L'amb. Eduard Habsburg-Lothringen (Foto: K. Várhelyi) |
Saluto con deferenza Sua Eminenza il cardinale Walter
Brandmüller, Presidente emerito del
Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Ringrazio per la loro presenza i
colleghi Ambasciatori, i Reverendissimi Monsignori e i membri della comunità
ungherese di Roma. Un saluto affettuoso agli alunni di Sopron, dall’Ungheria.
Cari Amici,
“Noi, ungheresi, vogliamo vivere e agire come vessilliferi di una pace
intima e familiare tra le nazioni europee. Non di quella artificiosamente
proclamata, ma di una pace vera con ciascuna. (…) Noi, una piccola nazione,
vogliamo vivere un’amicizia e una stima reciproca, pacifica ed indisturbata sia
con i grandi Stati Uniti d’America che con l’enorme impero russo. Vogliamo
vivere il buon vicinato con Praga, con Bucarest, con Varsavia e con Belgrado.
Dell’Austria, invece, debbo dire a questo riguardo che, in seguito al suo
atteggiamento fraterno in mezzo al nostro travaglio presente, tutti gli
ungheresi l’hanno racchiusa nei loro cuori.”
Sono parole piene di gratitudine e di speranza quelle del discorso radiofonico,
pronunciato il 3 novembre 1956, dal Card. Mindszenty dopo la sua liberazione.
Eppure, il giorno seguente, esattamente sessanta anni fa in queste ore, la
Nazione ungherese stava vivendo uno dei momenti più tragici della sua
esistenza. All’alba del 4 novembre 1956, infatti, le forze sovietiche hanno
lanciato l’attacco a Budapest, per soffocare nel sangue la rivoluzione
ungherese.
In Ungheria viene sempre ricordato anche questo giorno, dedicato alla memoria delle vittime. In questa stessa ora in tante città ungheresi si svolgono commemorazioni religiose e fiaccolate, organizzate di comune intesa dalle Autorità civili e religiose. Vorremmo unirci a loro nello spirito.
Al ricordo delle vittime della rivoluzione e guerra d’indipendenza del ’56
si unisce, in questo anniversario, la gratitudine. La gratitudine che tanti
ungheresi e la Nazione intera provano per quelle persone e istituzioni che
sessant’anni fa hanno voluto soccorrerli in vari modi.
Vogliamo esprimere i nostri ringraziamenti innanzitutto alla Santa Sede.
Sessant’anni fa il Servo di Dio Pio XII ha seguito con ansia paterna le vicende
ungheresi, esortando alla preghiera e al soccorso i fedeli di tutto il mondo.
Grazie alla sua generosità, un collegio di studenti ungheresi esuli è stato
fondato a Roma, in Via dei Cestari. Gliene siamo grati!
Il Sovrano Militare Ordine di Malta anche quella volta era tra i primi a
portare aiuti e, in seguito, ad accogliere gli esuli magiari, aiutandoli ad
integrarsi nei Paesi che li hanno accolti. Ne siamo grati!
Tantissime furono le realtà laiche e religiose italiane che sessant’anni fa
hanno aiutato ed accolto gli ungheresi. A loro la nostra gratitudine!
Vorrei ricordare, in particolare, un personaggio che si era distinto in
quest’opera generosa a favore degli ungheresi. Si tratta di Padre Tommaso
Toschi, collaboratore del Cardinale Giacomo Lercaro di Bologna. Solo pochi giorni or sono mi è giunto un suo messaggio che
diceva: “Io prego per voi, voi pregate per me”. Ebbene, l’altro giorno Padre
Toschi, testimone e protagonista della solidarietà italiana del ’56, è tornato
alla casa del Padre. Proprio questa mattina si sono svolti i suoi funerali a
Bologna. Stasera pensiamo anche a lui nella preghiera.
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