mercoledì 29 aprile 2020

Hungarian President Áder sends condolences to the Order of Malta

Following the death of His Most Eminent Highness  Fra' Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, the President of Hungary, H.E. János Áder sent his condolences in the name of Hungary to the Sovereign Order of Malta.
* * *
„His Excellency
Fra’ Ruy Gonçalo do Valle Peixoto de Villas Boas
Lieutenant ad interim of the
Sovereign Order of Malta
Rome

I was deeply saddened to learn about the passing away of His Most Eminent Highness Fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto last night. I recall his kind readiness to accept my invitation to Budapest for this coming October; his official visit would have offered a good opportunity for me to meet him and to discuss the many issues of common concern with him.
It is with sincere sorrow that I remember the late Grand Master as an eminent symbol of the Order’s humanity and its profound dedication to charitable activities worldwide, including Hungary.
In this moment of grief, I wish to express, also in the name of all the citizens of Hungary, my heartfelt condolences to Your Excellency, to the Members of the Grand Magistry and to all Members of the Order.

János Áder
President of the Republic of Hungary”

Palazzo Magistrale
(foto di J. Hun)

venerdì 24 aprile 2020

Mascherine dall’Ungheria per il Vaticano


Il Governo ungherese ha donato 45 mila mascherine chirurgiche alla Santa Sede per contribuire alle necessità del personale vaticano durante l’attuale situazione di pandemia da COVID-19.
Consegna delle mascherine in Vaticano
I dispositivi di protezione individuale sono stati consegnati oggi dall’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede, Eduard Habsburg-Lothringen al Direttore della Farmacia Vaticana, Fra Binish Thomas Mulackal.
Il Governo ungherese, su iniziativa del Vice Primo Ministro Zsolt Semjén e del Ministro per gli Affari Esteri e del Commercio ha deliberato lunedì 20 aprile sulla donazione come segno di vicinanza e di attenzione nei confronti della Santa Sede. Un gesto piccolo ma significativo, anche in ricordo dei 30 anni delle relazioni diplomatiche bilaterali, ristabilite nel 1990.
Nelle ultime settimane il Governo ungherese ha potuto assicurarsi un continuo rifornimento di dispositivi di protezione individuale (in tutto oltre 30 milioni), e così è stato in grado di venire incontro, almeno in parte, anche alle richieste di diversi Paesi e organizzazioni. Fra poco una fabbrica di mascherine sarà operativa anche in Ungheria per facilitare i rifornimenti.

Altre 5 mila mascherine vengono donate direttamente al Pontificio Collegio Germanico-Ungarico, a favore degli alunni dei vari Paesi centro-europei ivi residenti, nonché al Circolo S. Pietro, a favore dei suoi assistiti.


giovedì 23 aprile 2020

Si terrà nel settembre 2021 il Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest


Come annunciato dalla Sala Stampa della Santa Sede, il 52° Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest è stato posticipato al settembre del 2021.
Commentando la decisione il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest ha evidenziato che grazie ad essa si può vedere con sicurezza l’orizzonte temporale del Congresso. Le date esatte verranno annunciate a breve, ma si tratterà della prima metà di settembre 2021.
Il Cardinale ha sottolineato come tanto la preghiera che in Ungheria si recita ormai da tre anni dopo la S. Messa in preparazione al Congresso, quanto il motto stesso ("Sono in te tutte le mie sorgenti", Salmi 87,7) conservino la loro attualità. Anzi, nella situazione attuale è possibile scoprirne meglio la profondità, ha detto il Cardinale Erdő aggiungendo: “Adesso vediamo che è dopo un lungo pellegrinaggio che potremo giungere alla sorgente, menzionata nel motto. Nella situazione attuale sentiamo un più accentuato bisogno di accedere alla S. Comunione. In questo periodo abbiamo un desiderio più vivo di poter essere presenti alla S. Messa. Si rende ancor più evidente l’importanza di avere l’Eucaristia al centro della nostra vita.”
Parole riecheggiate anche dall’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede, Eduard Habsburg-Lothringen, il quale in una intervista a Rome Reports ha detto che durante i preparativi del Congresso Eucaristico si terrà sicuramente conto delle esperienze dell’attuale pandemia da coronavirus, anche per quanto riguarda i suoi effetti spirituali.
Mons. Piero Marini, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, ha affermato a Radio Vaticana che “questo anno di preparazione che ci viene offerto in più è anche un'opportunità per approfondire meglio la preparazione del congresso stesso, il tema. È un'opportunità di fare le cose con più calma.” Anche perché “mai finora avevo visto un interesse così esteso per un Congresso eucaristico e mai delle iscrizioni così numerose” come nel caso di quello di Budapest che al momento attuale ha registrato 60 mila iscritti.



I Santi della Cappella Ungherese – Sant’Adalberto, vescovo martire


Le effigie di ventuno santi e beati dell’Ungheria ornano le pareti della Cappella Magna Domina Hungarorum nelle Grotte Vaticane. Consacrata da S. Giovanni Paolo II nel 1980, la cappella è chiamata a rappresentare gli estesi legami della nazione ungherese con gli altri popoli europei proprio attraverso i santi.
Il 23 aprile in Ungheria si festeggia Sant’Adalberto, uno dei primi e più conosciuti santi “centro-europei” (mentre S. Giorgio viene ricordato il 24 aprile). Negli ultimi anni il culto di S. Adalberto è stato ravvivato anche a Roma, grazie alla collaborazione delle Ambasciate dei Paesi Visegrád presso la S. Sede.
Sant'Adalberto e S. Stefano d'Ungheria
nella Cappella Magna Domina Hungarorum in Vaticano (di Pál Kő)

Sant’Adalberto nacque a Libice, in Boemia, nel 956 circa, nella famiglia dei principi cechi Slavnikovci. Nel 983 divenne vescovo di Praga ma dopo qualche anno lasciò il suo incarico, andò a Roma e divenne monaco benedettino nel monastero dei SS. Alessio e Bonifacio.
La fine del primo millennio fu un’epoca di evangelizzazione e di forti scontri tra pagani e cristiani in diverse parte dell’Europa. Adalberto si dedicò con intensità all’evangelizzazione dei popoli. Nel 994 partì per andare dal principe Géza d’Ungheria, con l’intenzione di convertire il popolo ungherese ancora pagano. Durante la sua permanenza nel territorio magiaro battezzò Stefano, il figlio del principe Géza – secondo altri invece gli conferì la cresima. A causa dell’importante ruolo da lui svolto nella conversione della famiglia reale, egli divenne il patrono della Arcidiocesi di Esztergom (oggi Esztergom-Budapest).
I monaci compagni di Adalberto giocarono un ruolo di primo piano nella Chiesa ungherese: Radla Sebastiano divenne arcivescovo di Esztergom, mentre Asztrik Anastasio nel 996 fondò l’Abbazia di San Martino, oggi meglio conosciuta come Pannonhalma, e nel 1000 divenne il primo “ambasciatore” d’Ungheria presso la S. Sede, portando la corona inviata dal papa a re Stefano. Divenne successivamente arcivescovo di Kalocsa.
Adalberto andò successivamente nella Polonia, dove continuò la sua missione evangelizzatrice tra i popoli nel nord del paese. Morì martire vicino al fiume Vistola, ucciso dai pagani. Il suo corpo venne riscattato dal principe placco Boleslao il Prode e fu sepolto nella cattedrale di Gniezno. La sua canonizzazione avvenne nel 999 da parte di papa Silvestro II.
Nella cappella ungherese in Vaticano il rilievo – opera dello scultore Pál Kő – raffigura il vescovo Adalberto mentre conferisce la cresima Stefano, futuro re d’Ungheria. Il suo culto è vivo nella Repubblica Ceca (Praga), nella Germania (Magdeburgo), in Polonia (Gniezno) e in Ungheria (Esztergom), ma anche a Roma dove parte delle sue reliquie sono conservate nella Basilica di S. Bartolomeo all’Isola.




sabato 11 aprile 2020

La Sindone e l’Ungheria


In uno dei codici medievali più importanti dell’Ungheria, il Codice Pray è raffigurato il Sepolcro vuoto dopo la risurrezione di Cristo, con l’immagine del sudario che ne avvolgeva il corpo. Il Codice Pray fu composto alla fine del XII secolo in Ungheria, sotto il regno di Béla III, formatosi da giovane nella corte di Bisanzio.
Illustrazioni del Codice Pray
(Biblioteca Nazionale Széchényi)
L’immagine del sepolcro vuoto e del sudario di Cristo è considerato, secondo il Prof. Gyula Pályi, molto importante anche per quanto riguarda le ricerche sulla Sacra Sindone. Vi è, infatti, una notevole somiglianza tra l’immagine contenuta nel Codice Pray e la Sindone di Torino: basta considerare il caratteristico motivo “a spina di pesce” del telo, nonché la presenza di quattro fori disposti a forma di L, identica con quella osservata sulla Sindone.
I fori sulla miniatura del Codice Pray e sulla Sindone (foto)
Sembra quindi che in Ungheria, alla fine del XII secolo si conoscesse abbastanza bene come fosse fatta la Sindone, all’epoca conservata a Bisanzio. Vi furono, infatti, diversi legami dinastici tra gli imperatori bizantini e la Casa degli Árpád. E proprio in un momento cruciale per la sorte della Sindone, quello della IV Crociata, quando se ne perdono le tracce per circa un secolo e mezzo, l’imperatrice di Bisanzio è una principessa ungherese, Maria-Margherita, figlia di Re Béla III, sorella di Re Andrea II. Secondo una teoria del Prof. Jenő Várallyai Csocsán sarebbe possibile che Margherita, vedova dell’imperatore Isacco II Angelo e successivamente sposa del comandante crociato Bonifacio del Monferrato, potesse aver avuto qualche ruolo nel passaggio della Sindone da Bisanzio alla Francia, forse passando addirittura per la Dalmazia, allora appartenente alla Corona ungherese.

venerdì 10 aprile 2020

Un Santo Sepolcro portatile


Il “Santo Sepolcro di Garamszentbenedek” (Garamszentbenedeki Úrkoporsó) è una delle opere d’arte gotiche più importanti dell’Ungheria. Si tratta di un oggetto utilizzato nella liturgia medievale del Triduo Pasquale.
Santo Sepolcro (Úrkoporsó) di Garamszentbenedek
La parte inferiore costituisce il sarcofago (letteralmente bara) di Cristo, mentre quella superiore raffigura la gloria del Risorto. Durante la liturgia del Venerdì Santo la statua del Cristo crocifisso (tuttora conservata nell’abbazia), veniva deposta in questo Santo Sepolcro portatile. Poi, durante la celebrazione della Risurrezione la statua del Cristo morto veniva tolto dal Sepolcro e vi veniva apposta la statua del Risorto, nonché l’Ostensorio con il Santissimo. Il Santo Sepolcro ha delle ruote in quanto veniva portato nella processione della risurrezione, dopo la celebrazione della Veglia Pasquale.
Questo Santo Sepolcro portatile proviene dall’antica abbazia benedettina di Garamszentbenedek (oggi Hronský Beňadik in Slovacchia) ed entrò nelle collezioni del Museo Cristiano dell’Arcidiocesi di Esztergom, negli anni ’80 del XIX secolo, assieme ad altre opere d’arte che non venivano ormai utilizzate nelle varie chiese dell’Ungheria di allora.

giovedì 9 aprile 2020

sabato 4 aprile 2020

Suonare le campane a mezzogiorno: la proposta del Card. Parolin per rivitalizzare un’antica tradizione


La bella proposta del Cardinale Pietro Parolin di suonare le campane a mezzogiorno, potrebbe rivitalizzare una significativa usanza cristiana, antica di ben 520 anni, che ebbe come scopo quello di invocare l’aiuto celeste per i cristiani in tempi di grave necessità e di rendere grazie per la protezione accordata.
Nell’intervista del 2 aprile scorso a Vatican News il Segretario di Stato ha esortato tutti i fedeli “a pregare insieme anche se fisicamente lontani” in questo periodo di lotta contro la pandemia. Per facilitare tale preghiera collettiva ha proposto: “Sarebbe bello se tutte le chiese, alla stessa ora, ad esempio a mezzogiorno, suonassero le loro campane per un minuto…”
La tradizione di suonare le campane a mezzogiorno è tuttora viva in molti paesi del mondo, come per esempio l’Ungheria. Essa risale alle disposizioni di Papa Alessandro VI, il quale durante l’Anno Santo del 1500 decretò di suonare le campane a mezzogiorno per esortare alla preghiera per la liberazione da uno dei flagelli più minacciosi di quel tempo in Europa: la conquista ottomana. Tuttavia, lo stesso Alessandro VI non fece altro che confermare una pratica iniziata da Papa Callisto III.
La storia della campana di mezzogiorno su un affresco nella Chiesa di Mattia a Budapest,
con S. Giovanni da Capestrano e Callisto III.
Nel 1456, infatti, l’Europa era minacciata dall’avanzata ottomana sui Balcani e il pontefice esortò i fedeli alla preghiera al suono delle campane. Successe però che la relativa bolla “Cum his superioribus annis”, detta anche Bulla Thurcorum arrivasse nelle varie capitali europee contemporaneamente alla notizia della vittoria di Belgrado, ottenuta nel frattempo dall’esercito cristiano il 22 luglio 1456, grazie anche all’eroismo di S. Giovanni da Capestrano. Così, la disposizione di suonare le campane assunse anche un connotato di ringraziamento per la protezione celeste. Siccome la notizia giunse alla corte pontificia il 6 agosto, il papa fissò per quello stesso giorno la Festa della Trasfigurazione.
Il suono delle campane a mezzogiorno è una usanza molto sentita e partecipata in Ungheria, grazie anche al contesto storico in cui essa nacque. Persino nelle emittenti radiofoniche e televisive pubbliche si trasmette “la campana del mezzogiorno”. Nella radio ciò accade sin dal 1928, ossia dagli inizi della radio in Ungheria. Al giorno d’oggi su Kossuth Rádió la trasmissione viene effettuata a rotazione dalle varie chiese del paese, illustrando brevemente anche la storia di quella chiesa, della sua campana e del paese stesso.
Pregare a mezzogiorno al suono delle campane è, quindi, una prassi cristiana, antica di più di mezzo millennio, che può essere allo stesso tempo globale e locale.

venerdì 3 aprile 2020

Intervista dell’Ambasciatore Habsburg sulla legge coronavirus in Ungheria


Pubblichiamo la versione italiana dell’intervista concessa all’Agenzia I.Media, il 31 marzo 2020, dall’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen.

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Il coronavirus ha spinto numerosi paesi europei ad adottare delle misure speciali, come il divieto di uscire o la chiusura delle frontiere. Qual è la situazione in Ungheria e quali misure intende utilizzare lo Stato per arginare la pandemia?
L’Ungheria ha adottato delle misure emergenziali tutto sommato non dissimili da quelli di altri Paesi colpiti dalla pandemia: sospensione delle manifestazioni, chiusura delle scuole e altre misure di c.d. distanziamento sociale, compreso il divieto di lasciare la propria abitazione se non per validi motivi. Il Governo però ci teneva a rispettare espressamente la libertà e l’autonomia delle Chiese e confessioni religiose, così non ha prescritto nulla a carico di quest’ultime, anzi, tra i validi motivi per uscire è stata esplicitamente inclusa anche “l’attività di culto” per cui non è vietato andare in chiesa per una preghiera individuale (le S. Messe con i fedeli sono state poi sospese da parte della Conferenza Episcopale Ungherese). La chiusura delle frontiere nazionali rientra tra queste misure di prevenzione, tuttavia il Governo ha aperto diversi “corridoi umanitari” per aiutare il rientro nei loro paesi di un gran numero di cittadini residenti nei Paesi limitrofi. Inoltre, sono state introdotte agevolazioni per i lavoratori transfrontalieri. Quindi l’Ungheria ci tiene a mantenere viva la cooperazione con i propri vicini anche in tempi di epidemia, proprio perché ciò è necessario a superare tale crisi.

Il parlamento ungherese ha conferito al primo ministro ungherese Viktor Orbán i pieni poteri per “combattere più efficacemente contro il coronavirus”. Ufficialmente si contano 15 decessi e 447 casi di COVID-19 nel paese. La situazione richiede l’adozione di una decisione così importante? E come renderà possibile questo provvedimento straordinario la lotta contro la pandemia?
C’è la consapevolezza che la pandemia non risparmierà neanche l’Ungheria per cui si cerca di far tesoro dell’esperienza di altri Paesi e di prevenire, per quanto sia possibile, la diffusione massiccia del coronavirus anche con l’adozione di severe misure precauzionali. I diversi decreti e la nuova legge sul contenimento del coronavirus hanno come scopo proprio l’efficacie prevenzione e il contenimento. Ciò accade anche in altri Paesi, ma in Ungheria tutto è disciplinato a livello della Legge fondamentale (costituzione) che prevede il cosiddetto “stato di pericolo” come un periodo di ordinamento speciale decretato per i casi di calamità naturale o industriale. Tale “stato di pericolo” è stato decretato in Ungheria l’11 marzo scorso, proprio secondo le previsioni costituzionali.

Questa legge permette al Governo di legiferare in tutti gli ambiti per decreto, di sospendere le elezioni e di derogare a qualsiasi legge per un periodo indefinito. L’opposizione grida all’inizio della “dittatura” in Ungheria e l’Unione europea ha già espresso le sue perplessità. Come è possibile ormai assicurare la democrazia nel Paese?
La nuova Legge Nr. XII del 2020 è stata varata dall’Assemblea Nazionale ungherese con i 2/3 richiesti per una simile decisione, per conferire al Governo dei poteri speciali, tuttavia subordinati al raggiungimento dei fini ivi specificati, confermando la vigilanza parlamentare e costituzionale, ma agevolando le procedure di adozione delle misure necessarie. La novità sostanziale riguarda un punto: invece di confermare i decreti del Governo ogni 15 giorni, con una procedura necessariamente più lunga, l’Assemblea Nazionale adesso ha autorizzato il Governo ad adottare i decreti per la durata di tutto il periodo dello “stato di pericolo”, riservandosi il potere di revocare tali decreti in qualsiasi momento, anche prima della fine dell’emergenza. L’Assemblea Nazionale continua, quindi, a controllare l’attività dell’esecutivo, che a sua volta è tenuto a riferire regolarmente davanti al parlamento. Inoltre, vi sono dei forti elementi di garanzia nella normativa in quanto il Governo può esercitare i suoi poteri solo per tutelare la vita, la salute, il patrimonio e i diritti dei cittadini, nonché la stabilità dell’economia nazionale in relazione all’emergenza sanitaria in atto, e può farlo solo in maniera proporzionata al raggiungimento di tali fini. Non viene pertanto sospesa né l’attività del parlamento, né quella della Corte Costituzionale o dei tribunali. Sono state rinviate solo delle elezioni locali ed eventuali referendum, in quanto l’affluenza degli elettori alle urne probabilmente non gioverebbe alla prevenzione dell’epidemia.

Prima si parlava della partecipazione di Papa Francesco al Congresso Eucaristico Internazionale a Budapest nel settembre prossimo. L’evento verrà confermato?
Il Presidente ungherese János Áder ha invitato Papa Francesco in occasione dell’udienza privata del 14 febbraio scorso e il Cardinale Péter Erdő ha fatto lo stesso da parte della Chiesa ungherese. Tutti speriamo che il Congresso Eucaristico Internazionale possa avere luogo nel settembre prossimo e che Papa Francesco possa parteciparvi. Infatti, come diceva il Cardinale Erdő, la presenza del Santo Padre “contribuirebbe non solo alla riconciliazione dei popoli dell’Europa Centrale, ma li aiuterebbe anche a collaborare sulla base di valori condivisi”.


János Esterházy e la dimensione spirituale di Visegrád


L’anniversario della sua morte János Esterházy è stato commemorato, domenica 8 marzo 2020, nel Parlamento ungherese con la consegna del Premio Esterházy a Mons. László Bíró, ordinario militare ungherese e al P. František Lízna SJ, gesuita, già esponente dell’opposizione democratica ceca e attualmente cappellano della prigione di Mírov, proprio dove Esterházy morì nel 1957. Padre Lízna attribuisce la propria guarigione da una malattia mortale proprio all’intercessione di János Esterházy.
Tra gli oratori della cerimonia l’On. Gergely Gulyás, Ministro della Presidenza del Consiglio ungherese e l’On. Miklós Soltész, Segretario di Stato per i rapporti con le Chiese, nonché P. Szabolcs Sajgó SJ. A conclusione della commemorazione l’On. Zsolt Németh, Presidente della Commissione Esteri del Parlamento ungherese ha sottolineato l’importanza della dimensione spirituale nell’eredità di János Esterházy, da coltivare anche nei rapporti tra le nazioni del Gruppo di Visegrád.

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Commemorazione di János Esterházy, Budapest, 8 marzo 2020
di Zsolt Németh
Leader politico ungherese, nato da madre polacca. Personaggio contrassegnato dalla santità di vita che ebbe a cuore la fratellanza con la nazione slovacca. Persona che ha volontariamente accettato la prigione – era addirittura pronto ad accettare la morte – affinché con la sua passione possa intercedere per la comunità a lui affidata. Persona del quale non solo la morte è legata alla Cechia, ma anche il primo miracolo dopo la sua morte. E il testimone di tale miracolo è qui con noi.