Al convegno “Ospedali
Aperti in Siria: terminata la prima fase, l’appello si rinnova”, organizzato
all’Ambasciata d’Italia presso la S. Sede, il 31 maggio scorso, tra i
rappresentanti dei donatori, l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard
Habsburg-Lothringen ha illustrato la filosofia e le ragioni degli aiuti ungheresi
a favore dei cristiani perseguitati, compresi quelli della Siria. Pubblichiamo il
testo dell’intervento dell’Ambasciatore.
* * *
L’Ungheria ha offerto un contributo al progetto Ospedali Aperti nell’ambito del proprio programma intitolato “Hungary Helps”, ossia
l’Ungheria che aiuta. Lo ha fatto semplicemente perché ha visto che questa
iniziativa è seria e corrisponde ai principi che guidano gli interventi del
Governo ungherese in questo campo. Ha pure compreso che la Fondazione AVSI, che
la gestisce, è un interlocutore serio, che merita la nostra fiducia. E, infine,
l’Ungheria ha voluto aderire a questo programma, promosso da Sua Eminenza il
Cardinale Mario Zenari Nunzio Apostolico in Siria, anche in omaggio all’azione
umanitaria della Santa Sede. Un’azione che il nostro Paese ha sperimentato
diverse volte nella storia e di cui siamo sempre grati.
Ma, vediamo, brevemente, quali sono questi principi guida
del Governo ungherese. Essi sono: l’importanza del cristianesimo per l’identità
dell’Ungheria, l’obbligo di collaborazione dello Stato con le Chiese, iscritto
nella Costituzione, nonché la preoccupazione di promuovere il diritto di ogni comunità
a vivere nella sua patria: sono questi i princìpi che ispirano gli interventi
ungheresi, siano essi a sostegno delle minoranze nazionali oltre confine oppure
a favore dei cristiani perseguitati.
Nel 2016 il Governo ungherese ha deciso di riorganizzare
tutto il settore degli interventi ungheresi, compresi gli aiuti umanitari e la
cooperazione internazionale. Prima ha creato una struttura governativa dedicata
all’aiuto ai cristiani perseguitati e poi, dal 2017 ha creato il programma,
oggi costituita in Agenzia intitolata “Hungary
Helps”, per rafforzare il coordinamento delle varie iniziative ungheresi,
che siano esse di diretto aiuto ai cristiani perseguitati, quelli classici di aiuti
allo sviluppo oppure borse di studio speciali erogate a favore di comunità
bisognose.
Il contributo a “Ospedali Aperti”, si inserisce nella
nostra politica di aiuto ai cristiani perseguitati. Le varie iniziative
ungheresi in questo settore si concretizzano in tre categorie principali.
La prima è quella della solidarietà. Ed è proprio quello che i cristiani perseguitati ci hanno detto di apprezzare di più: sapere cioè, che nella loro situazione difficile e drammatica possono contare su un Governo, su un popolo che pensa a loro e cerca di sostenerli. I capi religiosi delle comunità cristiane perseguitate sono stati a loro volta invitati a Budapest e ricevuti dal Primo Ministro o dal suo vice, nonché dai ministri competenti. Potrebbe sembrare una cosa scontata, ma non lo è. Alcuni di questi vescovi per esempio si sono visti negare il visto d’ingresso in qualche paese europeo quando intendevano visitare i propri fedeli già in esilio, ossia emigrati in quel paese. È stato pure nel segno della solidarietà che l’Ungheria ha concesso la cittadinanza agevolata ad alcune persone in bisogno. Oltre, ovviamente, a concedere l’asilo ai rifugiati propriamente detti che, nonostante l’immagine contraria, è stato sempre fatto, secondo le norme di diritto internazionale.
La seconda è quella della sensibilizzazione: il Governo
ungherese cerca di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica
internazionale, ma anche quella dei Governi occidentali, suoi alleati, al fatto
che sono i cristiani ad essere la comunità religiosa più perseguitata al mondo;
cerca di contribuire a raccontare il dramma che loro stanno vivendo; si
impegna, a mantenere il tema sull’agenda della diplomazia e della politica
internazionali, nei vari incontri e nelle diverse organizzazioni.
L’azione di sensibilizzazione svolta dal Governo
ungherese si è articolata su diversi livelli. I capi delle comunità cristiane
perseguitate hanno tenuto un vero e proprio ciclo di conferenze sulla loro
situazione e sulle loro preoccupazioni. Nell’ottobre 2017 invece è stato
organizzato a Budapest un grande convegno sul tema dell’aiuto ai cristiani
perseguitati, dove i capi religiosi di una decina di chiese cristiane hanno
portato la propria testimonianza. Nel novembre di quest’anno verrà organizzata
la seconda edizione di questa conferenza internazionale. Inoltre, una mostra
speciale sui cristiani perseguitati, dal titolo “Cross in fire” (La croce sotto
fuoco) è stata realizzata al Museo Nazionale Ungherese, presentando diversi
“cimeli” e testimonianze tangibili delle sofferenze dei cristiani. La mostra è
stata presentata successivamente in diverse sedi anche all’estero. Nell’ottobre
scorso anche qui, a Roma.
La diplomazia ungherese cerca di mantenere sull’agenda
delle varie riunioni internazionali, dell’ONU o dell’Unione Europea la causa
dei cristiani perseguitati. E lì spesso ci chiedono perché ci concentriamo sui
cristiani, come se volessimo con ciò escludere i bisognosi di altre fedi (di
operare cioè una discriminazione su base religiosa). Ci chiedono anche se non
sia piuttosto controproducente parlare sempre dei cristiani ecc. Prima di tutto
lo facciamo perché abbiamo capito che sono i cristiani a subire – soprattutto
nei paesi del Medio Oriente martoriati dai conflitti – le più pesanti
discriminazioni a causa della loro fede. E poi perché i diretti interessati ci
tengono alla nostra solidarietà. Ma anche perché il Governo ungherese
preferisce chiamare le cose col proprio nome e anche di andare contro corrente.
Ma poi, gli aiuti concreti affidati alle comunità locali, di solito vanno anche
a beneficio di persone di altre fedi. E il programma “Ospedali Aperti” è un
bellissimo esempio in questo senso. Sostenendo questo progetto aiutiamo le
comunità cristiane locali anche nei loro rapporti con i vicini musulmani.
E così siamo arrivati già alla terza categoria di
interventi, che è quella degli aiuti concreti di carattere umanitario o di
sviluppo. La Segreteria di Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati
raccoglie le diverse proposte, provenienti soprattutto dalle comunità cristiane
locali. Quando, poi, avvengono degli attentati contro le comunità cristiane, la
Segreteria cerca al più presto di mettersi in contatto con i responsabili
locali e di offrire un contributo iniziale che possa aiutare. È stato fatto così
anche in occasione dei recenti attentati in Sri Lanka.
Sin dal 2013 è stato rafforzato il programma ungherese di
borse di studio statali destinati a studenti extra-europei. Si chiama “Stipendium Hungaricum” e offre borse di
studio per le varie università ungheresi. Si tratta di corsi in lingua
straniera. Provengono da 51 paesi del mondo, la metà dei quali da paesi colpiti
da vari conflitti o calamità, come la Siria, l’Iraq, il Libano, la Palestina,
il Kenya, la Nigeria o l’Etiopia. Nel 2017, invece, è stata istituita
un’apposita borsa di studio per cristiani, la “Scholarship for Christian Young People” di cui in quest’anno
accademico hanno beneficiato 187 persone. È stata una esperienza bellissima
quando nell’ottobre 2018 un gruppo di questi giovani borsisti li abbiamo
portati in pellegrinaggio a Roma dove sono stati ricevuti da Papa Francesco. Lui
è rimasto molto colpito dalla loro storia e mi ha detto di apprezzare molto
questo modo di aiutare i cristiani a ricostruirsi un futuro.
Papa Francesco incontra gli studenti cristiani che studiano in Ungheria
con la borsa di studio del Governo ungherese
(10 ottobre 2018 - video: Vatican Media)
con la borsa di studio del Governo ungherese
(10 ottobre 2018 - video: Vatican Media)
Tra i tanti interventi vorrei evidenziare solamente
quelli che interessano la Siria. Nel 2017, 2 milioni di EUR sono stati
assegnati a beneficio del Patriarcato di Antiochia dei Siri nonché alla Chiesa
Ortodossa Siriana per i loro progetti umanitari in Libano, Iraq e Siria.
Ulteriori 2 milioni di EUR sono stati poi erogati a favore della Chiesa
Greco-Melchita di Aleppo, per la costruzione di una scuola e il ritorno dei
rifugiati. Proprio in questi giorni, inoltre, è stato annunciato un altro
intervento di circa 500.000 EUR a favore della Chiesa Ortodossa Siriana e di
circa 447.000 EUR a favore dei progetti delle suore trappiste cistercensi in
Siria. Fondi che saranno impegnati per la ricostruzione di abitazioni e
istituzioni a Homs e a Latakia.
Vediamo, quindi, che l’Ungheria continua ad essere vicina
al popolo siriano. Anche se per la guerra i rapporti diplomatici sono stati
interrotti, speriamo sopravvivano i rapporti di amicizia tra il popolo siriano
e quello ungherese. Il nostro sostegno al Programma Ospedali Aperti è anche un
segnale in questa direzione.
Avendo assistito alla presentazione del programma
Ospedali Aperti, qui a Roma, la nostra Ambasciata ha subito compreso che questo
potrebbe essere un’iniziativa rilevante per Hungary Helps. Le relative
informazioni, infatti, sono state accolte positivamente a Budapest ed è stata
importante la breve consultazione, nell’ottobre scorso qui a Roma, tra il
Segretario generale dell’AVSI, Signor Giampaolo Silvestri e il Segretario di
Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati Signor Tristan Azbej. Il decreto
del Governo ungherese sul contributo di 1.500.000 EUR per gli “Ospedali Aperti”
è stato approvato alla fine di novembre del 2018. E, all’inizio di quest’anno
il bonifico è stato effettuato. Il 22 gennaio 2019 il Primo Ministro Viktor Orbán ha ricevuto Sua Eminenza il Cardinale Mario Zenari a Budapest per
consegnargli direttamente il documento ufficiale che attesta il contributo
ungherese di 1.500.000 EUR al Programma “Ospedali Aperti”, per alleviare le
sofferenze causate dalla guerra e dalla catastrofe umanitaria.
L’Ungheria non è un paese grande e facoltoso ma,
cosciente delle proprie possibilità e responsabilità, nonché delle urgenze
dell’attuale periodo storico, cerca di fare del suo meglio per aiutare quelli
che ne hanno più bisogno. Ha dovuto, certo, adottare delle scelte e seguire
delle priorità, perché chiaramente non può prendersi carico di tutto il mondo.
Lo fa sostenuto da quei principi che abbiamo visto all’inizio. E, soprattutto,
cerca di fare ciò che i diretti interessati gli chiedono.
E questo è stato così riassunto da Mons. András Veres,
Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese: “I vescovi del Medio Oriente
spesso ci chiedevano di non incentivare i cristiani a lasciare la loro terra,
poiché una volta partiti non ci torneranno più. Invece, ci hanno chiesto di
aiutarli a sopravvivere la guerra”. È proprio ciò che il Governo ungherese, con
altre parole, continua a dire, ossia: invece di importare i problemi in Europa
bisogna portare l’aiuto là dove ce n’è bisogno.
* * *
Del convegno è stato
pubblicato un resoconto dettagliato sul sito Rossoporpora, mentre Il Sismografo
ha riportato il discorso dell’Ambasciatore d’Ungheria
Nessun commento:
Posta un commento