Una Santa Messa in
suffragio delle giovani vittime dell’incidente stradale, avvenuto nei pressi di
Verona, è stata celebrata questa mattina nella Cappella Magna Domina Hungarorum
delle Grotte Vaticane.
La liturgia è stata
presieduta da Mons. Ferenc Cserháti, vescovo incaricato della pastorale degli
ungheresi all’estero, con la concelebrazione dei sacerdoti ungheresi di Roma. Presenti al rito gli Ambasciatori d’Ungheria presso la S. Sede e presso il
Quirinale, con il personale delle rispettive Ambasciate. Hanno dimostrato una
graditissima vicinanza e partecipazione al lutto i rappresentanti del corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Pubblichiamo il testo dell’omelia,
pronunciata da Mons. László Németh, incaricato della pastorale degli ungheresi
in Italia.
* * *
Cari fratelli e sorelle,
Piangono i genitori, i
compagni di classe, gli insegnanti, piange un liceo intero e tutta la nazione. In
una situazione di questo genere è molto difficile dire qualcosa. Dice molto il silenzio,
il silenzio nella preghiera.
In questo silenzio pensiamo
a Gesù che piangeva davanti alla tomba del suo amico Lazzaro. Gesù che secondo
la lettera agli Ebrei è lo stesso ieri e oggi e nei secoli (Ebr 13,8) piange
insieme con noi, condivide il nostro dolore che sentiamo a causa delle perdite
delle giovani vite. Gesù non ci abbandona neanche in questa situazione.
San Giovanni evangelista
nel suo vangelo descrive la gente che non capisce Gesù. Si scandalizzano in
lui. Anche gli apostoli non capiscono Gesù nonostante aver passato molto tempo con
lui.
Noi siamo simili a loro di
fronte a questo incidente. Non capiamo perché sia successo, perché siano morti
questi giovani. Perché proprio loro? E perché in questo modo cosi brutale?
Ma qui, vicino alla tomba dell’apostolo
Pietro, pronunciamo con lui anche noi le parole della sua risposta a Gesù: Signore,
da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
In un cimitero di Budapest
ho visto una tomba con questa iscrizione: “Da dove siamo venuti, dove siamo, e dove
andiamo? Non lo sappiamo esattamente, ma siamo sicuri che siamo venuti dalle
mani di Dio a ritorniamo ad esse.”
Delle mani di Dio il profeta Isaia dice: Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne
si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato
sulle palme delle mie mani (Is, 49.15-16).
L’uomo è un essere sociale.
La sua vita dipende dalla società in cui vive. Questo comporta vantaggi ed
anche svantaggi. Nei fatti tristi che ricordiamo, abbiamo sperimentato che la
vita dei singoli può essere determinata dal comportamento degli altri, dagli
sbagli degli altri. Ma nel dolore abbiamo anche sperimentato la solidarietà, la
vicinanza di tante persone. La vicinanza di una nazione intera, dentro e fuori
dei confini. Questa celebrazione di oggi dimostra anche la solidarietà di tante
nazioni con l’Ungheria, con le persone che hanno perso il figlio, la figlia, il
padre, la madre, l’amico, l’insegnante eroe. Questi fatti ci insegnano che
dobbiamo vivere sempre responsabilmente, consapevoli che da noi dipendono gli
altri e che siamo responsabili non solo per noi stessi.
Nella cappella ungherese
ogni settimana ricordiamo i santi e beati ungheresi che hanno la loro festa
liturgica. Domenica 22 gennaio c’era la festa del Beato László Batthyány-Strattmann,
il medico dei poveri, morto nel 1931. Il beato medico curava i poveri gratuitamente,
faceva tutto per guarire la loro vista ma, nello stesso tempo, voleva guarire
anche le loro anime, la fede dei loro pazienti. Per questo aveva scritto un
libretto dal titolo: Aprite gli occhi!
Pregando per le anime dei
ragazzi morti nell’incidente e chiedendo la consolazione e la forza d’animo per
i loro familiari, imploriamo l’intercessione del Beato László
Battyány-Strattmann che il Signore possa aprire i nostri occhi, gli occhi dei
genitori che hanno perso i figli, che possiamo vedere questi fatti, la morte di
questi ragazzi, con gli occhi della fede, che possiamo capire che Gesù è con
noi nel dolore, che possiamo rafforzare la nostra fede in Lui che è la via, la verità
e la vita, che possiamo capire che proprio la Sua croce è lo strumento che ci
conduce alla vita eterna e, se ci uniamo a Lui nelle sofferenze di questa vita,
se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui.
Pregando per i defunti
chiediamo, con le parole dell’apostolo, per i parenti che hanno perso i loro
figli, ma anche per noi stessi: Signore accresci in noi la fede (Lc 17,6).
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