giovedì 6 giugno 2019

Ospedali Aperti in Siria – le ragioni dell’impegno ungherese



Al convegno “Ospedali Aperti in Siria: terminata la prima fase, l’appello si rinnova”, organizzato all’Ambasciata d’Italia presso la S. Sede, il 31 maggio scorso, tra i rappresentanti dei donatori, l’Ambasciatore d’Ungheria presso la S. Sede Eduard Habsburg-Lothringen ha illustrato la filosofia e le ragioni degli aiuti ungheresi a favore dei cristiani perseguitati, compresi quelli della Siria. Pubblichiamo il testo dell’intervento dell’Ambasciatore.
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L’Ungheria ha offerto un contributo al progetto Ospedali Aperti nell’ambito del proprio programma intitolato “Hungary Helps”, ossia l’Ungheria che aiuta. Lo ha fatto semplicemente perché ha visto che questa iniziativa è seria e corrisponde ai principi che guidano gli interventi del Governo ungherese in questo campo. Ha pure compreso che la Fondazione AVSI, che la gestisce, è un interlocutore serio, che merita la nostra fiducia. E, infine, l’Ungheria ha voluto aderire a questo programma, promosso da Sua Eminenza il Cardinale Mario Zenari Nunzio Apostolico in Siria, anche in omaggio all’azione umanitaria della Santa Sede. Un’azione che il nostro Paese ha sperimentato diverse volte nella storia e di cui siamo sempre grati.
Ma, vediamo, brevemente, quali sono questi principi guida del Governo ungherese. Essi sono: l’importanza del cristianesimo per l’identità dell’Ungheria, l’obbligo di collaborazione dello Stato con le Chiese, iscritto nella Costituzione, nonché la preoccupazione di promuovere il diritto di ogni comunità a vivere nella sua patria: sono questi i princìpi che ispirano gli interventi ungheresi, siano essi a sostegno delle minoranze nazionali oltre confine oppure a favore dei cristiani perseguitati.
Nel 2016 il Governo ungherese ha deciso di riorganizzare tutto il settore degli interventi ungheresi, compresi gli aiuti umanitari e la cooperazione internazionale. Prima ha creato una struttura governativa dedicata all’aiuto ai cristiani perseguitati e poi, dal 2017 ha creato il programma, oggi costituita in Agenzia intitolata “Hungary Helps”, per rafforzare il coordinamento delle varie iniziative ungheresi, che siano esse di diretto aiuto ai cristiani perseguitati, quelli classici di aiuti allo sviluppo oppure borse di studio speciali erogate a favore di comunità bisognose.
Il contributo a “Ospedali Aperti”, si inserisce nella nostra politica di aiuto ai cristiani perseguitati. Le varie iniziative ungheresi in questo settore si concretizzano in tre categorie principali.

La prima è quella della solidarietà. Ed è proprio quello che i cristiani perseguitati ci hanno detto di apprezzare di più: sapere cioè, che nella loro situazione difficile e drammatica possono contare su un Governo, su un popolo che pensa a loro e cerca di sostenerli. I capi religiosi delle comunità cristiane perseguitate sono stati a loro volta invitati a Budapest e ricevuti dal Primo Ministro o dal suo vice, nonché dai ministri competenti. Potrebbe sembrare una cosa scontata, ma non lo è. Alcuni di questi vescovi per esempio si sono visti negare il visto d’ingresso in qualche paese europeo quando intendevano visitare i propri fedeli già in esilio, ossia emigrati in quel paese. È stato pure nel segno della solidarietà che l’Ungheria ha concesso la cittadinanza agevolata ad alcune persone in bisogno. Oltre, ovviamente, a concedere l’asilo ai rifugiati propriamente detti che, nonostante l’immagine contraria, è stato sempre fatto, secondo le norme di diritto internazionale.

La seconda è quella della sensibilizzazione: il Governo ungherese cerca di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, ma anche quella dei Governi occidentali, suoi alleati, al fatto che sono i cristiani ad essere la comunità religiosa più perseguitata al mondo; cerca di contribuire a raccontare il dramma che loro stanno vivendo; si impegna, a mantenere il tema sull’agenda della diplomazia e della politica internazionali, nei vari incontri e nelle diverse organizzazioni.
L’azione di sensibilizzazione svolta dal Governo ungherese si è articolata su diversi livelli. I capi delle comunità cristiane perseguitate hanno tenuto un vero e proprio ciclo di conferenze sulla loro situazione e sulle loro preoccupazioni. Nell’ottobre 2017 invece è stato organizzato a Budapest un grande convegno sul tema dell’aiuto ai cristiani perseguitati, dove i capi religiosi di una decina di chiese cristiane hanno portato la propria testimonianza. Nel novembre di quest’anno verrà organizzata la seconda edizione di questa conferenza internazionale. Inoltre, una mostra speciale sui cristiani perseguitati, dal titolo “Cross in fire” (La croce sotto fuoco) è stata realizzata al Museo Nazionale Ungherese, presentando diversi “cimeli” e testimonianze tangibili delle sofferenze dei cristiani. La mostra è stata presentata successivamente in diverse sedi anche all’estero. Nell’ottobre scorso anche qui, a Roma.
La diplomazia ungherese cerca di mantenere sull’agenda delle varie riunioni internazionali, dell’ONU o dell’Unione Europea la causa dei cristiani perseguitati. E lì spesso ci chiedono perché ci concentriamo sui cristiani, come se volessimo con ciò escludere i bisognosi di altre fedi (di operare cioè una discriminazione su base religiosa). Ci chiedono anche se non sia piuttosto controproducente parlare sempre dei cristiani ecc. Prima di tutto lo facciamo perché abbiamo capito che sono i cristiani a subire – soprattutto nei paesi del Medio Oriente martoriati dai conflitti – le più pesanti discriminazioni a causa della loro fede. E poi perché i diretti interessati ci tengono alla nostra solidarietà. Ma anche perché il Governo ungherese preferisce chiamare le cose col proprio nome e anche di andare contro corrente. Ma poi, gli aiuti concreti affidati alle comunità locali, di solito vanno anche a beneficio di persone di altre fedi. E il programma “Ospedali Aperti” è un bellissimo esempio in questo senso. Sostenendo questo progetto aiutiamo le comunità cristiane locali anche nei loro rapporti con i vicini musulmani.
E così siamo arrivati già alla terza categoria di interventi, che è quella degli aiuti concreti di carattere umanitario o di sviluppo. La Segreteria di Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati raccoglie le diverse proposte, provenienti soprattutto dalle comunità cristiane locali. Quando, poi, avvengono degli attentati contro le comunità cristiane, la Segreteria cerca al più presto di mettersi in contatto con i responsabili locali e di offrire un contributo iniziale che possa aiutare. È stato fatto così anche in occasione dei recenti attentati in Sri Lanka.
Sin dal 2013 è stato rafforzato il programma ungherese di borse di studio statali destinati a studenti extra-europei. Si chiama “Stipendium Hungaricum” e offre borse di studio per le varie università ungheresi. Si tratta di corsi in lingua straniera. Provengono da 51 paesi del mondo, la metà dei quali da paesi colpiti da vari conflitti o calamità, come la Siria, l’Iraq, il Libano, la Palestina, il Kenya, la Nigeria o l’Etiopia. Nel 2017, invece, è stata istituita un’apposita borsa di studio per cristiani, la “Scholarship for Christian Young People” di cui in quest’anno accademico hanno beneficiato 187 persone. È stata una esperienza bellissima quando nell’ottobre 2018 un gruppo di questi giovani borsisti li abbiamo portati in pellegrinaggio a Roma dove sono stati ricevuti da Papa Francesco. Lui è rimasto molto colpito dalla loro storia e mi ha detto di apprezzare molto questo modo di aiutare i cristiani a ricostruirsi un futuro.
Papa Francesco incontra gli studenti cristiani che studiano in Ungheria
con la borsa di studio del Governo ungherese
(10 ottobre 2018 - video: Vatican Media)
Tra i tanti interventi vorrei evidenziare solamente quelli che interessano la Siria. Nel 2017, 2 milioni di EUR sono stati assegnati a beneficio del Patriarcato di Antiochia dei Siri nonché alla Chiesa Ortodossa Siriana per i loro progetti umanitari in Libano, Iraq e Siria. Ulteriori 2 milioni di EUR sono stati poi erogati a favore della Chiesa Greco-Melchita di Aleppo, per la costruzione di una scuola e il ritorno dei rifugiati. Proprio in questi giorni, inoltre, è stato annunciato un altro intervento di circa 500.000 EUR a favore della Chiesa Ortodossa Siriana e di circa 447.000 EUR a favore dei progetti delle suore trappiste cistercensi in Siria. Fondi che saranno impegnati per la ricostruzione di abitazioni e istituzioni a Homs e a Latakia.
Vediamo, quindi, che l’Ungheria continua ad essere vicina al popolo siriano. Anche se per la guerra i rapporti diplomatici sono stati interrotti, speriamo sopravvivano i rapporti di amicizia tra il popolo siriano e quello ungherese. Il nostro sostegno al Programma Ospedali Aperti è anche un segnale in questa direzione.
Avendo assistito alla presentazione del programma Ospedali Aperti, qui a Roma, la nostra Ambasciata ha subito compreso che questo potrebbe essere un’iniziativa rilevante per Hungary Helps. Le relative informazioni, infatti, sono state accolte positivamente a Budapest ed è stata importante la breve consultazione, nell’ottobre scorso qui a Roma, tra il Segretario generale dell’AVSI, Signor Giampaolo Silvestri e il Segretario di Stato per l’Aiuto ai Cristiani Perseguitati Signor Tristan Azbej. Il decreto del Governo ungherese sul contributo di 1.500.000 EUR per gli “Ospedali Aperti” è stato approvato alla fine di novembre del 2018. E, all’inizio di quest’anno il bonifico è stato effettuato. Il 22 gennaio 2019 il Primo Ministro Viktor Orbán ha ricevuto Sua Eminenza il Cardinale Mario Zenari a Budapest per consegnargli direttamente il documento ufficiale che attesta il contributo ungherese di 1.500.000 EUR al Programma “Ospedali Aperti”, per alleviare le sofferenze causate dalla guerra e dalla catastrofe umanitaria.
L’Ungheria non è un paese grande e facoltoso ma, cosciente delle proprie possibilità e responsabilità, nonché delle urgenze dell’attuale periodo storico, cerca di fare del suo meglio per aiutare quelli che ne hanno più bisogno. Ha dovuto, certo, adottare delle scelte e seguire delle priorità, perché chiaramente non può prendersi carico di tutto il mondo. Lo fa sostenuto da quei principi che abbiamo visto all’inizio. E, soprattutto, cerca di fare ciò che i diretti interessati gli chiedono.
E questo è stato così riassunto da Mons. András Veres, Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese: “I vescovi del Medio Oriente spesso ci chiedevano di non incentivare i cristiani a lasciare la loro terra, poiché una volta partiti non ci torneranno più. Invece, ci hanno chiesto di aiutarli a sopravvivere la guerra”. È proprio ciò che il Governo ungherese, con altre parole, continua a dire, ossia: invece di importare i problemi in Europa bisogna portare l’aiuto là dove ce n’è bisogno.

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Del convegno è stato pubblicato un resoconto dettagliato sul sito Rossoporpora, mentre Il Sismografo ha riportato il discorso dell’Ambasciatore d’Ungheria





















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