giovedì 5 settembre 2019

Sacerdoti martiri del 1919 – le prime vittime ungheresi del comunismo


Cento anni fa, nella primavera-estate del 1919 l’Ungheria ebbe i suoi primi martiri del XX secolo. Tra il 21 marzo e il 1 agosto regnò nel paese la prima edizione della dittatura comunista, la cosiddetta Repubblica dei Consigli ungherese. Per 133 giorni essa diede un “assaggio” di quanto poi, dopo il 1945/48, l’Ungheria dovette subire per ben 40 anni. (Per una presentazione in italiano vedasi Andrea Carteny, L’Ungheria nel 1919).
Monumento sulla tomba del sacerdote martire di Szentendre, Ferenc Kucsera
(foto: Kucsera100)
Non sorprende, quindi, che la Chiesa e il clero furono tra i principali obiettivi della dittatura. Diversi vescovi e molti sacerdoti furono incarcerati. Il futuro Servo di Dio József Mindszenty (ancora col nome di Pehm) subì anch’egli la prima prigionia comunista. È interessante da notare come i fatti del 1919 siano stati come una sorta di “prova generale” di quanto poi sarebbe avvenuto, spesso con gli stessi protagonisti, dopo il 1945. L’esperienza traumatica subita dalla Chiesa cattolica ungherese, sia dal clero che dai fedeli laici, ne rafforzò la fede e fece rinascere la pratica religiosa negli anni successivi.
Ben undici sacerdoti cattolici subirono il martirio in diversi luoghi e circostanze. Alcuni furono condannati dai “comitati rivoluzionari”, altri furono semplicemente fucilati o impiccati senza “processo” alcuno. L’accusa nei loro confronti fu di solito quella di essere nemici del comunismo o di aver fomentato la resistenza contro il regime.

È vero che dopo un paio di mesi di bolscevismo, nel maggio-giugno del 1919 avvennero diversi tentativi di resistenza contro il regime comunista, spesso anche a mano armata. A Budapest una “controrivoluzione” fu tentata dagli allievi dell’Accademia Militare Ludovica, con le navi da guerra sul Danubio. Il tentativo fallì e i giovani ufficiali vennero salvati dalla morte solo grazie all’intervento energico del rappresentante militare italiano, il Colonnello Guido Romanelli. In provincia però, soprattutto nelle zone “più cattoliche” del paese, la resistenza prese corpo spesso in ambito parrocchiale, promossa dai fedeli laici. La repressione brutale dei comunisti lasciò una scia di sangue.
I sacerdoti martiri furono innocenti anzi, alcuni accettarono la morte proprio per salvare altre persone dalla persecuzione. I loro assassini furono spesso dichiaratamente mossi dall’odio contro la fede cattolica e contro i sacerdoti. Infatti, una caratteristica comune dei sacerdoti martiri è di essere stati pastori zelanti, molto dediti alla propria vocazione e per questo amati dai fedeli. La loro memoria veniva onorata localmente negli anni tra le due guerre con celebrazioni e monumenti. Dopo il 1945, la dittatura comunista tentò di cancellarne la memoria con tutti i metodi.
Eppure la memoria dei martiri sopravvisse gli anni della dittatura comunista, tramandata oralmente, e alcune lapidi furono nascoste dai fedeli per non essere distrutti. Dopo il 1990 il loro culto riprese vigore lentamente, soprattutto a livello delle comunità locali interessate. In occasione del centenario del martirio, in questi mesi sono state promosse diverse iniziative e celebrazioni, e sta prendendo corpo l’idea di iniziarne il processo di beatificazione.
Memoria del martirio di Ferenc Kucsera a Szentendre
Il personaggio più emblematico e forse meglio conosciuto di questi martiri del 1919 è Ferenc Kucsera, vice parroco di Szentendre. La graziosa cittadina sul Danubio, poco distante da Budapest e conosciuta come “la città degli artisti” ha promosso diverse iniziative in suo onore sia dopo il 1919 che dopo il 1990. Nato nel 1892 a Léva (oggi Levice in Slovacchia), nell’Arcidiocesi di Esztergom, Kucsera fu ordinato sacerdote nel 1915 e destinato alla parrocchia di Szentendre. Si distinse nella pastorale giovanile e nell’insegnamento del catechismo. Pubblicò degli articoli nei giornali locali, mettendo in guardia dai pericoli del materialismo dilagante anche per effetto della guerra mondiale in corso.
Poco dopo la presa del potere, nel marzo 1919 le locali autorità comuniste lo arrestarono ma dovettero rilasciarlo sotto la pressione della cittadinanza. Quando a Budapest scoppiò la resistenza contro il regime anche i cittadini di Szentendre volevano unirsi al movimento. Alcuni fedeli chiesero al parroco, cioè al superiore di don Kucsera, le chiavi del campanile per dare segnale alla rivolta suonando le campane. Il tentativo fu presto sconfitto e le guardie rosse venute da Budapest iniziarono una violenta repressione. Prelevarono subito don Kucsera, sacerdote molto popolare e lo sottoposero ad un duro interrogatorio per sapere chi avesse consegnato le chiavi del campanile. Un altro prigioniero raccontò successivamente i dettagli della scena.
Don Kucsera non volle rivelare gli autori del fatto, salvando così un padre di famiglia con otto bambini. “Di me ho già detto tutto quanto sapevo, di altri non dirò nulla” – queste sono state le sue ultime parole davanti al “tribunale” che lo condannò a morte. Nella notte del 25 giugno fu condotto sull’argine del Danubio e fucilato. Il suo corpo rimase sul posto come avvertimento per i locali. Pietose mani però lo coprirono di fiori. La salma di don Kucsera venne semplicemente interrato dai comunisti fuori dal cimitero e solo successivamente ricevette degna sepoltura.
Negli anni ’20 fu eretto un monumento nel cimitero locale e una croce di legno sul luogo del martirio, nonché gli fu intitolata una strada cittadina. Dopo il 1945 la via e la croce vennero fatte sparire e la salma traslata sul Calvario di Szentendre, accanto alle tombe degli altri parroci. Dopo il 1990 venne eretta una nuova croce sulla riva del Danubio, venne riconfermata l’intitolazione della strada a Ferenc Kucsera e quest’anno anche il vecchio monumento sulla sua tomba è stata restaurata.
Nuova lapide di Antal Szemelliker sul luogo del martirio a Sopron
Un altro martire molto conosciuto è il parroco di Füles (oggi Nikitsch in Burgenland, Austria), Antal Szemelliker. Nacque nel 1882 da una famiglia croata del Burgenland, che fino al 1920 apparteneva all’Ungheria, nella Diocesi di Győr (Giavarino). Il giovane Antal studiò nel liceo benedettino di Sopron e poi in quello di Győr. Dopo il seminario divenne parroco di Füles, i cui abitanti erano dei cattolici molto ferventi per cui i comunisti li considerarono subito come inaffidabili e vollero dimostrare la propria forza. Minacciarono di morte il parroco Szemelliker nel caso avessero incontrato opposizione in paese. E così fu: qualcuno sparò un colpo di pistola, al quale i rossi reagirono con una strage.
Il parroco don Szemelliker divenne subito l’obiettivo della repressione. Alcuni giovani, sotto minaccia, testimoniarono il falso, cioè che sia stato lui a fornire delle armi. Don Szemelliker venne condannato alla fucilazione nel carcere della città di Sopron. Volle perdonare i suoi accusatori e, come riferirono i testimoni, il 10 aprile 1919 andò incontro alla morte senza alcun timore, come se salisse all’altare per offrire il S. Sacrificio. Dopo aver pregato il rosario le sue ultime parole furono “Sia lodato Gesù Cristo. Gesù, pietà!” Il suo corpo fu traslato pochi mesi dopo da Sopron a Füles dove la sua tomba si trova tuttora.
Celebrazione eucaristica nel centenario del martirio di Szemelliker
a Sopron
Il confine di stato ha reso difficile per lungo tempo ai fedeli ungheresi di andare a venerare la sua memoria. Per il centenario ci sono state diverse celebrazioni sia a Nikitsch (Füles) che a Sopron, dove sul luogo del martirio è stata eretta una lapide, benedetta il 10 aprile scorso dal Vescovo di Győr Mons. András Veres dopo una solenne liturgia in sua memoria. Il ricordo di Don Szemelliker oggi unisce i fedeli di lingua ungherese, croata e tedesca ai due lati della frontiera austro-ungherese.
Statua di Ferenc Wohlmuth vicino alla chiesa di Császár
L’altro sacerdote martire della stessa Diocesi di Győr, Ferenc Wohlmuth, nacque nel 1881 a Sopronnyék (oggi Neckenmarkt nel Burgenland austriaco) e servì per 25 anni a Császár e nella vicina Vérteskethely. Il 5 giugno 1919 i miliziani bolscevichi, con la falsa accusa di aver promosso una rivolta lo condannarono a morte (l’accusa chiese la fucilazione, mentre la “difesa” l’impiccagione). Wohlmuth venne impiccato sotto gli occhi popolazione con l’intento di terrorizzarla. Le sue ultime parole furono: “Devo perire a causa dei miei principi. Ho lavorato molto per voi, per la vostra felicità. Quindi ora chiedo solo le vostre preghiere. Dio sia con voi.” Nel centenario del martirio la Fondazione Ferenc Wohlmuth ha promosso le celebrazioni, con la collaborazione del comune di Neckenmarkt, e ha fatto realizzare una nuova campana in sua memoria.
Tomba del cappellano martire Vajay nel cimitero di Kecel
"...ucciso perché sacerdote ...il suo martirio sia come sacrificio di riconciliazione per i nostri peccati"
La cittadina di Kecel, in mezzo alla Grande Pianura ungherese, non lontano dall’antica sede arcivescovile di Kalocsa, fu uno dei centri della rivolta contro i bolscevichi nel giugno del 1919. E la repressione comunista causò oltre una ventina di vittime nella popolazione. I loro nomi sono stati recentemente immortalati sul nuovo monumento. Tra loro figura pure don László Vajay, cappellano di quella parrocchia, ucciso nella canonica, il 23 giugno 1919. Si era fatto coraggiosamente avanti quando i miliziani comunisti assalirono la parrocchia gridando: “I preti vanno ammazzati, vengano fuori!” Per il centenario è stato restaurato anche il suo sepolcro, che si trovava abbandonato nel cimitero comunale.
Inaugurazione del monumento ai due sacerdoti martiri di Jászkarajenő
A Jászkarajenő il 4 maggio 1919 i miliziani del terrore rosso fecero irruzione nella canonica dopo la messa domenicale ed uccisero il parroco, don József Kósa con un colpo di pistola alla testa. Il cappellano, don Károly Hornyik accorse subito e fu ucciso anch’egli mentre pregava sul corpo del suo confratello. La gente del paese considerò dei martiri i due sacerdoti sin da subito. Nel centenario del martirio il Vescovo di Vác Mons. Miklós Beer ha benedetto le nuove statue dei sacerdoti martiri sulla piazza del paese, nonché due effigie collocate nella chiesa.
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Il sacerdote martire Ferenc Kucsera verrà ricordato anche a Roma martedì 10 settembre alle ore 8, con la S. Messa che verrà celebrata nella cappella ungherese delle Grotte Vaticane, alla presenza di una delegazione ufficiale del Comune di Szentendre.
Tomba di Ferenc Kucsera al Calvario di Szentendre
(foto: kucsera100)
Fotografie: dal sito dell'agenzia cattolica Magyar Kurír e delle rispettive Diocesi.

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