Mons. András Veres, Vescovo di Szombathely, Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese presenta il doppio giubileo celebrato quest'anno in Ungheria, in occasione del XVII centenario della nascita di San Martino, avvenuto nel 316 a Sabaria, l'odierna Szombathely.
(Versione completa dell'articolo apparso su L'Osservatore Romano del 2 marzo 2016.)
Doppio giubileo della Misericordia e di San Martino
di Mons. András Veres, vescovo di Szombathely
Per
una felice coincidenza il 2016 è segnato da due giubilei in Ungheria: l’Anno
Santo straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco, e il XVII
centenario della nascita di San Martino. Fu, infatti, sul territorio
dell’odierna Ungheria che nel 316 nacque Martino, uno dei santi più conosciuti
al mondo grazie anche alla ben nota immagine della condivisione del proprio
mantello con il povero mendicante.
Se è
ritenuto il santo per eccellenza della condivisione e della carità, e vestire
gli ignudi è proprio una delle opere di misericordia corporali, Martino si
distinse anche nelle opere spirituali della misericordia che lo rendono un
santo attualissimo per il Giubileo. Alcune di queste opere lo legano in modo
eminente alla sua terra natale, la Pannonia.
Il
simbolo più eloquente di questa felice coincidenza dei due giubilei è il nuovo
portone di bronzo della Cattedrale di Szombathely, realizzato per
l’anniversario e subito inaugurato come Porta Santa del Giubileo per la Diocesi.
Le sei formelle che lo ornano, opera dell’artista Gábor Veres, ci presentano
sei episodi significativi della vita di San Martino.
Portone della Cattedrale di Szombathely con scene della vita di San Martino (di Gábor Veres - foto: Diocesi di Szombathely) |
La
prima formella, in alto a sinistra, raffigura la nascita del Santo, nel 316,
che era “originario di Sabaria, città
della Pannonia” (v. Sulpicio Severo, Vita
di San Martino, Cap. II.). L’allora capoluogo dell’amministrazione civile
della provincia di Pannonia Prima è l’odierna Szombathely, nell’Ungheria
occidentale, sede vescovile dal 1777. È l’unica città in tutta l’Ungheria, dove
la fede cristiana è rimasta presente in modo ininterrotto sin dagli inizi, quindi
da oltre XVII secoli. Ciò è dovuto in gran parte proprio a San Martino.
Infatti, il luogo della nascita del Santo, immortalato da Sulpicio Severo, non
fu dimenticato dai cristiani neanche nei secoli bui delle invasioni ed è stato
riaffermato da Carlo Magno il quale, nel 791, la volle visitare proprio in
omaggio al santo patrono dei re franchi.
Martino
ben presto si trasferì a Pavia, assieme alla famiglia e, successivamente,
svolse il suo servizio militare nella Gallia. La formella al centro, sulla
destra del portone, richiama la nota scena di Amiens, quando “afferrata la spada che portava alla
cintura, tagliò il mantello a metà, ne diede una parte al povero” (Vita di San Martino, Cap. III) che aveva
visto nudo alle porte della città in pieno inverno.
Dopo
il congedo dalle armi Martino “nel sonno
fu avvertito che doveva, con religiosa premura, visitare la sua terra natale ed
i suoi genitori, ancora irretiti nel paganesimo” (Vita di San Martino, Cap. V), che vissero “in pensione” nella loro città
di origine, Sabaria. L’operato di Martino in patria venne coronato da parziali
successi, in quanto “riuscì a liberare la
madre dall'errore del paganesimo, il padre invece continuò a perseverare nel
male: grazie al suo esempio, tuttavia, Martino riuscì a salvare numerose
persone” (Vita di San Martino,
Cap. VI). La scena al centro, sulla sinistra del portone rievoca la tradizione
secondo la quale Martino battezzò sua madre con l’acqua del pozzo che si trova
davanti all’odierna chiesa di San Martino a Szombathely. La chiesa, di cui si
hanno notizie certe sin dal IX secolo, fu eretta sulla supposta casa paterna di
Martino. E i reperti archeologici confermano la presenza cristiana sul luogo
all’epoca di Martino.
Sebbene
Martino fosse considerato il primo santo non martire, anche lui dovette
testimoniare con il sangue la sua fedeltà alla fede. L’arianesimo alla metà del
IV secolo fu molto forte in Pannonia (che apparteneva all’Illirico in senso
lato). Martino però combatté risolutamente “quasi
da solo contro la fede sospetta dei vescovi” di quella provincia e venne
per questo „frustato pubblicamente ed
infine costretto ad abbandonare la città” (Vita di San Martino, Cap VI). L’esilio del Santo è rievocato dalla
formella in basso a sinistra della nuova porta per ricordarci le opere
spirituali della misericordia: insegnare gli ignoranti alla vera fede, ammonire
i peccatori, perdonare le offese.
La
scena in basso a destra rievoca, invece, la messa celebrata dal Santo, secondo
la tradizione ad Albenga, quando, avendo regalato la propria tunica ad un
povero, a coprirgli le braccia rimaste nude durante la celebrazione sono
intervenuti gli angeli (cfr. Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, 161). Infine, la scena in alto a destra, presenta la
morte di San Martino, “steso su quel suo
nobile giaciglio, cioè sulla cenere su una coperta” (Sulpicio Severo, Terza lettera. Alla suocera Bassula: la
morte e le esequie di Martino, 14).
Il
primo re d’Ungheria, Santo Stefano scelse anch’egli come primo patrono del suo
regno il Santo soldato originario della Pannonia. Attribuì, infatti, alla
protezione di lui la vittoria che consolidò il suo potere e, con esso,
l’avvenire del cristianesimo in Ungheria. Sciogliendo il voto fatto al Santo,
re Stefano concesse notevoli possedimenti e privilegi al monastero dei
benedettini, dedicato proprio a San Martino, fondato sul Monte Sacro della
Pannonia, chiamato oggi Pannonhalma.
La
Diocesi di Szombathely e l’Arciabbazia di San Martino di Pannonhalma promuovono
diverse iniziative spirituali, culturali e caritatevoli per il doppio anno
giubilare. Tra di essi sono da segnalare il pellegrinaggio della reliquia del
Santo nelle diocesi di Szombathely e di Pannonhalma, la celebrazione giubilare
del 9-10 luglio 2016 a Szombathely, le Giornate Sociali Cattoliche a Budapest e
la mostra “San Martino e la Pannonia”, da allestirsi tra Szombathely e
Pannonhalma sulla storia, la cultura e l’arte delle comunità cristiane dell’antica
Pannonia.
La
Conferenza Episcopale Ungherese ha indetto l’Anno di San Martino e, nella lettera
pastorale pubblicata il 1° novembre 2015, ha ricordato il Santo come “immagine del Cristo che vive nella storia,
esempio di come il Vangelo sia da realizzarsi nella propria epoca”. San
Martino, prosegue la lettera pastorale, “combatté
per la libertà della Chiesa e per la purezza del magistero, visse la povertà
anche da vescovo, però si impegnò risolutamente per la difesa della vera fede e
della sua Chiesa, se necessario anche nei confronti dei confratelli vescovi e
dei responsabili della politica. (…) In vista delle difficoltà sociali di oggi
possiamo presentarlo a molti come esempio dell’amore per il prossimo ed il
fautore efficace della pace. Il suo esempio di vita attira anche i non
credenti. Se per fronteggiare la povertà a livello mondiale è necessario un
complesso piano economico, è altresì evidente che ci sia tanto bisogno anche
della beneficenza individuale, della carità personale, delle opere di misericordia
corporale e spirituale. Seguendo l’esempio di Martino saremo in comunione con
quanti sono nel bisogno, da qualsiasi parte arrivino, e saremo in comunione con
quanti li aiutano secondo le loro possibilità, indipendentemente dalle proprie
convinzioni e dei propri valori.”
Con un
gesto importante, segno dell’apprezzamento dei valori che abbiamo
ereditato in S. Martino e la cura dei quali è nostro dovere comune, il Governo ungherese ha voluto
ufficializzare l’Anno di San Martino, stanziando notevoli finanziamenti per i
programmi giubilari e per il restauro delle chiese intitolate al Santo dappertutto
nel Paese. La stessa chiesa, sorta sul luogo della nascita del Santo a
Szombathely, è stata restaurata per il giubileo e riconsacrata nel novembre
scorso.
Il
messaggio sempre attuale di Martino è la sensibilità e l’attenzione nei
confronti del prossimo che si rende concreto tanto nell’aiuto materiale, quanto
nell’approccio spirituale che la nostra Diocesi ha voluto fare suo, scegliendo “carità
esaltante” come motto dell’anno giubilare. Condividendo, infatti, il suo mantello
con il povero, San Martino l’ha anche innalzato, esaltato attraverso la carità:
è questo l’aiuto di cui oggi c’è tanto bisogno.
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