Nel 2017 uno degli eventi principali
per la Conferenza Episcopale Ungherese è stata la visita ad limina, compiuta tra il 20-24 novembre. La settimana di incontri
e visite a Roma e in Vaticano si è aperta subito con l’udienza con Santo Padre
il 20 novembre. Nelle scorse settimane i presuli ungheresi hanno riferito delle
loro esperienze ai microfoni del Programma Ungherese di Radio Vaticana.
I membri della Conferenza Episcopale Ungherese in udienza dal Santo Padre (foto: OR/Magyar Kurír) |
È stata una conversazione spontanea
e cordiale, a detta dei vescovi ungheresi, quella avuta con Papa Francesco. Hanno
anche voluto sottolineare la sintonia con il Papa sperimentato circa i temi
toccati durante l’udienza.
Una delle tematiche meglio
approfondite con il Santo Padre è stata quella della situazione del
cristianesimo in Occidente. Mons. Gyula Márfi, Arcivescovo di Veszprém ha sollevato
il tema del pericolo della scristianizzazione e dell’islamizzazione dell’Europa.
Il Papa Francesco ha evidenziato al riguardo la necessità di essere non solo
miti ma anche prudenti, e ha assicurato di essere cosciente dei rischi della
situazione. Addirittura, secondo Mons. János Székely, Vescovo di Szombathely,
non è stato molto usuale sentire come il Papa sia anche preoccupato al riguardo.
Il Santo Padre ha detto molto
apertamente – come ne ha riferito Mons. László Kiss-Rigó di Szeged-Csanád che
quanto avviene nell’Europa Occidentale può qualificarsi come colonizzazione
ideologica e culturale, alla quale è necessario opporre resistenza e
difendersi. Sarebbe fondamentale, ha detto Papa Francesco ai vescovi ungheresi,
la presa di coscienza in Occidente delle proprie radici cristiane, altrimenti
le nazioni perdono le proprie difese immunitarie e non ci sarà più l’Europa. Il
Papa ha parlato anche del rischio di scambiare l’unità o l’uguaglianza con l’uniformità,
come nel caso dell’ideologia del gender. Secondo Mons. András Veres, Presidente
della Conferenza Episcopale il Papa ha espressamente detto che bisogna preservare
le specificità della propria identità nazionale e l’Europa non dovrebbe essere come
una sfera omogenea, ma dovrebbe piuttosto somigliare ad un poliedro con le sue
sfaccettature diverse.
“Siamo stati incoraggiati dal Santo
Padre – ha specificato il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di
Esztergom-Budapest – per quanto riguarda l’apprezzamento dei valori e dell’identità
culturale dei singoli popoli europei. Quindi il futuro dell’Europa non è la
perdita dell’identità delle nazioni, ma il mutuo riconoscimento ed
apprezzamento, con una gratitudine nei confronti del Creatore che ha permesso
lo sviluppo di questa molteplicità riconciliata che riesce a collaborare e
trovare sinergie.”
Messa dei vescovi ungheresi nelle Grotte Vaticane |
Un altro tema importante è stato
quello delle esperienze con le chiese cristiane perseguitate, perché “in
Ungheria arrivano non tanto profughi cristiani, ma i patriarchi e vescovi
orientali del Medio Orientali o vescovi della Nigeria, che raccontano in modo
molto concreto la situazione dei cristiani del loro Paese” – ha raccontato il
Card. Erdő. “Anche in Ungheria arrivano dei profughi, seppur pochi ultimamente,
ma trovano sempre una accoglienza da parte delle strutture ecclesiali. E
abbiamo una accoglienza ben organizzata per gli studenti cristiani che nei loro
Paesi sono perseguitati. Li abbiamo accolti nelle nostre comunità ecclesiali.”
Il Primate d’Ungheria ha illustrato al
Papa come in Ungheria si siano aperte “nuove possibilità per la Chiesa, grazie
ai cambiamenti nella legislazione del Paese, e in seguito all’accordo tra la
Santa Sede e l’Ungheria firmato nel 2013. L’introduzione nella scuola
dell’obbligo dell’insegnamento di religione o, in alternativa quello dell’etica
civile, presenta una sfida missionaria per la Chiesa in Ungheria: la
maggioranza dei genitori opta per la religione, anche se loro stessi non sono
praticanti. Solo a Budapest ci sono 8000 ragazzi nelle scuole che sono iscritti
a religione pur non essendo ancora neanche battezzati. Sono circa 500 i
catechisti laici che insegnano nelle scuole pubbliche con il mandato
ecclesiale.”
Mons. András Veres ha evidenziato come in Ungheria si assista ad
una sorta di rinascita della vita religiosa, specialmente per quanto concerne i
pellegrinaggi e la frequentazione dei vari santuari. „Questo può essere un
incentivo per trovare delle vie nuove di evangelizzazione per interpellare le
persone in queste occasioni.”
Mons. Veres ha anche riferito al
Papa che il Governo ungherese attuale ritiene importante il sostegno alle
famiglie e, grazie alle misure adottate, sta crescendo il numero dei matrimoni
e la natalità. Il tema delle famiglie è stato toccato anche da Mons. László Bíró, responsabile per la pastorale della famiglia che al Santo Padre ha sollevato
la questione dell’esortazione Amoris
Laetitia: per lui le parti più toccanti sono il capitolo quarto, incentrato
sull’Inno alla carità di S. Paolo, e il capitolo nono sulla spiritualità della
famiglia. Il Papa ha accolto con entusiasmo l’argomento dicendo che il capitolo
quarto è molto vicino al suo cuore.
I presuli ungheresi in preghiera alla tomba di San Paolo |
Il compito precipuo del vescovo consiste
nella preghiera – è stata questa ammonizione del Papa che ha toccato di più il
vescovo di Debrecen-Nyíregyháza, Mons. Ferenc Palánki. Il presule ha anche
raccontato di aver riferito al Santo Padre della testimonianza comune che i tre
vescovi della città di Debrecen cercano di rendere al mondo: il vescovo di rito
latino, il metropolita greco-cattolico e il vescovo calvinista-riformato si
trovano tra di loro ogni mese, si ascoltano e si aiutano a vicenda, rallegrandosi
gli uni dei successi dell’altro. Insomma, i fedeli della regione possono
affermare al vederli che si vogliono veramente bene per presentare insieme il
volto di Cristo che è il volto dell’amore.
Tra i problemi e le sfide il Card. Péter
Erdő e Mons. János Székely hanno menzionato al Papa l’integrazione
sociale dei rom, che costituiscono l’8% della popolazione. Per loro ci sono già
delle strutture pastorali, ci sono centri di formazione di responsabili laici
zingari che lavorano quindi nelle loro comunità. È stato recentemente
completata la traduzione della Bibbia nella lingua lovari, più diffusa tra i
rom in Ungheria. Questo significa molto per una lingua piccola, perché comporta
una riflessione e l’approfondimento della terminologia. “Adesso abbiamo
consegnato al Santo Padre la Bibbia in lingua lovari – ha detto il Cardinale – e
gli abbiamo chiesto cosa pensasse della traduzione della liturgia della S.
Messa nella lingua dei rom, perché noi crediamo che dopo la Bibbia la
terminologia di questa lingua sia già sufficientemente sviluppata. Il Papa ci
ha incoraggiati con grande gioia: dovete procedere, questa è la via giusta,
devono avere anche loro la liturgia.”
Una Bibbia nella lingua dei rom consegnata al Papa (foto: OR/Magyar Kurír) |
Prima dell’udienza il Santo Padre ha benedetto la croce missionaria che nei prossimi mesi inizierà un pellegrinaggio
nelle varie regioni dell’Europa Centrale in vista del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, nel 2020. La croce, creata dal maestro Csaba Ozsvári (1963-2009) ancora per le missioni cittadine del 2007, è alta tre metri, in legno di quercia, ricoperta di lamine di bronzo. Custodisce al centro la reliquia della Vera Croce e, intorno, le reliquie di vari santi e beati ungheresi.
I venti membri della Conferenza Episcopale hanno visitato le varie
istituzioni ecclesiali ungheresi dell’Urbe e hanno celebrato la S. Messa nella Cappella
Magna Domina Hungarorum, vicino alla tomba dell’Apostolo Pietro, nonché alla
tomba dell’apostolo Paolo.
La croce del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest benedetta da Papa Francesco (foto: OR/Magyar Kurír) |