giugno, hanno consegnato al Papa l’album “Papa Francesco a Csíksomlyó” che, attraverso i ricordi dei personaggi coinvolti nella visita e con le fotografie scattate durante quella memorabile giornata, riassume non solo l’evento, ma anche i sentimenti che l’hanno circondato.

Papa Francesco sfogliando l'album rievoca la sua visita
Sfogliando il libro Papa Francesco ha riconosciuto con gioia la famiglia che in costume tradizionale dei székely gli aveva portato i doni all’offertorio. Ha anche rievocato quanto gli sia piaciuta la bellezza della Transilvania che aveva attraversato in macchina dall’aeroporto al Santuario. Quella che era una soluzione di ripiego, a causa del cattivo tempo, si è rivelato un dono inaspettato per il Santo Padre, ma anche per gli abitanti della Terra dei Siculi che erano accorsi a salutarlo nei vari paesi e città attraversati dal corteo papale - come rievocato dal Nunzio Mons. Miguel Maury Buendía nella prefazione al volume.

mercoledì 18 settembre 2019

Conto alla rovescia per il Congresso Eucaristico di Budapest

Inizia il conto alla rovescia davanti alla Basilica di S. Stefano a Budapest
Mons. Mohos, Mons. Blume nunzio apostolico, Card. Erdő, Mons. Snell (foto: IEC2020)

È iniziato il conto alla rovescia a Budapest, il 13 settembre, in preparazione del 52° Congresso Eucaristico Internazionale (13-20 settembre 2020). Per un anno intero un grandioso orologio digitale ricorderà ai passanti – ungheresi e turisti provenienti da ogni parte del mondo – quanti giorni e quante ore manchino ancora all’inizio dell’importante evento di fede.
Infatti, come ci tengono a spiegare gli organizzatori, il Congresso Eucaristico non è da immaginarsi come una sorta di conferenza teologica, rivolta agli esperti, ma piuttosto come un raduno mondiale dei cattolici, che ha ormai una tradizione ultracentenaria.
Intervenendo all’evento il Cardinale Péter Erdő ha spiegato che il Congresso sarà un grande incontro per “esprimere la nostra fede, la gioia e l’amore” perché, come ha detto Gesù, “chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32). Nell’Eucaristia Dio è entrato in comunione con l’uomo “e ciò significa che non siamo abbandonati nell’esistenza, ma esistono una volontà ed un piano di Dio con noi”.
Mons. Gábor Mohos, capo della Segreteria Generale
del Congresso Eucaristico di Budapest (foto: IEC2020)
Mons. Gábor Mohos, Vescovo ausiliare di Budapest e responsabile del Congresso ha ricordato che si tratterà di festeggiare la vita donataci da Dio, per festeggiare Gesù che rinnova la nostra vita e, nell’Eucaristia, alimenta questo nuova vita. “Siamo fiduciosi che il Congresso Eucaristico Internazionale non sia solamente una serie di programmi che durerà una settimana, ma che già durante i preparativi desti rinnovamento e spirito di iniziativa che si porteranno avanti anche dopo il Congresso” – ha sottolineato Mons. Mohos.
Il Congresso Eucaristico di Budapest avrà un forte connotato culturale, anticipato anche in questa occasione dall’esibizione del Gruppo Folcloristico “Hajdú” di Debrecen, sotto la guida di Zsuzsa Tiszai, e della Scuola Corale Ungherese Zoltán Kodály del maestro Ferenc Sapszon, direttore della Commissione di Musica Sacra del Congresso stesso.
Il grande orologio e l’installazione che richiama il logo del Congresso sono stati inaugurati dal Cardinale Péter Erdő, Primate d’Ungheria, da Mons. Michael August Blume nunzio apostolico di Budapest e dai vescovi ausiliari Mons. Gábor Mohos e Mons. György Snell, mentre le campane della Basilica di Santo Stefano suonavano a festa.
Allo stesso tempo è iniziata anche la registrazione on-line sul sito del Congresso: www.iec2020.hu.

martedì 17 settembre 2019

Un dipinto di Kisléghi Nagy in Vaticano


Il Maestro Ádám Kisléghi Nagy, membro onorario ungherese della Pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon ha presentato oggi in Vaticano un suo dipinto, destinato alla collezione dell’Accademia, come da tradizione presso i membri dell’illustre sodalizio.
Il Maestro Kisléghi ha spiegato di aver scelto il soggetto della crocifissione e del pane e del vino quale simbolo eucaristico: il sacrificio di Cristo si rinnova nella S. Messa sull’altare. Lo ha voluto destinare alla Pontificia Accademia anche in vista del congresso Eucaristico Internazionale che si celebrerà il prossimo anno a Budapest.
L’Arch. Pio Baldi, Presidente dell’Accademia ha accolto con gioia il dipinto che entrerà a far parte della famosa collezione vaticana. All’incontro sono intervenuti Mons. Gergely Kovács e Mons. Stefano Sanchirico da parte del Pontificio Consiglio della Cultura, nonché il Rev. Norbert Németh Rettore del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese e l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen.
Il Maestro Kisléghi Nagy (centro) presenta il suo dipinto in Vaticano.
Sa sinistra: Mons. Stefano Sanchirico, Arch. Pio Baldi, Mons. Gergely Kovács, Sig.ra Márta Kocsis,
Amb. Eduard Habsburg, Maestro Ádám Kisléghi, Cons. Érszegi, Sig. Róbert Fekete, Rev. Norbert Németh


giovedì 12 settembre 2019

Presentare la bellezza della cultura nata dalla fede – Festival dell’Arte Sacra in Ungheria


Il Festival dell’Arte Sacra (Ars Sacra Fesztivál) è la più grande iniziativa culturale religiosa in Ungheria che si celebra ogni anno nella terza settimana di settembre, quest’anno, tra il 14-22 settembre.
La “Ars Sacra Fesztivál” è nata nel 2007, nell’ambito della Missione cittadina che coinvolgeva Budapest e altre metropoli europee. Da diversi anni ormai il Festival vede la partecipazione delle quattro maggiori confessioni religiose ungheresi: la Chiesa cattolica, la Chiesa riformata calvinista, la Chiesa evangelica luterana e la Comunità ebraica. all’insegna del motto di quest’anno: “perché tutti siano una sola cosa” (Gv, 17,21).
Promosso dalla Fondazione Ars Sacra il Festival, la XIII edizione si svolgerà sotto l’alto patronato del Primate d’Ungheria, Card. Péter Erdő e della consorte del Presidente dell’Ungheria, Sig.ra Anita Herczegh. Sarà anche una sorta di preparazione al Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest che, nel prossimo settembre 2020, sarà accompagnato proprio dalle iniziative della Ars Sacra Fesztivál.

domenica 8 settembre 2019

Incontri internazionali a Budapest su comunicazione cristiana e famiglie – interventi dell’Ambasciatore Habsburg


L’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen ha partecipato, il 4-6 settembre 2019, a due eventi internazionali di rilievo, organizzati a Budapest: il Budapest Forum forChristian Communicators (BFCC) e il Budapest Demographic Summit.

(foto: BFCC)
Al BFCC hanno preso parte diversi politici ed esperti, nonché operatori del settore della comunicazione. Sono intervenuti diversi membri del Governo ungherese: il Vicepremier Zsolt Semjén, i Sottosegretari Miklós Soltész (affari religiosi), Tristan Azbej (cristiani perseguitati), Katalin Novák (famiglia) e Tamás Menczer (esteri – promotore dell’evento). Tra gli altri relatori: Timo Soini già Ministro degli esteri finlandese, Jan Figel’ Inviato Speciale UE per la Libertà Religiosa, il Metropolita Ilarion del Patriarcato di Mosca, ma anche il francescano Fra’ Csaba Böjte. Da parte della Santa Sede la Dottoressa Nataša Govekar, Direttore della Direzione Teologico-Pastorale del Dicastero per la Comunicazione ha illustrato la comunicazione vaticana.

Al BFCC l’Ambasciatore Habsburg ha partecipato ad una tavola rotonda sul “Giornalismo da una prospettiva cristiana”. Inoltre, ha fatto un intervento su “Come comportarsi e comunicare i temi della Chiesa e della fede su Twitter”. Nella sua presentazione l’Ambasciatore ha sottolineato l’importanza di un atteggiamento “da bravi cristiani” anche sui social, in quanto attualmente c’è molta divisione, soprattutto nell’area anglosassone. Ha voluto, infine, ricordare i suoi suggerimenti di “Twettiquette”, utili specialmente quando ci si confronta con persone che pensano in modo radicalmente diverso o assumono atteggiamenti aggressivi.

(Foto: Katalin Novák)
Nel suo intervento al Summit demografico l’Ambasciatore Habsburg ha messo l'accento su come parlare della famiglia, sempre su Twitter. Come comportarsi in un mondo dove tanti non conoscono una famiglia felice con tanti bambini, e dove alcuni sembrano di pensare che sia addirittura meglio per il pianeta di non avere bambini… Tra le sue proposte quello di narrare delle piccole storie, quasi delle fotografie di vita quotidiana delle famiglie, per incoraggiare gli altri e dimostrare che è possibile di vivere la visione cristiana della famiglia. Infine, ha sottolineato che su Twitter è molto importante “sorridere” sempre, perché è così che si fanno degli amici. Per illustrarlo ha anche raccontato le tantissime reazioni positive che aveva già ricevute in quelle ore riguardo ai suoi tweet sul summit della famiglia e sul forum dei comunicatori cristiani. Da diverse parti del mondo si era interessati soprattutto alle cifre positive del cambio demografico che si sta svolgendo in Ungheria.

sabato 7 settembre 2019

Summit Demografico di Budapest – Fondamenti e presupposti delle politiche della famiglia in Ungheria


Il Terzo Summit Demografico di Budapest è stato celebrato il 5-6 settembre nella capitale ungherese. Ad aprire i lavori sono intervenuti i rappresentanti delle principali confessioni religiose: il Card. Péter Erdő, Primate d’Ungheria, il Rev.mo József Steinbach, vescovo calvinista, il Rev.mo Tamás Fabiny, vescovo luterano e il Rev. Slomó Köves, rabbino capo della Comunità Ebraica Unitaria Ungherese.

La prima sessione, introdotta da Katalin Novák, Segretario di Stato ungherese per la famiglia, ha visto la relazione del Cardinale Péter Erdő, seguita dagli interventi di Aleksandar Vučić, Presidente della Repubblica di Serbia, di Andrej Babiš, Primo Ministro della Repubblica Ceca e di Tony Abbott, già Primo Ministro dell’Australia.

A conclusione della mattinata il Primo Ministro d’Ungheria Viktor Orbán ha tenuto un discorso di cui pubblichiamo un riassunto in italiano (il testo integrale, nella versione inglese, è consultabile sul sito del Primo Ministro)

* * *

 Parlando dei principi fondamentalie delle politiche della famiglia bisogna refutare due argomenti contrari. Il primo sarebbe l’immigrazione, che cioè le immigrazioni siano in grado di risolvere il problema del declino demografico dell’Europa. Il secondo è quello che contrappone i bambini alla natura dicendo che la Terra starebbe meglio se nascessero meno bambini. “Si potrebbe argomentare contro questa tesi ma io propongo di considerarla semplicemente una stoltezza e di rifiutarla come tale. Basta dire tutto sommato che, secondo l’ordine della creazione, anche l’uomo fa parte di quell’ecosistema che questi vorrebbero difendere dai bambini. Ne è parte, non avversario. Per cui non bisogna contrapporre i due ma bisogna trovare in modo ragionevole il posto dell’umanità, numericamente crescente all’interno dell’ecosistema.”

Secondo le convinzioni degli ungheresi ogni bambino ha diritto ad un padre e ad una madre. Per cui parlando di famiglia e di aiuti alle famiglie noi sosteniamo il modello della famiglia tradizionale. La famiglia e i bambini sono i presupposti biologici della nazione. Se la famiglia non funziona, se non nascono dei bambini allora una comunità nazionale può anche scomparire. Nel caso di una nazione delle dimensioni di quella ungherese non è difficile comprendere, anche da un punto di vista matematico, che con dei trend demografici negativi si arriverà, prima o poi, ad un punto in cui i membri di quella nazione saranno così poco numerosi che il mantenimento della propria identità come nazione non sarà più possibile. “E noi riteniamo che con la scomparsa di una nazione dal mondo scompare qualcosa che nessun altro può rimpiazzare, qualcosa che è insostituibile.”

Riassumendo l’esperienza ungherese il primo Ministro Orbán ha elencato alcuni punti essenziali.

venerdì 6 settembre 2019

Chiesa ungherese e protezione dei minori - creata una struttura per accogliere eventuali denunce


"Di recente abbiamo notato crescente interesse per la protezione dei giovani e dei bambini in tutti gli ambiti della vita nell'opinione pubblica. La Conferenza Episcopale Ungherese (CEU) dichiara di trovare inaccettabile ovunque, tanto più all’interno della Chiesa, l’abuso sui minori sia quello fisico in generale sia quello sessuale e da parte sua adotta tutte le misure possibili per prevenire tali abusi. Esprimiamo la nostra profonda compassione verso tutti coloro che da bambini hanno dovuto subire le conseguenze di tali abusi. Preghiamo per la serenità e la pace interiore delle vittime di tali atti irreparabili, per la guarigione delle loro ferite e chiediamo il loro perdono, anche al posto degli autori degli abusi.
 
Chiunque dovesse essere trovato colpevole di tali azioni non ha più posto fra i sacerdoti. Il diritto canonico rende possibile di applicare la punizione più grave anche in numerosi casi in cui la legge civile non prevede punizione alcuna.
 
La CEU accoglie con riconoscenza il motu proprio “Vos estis lux mundi” di Papa Francesco, promulgato il 7 maggio 2019, che obbliga le diocesi riguardo alla protezione di bambini e giovani di dotarsi di adeguati sistemi facilmente raggiungibili nell’arco di un’anno per trattare le denunce.
 
Aderendo allo spirito di quest’obbligo i membri della CEU hanno preso la decisione di stabilire un servizio che raccoglie tutte le denuncie provvenienti dai territori delle varie diocesi riguardo agli abusi fisici o sessuali compiuti da persone ecclesiastiche, con particolare attenzione alla protezione dei minori e delle persone vulnerabili, affinché tali casi possano essere esaminati dalle diocesi e dagli ordini religiosi così rendendo possibile che le vittime ricevano aiuto al più presto possibile.
 
 
Pécs, 4 settembre 2019
Conferenza Episcopale Ungherese"

giovedì 5 settembre 2019

Sacerdoti martiri del 1919 – le prime vittime ungheresi del comunismo


Cento anni fa, nella primavera-estate del 1919 l’Ungheria ebbe i suoi primi martiri del XX secolo. Tra il 21 marzo e il 1 agosto regnò nel paese la prima edizione della dittatura comunista, la cosiddetta Repubblica dei Consigli ungherese. Per 133 giorni essa diede un “assaggio” di quanto poi, dopo il 1945/48, l’Ungheria dovette subire per ben 40 anni. (Per una presentazione in italiano vedasi Andrea Carteny, L’Ungheria nel 1919).
Monumento sulla tomba del sacerdote martire di Szentendre, Ferenc Kucsera
(foto: Kucsera100)
Non sorprende, quindi, che la Chiesa e il clero furono tra i principali obiettivi della dittatura. Diversi vescovi e molti sacerdoti furono incarcerati. Il futuro Servo di Dio József Mindszenty (ancora col nome di Pehm) subì anch’egli la prima prigionia comunista. È interessante da notare come i fatti del 1919 siano stati come una sorta di “prova generale” di quanto poi sarebbe avvenuto, spesso con gli stessi protagonisti, dopo il 1945. L’esperienza traumatica subita dalla Chiesa cattolica ungherese, sia dal clero che dai fedeli laici, ne rafforzò la fede e fece rinascere la pratica religiosa negli anni successivi.
Ben undici sacerdoti cattolici subirono il martirio in diversi luoghi e circostanze. Alcuni furono condannati dai “comitati rivoluzionari”, altri furono semplicemente fucilati o impiccati senza “processo” alcuno. L’accusa nei loro confronti fu di solito quella di essere nemici del comunismo o di aver fomentato la resistenza contro il regime.

lunedì 2 settembre 2019

Buda liberata 333 anni fa

Monumento presso la Porta di Vienna
("ex servitute in libertatem restituta")

333 anni fa la città di Buda, antica capitale dell’Ungheria veniva liberata dopo 140 anni di occupazione ottomana.
Un dominio straniero che fu imposto alla città di Buda con l’inganno, una vicenda rimasta impressa nella memoria collettiva ungherese, anche grazie al romanzo storico più conosciuto tra gli ungheresi, “Le stelle di Eger” di Géza Gárdonyi (tradotto in 22 lingue e, di recente, anche in italiano).
Dopo la tragica sconfitta a Mohács, il 29 agosto 1526, il paese piombò in una guerra civile tra fautori della dinastia asburgica e quelli di un re “nazionale”. Nel frattempo gli ottomani procedevano a conquistare circa un terzo del paese. Il 29 agosto 1541 il sultano Solimano il Magnifico, che appoggiava il partito “nazionale”, piantò la sua tenda non lontano dalla città e vi invitò la corte reale, assieme al re Giovanni Sigismondo (o Giovanni II, allora poco più che neonato). Mentre la corte era ospite del sultano, i soldati turchi cominciarono ad entrare in città come se la volessero solamente visitare. Apparentemente niente di strano, ma quando già un buon numero di soldati ottomani si trovò dentro le mura, al segnale prestabilito i “visitatori” tirarono fuori le armi e a quel punto ogni resistenza sarebbe stata vana. Il sultano assegnò al re bambino la parte orientale del regno che si costituì nel Principato di Transilvania, di fatti vassallo della Sublime Porta che però dovette anche guardarsi dal vicino Impero Asburgico. (Re Giovanni II fu quello che poi avrebbe voluto convertire con la forza i cattolici székely al protestantesimo, ma che fu battuto grazie alla Madonna di Csíksomlyó.)
Lapide a ricordo dei militi caduti per la liberazione di Buda sulla Torre "Maria Maddalena"
Compiuta dagli eserciti di una coalizione di Stati europei, capeggiati dall’Impero Asburgico, dopo la liberazione di Vienna dall’assedio turco, nel 1683, la presa di Buda, il 2 settembre 1686, fu la tappa più importante nella „riconquista” dell’Europa Centrale. Essa venne completata con la battaglia di Zenta (oggi Senta in Serbia), l’11 settembre 1697, e sancita dalla pace di Karlowitz (oggi Sremski Karlovci in Serbia) nel gennaio del 1699.
Uno degli artefici della liberazione di Buda è stato il Beato Innocenzo XI, celebrato da una statua nel Castello di Buda (oggi quartiere storico della capitale ungherese). È stata probabilmente l’unica statua di un papa a rimanere sul suolo pubblico anche durante il regime comunista.