Il sito di Macheronte in Giordania, non lontano dal Mar Morto (foto: Győző Vörös) |
Il complesso fortificato
di Macheronte (Machaerus), edificato
non lontano dalla sponda orientale del Mar Morto, fungeva come baluardo
orientale del regno di Erode il Grande. Secondo la testimonianza di Giuseppe
Flavio e di Eusebio di Cesarea fu qui che Erode Antipa fece rinchiudere e poi
decapitare San Giovanni Battista. La fortezza, distrutta dai romani nel corso
della prima rivolta giudaica, è molto più di un sito archeologico: è il teatro
della vicenda dei personaggi evangelici come San Giovanni Battista, Erode il
Grande, Erode Antipa, Erodiade e Salome. Sulla scia delle prime indagini
condotte dallo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, dal 2009
l’archeologo dell’Accademia Ungherese di Belle Arti, il Prof. Győző Vörös
conduce una campagna di scavi archeologici che stanno rivelando affascinanti
dettagli sull’epoca in cui Gesù ha vissuto in quella stessa regione.
La storia e l’importanza
di Macheronte sono state presentate dal Prof. Győző Vörös nel corso di un
evento organizzato dall’Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede e dall’Ordine
Equestre del S. Sepolcro il 22 novembre, presso l’Accademia d’Ungheria in Roma.
Presente all’evento anche il Custode di Terra Santa Fra Francesco Patton che ha
lodato l’impegno ungherese per la Terra Santa.
Salutando i presenti il
Prof. Lorenzo De Notaristefani, Preside della Sezione Roma dell’Ordine del
Santo Sepolcro ha richiamato l’importanza di Macheronte e della figura di S.
Giovanni Battista per i membri dell’Ordine del S. Sepolcro.
Prof. Lorenzo de Notaristefani OESSG, Fra Francesco Patton OFM, Amb. Eduard Habsburg-Lothringen, Fra Rosario Pierri OFM, Prof. Tamás Gergely Kucsera (foto: Klára Várhelyi) |
L’Ambasciatore d’Ungheria
Eduard Habsburg-Lothringen ha accennato brevemente agli antichi e significativi
legami dell’Ungheria con la Terra Santa. Un primo ospizio ungherese a Gerusalemme
fu stabilito da re Santo Stefano, mentre l’attuale Ospizio Austro-Ungarico
della Sacra Famiglia venne fondato da Francesco Giuseppe I. I re d’Ungheria nel
medioevo hanno avuto il merito di riaprire e di garantire il cammino attraverso
l’Ungheria verso la Terra Santa proprio. 800 anni fa Andrea II d’Ungheria si
recò di persona in Terra Santa, nell’ambito della Quinta Crociata. Secondo una
tradizione fu proprio con le stesse navi che i primi francescani raggiunsero la
Terra Santa. Anche oggi vi è una attenzione ungherese verso il Medio Oriente
che si concretizza in aiuti concreti alle comunità cristiane bisognose tra
Iraq, Siria, Libano, Giordania. Di quest’attenzione fa parte anche la missione
archeologica del Prof. Győző Vörös.
Il Segretario Generale
dell’Accademia Ungherese delle Arti di Budapest, Prof. Tamás Gergely Kucsera,
ha illustrato i meriti del Prof. Vörös, membro onorario del sodalizio, autore di
diversi libri e articoli scientifici su temi dell’antichità e dell’archeologia.
Il Prof. Vörös ha diretto scavi archeologici in Egitto, a Tebe ed Alessandria
(1994–2004), poi in Cipro, a Pafo (2004–2009). Dal 2009 conduce gli scavi a
Macheronte in Giordania nell’ambito della Missione Archeologica Ungherese,
sostenuto in parte dall’Accademia Ungherese delle Arti. Il Prof. Kucsera ha
sottolineato il valore internazionale della cooperazione scientifica delle
varie istituzioni per il programma di Macheronte.
(Foto: Klára Várhelyi) |
Fra Francesco Patton,
Custode di Terra Santa ha rievocato gli inizi della presenza francescana nella
terra di Gesù: “Lungo i secoli la presenza francescana si radicò in Terra Santa
grazie alle indicazioni date dallo stesso san Francesco, grazie all’impegno
politico diplomatico ed economico dei re di Napoli e grazie infine al mandato
pontificio del 1342, quando papa Clemente VI affidò ai frati minori il compito
di dimorare nei santuari ‘celebrando messe cantate e divini uffici’. E la
presenza della Custodia di Terra Santa è divenuta sempre più una presenza
legata ai santuari cristiani, poi alle parrocchie e alle opere sociali nate
lungo i secoli, quali le scuole di Terra Santa. Non va dimenticato che il
legame tra il francescanesimo e la nazione ungherese si sviluppò in quella fiorente
stagione iniziale della nostra storia anche grazie a una figlia di re Andrea II,
santa Elisabetta d’Ungheria che contribuì a offrire della spiritualità
francescana anche una versione adatta ai laici.”
Il Padre Custode ha
voluto ricordare anche la sua recente visita in Ungheria: “Desidero approfittare
di questa occasione anche per esprimere la gratitudine della Custodia di Terra
Santa nei confronti del Governo e del popolo ungherese, non solo per quanto ha
fatto in passato ma anche per quello che sta facendo oggi, in modo particolare
per le minoranze cristiane che vivono in Terra Santa e in tutto il Medio
Oriente. Di recente ho avuto modo di visitare ufficialmente Budapest e
incontrare le Autorità del Governo Ungherese proprio per rinnovare questa
amicizia e questa collaborazione. E desidero esprimere la riconoscenza della
Custodia di Terra Santa per l’impegno assunto dal Governo Ungherese di
sostenere due nostri progetti, uno relativo al completamento di una scuola per
i ragazzi della locale minoranza cristiana e l’altro relativo al Terra Sancta
Museum, che vuol essere un luogo della memoria e dell’identità cristiana a
Gerusalemme, nonché un luogo di cultura e perciò di dialogo tra persone di
culture e fedi differenti.”
Rivolgendosi ai
Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro Fra Patton ha sottolineato che “per noi
frati della Custodia l’archeologia biblica è importante per due motivi: primo
perché non abbiamo paura della verità che si trova scavando e secondo perché in
quanto francescani abbiamo un particolare amore per il mistero
dell’incarnazione del Figlio di Dio in Gesù di Nazareth, e l’archeologia ci fa
toccare con mano che la nostra fede non si basa su un mito ma su una realtà che
ha la consistenza e la concretezza anche della terra e delle pietre.”
Il Decano dello Studium Biblicum
Franciscanum di Gerusalemme, Fra Rosario Pierri ha tenuto una introduzione sull’importanza
delle indagini archeologiche in Terra Santa e, in particolare a Macheronte. “La
missione di preservare i luoghi santi non è mai stato fine a sé stesso, non si
riduce solamente alla scoperta e la conservazione dei siti. Deve invece
divenire una ricerca appassionata per le radici della nostra fede, guardando
prima di tutto ai testi sacri e poi all’ambiente in cui Gesù e la sua prima comunità
di discepoli ha vissuto” – ha richiamato Fra Pierri. In questo contesto “l’attenzione
al territorio e alle evidenze archeologiche che alcuni esegeti del passato
ritenevano superflua, è invece una chiave preziosa che permette di ricostruire,
senza alcuna pretesa di assolutezza, l’ambiente in cui visse Nostro Signore Gesù”.
Fra Pierri ha ricordato che “quando il Prof. Vörös parla di Macheronte,
trasmette una passione che io non ho mai incontrato ascoltando altri archeologi
che parlano dei loro scavi, anzi, nel parlare di alcuni dettagli in privato egli
si commuove fino alle lacrime”. E lo fa perché crede fermamente, sostenuto da
buone ragioni, che Macheronte sia stato lo scenario della condanna e della
decapitazione di San Giovanni Battista”. Il Decano ha concluso con l’auspicio
che Macheronte entrasse nel prossimo futuro tra le mete dei pellegrinaggi affinché
possa ispirare i visitatori l’esempio del Battista che ha indicato in Gesù “l’Agnello
di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,29).
L’attesa presentazione
del Professor Győző Vörös è stata illustrata da un notevole apparato di
immagini fotografiche ad aiutare i presenti non solo ad immaginare il sito, colpiti
dalla sua bellezza, ma anche a lasciarsi toccare dalla storia umana cui esso fu
teatro.
I resti della fortezza
di Macheronte sono una sorta di “capsula del tempo” proveniente dall’epoca in
cui Gesù Cristo ha vissuto in quelle terre. Essa, infatti, fu costruita nel I
secolo A.C. dalla dinastia degli Asmonei, e distrutta prima nel 36 D.C. dai
Nabatei e poi definitivamente nel 71 D.C. dai romani, senza che poi il sito
venisse nuovamente edificato. Quindi gli archeologi possono studiare con più facilità
come fosse la cittadella e il palazzo di Erode il Grande, passato in eredità al
figlio Erode Antipa.
Il Prof. Győző Vörös presenta il sito di Macheronte (foto: Klára Várhelyi) |
Il monte che si erge
vicino al villaggio di Mukawer, in Giordania, venne identificato con il sito di
Macheronte da parte dello studioso tedesco August Strobel nel 1965. Egli scoprì
attorno ad esso un sistema di circonvallazione, ossia vallo fortificato che i
romani costruivano attorno alle fortezze da espugnare. E si sapeva dalle fonti
antiche che da quelle parti solo Macheronte venne conquistato dai romani con
tale sistema. Il legame di Giovanni Battista con la fortezza di Macheronte è,
invece, testimoniato da Giuseppe Flavio che nelle sue “Antichità giudaiche” affermò
che proprio lì il Precursore venne incarcerato e messo a morte.
Gli scavi vennero
iniziati da un gruppo di archeologi americani nel 1968, continuati poi dai frati
italiani dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, Fra Virgilio Corbo
(1978-1981) e Fra Michele Piccirillo (1992-1993). I loro risultati e l’eredità
scientifica vengono valorizzati, a partire dal 2009, dalla missione
archeologica ungherese patrocinata dall’Accademia Ungherese delle Arti, sotto l’alto
patronato del Principe El-Hassan bin Talal di Giordania che ne sostiene l’operato.
Nella campagna di scavi di Macheronte collaborano diverse istituzioni
scientifiche come lo Studium Biblicum Franciscanum, l’École Biblique et
Archéologique, nonché l’Accademia Ungherese delle Arti e la Royal Department of
Antiquities della Giordania.
Tra i risultati più
interessanti degli scavi va menzionata la scoperta del bagno rituale (mikhveh) ad uso del re. Ma è qui che si può
trovare il miglior parallelismo architettonico del famoso lithostrotos o gabbatha,
cortile lastricato del pretorio di Pilato in Gerusalemme, dove venne pronunciata
la sentenza su Gesù. Molto vistose sono anche le due colonne del palazzo, una
dorica e una ionica, che è stato possibile ricostruire in modo autentico, con l’utilizzo
delle parti originali ritrovate in loco. Si tratta, afferma il Prof. Vörös,
delle uniche ricostruzioni autentiche di edifici erodiani. Grazie a queste
colonne si è anche potuto appurare, in base all’unità di misura utilizzata, che
a costruire il palazzo, dovessero essere stati degli architetti egiziani.
Alcuni dettagli possono
aiutare anche ad immaginare il banchetto di Erode Antipa risultato fatale per il
Battista: secondo il Prof. Vörös, in base ai reperti di ceramiche, si può
ipotizzare che a quella famosa festa re Erode utilizzasse un servizio da tavola
ereditato dagli propri antenati. A presentare i risultati sono tre monografie a
cura del Prof. Győző Vörös, edite dalle Edizioni Terra Santa in inglese. Il
terzo volume, pubblicato nel 2019, è introdotto dalla prefazione del Cardinale Gianfranco
Ravasi.
Grazie agli scavi si può
ormai ricostruire l’aspetto della fortezza di Macheronte, che è praticamente l’unico
luogo biblico autenticato sia dalle fonti scritte che da quelle archeologiche.
Il sogno del Prof. Vörös è che le immagini di Macheronte entrino nei libri di
catechismo e di religione per aiutare a comprendere il tempo di Gesù e la
persona del Suo Precursore. Infatti, la scena della decapitazione di San
Giovanni Battista, raffigurata innumerevoli volte nell’arte, può essere ormai
ambientata nella sua realtà storica.
Relatori e organizzatori della conferenza su Macheronte all'Accademia d'Ungheria in Roma, 22 novembre 2019 (foto: Klára Várhelyi) |
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