mercoledì 4 dicembre 2019

Scavi archeologici nel palazzo di Erode Antipa, luogo autentico della prigionia e del martirio di S. Giovanni Battista – conferenza del Professor Vörös a Roma

Il sito di Macheronte in Giordania,
non lontano dal Mar Morto (foto: Győző Vörös)

Il complesso fortificato di Macheronte (Machaerus), edificato non lontano dalla sponda orientale del Mar Morto, fungeva come baluardo orientale del regno di Erode il Grande. Secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio e di Eusebio di Cesarea fu qui che Erode Antipa fece rinchiudere e poi decapitare San Giovanni Battista. La fortezza, distrutta dai romani nel corso della prima rivolta giudaica, è molto più di un sito archeologico: è il teatro della vicenda dei personaggi evangelici come San Giovanni Battista, Erode il Grande, Erode Antipa, Erodiade e Salome. Sulla scia delle prime indagini condotte dallo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, dal 2009 l’archeologo dell’Accademia Ungherese di Belle Arti, il Prof. Győző Vörös conduce una campagna di scavi archeologici che stanno rivelando affascinanti dettagli sull’epoca in cui Gesù ha vissuto in quella stessa regione.
La storia e l’importanza di Macheronte sono state presentate dal Prof. Győző Vörös nel corso di un evento organizzato dall’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede e dall’Ordine Equestre del S. Sepolcro il 22 novembre, presso l’Accademia d’Ungheria in Roma. Presente all’evento anche il Custode di Terra Santa Fra Francesco Patton che ha lodato l’impegno ungherese per la Terra Santa.
Salutando i presenti il Prof. Lorenzo De Notaristefani, Preside della Sezione Roma dell’Ordine del Santo Sepolcro ha richiamato l’importanza di Macheronte e della figura di S. Giovanni Battista per i membri dell’Ordine del S. Sepolcro.
Prof. Lorenzo de Notaristefani OESSG, Fra Francesco Patton OFM, Amb. Eduard Habsburg-Lothringen,
Fra Rosario Pierri OFM, Prof. Tamás Gergely Kucsera (foto: Klára Várhelyi)
L’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen ha accennato brevemente agli antichi e significativi legami dell’Ungheria con la Terra Santa. Un primo ospizio ungherese a Gerusalemme fu stabilito da re Santo Stefano, mentre l’attuale Ospizio Austro-Ungarico della Sacra Famiglia venne fondato da Francesco Giuseppe I. I re d’Ungheria nel medioevo hanno avuto il merito di riaprire e di garantire il cammino attraverso l’Ungheria verso la Terra Santa proprio. 800 anni fa Andrea II d’Ungheria si recò di persona in Terra Santa, nell’ambito della Quinta Crociata. Secondo una tradizione fu proprio con le stesse navi che i primi francescani raggiunsero la Terra Santa. Anche oggi vi è una attenzione ungherese verso il Medio Oriente che si concretizza in aiuti concreti alle comunità cristiane bisognose tra Iraq, Siria, Libano, Giordania. Di quest’attenzione fa parte anche la missione archeologica del Prof. Győző Vörös.
Il Segretario Generale dell’Accademia Ungherese delle Arti di Budapest, Prof. Tamás Gergely Kucsera, ha illustrato i meriti del Prof. Vörös, membro onorario del sodalizio, autore di diversi libri e articoli scientifici su temi dell’antichità e dell’archeologia. Il Prof. Vörös ha diretto scavi archeologici in Egitto, a Tebe ed Alessandria (1994–2004), poi in Cipro, a Pafo (2004–2009). Dal 2009 conduce gli scavi a Macheronte in Giordania nell’ambito della Missione Archeologica Ungherese, sostenuto in parte dall’Accademia Ungherese delle Arti. Il Prof. Kucsera ha sottolineato il valore internazionale della cooperazione scientifica delle varie istituzioni per il programma di Macheronte.
(Foto: Klára Várhelyi)
Fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa ha rievocato gli inizi della presenza francescana nella terra di Gesù: “Lungo i secoli la presenza francescana si radicò in Terra Santa grazie alle indicazioni date dallo stesso san Francesco, grazie all’impegno politico diplomatico ed economico dei re di Napoli e grazie infine al mandato pontificio del 1342, quando papa Clemente VI affidò ai frati minori il compito di dimorare nei santuari ‘celebrando messe cantate e divini uffici’. E la presenza della Custodia di Terra Santa è divenuta sempre più una presenza legata ai santuari cristiani, poi alle parrocchie e alle opere sociali nate lungo i secoli, quali le scuole di Terra Santa. Non va dimenticato che il legame tra il francescanesimo e la nazione ungherese si sviluppò in quella fiorente stagione iniziale della nostra storia anche grazie a una figlia di re Andrea II, santa Elisabetta d’Ungheria che contribuì a offrire della spiritualità francescana anche una versione adatta ai laici.”
Il Padre Custode ha voluto ricordare anche la sua recente visita in Ungheria: “Desidero approfittare di questa occasione anche per esprimere la gratitudine della Custodia di Terra Santa nei confronti del Governo e del popolo ungherese, non solo per quanto ha fatto in passato ma anche per quello che sta facendo oggi, in modo particolare per le minoranze cristiane che vivono in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Di recente ho avuto modo di visitare ufficialmente Budapest e incontrare le Autorità del Governo Ungherese proprio per rinnovare questa amicizia e questa collaborazione. E desidero esprimere la riconoscenza della Custodia di Terra Santa per l’impegno assunto dal Governo Ungherese di sostenere due nostri progetti, uno relativo al completamento di una scuola per i ragazzi della locale minoranza cristiana e l’altro relativo al Terra Sancta Museum, che vuol essere un luogo della memoria e dell’identità cristiana a Gerusalemme, nonché un luogo di cultura e perciò di dialogo tra persone di culture e fedi differenti.”


Rivolgendosi ai Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro Fra Patton ha sottolineato che “per noi frati della Custodia l’archeologia biblica è importante per due motivi: primo perché non abbiamo paura della verità che si trova scavando e secondo perché in quanto francescani abbiamo un particolare amore per il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio in Gesù di Nazareth, e l’archeologia ci fa toccare con mano che la nostra fede non si basa su un mito ma su una realtà che ha la consistenza e la concretezza anche della terra e delle pietre.”
Il Decano dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, Fra Rosario Pierri ha tenuto una introduzione sull’importanza delle indagini archeologiche in Terra Santa e, in particolare a Macheronte. “La missione di preservare i luoghi santi non è mai stato fine a sé stesso, non si riduce solamente alla scoperta e la conservazione dei siti. Deve invece divenire una ricerca appassionata per le radici della nostra fede, guardando prima di tutto ai testi sacri e poi all’ambiente in cui Gesù e la sua prima comunità di discepoli ha vissuto” – ha richiamato Fra Pierri. In questo contesto “l’attenzione al territorio e alle evidenze archeologiche che alcuni esegeti del passato ritenevano superflua, è invece una chiave preziosa che permette di ricostruire, senza alcuna pretesa di assolutezza, l’ambiente in cui visse Nostro Signore Gesù”.
Fra Pierri ha ricordato che “quando il Prof. Vörös parla di Macheronte, trasmette una passione che io non ho mai incontrato ascoltando altri archeologi che parlano dei loro scavi, anzi, nel parlare di alcuni dettagli in privato egli si commuove fino alle lacrime”. E lo fa perché crede fermamente, sostenuto da buone ragioni, che Macheronte sia stato lo scenario della condanna e della decapitazione di San Giovanni Battista”. Il Decano ha concluso con l’auspicio che Macheronte entrasse nel prossimo futuro tra le mete dei pellegrinaggi affinché possa ispirare i visitatori l’esempio del Battista che ha indicato in Gesù “l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,29).
L’attesa presentazione del Professor Győző Vörös è stata illustrata da un notevole apparato di immagini fotografiche ad aiutare i presenti non solo ad immaginare il sito, colpiti dalla sua bellezza, ma anche a lasciarsi toccare dalla storia umana cui esso fu teatro.
I resti della fortezza di Macheronte sono una sorta di “capsula del tempo” proveniente dall’epoca in cui Gesù Cristo ha vissuto in quelle terre. Essa, infatti, fu costruita nel I secolo A.C. dalla dinastia degli Asmonei, e distrutta prima nel 36 D.C. dai Nabatei e poi definitivamente nel 71 D.C. dai romani, senza che poi il sito venisse nuovamente edificato. Quindi gli archeologi possono studiare con più facilità come fosse la cittadella e il palazzo di Erode il Grande, passato in eredità al figlio Erode Antipa.
Il Prof. Győző Vörös presenta il sito di Macheronte (foto: Klára Várhelyi)
Il monte che si erge vicino al villaggio di Mukawer, in Giordania, venne identificato con il sito di Macheronte da parte dello studioso tedesco August Strobel nel 1965. Egli scoprì attorno ad esso un sistema di circonvallazione, ossia vallo fortificato che i romani costruivano attorno alle fortezze da espugnare. E si sapeva dalle fonti antiche che da quelle parti solo Macheronte venne conquistato dai romani con tale sistema. Il legame di Giovanni Battista con la fortezza di Macheronte è, invece, testimoniato da Giuseppe Flavio che nelle sue “Antichità giudaiche” affermò che proprio lì il Precursore venne incarcerato e messo a morte.
Gli scavi vennero iniziati da un gruppo di archeologi americani nel 1968, continuati poi dai frati italiani dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, Fra Virgilio Corbo (1978-1981) e Fra Michele Piccirillo (1992-1993). I loro risultati e l’eredità scientifica vengono valorizzati, a partire dal 2009, dalla missione archeologica ungherese patrocinata dall’Accademia Ungherese delle Arti, sotto l’alto patronato del Principe El-Hassan bin Talal di Giordania che ne sostiene l’operato. Nella campagna di scavi di Macheronte collaborano diverse istituzioni scientifiche come lo Studium Biblicum Franciscanum, l’École Biblique et Archéologique, nonché l’Accademia Ungherese delle Arti e la Royal Department of Antiquities della Giordania.
Tra i risultati più interessanti degli scavi va menzionata la scoperta del bagno rituale (mikhveh) ad uso del re. Ma è qui che si può trovare il miglior parallelismo architettonico del famoso lithostrotos o gabbatha, cortile lastricato del pretorio di Pilato in Gerusalemme, dove venne pronunciata la sentenza su Gesù. Molto vistose sono anche le due colonne del palazzo, una dorica e una ionica, che è stato possibile ricostruire in modo autentico, con l’utilizzo delle parti originali ritrovate in loco. Si tratta, afferma il Prof. Vörös, delle uniche ricostruzioni autentiche di edifici erodiani. Grazie a queste colonne si è anche potuto appurare, in base all’unità di misura utilizzata, che a costruire il palazzo, dovessero essere stati degli architetti egiziani.
Alcuni dettagli possono aiutare anche ad immaginare il banchetto di Erode Antipa risultato fatale per il Battista: secondo il Prof. Vörös, in base ai reperti di ceramiche, si può ipotizzare che a quella famosa festa re Erode utilizzasse un servizio da tavola ereditato dagli propri antenati. A presentare i risultati sono tre monografie a cura del Prof. Győző Vörös, edite dalle Edizioni Terra Santa in inglese. Il terzo volume, pubblicato nel 2019, è introdotto dalla prefazione del Cardinale Gianfranco Ravasi.
Grazie agli scavi si può ormai ricostruire l’aspetto della fortezza di Macheronte, che è praticamente l’unico luogo biblico autenticato sia dalle fonti scritte che da quelle archeologiche. Il sogno del Prof. Vörös è che le immagini di Macheronte entrino nei libri di catechismo e di religione per aiutare a comprendere il tempo di Gesù e la persona del Suo Precursore. Infatti, la scena della decapitazione di San Giovanni Battista, raffigurata innumerevoli volte nell’arte, può essere ormai ambientata nella sua realtà storica.
Relatori e organizzatori della conferenza su Macheronte all'Accademia d'Ungheria in Roma, 22 novembre 2019
(foto: Klára Várhelyi)


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