È stato presentato il 18
marzo 2016, presso il Museo Centrale del Risorgimento a Roma, il volume “The Vatican Ostpolitik 1958-1978.
Responsability and Witness during John XXIII and Paul VI.” (a cura di
András FEJÉRDY, Viella – Accademia d’Ungheria, Roma 2015).
Dopo i saluti del Prof.
Romano Ugolini, presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento
Italiano il Prof. Antal Molnár, direttore dell’Accademia d’Ungheria
in Roma ha riassunto il progetto scientifico che ha portato alla pubblicazione
dell’opera. Il libro contiene, infatti, gli atti del convegno di studi tenutosi
il 26 settembre 2014 presso l’Accademia d’Ungheria, organizzato in
collaborazione con il Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, l’Università
Europea di Roma e la Facoltà di Teologia dell’Università Comenius di Bratislava
(per resoconti vedere qui e qui).
Il Dott. András Fejérdy,
curatore dell’opera (Università Cattolica Pázmány Péter, Budapest) ha sottolineato
che uno dei pregi del volume è quello di essere uno studio comparato
dell’esperienza della Ostpolitik vaticana nei diversi Paesi dell’Europa
Centrale ed Orientale. Il focus è volutamente sulle fonti locali di questi
Paesi, con l’intento di richiamare l’attenzione degli studiosi su di esse. Per
quanto riguarda i materiali utilizzati per gli studi sulla Ostpolitik è stata
rilevata una differenza di approccio tra la letteratura scientifica occidentale
e quella orientale: i primi si basano soprattutto su memoriali, e sui ricordi
dei protagonisti, mentre nei Paesi direttamente interessati dalla politica in
questione si è preferito la ricerca e la pubblicazione delle fonti
archivistiche rese accessibili dopo il 1990.
La Prof.ssa Rita
Tolomeo, professore di Storia dell’Europa Orientale dell’Università La Sapienza
(Roma) ha illustrato la genesi del nuovo approccio della Santa Sede verso i
Paesi comunisti, sottolineando come la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II,
abbandonando un atteggiamento “anti”, abbia voluto invece cercare il dialogo e
l’incontro con i rappresentanti del comunismo.
Il Dott. Johan Ickx,
direttore dell’Archivio Storico della Seconda Sezione della Segreteria di Stato
(Città del Vaticano), ha inquadrato la politica orientale nella più ampia
tradizione concordataria della Santa Sede. Ha dimostrato così che si trattava
piuttosto di una continuità, anche perché i suoi protagonisti non erano del
tutto nuovi in Vaticano. Agostino Casaroli, per esempio era stato archivista
della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari sotto Pio XII e,
come tale, il migliore conoscitore delle carte, dei processi e dei precedenti.
La prassi concordataria aveva avuto diversi periodi molto intensi nel passato,
come nel XIX secolo, con i Paesi dell’America Latina o, dopo a Grande Guerra,
con i nuovi Stati nati dalle ceneri dell’Impero Austro-Ungarico. Il momento
culminante è stato forse il concordato con la Germania nel 1933, intesa come
strumento utile a difendere i diritti dei fedeli, ma la cui inosservanza da
parte tedesca ha provocato una grande delusione, anche personale, a Pio XII,
portando a una pausa nella prassi concordataria della Santa Sede.
Il Rev. Carlo Pioppi,
professore di Storia della Chiesa della Pontificia Università della Santa Croce
(Roma) ha richiamato l’attenzione sulla plurisecolare tradizione della Santa
Sede che da sempre predilige le trattative e la mediazione. L’Ostpolitik vaticana
non è stata quindi altro che la naturale prosecuzione di questo atteggiamento
che trova le sue analogie storiche per esempio con San Leone Magno e Attila,
San Gregorio Magno e i Goti, San Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, Pio VII
e Napoleone. Il Rev. Pioppi ha rilevato anche due ulteriori caratteristiche
dell’agire della Chiesa nei secoli. L’una è che la Chiesa si avvale sia della
testimonianza, del martirio che del negoziato e degli accordi con le realtà del
mondo. L’altra invece consiste in una sorta di tensione che si può spesso scorgere
all’interno della Chiesa stessa, tra la periferia e il centro, nel senso che la
Santa Sede ha, naturalmente, una visione diversa, di lungo respiro degli
avvenimenti, mentre le Chiese locali devono vivere immersi nella realtà
concreta. Tutto questo può aiutare ad inquadrare meglio anche l’Ostpolitik della
Santa Sede come fenomeno storico all’interno della ben più ampia storia della
Chiesa.
Indice
del volume