Si è celebrato a Varsavia, nel 12.mo anniversario della
sua elezione al soglio di Pietro e in occasione del suo 90.mo genetliaco, un
simposio internazionale sul concetto dello stato nell’insegnamento di Benedetto
XVI.
Tra i relatori del simposio, promosso dalle Autorità
statali e religiose della Polonia, in collaborazione con la Fondazione Vaticana
Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, è intervenuto anche il presidente dell’Assemblea
Nazionale Ungherese.
Riecheggiando il monito del Papa emerito sui due concetti
estremisti dello Stato, L’On. László Kövér ha voluto sottolineare come la sana laicità,
sostenuta da Papa Benedetto, possa aiutare l’Europa non solo a combattere tali
estremismi ma anche a ritrovare la propria anima.
Pubblichiamo il discorso dell’On. László Kövér in
versione italiana.
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L'On. László Kövér, insignito dell'Ordine al Merito della Polonia
(foto: MTI) |
Per la maggior parte dei popoli dell’Europa Centrale la questione
dello Stato fu essenziale nella loro storia. La creazione, il consolidamento,
la difesa o la riconquista dell’esistenza statale fu al centro delle proprie
aspirazioni nazionali. L’esistenza stessa di noi, ungheresi e polacchi, per
esempio, fu a rischio quando non avevamo lo Stato.
Basti rievocare le spartizioni della Polonia o quella
dell’Ungheria all’epoca della conquista ottomana. Abbiamo sofferto però anche
quando lo stato totalitario, arrivato su carri armati stranieri, prese in
ostaggio le nostre Nazioni. Ciò che accomunava le ideologie fondative di questi
stati-mostro – ossia il nazismo e il comunismo, detto con altre parole: il
socialismo nazionale e quello internazionale – fu proprio la volontà di sottomettere
la persona, la famiglia, la nazione, la Chiesa.
Ci riconosciamo, pertanto in quanto papa Giovanni Paolo
II ha acutamente formulato nel suo discorso alle Autorità statali della Polonia
il 2 giugno 1979: “la ragion d’essere dello Stato è la sovranità della nazione”.
Detto con altre parole: la missione dello Stato è quella
di dare un quadro organizzativo alla vita della nazione. La nazione, invece,
non è altro che il quadro fondamentale della vita della persona e della
famiglia, la forma organizzativa comunitaria e organica dell’uomo, un elemento
base dell’identità dell’individuo. Senza un’identità solida non esiste una
coscienza stabile dei valori. Con una coscienza di valori perturbata o
relativizzata viene sminuita la capacità dell’uomo di riconoscere, di
realizzare e di difendere i propri interessi. Che così cadrà facilmente in balia
delle diverse forze che lo vogliono sottomettere, dominare e, all’occasione,
derubare. La conservazione dell’identità acquisisce, infatti, un’importanza
crescente nella nostra epoca, quando sempre più mezzi tecnologici prima
inimmaginabili sono ormai alla disposizione per manipolare l’identità, la
coscienza e la vita dell’uomo.
Non è un caso che da grande pensatore della nostra epoca
Joseph Ratzinger – Papa Benedetto XVI si è occupato in modo eminente della
questione dello Stato. Ovviamente Egli l’ha affrontata da una prospettiva diversa,
quella di una persona di Chiesa. Con logica cristallina ha dedotto che per adempiere
la sua missione summenzionata, lo Stato ha bisogno di basi morali che però non
deve inventarsi da sé. Ha quindi bisogno di un’apertura verso il trascendente,
di riconoscere la verità di un ordine a se stesso superiore.
Noi centro-europei abbiamo, infatti, sofferto abbastanza
per la mancanza di tutto ciò, sotto le dittature del XX secolo. I totalitarismi
finora conosciuti hanno voluto, infatti, stabilire loro stessi cosa fosse la verità,
imponendola alle persone e spazzando via tutto quanto avesse potuto opporsi: la
nazione, la Chiesa, la famiglia.
Benedetto XVI ci ammonisce però che oggi nel mondo sta
avanzando un nuovo totalitarismo: si tratta della dittatura del relativismo che
non vuole creare una propria verità ma, con il relativismo, vuole uccidere il
concetto stesso di verità. I mercenari di questo nuovo totalitarismo
considerano tutto relativo, da adattare alle opinioni e ai desideri della
maggioranza del momento che però cercano allo stesso tempo di influenzare loro stessi
con i metodi dell’industria del pensiero. Secondo i relativisti un’identità
solida impedirebbe alla persona di stare al passo con lo sviluppo tecnologico
del XXI secolo e perciò, in nome di una dignità trans-umana, propongono una “identità
fluida” per tutti.
L’identità superiore, cioè trascendente, e il desiderio
umano di averla è, però indistruttibile, come sottolinea Benedetto XVI,
essendoci nell’uomo per sua natura presente il senso religioso. È quindi
compito fondamentale dello Stato dare spazio alla religiosità delle persone che
compongono la nazione da esso rappresentata. Senza però voler imporre alcuna
religione a nessuno. Ciò viene indicato da Benedetto XVI come la “sana
laicità”, importante criterio auspicato per gli stati odierni.
La sana laicità accetta come partner le comunità dei
credenti, quale dimensione importante dei propri cittadini. Senza il rispetto
di tale principio vi è il rischio di estremismi come, da una parte, la
religione di stato imposta con la forza, il cui esempio supremo è dato oggi
dallo Stato Islamico (ISIS). Oppure, dall’altro lato, la menzionata dittatura
del relativismo, la quale, con la scusa della tolleranza intende, in realtà, confinare
in modo intollerante nel ghetto della sfera privata ogni espressione religiosa,
ma soprattutto quella cristiana. Essa vuole trattare alla stessa maniera la
religione dell’amore e la religione che propugna invece la conquista violenta,
ritenendole ambedue irrilevanti, preparando però in questa maniera, la propria
rovina.
L’ideologia del relativismo è propagata da forze che si
oppongono alle comunità tradizionali, depositari d’identità, come la famiglia,
la Chiesa, la nazione e lo stato-nazione. L’identità, infatti, non è solo
questione filosofica o (socio-)psicologica ma, nel XXI secolo, appare come un
fattore di dominio. Spesso oggi se si vuole sottomettere una popolazione non
gli si occupa il territorio, ma prima la coscienza e l’identità (è ciò che Papa
Francesco chiama “colonizzazione ideologica”). Altrove, invece, è lo Stato che
viene annientato brutalmente (vedi il caso della Siria e della Libia).
Abbiamo, perciò, grande bisogno dello Stato oggi, con la
sua organizzazione, le sue istituzioni, per dare alla difesa delle persone un
quadro e degli strumenti. Mentre, in nome della globalizzazione molti
vorrebbero decretare la fine degli Stati e, specialmente di quello che
chiamiamo stato-nazione, Benedetto XVI sottolinea, nell’enciclica Caritas in veritate, che sia invece
auspicabile il rafforzamento del ruolo e delle competenze dello Stato.
Aggiungendo che non sia necessario che lo Stato abbia dappertutto le medesime
caratteristiche.
Sappiamo che non è possibile fermare la globalizzazione,
a meno che questo processo sempre più frenetico e incontrollato non distrugga
esso stesso le proprie basi, rigettando la nostra civiltà ad un grado inferiore
di nuovo primitivismo e di nuova barbarie. È, però, come insegna Benedetto XVI,
responsabilità della politica imporre un ordine e dei limiti alla
globalizzazione per evitare che essa vada a discapito dei poveri e delle
generazioni future.
Solamente gli stati-nazione, democratici ed europei,
aperti alla cooperazione internazionale, sono in grado di massimizzare i
vantaggi della globalizzazione a favore degli uomini europei e di minimizzarne
gli svantaggi.
Gli Stati così concepiti, all’insegna della sana laicità,
sono capaci anche di restituire l’anima all’Europa, restituirgli quei valori
che rappresentano l’identità del continente. Solo in pochi sono stati capaci di
indicare in modo così chiaro e coraggioso il grande problema spirituale
dell’Europa, e dell’Occidente in generale, come Joseph Ratzinger. L’Europa di
oggi, dice, sempre più spesso sembra contestare che ci siano dei valori
universali ed assoluti. Ha abbandonato non solo Dio, ma ha commesso,
addirittura, una “forma singolare di apostasia da se stessa”: non è da
meravigliarsi quindi se arriva a dubitare della sua stessa identità.
È una manifestazione di questo dubitare il
multiculturalismo che Joseph Ratzinger ha indicato come segno di uno strano “odio
di sé dell'Occidente”: esso si apre alle altre culture mentre rinnega quanto
sia parte della propria identità. Colpisce il monito di Benedetto XVI per cui
questa eclissi delle forze spirituali è correlata al fatto che l’Europa anche
dal punto di vista etnico-demografico sembra incamminata sulla via del congedo
dalla storia.
Sono quindi queste le sfide di oggi per noi, persone di
fede e responsabili politici dell’Europa Centrale ed Orientale. Gli insegnamenti
di papa Benedetto XVI sullo Stato possono però esserci d’ispirazione e d’incoraggiamento.
Per realizzare una politica che consideri e metta al
centro la persona umana nella sua integralità, determinato dal suo essere creato
e dotato di anima. Una politica che difenda e sostenga la famiglia come cellula
fondamentale della società. Una politica che abbia un approccio armonico sia nei
confronti dell’individuo che della società. Una politica che non consideri un
ostacolo ma, invece, un’opportunità la cultura e l’identità delle nazioni. Una
politica che non faccia dell’Europa un impero centralizzato e antidemocratico
ma una famiglia delle nazioni libere e in cooperazione democratica tra di loro.
Ebbene, in mezzo all’odierna crisi spirituale e morale dell’Europa,
hanno bisogno proprio di questa conferma i politici e le persone impegnate
nella vita pubblica, convinti, con Benedetto XVI, che le basi dell’umanismo e
della libertà delle nostre società sono assicurate solo dai valori cristiani. Che
il ripristino del consenso morale di fondo sia la condizione della
sopravvivenza dello Stato e della società. Che la lotta per il ruolo pubblico
del cristianesimo sia una lotta anche per le basi dell’umanismo e dei valori
umani, di cui anche lo Stato ha bisogno e che, rinunciandovi, anche il cristianesimo
rinuncerebbe a se stessa. Ma così lo Stato non diverrebbe più pluralistico o più
libero ma perderebbe solo le proprie fondamenta.
Mentre la politica cosiddetta di sinistra o liberale non
solo rafforza, ma addirittura suscita quei problemi dei quali Benedetto XVI ci
mette in guardia, una parte significativa dei politici europei, sedicenti
democristiani, non credono più in un futuro cristiano. E questo aumenta la responsabilità
di coloro che, invece, credono solo in esso.
Dio benedica papa Benedetto – e aiuti noi a divenire più
saggi e più impegnati nella nostra vocazione.
(Traduzione italiana a cura dell’Ambasciata d’Ungheria
presso la S. Sede)