venerdì 26 gennaio 2018

Quale futuro per i cristiani del mondo arabo? – conferenza di Mons. Shomali a Budapest


“Il passato, il presente e il futuro della minoranza cristiana in Giordania” – è stato il titolo della conferenza tenuta da Mons. William Hanna Shomali, vicario patriarcale per la Giordania, all’Università Cattolica Péter Pázmány di Budapest, il 18 gennaio. All’undicesimo incontro dedicato alla persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, l’On. Bence Rétvári, segretario di stato del Ministero delle Risorse Umane, nel suo saluto ha ricordato che il Governo ungherese ha creato l’ufficio per il sostegno dei cristiani perseguitati perché intende essere “un campanello d’allarme” in un’epoca di migrazioni massicce, quando l’Europa sembra di aver abbandonato la propria identità. Secondo il Governo ungherese i problemi delle migrazioni vanno risolti prima di tutto in loco.
Mons. William Hanna Shomali all’Università Cattolica Péter Pázmány (foto: Magyar Kurír)
Il vescovo William Shomali, ha ringraziato sia il Governo ungherese sia l’Università Cattolica per la loro attenzione nei confronti dei cristiani nel mondo arabo. I cristiani della Giordania sono discendenti dei primi cristiani e il paese stesso, che fa parte della Terra Santa, prende il suo nome dal fiume Giordano in cui San Giovanni Battista battezzò Gesù.

Oggi sono 14 milioni i cristiani nel Medio Oriente di cui 10 milioni sono i copti egiziani. Nel 1918 i cristiani erano il 14% della popolazione mentre oggi sono il 4,5%. In Giordania nel 1918 erano il 10% della popolazione, oggi invece soltanto il 2%. La Giordania ha una popolazione di 10 milioni di persone di cui il 98% sono i sunniti e 200 mila i cristiani. La metà fa parte della Chiesa di rito bizantino, il 40% della Chiesa cattolica latina e i restanti 10% sono maroniti, caldei ecc. – ha spiegato il presule.

La comunità cristiana di Giordania è la meno conosciuta in Oriente, la loro situazione è pacifica, non sono perseguitati e non sono in pericolo di vita. Sono ben integrati nella società musulmana e, sia il governo che la famiglia reale, li rispetta. Per fare un esempio, a Natale il comune di Amman, ha regalato l’albero ad ogni chiesa cristiana della città e il vescovo Shomali ha incontrato i membri della famiglia reale. Sia nel parlamento giordano che tra i membri del governo ci sono dei cristiani.

Il vescovo Shomali, dopo i fatti positivi, ha voluto costatare alcuni lati problematici riguardanti i cristiani in Giordania. Uno di essi è la questione di coscienza che non va confusa con la questione della libertà religiosa, che è garantita. Le leggi stabiliscono che in Giordania i cristiani non possono sposare ragazze musulmane, mentre per i musulmani non ci sono queste restrizioni ma, in questo caso, la parte cristiana si deve convertire all’Islam. Inoltre, tra i libri scolastici, troviamo quelli in cui manca il fatto storico che i cristiani ci vivono sin dal primo secolo, suggerendo che invece fossero arrivati solo nel settimo secolo. Manca dal programma educativo, inoltre, l’educazione religiosa.

Quale futuro attende i cristiani del mondo arabo? – ha chiesto Mons. Shomali. Per rispondere a questa domanda è fondamentale rilevare l’importanza della fede. I cristiani devono crederci che restare nella loro terra nativa è una missione affidatagli da Dio, nonostante la tentazione di abbandonarla sia grande. Per fare un esempio: in Palestina ci vivono 50 mila cristiani, mentre a Santiago de Chile ce ne sono 350 mila cristiani immigrati da Betlemme. Il presule ha affermato che la divisone dei cristiani nel mondo arabo sia una vera catastrofe. È assolutamente fondamentale, inoltre, il dialogo dei cristiani con i musulmani. La maggior parte dei musulmani è moderata, e la collaborazione tra cristiani e musulmani è indispensabile per un mondo più pacifico e vivibile. I paesi dell’Unione Europea devono aiutare economicamente la ricostruzione della regione. Infine Mons. Shomali ha voluto ringraziare il governo ungherese per le 400 borse di studio che mette a disposizione ogni anno per gli studenti giordani.

Alla conferenza è intervenuto anche Wael Suleiman, direttore della Caritas di Giordania, affermando l’importanza della fede che dà coraggio alle persone, infatti, “non si può perdere la speranza di un futuro migliore” – ha detto. Nel paese ci sono 140 mila rifugiati iracheni, nella maggior parte sono cristiani, che hanno paura di ritornare a casa. Bisogna ridare dignità a queste persone e lavorare per il loro ritorno nei paesi d’origine dove dovranno costruire un mondo migliore.

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