domenica 19 novembre 2017

Chiesa siriana ristrutturata con aiuti dei greco-cattolici ungheresi


Continua a grandi passi la ristrutturazione della chiesa cattolica greco-melchita di Al-Dmeine al-Sarqije in Siria, finanziata interamente dalle offerte della Metropolia Greco Cattolica ungherese. La somma della colletta, iniziata a marzo di quest’anno, è stata portata personalmente in Medio Oriente lo scorso giugno da Mons. Fülöp Kocsis, Metropolita della Chiesa Greco Cattolica ungherese. I 30 mila dollari raccolti tra marzo e giugno sono stati consegnati al parroco don Najím Garbi il quale continua a mandare notizie sull’avanzamento dei lavori. In questi giorni sono arrivati i materiali per riparare tutto il tetto della chiesa che verrà fatto con la collaborazione dei cittadini del paese.

La chiesa di Al-Dmeine al-Sarqije ristrutturata con fondi ungheresi
(foto: Magyar Kurír)
Il Metropolita Fülöp Kocsis in un’intervista prima del suo viaggio, effettuato nel giugno scorso, ha spiegato i motivi per cui ha voluto portare personalmente la somma del denaro in Medio Oriente. Il primo, perché la sicurezza in Siria è meglio garantita in questo modo rispetto ad un bonifico bancario; l’altro, perché l’incontro personale significa molto per le persone del posto. “La gente che vive in Medio Oriente ha speranza ed è fiduciosa, da una testimonianza importantissima della fede e della forza dell’uomo. I fedeli raccontano che battezzano anche tante persone musulmane, e nonostante la persecuzione, confessano la loro fede come i primi cristiani della storia della Chiesa. La testimonianza dei cristiani del Medio Oriente rafforza tutta la Chiesa cattolica e il mondo cristiano, dobbiamo aiutarli in ogni modo possibile e loro ci daranno in cambio un aiuto spirituale unico” – ha detto il Metropolita prima di partire per il Medio Oriente.

venerdì 17 novembre 2017

San Ladislao: pubblicato il volume biografico


È stato pubblicato in italiano e in inglese la breve biografia illustrata di uno dei santi più popolari in Ungheria: San Ladislao.

Il volume, inserito nella collana sui santi e beati dell’Editrice Velar, è stato scritto da due storici ungheresi appositamente per questa pubblicazione.

Il 23 novembre 2017 Mons. András Veres vescovo di Győr e presidente della Conferenza Episcopale Ungherese presenterà il volume presso l’Accademia d’Ungheria, alle 18:30. È proprio la città di Mons. Veres uno dei principali centri del culto di S. Ladislao: custodisce il busto reliquiario che ne contiene il cranio, capolavoro dell’arte orafa medievale ungherese.

L’evento richiamerà l’attenzione anche sugli aspetti del culto di questo santo ungherese in Italia: da Bologna ad Altomonte, passando per Assisi, Roma e Napoli.

giovedì 16 novembre 2017

Musica Sacra di Kodály a Roma



La musica sacra di Zoltán Kodály, famoso compositore ungherese del novecento ha risuonato forte nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, dove l’11 novembre 2017 si è svolto il concerto di beneficenza, offerto dalla Città di Debrecen a favore delle opere del Circolo S. Pietro.



Il Maestro Dániel Somogyi-Tóth ha diretto il Coro e l’Orchestra Filarmonica “Kodály” di Debrecen.




Nel suo indirizzo di saluto l’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha presentato la ragione dell’evento:
“Oggi è la festa di San Martino di Tours, originario della Pannonia, l’odierna Ungheria, conosciuto anche come il santo per eccellenza della carità, della condivisione. La sua festa, nonché la prima Giornata Mondiale dei Poveri, indetto da Papa Francesco, che celebreremo fra una settimana, presta una cornice di attualità all’iniziativa di questa sera. Un’iniziativa che intende essere un piccolo gesto di omaggio dell’Ungheria nei confronti di Roma, città del Papa e, allo stesso tempo, un gesto di condivisione: condivisione delle ricchezze artistiche e spirituali che abbiamo in Ungheria e che vorremmo offrire volentieri ai nostri amici di Roma, e, in primo luogo, al Circolo S. Pietro.”

A nome del Circolo S. Pietro ha salutato i presenti l’economo generale Riccardo Rosci.

Il Reverendo Károly Fekete, vescovo protestante della Circoscrizione Transtibiscana della Chiesa Riformata in Ungheria ha portato i saluti della sua città ed ha anche presentato brevemente alcuni aspetti dei brani musicali eseguiti durante il concerto: il “Psalmus Hungaricus”, il mottetto “Gesù e i mercanti del tempio”, nonché il possente “Te Deum di Buda”.






venerdì 10 novembre 2017

Concerto di Musica Sacra a favore del Circolo S. Pietro


In occasione di due ricorrenze significative, come la festa di San Martino di Tours (11 novembre), uno dei Patroni dell’Ungheria e universalmente riconosciuto come il santo della carità e della condivisione, nonché la prima Giornata Mondiale dei Poveri (19 novembre), istituita da Papa Francesco, l’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede, in collaborazione con la città ungherese di Debrecen e con il Circolo S. Pietro ha organizzato un concerto di beneficenza per il Circolo S. Pietro, a favore dei poveri di Roma.

Il concerto, che si terrà l’11 novembre alle ore 20 nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova) di Roma, è offerto dal Comune di Debrecen e vedrà la partecipazione del Coro e dell’Orchestra Filarmonica “Kodály” della medesima città.


Sul programma tre brani di musica sacra del grande compositore ungherese Zoltán Kodály (1882-1967), del quale quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa.

  • Il “Psalmus Hungaricus” è una cantata, composta nel 1923, basata su una traduzione ungherese del XVI secolo del Salmo 55.
  • Il mottetto “Gesù e i mercanti del tempio” (del 1934) è ispirato dal noto brano del Vangelo di Giovanni (Gv, 2,13-16).
  • Il “Te Deum di Buda” è l’inno di lode composto per il 250mo anniversario della liberazione dell’Ungheria dal dominio ottomano (1936).



I Filarmonici Kodály di Debrecen uniscono il lavoro dei due maggiori gruppi musicali della città: l’Orchestra Filarmonica ed il Coro Kodály. L’Orchestra pluripremiata attualmente è diretta dal Maestro Dániel Somogyi-Tóth e vanta un repertorio di opere prevalentemente ungheresi, in particolare musiche di Z. Kodály, F. Liszt, F. Erkel. Il coro ha al suo attivo un repertorio vastissimo di opere che vanno dai canti a cappella, oratori più importanti della musica europea alle composizioni contemporanee per coro.

Zoltán Kodály – pedagogia della musica sacra


Sepolcro di Zoltán Kodály nel cimitero di Farkasrét (Budapest)
Ricorrono quest’anno il 50º anniversario della morte e il 135º anniversario della nascita del grande compositore ungherese, Zoltán Kodály. Oltre ad essere un compositore fu anche musicologo, professore di musica, etnomusicologo, nonché educatore, una carriera che lo ha fatto diventare uno dei personaggi più famosi e conosciuti di tutta la storia del paese. É stato, prima di tutto, una persona di fede, la cui opera rappresenta una risorsa per la Chiesa in Ungheria.

Nacque a Kecskemét il 16 dicembre nel 1882. Si laureò in letteratura ungherese e in lingua tedesca, e studiò all’Accademia di Musica di Budapest. Il suo campo principale fu lo studio e la raccolta delle melodie arcaiche di tradizione orale ungherese. In questo lavoro ha collaborato molto con un altrettanto importante e conosciuto compositore ungherese, Béla Bartók.

Kodály, in seguito, s’interessò anche al problema dell’educazione musicale ed elaborò molti brani a scopi educativi per le scuole e diversi libri didattici, avendo così un profondo effetto nell’educazione musicale, sia in Ungheria che all’estero. Il cosiddetto “Metodo Kodály” racchiude le idee didattiche musicali di Kodály, anche se il suo lavoro non formò un metodo completo, ma tracciò una serie di principi da seguire nell’insegnamento.

L’opera di Kodály nell’ambito della musica sacra è altrettanto importante. Anche se non ha mai propriamente insegnato musica sacra, lo si può definire come “pedagogo della musica sacra”. Il suo scopo primario fu quello di evidenziare i valori della vita e condurre i suoi ascoltatori agli stili principali della musica sacra europea. Il canto gregoriano, il linguaggio musicale della polifonia classica, le melodie del salterio ginevrino, la polifonia di Johann Sebastian Bach, i canti popolari religiosi ungheresi del secolo XVI-XVII, le melodie classiche di Haydn, il linguaggio trascendentale della musica di Liszt hanno formato e arricchito la fantasia delle composizioni di Kodály.

Il 19 novembre del 1923 debuttò una delle sue opere più famose, il “Psalmus Hungaricus” (Salmo Ungherese), scritta per il giubileo dell’unificazione delle città di Buda e di Pest. Kodály riuscì a cogliere lo spirito della musica popolare ungherese che risulta radicato nella tradizione musicale cristiana occidentale così come nell’altra famosa composizione religiosa, il “Te Deum del Castello di Buda”.

Negli anni ’30 Kodály fondò delle riviste specializzate e cercò di contribuire alla riforma della musica sacra della Chiesa cattolica e di migliorare l’educazione musicale in Ungheria.

Durante la seconda guerra mondiale Kodály visse l’assedio di Budapest (inverno 1944/1945) nascosto nelle cantine rifugio della capitale. Compose in quei giorni la “Missa Brevis”, una supplica per la pace. Dopo la guerra ebbe un ruolo importante nella rinascita culturale e spirituale del Paese. Tra il 1946 e il 1949 fu presidente dell’Accademia Ungherese delle Scienze e viaggiò sia in Europa che negli Stati Uniti, tenendo conferenze soprattutto sulla musica popolare e sulla pedagogia musicale.

È noto l’aneddoto come avrebbe “salvato” l’inno nazionale ungherese quando il regime comunista gli chiese di comporre uno nuovo (al posto di quello, tuttora in uso, che inizia con il nome di Dio…). Morì a Budapest il 6 marzo 1967 e riposa nel cimitero di Farkasrét.

Le parole di Kodály: “La musica è di tutti” rispecchiano bene tutta la sua opera di vita. Avvicinare le persone alla musica sin da piccoli, far conoscere la propria cultura attraverso la musica, far amare la musica a tutti perché la musica è di tutti. La diffusa cultura musicale in Ungheria deve molto al suo impegno.

giovedì 9 novembre 2017

Riconosciuto il martirio di János Brenner


Grande gioia in Ungheria per il decreto con cui Papa Francesco ha riconosciuto il martirio di János Brenner, giovane sacerdote ungherese vittima della repressione comunista. L’atteso riconoscimento è arrivato proprio durante l’anno memoriale indetto dalla Diocesi di Szombathely per il 60mo anniversario della morte di don János.

János Brenner nacque il 27 dicembre 1931 a Szombathely (Ungheria). Ebbe altri due fratelli sacerdoti e fu ordinato il 19 giugno 1955. Svolse il suo ministero come vicario parrocchiale, attivo soprattutto tra i giovani. A quei tempi ciò fu considerato un peccato grave dal regime comunista e così decisero di eliminarlo. Durante la notte del 15 dicembre 1957 János Brenner venne chiamato d’urgenza ad un malato, ma si trattò di una vera e propria imboscata.

Sul tragitto dalla parrocchia di Rábakethely al vicino paese di Zsida venne assalito e ucciso con trentadue coltellate. Morendo, continuava a proteggere il Viatico, l'Eucaristia che portava con sé per il malato.
Il luogo del martirio di János Brenner, con la cappella votiva
Quest’anno la sua diocesi di Szombathely lo commemora con diverse iniziative pastorali che culmineranno con la messa nel sessantesimo anniversario del martirio, il 15 dicembre 2017, vicino alla sua tomba nella chiesa di San Quirino a Szombathely. Da sempre la testimonianza pastorale e poi il martirio di János Brenner è stato una grande risorsa spirituale per i sacerdoti della sua diocesi come pure per i fedeli.
Il rocchetto che János Brenner indossava quando subì il martirio
(foto: Magyar Kurír)

Beatificato vent’anni fa: Vilmos Apor, il pastore che offrì la vita per il proprio gregge



Venti anni fa, il 9 novembre 1997, è stato elevato all’onore degli altari Vilmos Apor, vescovo di Győr (Ungheria). È stata la prima beatificazione ungherese dopo la caduta del comunismo. Simbolicamente, nella sua persona è stato onorato uno dei primi martiri dell’occupazione sovietica dell’Ungheria.

Vilmos Apor, infatti, è stato colpito a morte il giorno del Venerdì Santo del 1945 dai soldati sovietici che, dopo la presa della città di Győr, volevano portarsi via le donne rifugiatesi nel palazzo episcopale. Il vescovo si oppose fermamente e con il suo sacrificio riuscì a salvare le persone che si erano affidate a lui. Morì dopo tre giorni di agonia, il lunedì di Pasqua (2 aprile).
Statua di Vilmos Apor nell'omonima piazza di Budapest
Altri simili martiri attendono ancora la beatificazione, come la Serva di Dio, Mária Magdolna Bódi, giovane operaia morta per mano di soldati, il 23 marzo 1945, difendendo la propria castità. Oppure il Sacerdote Kornél Hummel il quale, dopo aver contribuito a salvare gli ebrei perseguitati ha difeso le ragazze dell’istituto per ciechi di Budapest e per questo è stato ucciso dai soldati sovietici il 17 gennaio 1945.


Dopo la beatificazione di Vilmos Apor, celebrata su piazza San Pietro, S. Giovanni Paolo II ha esortato i pellegrini ungheresi con le seguenti parole:

Beatificazione di Vilmos Apor,
9 novembre 1997
“La croce fortifica il debole e rende mite il forte – Il motto scelto dal Vescovo e martire ungherese Vilmos Apor costituisce una mirabile sintesi del suo itinerario spirituale e del suo ministero pastorale. Forte della verità del Vangelo e dell'amore a Cristo, egli alzò con coraggio la propria voce per difendere sempre i più deboli dalle violenze e dai soprusi. Durante gli anni difficili del secondo conflitto mondiale si prodigò instancabilmente ad alleviare la povertà e le sofferenze della sua gente. Il fattivo amore per il gregge a lui affidato lo condusse a mettere a disposizione degli sfollati a motivo della guerra anche il palazzo vescovile, difendendo i più esposti ai pericoli anche a rischio della propria vita. Il suo martirio, avvenuto il Venerdì Santo del 1945, fu degno coronamento di una esistenza tutta segnata dall'intima partecipazione alla Croce di Cristo. La sua testimonianza evangelica sia per voi, carissimi Fratelli e Sorelle d'Ungheria, uno stimolo costante a sempre maggiore dedizione nel servire Cristo e i fratelli.”

Nel Martirologio Romano il Beato Vilmos Apor è commemorato il 2 aprile, anniversario della sua morte, mentre in Ungheria lo si celebra il 23 maggio, giorno della traslazione del suo corpo. Infatti, durante l’occupazione sovietica non lo si poteva venerare, né tumularlo nella sua cattedrale e quindi è stato deposto nella cripta di un’altra chiesa della città. Solo verso la fine del comunismo, nel 1986 è stato possibile trasferire la sua tomba nella cappella laterale della Cattedrale di Győr, dove poi, in occasione della sua seconda visita in Ungheria, anche San Giovanni Paolo II ha voluto venerarlo nel 1996.

Il Beato Vilmos Apor fu fratello dell’ultimo ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, il barone Gábor Apor che dopo la seconda guerra mondiale non fece più ritorno in patria ma visse a Roma come dignitario dell’Ordine di Malta.
Il memoriale del martirio a Győr
Il culto del beato vescovo si è diffuso in tutta l’Ungheria. Il luogo del suo martirio, la cantina del palazzo episcopale di Győr, oggi è stato trasformato in un memoriale (si vedono tuttora i segni dei proiettili mortali) e fa parte del circuito del Museo Diocesano. Un bassorilievo, opera di Ferenc Lebó, lo raffigura nella Cappella Magna Domina Hungarorum delle Grotte Vaticane.
Il Beato Vilmos Apor
bassorilievo nelle Grotte Vaticane


martedì 7 novembre 2017

Caduti ungheresi della Grande Guerra ricordati a Roma


Nella cripta della Chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma sono sepolte le spoglie mortali di 456 militari dell’esercito austro-ungarico deceduti in Italia. Si tratta di prigionieri di guerra, di malati e feriti che non hanno più potuto far ritorno in patria. Nel 1937 i loro resi sono stati riesumati dai vari cimiteri della regione e traslati nella Chiesa dell’Anima, considerata chiesa nazionale degli austriaci e già sotto la protezione della Casa d’Asburgo. Nel 1953 una cappella della chiesa medesima è stata trasformata in un memoriale dei caduti.
Sepolcro dei soldati austro-ungarici nella cripta
della Chiesa di S. Maria dell'Anima
Quest’anno, a 80 anni esatti dalla traslazione delle spoglie, la comunità ungherese di Roma ha voluto ravvivare la pia tradizione, caduta in disuso dopo la seconda guerra mondiale, di rendere omaggio a questi soldati, tra i quali vi erano molti ungheresi.
S. Messa di suffragio nella Chiesa di S. Maria dell'Anima, 2 novembre 2017
Il 2 novembre, al termine della S. Messa in suffragio dei defunti, la commemorazione ha proseguito nella cripta, illuminata da candele. Il rito è stato celebrato dal rettore Mons. Franz Xaver Brandmayr, assieme ai sacerdoti di lingua tedesca, nonché a quelli ungheresi residenti in Urbe che hanno pregato anche nella loro lingua. Presente pure la delegazione dell’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede.
L’iscrizione latina della lapide posta sopra la tomba dei caduti ne tramanda la storia:

456 MILITES EXERCITUS AUSTRO – HUNGARICI
QUI IN BELLO IMMANI 1914 – 1918 IN DIVERSIS NOSOCOMIIS
URBIS EIUSQUE SUBURBII DIEM OBIERANT SUPREMUM
DIE 26 OCTOBRIS 1937 E VARIIS COEMETERIIS IN ECCLESIAM
S. MARIAE DE ANIMA IN URBE HONORIFICE TRANSLATI SUNT
ET IN CRYPTA SUB SACELLO EORUM PIAE MEMORIAE
DEDICATO HIC SEPULTI
UT APTIUS EORUM EXUVIAE RECONDI POSSENT
SEPULTURAE LOCUS ANNO DEMUM 1953
IN NOVAM REDACTUS EST FORMAM

TUIS DA SERVIS MITISSIME PATER VITAE AETERNAE
CORONAM

Nella cappella sovrastante un’iscrizione latina ricorda in particolare i caduti ungheresi:

HUNGARICORUM
PIAM IN MEMORIAM
HEROUM
MORTIFERA
OB VULNERA
EX IMMANE BELLO
UNIVERSALI
1915 – 1918
GESTA DECESSORUM
IN URBE

(ÉMA)

Tombe ungheresi al Verano


Ogni anno la comunità ungherese di Roma rende omaggio ai propri defunti del Cimitero monumentale del Verano. Anche quest’anno il 1 novembre si è tenuto il consueto momento di preghiera, guidato da Mons. László Németh, coordinatore pastorale degli ungheresi in Italia.
La comunità ungherese ha reso omaggio ai propri defunti al Verano
Al Verano vi sono, oltre a diverse sepolture di sacerdoti e religiosi ungheresi, tre tombe che appartengono alla comunità ungherese.

Una di esse appartiene ai cavalieri ungheresi dell’Ordine di Malta che vissero in esilio durante il comunismo. Tra loro riposa anche il barone Gábor Apor (+1969), ultimo ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede ai temi della seconda guerra mondiale.

Una seconda tomba fu acquistata dall’Accademia d’Ungheria e contiene le spoglie di due ungheresi deceduti improvvisamente durante i loro studi a Roma: il sacerdote Lajos Kovács (+1929) e il pittore János Árpád Göbel (+1931).

La terza tomba invece raccoglie le spoglie mortali della comunità cattolica ungherese di Roma sin dagli anni 1960.