L’articolo
dell’Ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen, presidente della Comunità San Severino, è stato pubblicato su l’Osservatore
Romano (23-24 maggio 2016, Anno CLVI n. 117).
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Lo stile di Severino del Norico
Carità a piedi scalzi
Com’è possibile che l’opera e la figura di un santo del v secolo, vissuto nel periodo in cui
l’impero romano andava sgretolandosi lungo il confine danubiano, siano ancora
incredibilmente attuali nel XXI
secolo? Come può quest’uomo — viaggiatore instancabile, da Mautern, vicino a
Krems, su e giù per il Danubio, lui che offriva il suo aiuto, compiva miracoli,
dialogava con i goti ariani, abitanti dell’altra parte del fiume, e nello
stesso tempo convocava i fedeli con ardore alla preghiera — rappresentare una
figura così significativa per ciascuno di noi?
Eppure Severino del Norico è oggi sicuramente più attuale
che mai. E non è difficile rintracciarne i motivi. In primo luogo, la Vitasancti Severini, scritta nel vi
secolo dall’abate Eugippio, ne descrive l’esistenza come parca, sobria ed
essenziale, caratterizzata da miracoli “semplici”, come quelli che potremmo
immaginare operanti nella quotidianità. Ognuno di noi, leggendo della sua
esistenza dal libriccino, dovrebbe provarne stupore. Il biografo entrò in
convento a Favianis, nel Norico, nemmeno trent’anni dopo la morte di Severino,
ed ebbe la possibilità di parlare con i monaci più anziani e tutte le persone
che l’avevano conosciuto, trascrivendo, così, le informazioni ricevute di prima
mano. Il quadro che ne risulta è senz’altro realistico. Ciò si desume anche da
un interessante dettaglio. Quando egli racconta che Severino procedeva sempre a
piedi nudi, spiega chiaramente ai suoi lettori napoletani che cosa ciò
significasse: «Non portava calzari alcuni e si accontentava di camminare scalzo
anche nel bel mezzo dell’inverno, in una regione colpita da terribili ondate di
gelo». Le rigide condizioni ambientali della zona, infatti, facevano in modo
che il Danubio in quei periodi si ricoprisse di una coltre di ghiaccio talmente
spessa da permettere un passaggio sicuro ai carri.
Ma c’è di più. C’è un altro aspetto che rende attuale,
fortemente attuale la figura di Severino. Ed è la somiglianza del suo
apostolato con lo stile che caratterizza il pontificato di Francesco. Anche per
Severino, infatti, la predica fondamentale per i cristiani è rappresentata
dalla «carità militante». I cristiani sono «faro» nella società, non grazie
alle belle parole, ma all’aiuto concreto offerto ai più deboli e ai poveri. Una
sintonia che è facilmente rintracciabile passando in rassegna gli eventi
descritti nella Vita sancti Severini. Fin dalla prima scena, Severino
compie sempre le stesse azioni: offre soccorso, laddove necessario, ogni volta
ricorrendo a un accorato appello alla conversione. Grazie alle sue capacità
predittive, vite umane si potrebbero salvare, ma la vera salvezza arriva
unicamente con il digiuno, la preghiera e la penitenza. Il miracolo si ottiene
solo invocando il Signore. Anzi, Severino è sempre inorridito quando la gente
attende da lui dei miracoli grandiosi, quando crede che sia lui stesso a farli.
Egli non è in grado di fare nulla. Solo quando scorge la prova di fede sincera,
allora osa implorare il miracolo.
«Massimo del Norico guidato da un orso attraversa le Alpi per raggiungere san Severino»(XV secolo) |
Le vie di Severino non sono quelle del mondo. Ne è
testimonianza la sua prima comparsa presso la città di Mautern, quando il santo
è chiamato dagli abitanti colpiti da una grave carestia. Severino verifica il
disagio e consiglia la preghiera, la penitenza e la conversione. Poi convince
una vedova, avara dei propri possedimenti di grano, a dividerli con gli altri.
E solo dopo che questa si converte, le acque del fiume Inn si scongelano ed è
possibile l’approvvigionamento della città, grazie all’arrivo delle navi
cariche di merci.
Far digiunare delle persone che soffrono la fame. Idea
folle? La logica divina è diversa da quella degli uomini. Ed è Dio colui che
agisce. Perché Severino piace così tanto? Forse anche perché i suoi miracoli
sono così “semplici”, facilmente comprensibili e concreti. Non sono angeli dal
cielo che portano cibo ma navi in ritardo. Severino, infatti, prima di divenire
missionario, fu uomo di questo mondo, sempre molto informato. Può anche darsi,
certo, che avesse saputo dei possedimenti di grano della vedova da fonti
diverse da quelle divine. Nel racconto, però, vi è un urgente messaggio, valido
anche per i nostri tempi, in cui sembra che si possa fare, comprare e
realizzare tutto da soli: l’aiuto divino si ottiene in primo luogo avendo
fiducia in Dio, tramite il digiuno e la conversione.
Un altro episodio formidabile, che evidenzia l’approccio e
la pedagogia del santo, riguarda la cittadina di Kuchl, presso il fiume
Salzach, dove, su consiglio di Severino, gli abitanti agirono in modo
apparentemente irragionevole. Il santo fu chiamato in soccorso dagli abitanti,
a causa di un’invasione di locuste che stavano decimando i raccolti. Anziché
consigliare di recarsi sui campi a cacciarle, Severino invitò la gente in
chiesa e la esortò alla preghiera comunitaria e al pentimento. Solo una persona
non ebbe fiducia nel santo, disattendendo la preghiera e preferendo provvedere
alla propria terra da sé. Immancabilmente, il giorno dopo, tutti i campi furono
salvi, tranne il suo. Qui, a differenza di altri racconti più spettacolari, il
peccatore non fu colpito da un fulmine e, in luogo della ramanzina, Severino
esortò tutti gli abitanti a sfamare il penitente con il raccolto in eccesso.
Bisogna fidarsi di Dio. E nello stesso tempo bisogna essere
misericordiosi. Una caratteristica sorprendente del messaggio di Severino è
infatti il continuo ripetersi del concetto della misericordia. I ladri,
catturati prima di essere liberati, sono nutriti con cibi e bevande, la vedova
non è punita, il penitente del racconto delle invasioni di locuste è sfamato da
tutti. I gesti di Severino, che vive in un periodo di grande miseria e di
cambiamenti radicali, non sono mai carichi di rabbia, severi e crudeli, ma
affettuosi e premurosi. Severino intrattiene sempre un dialogo rispettoso con
coloro che la pensano in modo diverso, non è un fanatico fondamentalista.
Il santo ha anche molto rispetto degli ariani dell’altra
parte del Danubio e il rispetto è reciproco. Severino sceglie Mautern, proprio
per poter dialogare direttamente con loro. La residenza del re dei rugi,
Flacciteo, infatti, si trovava lì di fronte, oltre il fiume, da dove essi
estendevano il loro il dominio sulla zona, e avevano così sostituito gli
scomodi accampamenti romani.
Severino fonda anche un monastero, ma si ritira spesso in un
eremo nei vigneti. Lì comunque non si perde in una totale vita contemplativa,
ma ricorre all’aiuto della vita activa. Il soccorso che offre è sia
spirituale sia pratico. Dalla biografia, infatti, si evince che il santo era
stato un funzionario romano di alto rango, prima di intraprendere la vita
spirituale. Di conseguenza sa come esercitare la propria autorità e ha ottime
capacità organizzative. Probabilmente è per questi motivi che è sempre molto
informato e abile nel risolvere le situazioni. Severino dimostra come anche
solo un singolo possa fare la differenza, nella creazione di una rete sociale
distribuita in una vasta regione.
Severino agisce sempre in base al precetto: «Non bisogna mai
fidarsi delle proprie forze, ma perseverare nella preghiera, digiunare, fare la
carità e proteggersi preferibilmente con le armi spirituali». E nuovamente
diviene un esempio per noi: non cerca rifugio dal mondo, ma s’impegna
attivamente. Severino presagisce, infine, la sua stessa morte e pianifica tutto
con enorme senso pratico. Dispone di non essere sepolto troppo in profondità,
poiché le terre sarebbero state conquistate entro pochi anni e si sarebbero
dovute poi recuperare le sue spoglie. Il suo presagio si realizza sei anni dopo
la morte: oggi l’abitante del Norico riposa in una nuova patria, a
Frattamaggiore, vicino a Napoli. In sintesi, Severino rappresenta anche ai
giorni nostri un punto di riferimento, sia per i credenti che possono così
approfondire l’aspetto caritatevole della fede, sia per quelli che, viceversa,
non credono, ma che possono scoprirlo in modo sereno. Il modo di agire del
santo è molto eloquente. Di Severino, infatti, si diceva: «Educava gli animi
dei suoi interlocutori, più con i fatti che con le parole». Uno stile che si
presenta in parallelo con gli insegnamenti di Papa Francesco che, nell’epoca dei
mass media, porta il suo messaggio nel mondo con le azioni. Entrambi sono
accomunati dall’umiltà nell’apparire, nei tanti piccoli gesti di sottomissione,
legati all’ordinaria quotidianità, sempre impegnati a offrire aiuto. E
confidano nel potere del digiuno e della preghiera per risolvere le situazioni
di emergenza.
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