sabato 25 maggio 2019

Aspettando Papa Francesco a Csíksomlyó – le sfide dei cattolici ungheresi


Nella seconda parte della sua presentazione “Cattolici Ungheresi: 1000 anni in Transilvania – 100 anni in Romania”, tenuta l’8 maggio scorso presso l’Accademia d’Ungheria a Roma, il Prof. Zsolt Tamási, Direttore del Liceo Cattolico “II. Rákóczi Ferenc” di Targu Mures/Marosvásárhely parla delle sfide recenti ed attuali dei cattolici ungheresi della Transilvania. Esse riguardano la restituzione dei beni ecclesiali, le scuole cattoliche, i simboli della comunità e lo stesso “Perdono di Csíksomlyó”.

 

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Coordinamento pastorale tra le diocesi di lingua ungherese

I cattolici ungheresi della Romania appartengono a quattro diocesi di rito latino: Alba Iulia/Gyulafehérvár, Oradea/Nagyvárad, Satu Mare/Szatmár e Timisoara/Temesvár. La prima, che comprende la maggioranza della popolazione cattolica di lingua ungherese, è stata elevata al rango arcivescovile, immediatamente soggetta alla S. Sede. 
Diocesi cattoliche di rito latino della Romania - al centro l'Arcidiocesi di Alba Iulia/Gyulafehárvár
Le altre tre diocesi latine, anch’esse prevalentemente di lingua ungherese sono, invece, suffraganee dell’Arcidiocesi di Bucarest. La Conferenza Episcopale della Romania riunisce sia i vescovi greco cattolici che quelli latini, dei quali quattro sono ungheresi.


Distribuzione dei fedeli cattolici di rito latino tra le diocesi della Romania
Per motivi pastorali e di ordine pratico le quattro diocesi latine della Transilvania e del Banato, rette da vescovi ungheresi, coordinano tra di loro le attività pastorali e liturgiche secondo le possibilità e le necessità. Li accomuna sia la geografia che la lingua. Usano i libri liturgici ungheresi, pubblicano di comune accordo i libri e i sussidi per la catechesi, i santi più venerati sono quelli ungheresi. Tra quelli antichi spiccano Santo Stefano d’Ungheria e San Ladislao, tra quelli recenti i due vescovi martiri Bogdánffy e Scheffler, nonché il Servo di Dio Áron Márton.

Restituzione dei beni ecclesiastici


Dopo la fine del comunismo è stata adottata la legge sulla restituzione dei beni nazionalizzati dal regime. Nella pratica, tuttavia, spesso non si riscontra la volontà dello Stato di adempiere pienamente agli obblighi legali. Così, a partire dal 2004, le restituzioni praticamente si sono fermate, anzi, in alcuni casi si assiste a dei tentativi di ribaltare le restituzioni già effettuate. [Ndr.: una analisi sulla restituzione dei beni ecclesiali in Romania è stata pubblicata a cura delle Chiese interessate, nel 2016: “White Book on Church Property Restitution in Romania”]

È tuttora pendente la questione circa la validità del Concordato tra la Romania e la Santa Sede, nonché quella dell’Accordo interpretativo del 1932. Ambedue furono denunciati unilateralmente dalla Romania il 17 luglio 1948 e, senza aspettare il termine pattuito di sei mesi per la cessazione dei suoi effetti, i beni ecclesiastici vennero nazionalizzati subito dopo. Tutto ciò può risultare rilevante ai fini dell’identificazione dei beni ecclesiastici. Ad esempio, molti beni ecclesiastici furono intestati allo “Status Romano-Catholicus Transylvaniensis”, un organo peculiare, la cui natura ecclesiale venne riconosciuta dallo Stato romeno solo con l’Accordo del 1932 concluso con la S. Sede. L’attività dello “Status Catholicus”, trasformato in Consiglio Diocesano di Alba Iulia, nel 1948 fu sospeso dal Vescovo Áron Márton per evitare che le autorità comuniste ne facessero una sorta di “associazione patriottica” dei cattolici della Transilvania. Venne, invece, riattivata, dopo la fine del comunismo come fondazione della Arcidiocesi medesima. Dei malintesi possono sorgere anche dal fatto che alcuni enti ecclesiali esistenti prima del 1948 non ci sono più, oppure hanno cambiato denominazione per una serie di ragioni.

Per quanto riguarda le Diocesi latine di Oradea/Nagyváraad, Satu Mare/Szatmár e Timisoara/Temesvár circa il 70% delle richieste di restituzioni sono state già esaminate da parte delle autorità statali. Per l’Arcidiocesi di Alba Iulia/Gyulafehérvár su 469 immobili finora 251 sono stati esaminati, dei quali solamente 136 sono stati anche restituiti, mentre in 24 casi è stato promesso un indennizzo e in 91 casi la richiesta di restituzione è stata negata. Circa il patrimonio già intestato allo “Status Catholicus”, invece, su 82 richieste solo 9 immobili sono stati restituiti fino al 2004. Dopo una pausa di dodici anni 58 domande sono state respinte e in 15 casi non si è ancora avuta una risposta.

Il caso del “Batthyaneum”



Sala centrale della biblioteca del "Batthyaneum" di Alba Iulia/Gyulafehérvár
Uno dei gioielli del patrimonio ecclesiastico della Transilvania è costituito dall’Istituto “Batthyaneum” di Alba Iulia/Gyulafehérvár. La biblioteca fu fondata nel 1798 dal Vescovo Ignác Batthyány, già alunno e poi bibliotecario del Pontificio Collegio Germanico-Ungarico a Roma, uno dei primi ricercatori ungheresi dell’Archivio Segreto Vaticano. Custodisce 60.000 mila volumi, di cui 927 manoscritti e codici, nonché 565 incunaboli, che ammontano all’80% del patrimonio di codici medievali di tutta la Romania. Il tesoro più prezioso è il “Codex Aureus” o “Evangeliario di Lorsch”, codice di epoca carolingia, illustrato a caratteri d’oro, la cui metà si trova, appunto, al “Batthyaneum”, mentre l’altra metà nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

Una pagina dell'Evangeliario di Lorsch/Codex Aureus, custodito al "Batthyaneum"
(foto: Bibliotheca Laureshamensis Digital)
L’edificio è stato restituito all’Arcidiocesi con decreto nel 1998, convertito in legge nel 2002 senza, tuttavia, darne seguito nella pratica. Nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha, addirittura, condannato lo Stato romeno a pagare un indennizzo per la mancata restituzione del “Batthyaneum”. Mentre l’Arcidiocesi attende la fine del processo in tribunale per la restituzione, l’istituto, divenuto filiale della Biblioteca Nazionale Romena, è attualmente chiuso al pubblico, visitabile solo su autorizzazione, da richiedersi da Bucarest.

Il liceo cattolico di Targu Mures/Marosvásárhely

Il caso del Liceo Cattolico “II. Rákóczi Ferenc” di Targu Mures/Marosvásárhely è divenuto, suo malgrado, un caso internazionale ed emblematico. Nel capoluogo della Provincia di Mures/Maros, abitato per metà da ungheresi, l’istruzione cattolica risale al XIII secolo, ristabilita nel XVIII secolo per opera dei gesuiti. L’edificio del liceo, costruito nel 1904 dallo “Status Catholicus”, venne nazionalizzato nel 1948 dalle autorità comuniste romene. Nel 2004 è stata riconosciuta alla Chiesa cattolica la proprietà dell’edificio, allora utilizzato da una scuola statale. Tuttavia, solo dieci anni più tardi il liceo cattolico, frequentato soprattutto da studenti ungheresi, poté iniziare la sua attività.

Nel 2016, su denuncia del Comune di Targu Mures/Marosvásárhely le autorità hanno contestato delle irregolarità amministrative nella fondazione della scuola, iniziando un processo penale contro le persone coinvolte. Il direttore del liceo è stato posto sotto sorveglianza giudiziaria e interdetto dall’esercitare le sue funzioni, mentre l’istituto è stato di fatti smantellato, cercando di scoraggiare i genitori dal voler iscrivervi i propri figli.

Riapertura del Liceo Cattolico "II. Rákóczi Ferenc" di Marosvásárhely
Alla fine, dopo tre anni, anche grazie alla resistenza assidua dei genitori e degli studenti stessi, nonché alle pressioni internazionali (trattandosi di una scuola cattolica se n’era interessata anche la Nunziatura di Bucarest), le autorità hanno trovato una soluzione per rifondare la scuola. Il direttore è stato assolto dal tribunale e ha potuto ritornare a guidare il Liceo Cattolico “II. Rákóczi Ferenc” nel 2018.

Csíksomlyó – patrimonio dell’umanità (o quasi)

Oltre alla rilevanza religiosa ed al significato spirituale del Santuario mariano di Csíksomlyó, l’annuale Pellegrinaggio di Pentecoste (il “Perdono di Csíksomlyó”) conserva una serie di elementi rappresentativi della cultura, dell’arte e del folklore tradizionale della Transilvania per cui la comunità ungherese ha chiesto al Governo della Romania di volerlo candidare alla Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.


Messa all'aperto in occasione dell'annuale Pellegrinaggio di Pentecoste a Csíksomlyó
La relativa proposta, ben documentata, è stata avanzata dal Governo romeno e, nel dicembre del 2016, essa è stata inserita all’ordine del giorno del Comitato Intergovernativo per la Tutela del Patrimonio Culturale Immateriale. Durante la seduta il Comitato ha fatto presente alla delegazione romena che la proposta necessitava di una sola integrazione di tipo tecnica. Si trattava di indicare “come l’Inventario [romeno della Patrimonio Culturale Immateriale] viene aggiornato e come le comunità interessate partecipano alla sua elaborazione”.

Invece di fornire seduta stante le informazioni richieste (come invece è stato fatto nell’analogo caso di un’altra proposta romena all’ordine del giorno), la delegazione romena ha preferito ritirare la propria proposta, promettendo di integrarla per la seduta successiva. La decisione del Comitato ne dava atto, invitando la Romania a “ripresentare la candidatura all’esame durante una prossima seduta”. Da allora la Processione di Pentecoste di Csíksomlyó non figura più tra le proposte romene per la Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.

Il Santuario di Csíksomlyó è, pertanto, anche simbolo delle sfide e della volontà della comunità ungherese di sopravvivere nella propria identità e fede cattolica. La visita di Papa Francesco a Csíksomlyó rappresenta una grande gioia per gli ungheresi che aspettano di essere confermati nella fede dal Successore di Pietro che per la prima volta in mille anni va a trovarli nella loro terra.

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