Oltre
110 mila fedeli si sono registrati per partecipare alla S. Messa di Papa
Francesco presso il Santuario di Csíksomlyó/Sumuleu in Romania. Si tratta di
circa 1.300 gruppi, oltre ai pellegrini individuali. Secondo i dati non
definitivi, saranno circa 83.000 i pellegrini che arriveranno dalle diverse
parti della Romania, circa 35.000 quelli provenienti dall’Ungheria e oltre
2.000 da altri paesi.
I più
numerosi saranno senza dubbio gli ungheresi della Transilvania, abituali
frequentatori di quel Santuario mariano. Molti di loro saranno i székely (in
italiano: siculi, in romeno: secui, in inglese: Szeklers), gli abitanti della
regione dove si trova Csíksomlyó, chiamata, appunto, Terra dei Siculi (in
ungherese: Székelyföld, in romeno: Ținutul Secuiesc, in inglese: Szeklerland).
Giovani székely/siculi in costumi tradizionali nella processione di Pentecoste a Csíksomlyó/Sumuleu |
I
székely/siculi sono un gruppo etnico ungherese, vale a dire una popolazione con
una identità ungherese che parla la lingua ungherese. La stragrande maggioranza
di loro vive compatta nelle Province di Maros/Mures, Hargita/Harghita e
Kovászna/Covasna delle quali rappresentano oltre il 75% della popolazione
totale.
Le loro
origini sono tuttora oggetto di dibattito tra gli storici. Loro stessi tradizionalmente
si considerano discendenti del popolo del Principe Csaba, figlio di Attila, re degli unni, una tesi attestata già dalle cronache medievali ungheresi. Le teorie
scientifiche odierne li ritengono o un gruppo militare che ebbe in missione la
difese delle frontiere orientali del Regno d’Ungheria, oppure una tribù che si unì
agli ungari in tempi remoti, oppure una popolazione ungara che si sarebbe
insediata nel Bacino dei Carpazi addirittura prima dell’arrivo degli ungheresi
stessi (la cui data canonica è l’895).
Ad ogni
modo mantengono, da una parte, una decisa identità ungherese, essendo la loro
lingua e cultura parte di quella magiara. Dall’altra, invece, sono eredi di una
storia che li ha visti sempre un po’ ai margini della nazione ungherese,
appartati tra i monti, godendo per lunghi secoli anche di una notevole
autonomia organizzativa. Le loro unità amministrative si chiamavano
tradizionalmente “szék” ossia seggi, che sono stati trasformati in contee solo
nel XIX secolo e poi nelle odierne provincie nel XX secolo. Appartenevano all’Ungheria
storica fino alla fine della Grande Guerra, condividendo le sorti della
Transilvania, della quale la Terra dei Siculi forma la parte più orientale.
In virtù della Dichiarazione di Gyulafehérvár/Alba Iulia del 1 dicembre 1918
(proclamata, proprio dal vescovo greco cattolico rumeno Iuliu Hossu che verrà
beatificato durante la visita del Papa a Blaj), la Transilvania è stata
occupata dalla Romania, situazione poi sancita dal Trattato del Trianon, il 4 giugno 1920. I
székely hanno comunque mantenuto e mantengono tuttora la loro identità
culturale e linguistica ungherese.
Espressioni
dell’identità székely sono i caratteristici costumi popolari di colore rosso,
bianco e nero che vengono usati anche oggi nei giorni di festa. I székely
hanno, inoltre, conservato l’antica scrittura runica ungherese (“rovásírás”).
Nell’architettura popolare si distinguono per i particolari portoni coperti in
legno, detti appunto, portoni székely (székelykapu) ornati da incisioni e
pitture.
I loro
simboli principali sono il sole e la luna che compaiono anche nella “bandiera székely”, dai colori azzurro-oro-azzurro, che si richiama ad antichi precedenti
storici e che oggi si vuole far riconoscere dalle autorità statali come simbolo
regionale ma, per il momento, senza successo. Tuttavia i székely si riconoscono
anche nel tricolore rosso-bianco-verde e cantano volentieri l’Inno ungherese. Si tratta di
due simboli che tradizionalmente accomunano tutti gli ungheresi a prescindere
dallo Stato in cui vivono, poiché essi sono entrati nel loro patrimonio culturale ben
prima delle divisioni del XX secolo (paradossalmente l’Inno ungherese è divenuto
inno nazionale dell’Ungheria formalmente solo nel 1989…).
I
székely, però, hanno anche un loro inno proprio, nato nel 1921, nei primi anni
travagliati dell’appartenenza alla Romania. Il testo è chiaramente una sorta di
invocazione di un popolo tra le avversità, per cui questo inno viene spesso
cantato in occasione delle celebrazioni delle comunità székely, anche dopo la
messa.
Il testo in italiano sarebbe il seguente:
Il testo in italiano sarebbe il seguente:
Inno dei Székely
Chissà
per quali vie porta il destino
per scoscese strade e buia notte.
Guida il popol tuo ancor alla vittoria
lassù dalle stelle, Principe Csaba!
Qual roccia erosa siamo noi székely
nel mar in burrasca dei popoli.
I flutti, ahimè, ci sommergeranno,
non abbandonar, oh Dio, la Transilvania!
per scoscese strade e buia notte.
Guida il popol tuo ancor alla vittoria
lassù dalle stelle, Principe Csaba!
Qual roccia erosa siamo noi székely
nel mar in burrasca dei popoli.
I flutti, ahimè, ci sommergeranno,
non abbandonar, oh Dio, la Transilvania!
Pellegrini székely cantano l'Inno dei Székely dopo l'udienza con il S. Padre (10 ottobre 2018)
Esiste,
tuttavia, anche il cosiddetto "Inno antico dei székely", nato probabilmente nel XIV secolo come canto dei
pellegrini del Santuario di Csíksomlyó (“Ó, én édes Jó Istenem”). È stato
immortalato anche da Béla Bartók nel suo celebre “Evening in Transylvania” (“Serata
in Transilvania” oppure “Serata dai székely”).
Il testo
in italiano sarebbe il seguente:
O, mio dolce Dio,
Protettore ed aiuto,
speranza per l’errante
pane per l’affamato.
Protettore ed aiuto,
speranza per l’errante
pane per l’affamato.
Benedici le ali della rondine
il bastone del viandante,
la speranza del székely sulla via,
benedici, o Gesù, la terra di Transilvania.
il bastone del viandante,
la speranza del székely sulla via,
benedici, o Gesù, la terra di Transilvania.
La rondine rientra dal viaggio,
ritorna sul nido della madre,
anche noi siam tornati, benedetti
dalla Vergine di Csíksomlyó.
ritorna sul nido della madre,
anche noi siam tornati, benedetti
dalla Vergine di Csíksomlyó.
Pellegrini della Transilvania cantano l'Inno antico dei székely
a S. Stefano Rotondo (9 maggio 2019)
a S. Stefano Rotondo (9 maggio 2019)
Nessun commento:
Posta un commento