Cento
anni fa, nella primavera-estate del 1919 l’Ungheria ebbe i suoi primi martiri
del XX secolo. Tra il 21 marzo e il 1 agosto regnò nel paese la prima edizione
della dittatura comunista, la cosiddetta Repubblica dei Consigli ungherese. Per
133 giorni essa diede un “assaggio” di quanto poi, dopo il 1945/48, l’Ungheria
dovette subire per ben 40 anni. (Per una presentazione in italiano vedasi Andrea
Carteny, L’Ungheria nel 1919).
Monumento sulla tomba del sacerdote martire di Szentendre, Ferenc Kucsera (foto: Kucsera100) |
Non
sorprende, quindi, che la Chiesa e il clero furono tra i principali obiettivi
della dittatura. Diversi vescovi e molti sacerdoti furono incarcerati. Il
futuro Servo di Dio József Mindszenty (ancora col nome di Pehm) subì anch’egli
la prima prigionia comunista. È interessante da notare come i fatti del 1919
siano stati come una sorta di “prova generale” di quanto poi sarebbe avvenuto,
spesso con gli stessi protagonisti, dopo il 1945. L’esperienza traumatica subita
dalla Chiesa cattolica ungherese, sia dal clero che dai fedeli laici, ne rafforzò
la fede e fece rinascere la pratica religiosa negli anni successivi.
Ben
undici sacerdoti cattolici subirono il martirio in diversi luoghi e circostanze.
Alcuni furono condannati dai “comitati rivoluzionari”, altri furono
semplicemente fucilati o impiccati senza “processo” alcuno. L’accusa nei loro
confronti fu di solito quella di essere nemici del comunismo o di aver
fomentato la resistenza contro il regime.
È vero che dopo un paio di mesi di bolscevismo, nel maggio-giugno del 1919 avvennero diversi tentativi di resistenza contro il regime comunista, spesso anche a mano armata. A Budapest una “controrivoluzione” fu tentata dagli allievi dell’Accademia Militare Ludovica, con le navi da guerra sul Danubio. Il tentativo fallì e i giovani ufficiali vennero salvati dalla morte solo grazie all’intervento energico del rappresentante militare italiano, il Colonnello Guido Romanelli. In provincia però, soprattutto nelle zone “più cattoliche” del paese, la resistenza prese corpo spesso in ambito parrocchiale, promossa dai fedeli laici. La repressione brutale dei comunisti lasciò una scia di sangue.
I
sacerdoti martiri furono innocenti anzi, alcuni accettarono la morte proprio
per salvare altre persone dalla persecuzione. I loro assassini furono spesso dichiaratamente
mossi dall’odio contro la fede cattolica e contro i sacerdoti. Infatti, una caratteristica
comune dei sacerdoti martiri è di essere stati pastori zelanti, molto dediti
alla propria vocazione e per questo amati dai fedeli. La loro memoria veniva
onorata localmente negli anni tra le due guerre con celebrazioni e monumenti.
Dopo il 1945, la dittatura comunista tentò di cancellarne la memoria con tutti
i metodi.
Eppure la
memoria dei martiri sopravvisse gli anni della dittatura comunista, tramandata
oralmente, e alcune lapidi furono nascoste dai fedeli per non essere distrutti.
Dopo il 1990 il loro culto riprese vigore lentamente, soprattutto a livello
delle comunità locali interessate. In occasione del centenario del martirio, in questi mesi sono state promosse diverse iniziative e celebrazioni, e sta prendendo corpo l’idea
di iniziarne il processo di beatificazione.
Memoria del martirio di Ferenc Kucsera a Szentendre |
Il
personaggio più emblematico e forse meglio conosciuto di questi martiri del
1919 è Ferenc Kucsera, vice parroco
di Szentendre. La graziosa cittadina sul Danubio, poco distante da Budapest e
conosciuta come “la città degli artisti” ha promosso diverse iniziative in suo
onore sia dopo il 1919 che dopo il 1990. Nato nel 1892 a Léva (oggi Levice in
Slovacchia), nell’Arcidiocesi di Esztergom, Kucsera fu ordinato sacerdote nel
1915 e destinato alla parrocchia di Szentendre. Si distinse nella pastorale
giovanile e nell’insegnamento del catechismo. Pubblicò degli articoli nei
giornali locali, mettendo in guardia dai pericoli del materialismo dilagante
anche per effetto della guerra mondiale in corso.
Poco
dopo la presa del potere, nel marzo 1919 le locali autorità comuniste lo
arrestarono ma dovettero rilasciarlo sotto la pressione della cittadinanza.
Quando a Budapest scoppiò la resistenza contro il regime anche i cittadini di
Szentendre volevano unirsi al movimento. Alcuni fedeli chiesero al parroco, cioè
al superiore di don Kucsera, le chiavi del campanile per dare segnale alla
rivolta suonando le campane. Il tentativo fu presto sconfitto e le guardie
rosse venute da Budapest iniziarono una violenta repressione. Prelevarono
subito don Kucsera, sacerdote molto popolare e lo sottoposero ad un duro interrogatorio
per sapere chi avesse consegnato le chiavi del campanile. Un altro prigioniero raccontò
successivamente i dettagli della scena.
Don
Kucsera non volle rivelare gli autori del fatto, salvando così un padre di
famiglia con otto bambini. “Di me ho già detto tutto quanto sapevo, di altri
non dirò nulla” – queste sono state le sue ultime parole davanti al “tribunale”
che lo condannò a morte. Nella notte del 25 giugno fu condotto sull’argine del
Danubio e fucilato. Il suo corpo rimase sul posto come avvertimento per i
locali. Pietose mani però lo coprirono di fiori. La salma di don Kucsera venne semplicemente
interrato dai comunisti fuori dal cimitero e solo successivamente ricevette
degna sepoltura.
Negli
anni ’20 fu eretto un monumento nel cimitero locale e una croce di legno sul
luogo del martirio, nonché gli fu intitolata una strada cittadina. Dopo il 1945
la via e la croce vennero fatte sparire e la salma traslata sul Calvario di
Szentendre, accanto alle tombe degli altri parroci. Dopo il 1990 venne eretta
una nuova croce sulla riva del Danubio, venne riconfermata l’intitolazione
della strada a Ferenc Kucsera e quest’anno anche il vecchio monumento sulla sua
tomba è stata restaurata.
Nuova lapide di Antal Szemelliker sul luogo del martirio a Sopron |
Un altro
martire molto conosciuto è il parroco di Füles (oggi Nikitsch in Burgenland,
Austria), Antal Szemelliker. Nacque
nel 1882 da una famiglia croata del Burgenland, che fino al 1920 apparteneva
all’Ungheria, nella Diocesi di Győr (Giavarino). Il giovane Antal studiò nel
liceo benedettino di Sopron e poi in quello di Győr. Dopo il seminario divenne
parroco di Füles, i cui abitanti erano dei cattolici molto ferventi per cui i
comunisti li considerarono subito come inaffidabili e vollero dimostrare la propria
forza. Minacciarono di morte il parroco Szemelliker nel caso avessero
incontrato opposizione in paese. E così fu: qualcuno sparò un colpo di pistola,
al quale i rossi reagirono con una strage.
Il parroco
don Szemelliker divenne subito l’obiettivo della repressione. Alcuni giovani,
sotto minaccia, testimoniarono il falso, cioè che sia stato lui a fornire delle
armi. Don Szemelliker venne condannato alla fucilazione nel carcere della città
di Sopron. Volle perdonare i suoi accusatori e, come riferirono i testimoni, il
10 aprile 1919 andò incontro alla morte senza alcun timore, come se salisse all’altare
per offrire il S. Sacrificio. Dopo aver pregato il rosario le sue ultime parole
furono “Sia lodato Gesù Cristo. Gesù, pietà!” Il suo corpo fu traslato pochi
mesi dopo da Sopron a Füles dove la sua tomba si trova tuttora.
Celebrazione eucaristica nel centenario del martirio di Szemelliker a Sopron |
Il
confine di stato ha reso difficile per lungo tempo ai fedeli ungheresi di
andare a venerare la sua memoria. Per il centenario ci sono state diverse
celebrazioni sia a Nikitsch (Füles) che a Sopron, dove sul luogo del martirio è
stata eretta una lapide, benedetta il 10 aprile scorso dal Vescovo di Győr
Mons. András Veres dopo una solenne liturgia in sua memoria. Il ricordo di Don
Szemelliker oggi unisce i fedeli di lingua ungherese, croata e tedesca ai due
lati della frontiera austro-ungherese.
Statua di Ferenc Wohlmuth vicino alla chiesa di Császár |
L’altro
sacerdote martire della stessa Diocesi di Győr, Ferenc Wohlmuth, nacque nel
1881 a Sopronnyék (oggi Neckenmarkt nel Burgenland austriaco) e servì per 25
anni a Császár e nella vicina Vérteskethely. Il 5 giugno 1919 i miliziani
bolscevichi, con la falsa accusa di aver promosso una rivolta lo condannarono a
morte (l’accusa chiese la fucilazione, mentre la “difesa” l’impiccagione). Wohlmuth venne
impiccato sotto gli occhi popolazione con l’intento di terrorizzarla. Le sue
ultime parole furono: “Devo perire a causa dei miei principi. Ho lavorato molto
per voi, per la vostra felicità. Quindi ora chiedo solo le vostre preghiere.
Dio sia con voi.” Nel centenario del martirio la Fondazione Ferenc Wohlmuth ha promosso
le celebrazioni, con la collaborazione del comune di Neckenmarkt, e ha fatto realizzare
una nuova campana in sua memoria.
Tomba del cappellano martire Vajay nel cimitero di Kecel "...ucciso perché sacerdote ...il suo martirio sia come sacrificio di riconciliazione per i nostri peccati" |
La
cittadina di Kecel, in mezzo alla Grande Pianura ungherese, non lontano dall’antica
sede arcivescovile di Kalocsa, fu uno dei centri della rivolta contro i
bolscevichi nel giugno del 1919. E la repressione comunista causò oltre una
ventina di vittime nella popolazione. I loro nomi sono stati recentemente immortalati
sul nuovo monumento. Tra loro figura pure don László Vajay, cappellano di quella parrocchia, ucciso nella
canonica, il 23 giugno 1919. Si era fatto coraggiosamente avanti quando i
miliziani comunisti assalirono la parrocchia gridando: “I preti vanno
ammazzati, vengano fuori!” Per il centenario è stato restaurato anche il suo sepolcro,
che si trovava abbandonato nel cimitero comunale.
Inaugurazione del monumento ai due sacerdoti martiri di Jászkarajenő |
A
Jászkarajenő il 4 maggio 1919 i miliziani del terrore rosso fecero irruzione
nella canonica dopo la messa domenicale ed uccisero il parroco, don József Kósa con un colpo di pistola
alla testa. Il cappellano, don Károly Hornyik
accorse subito e fu ucciso anch’egli mentre pregava sul corpo del suo
confratello. La gente del paese considerò dei martiri i due sacerdoti sin da
subito. Nel centenario del martirio il Vescovo di Vác Mons. Miklós Beer ha
benedetto le nuove statue dei sacerdoti martiri sulla piazza del paese, nonché
due effigie collocate nella chiesa.
* * *
Il sacerdote martire Ferenc Kucsera verrà
ricordato anche a Roma martedì 10 settembre alle ore 8, con la S. Messa che verrà
celebrata nella cappella ungherese delle Grotte Vaticane, alla presenza di una
delegazione ufficiale del Comune di Szentendre.
Tomba di Ferenc Kucsera al Calvario di Szentendre (foto: kucsera100) |
Fotografie: dal sito dell'agenzia cattolica Magyar Kurír e delle rispettive Diocesi.
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