sabato 13 luglio 2019

Retroscena della visita di Papa Francesco a Csíksomlyó


Una settimana dopo la visita del Santo Padre, la sella del Monte Somlyó si è di nuovo riempita di oltre centomila fedeli per l'annuale pellegrinaggio al Santuario di Csíksomlyó, sabato 8 giugno 2019.
Pellegrinaggio a Csíksomlyó - una settimana dopo la visita del Papa (foto: Romkat.ro)
Trascorse le celebrazioni, a nome dei responsabili dell’organizzazione dell’accoglienza di Papa Francesco a Csíksomlyó (Sumuleu Ciuc) in Romania, la Dott.ssa Márta Bodó ha voluto condividere, sul sito diocesano “Romkat.ro”, alcune impressioni e dei retroscena dello storico evento.

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Papa Francesco durante la Messa a Csíksomlyó (foto: Zsolt Tamási)
Dopo la visita del papa ci sono ancora delle cose da elaborare per poter “imbastire il futuro” – come ha richiesto Papa Francesco nella sua omelia. Ha anche detto che “le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate”, così pure le ferite causate vicendevolmente. Non penso che “il lavoro artigianale di tessere insieme il futuro” voglia dire che dobbiamo nascondere queste ferite. Sono convinto che indicare le ferite del passato, ma soprattutto quelle del presente, aiuta a versare acqua pulita nel bicchiere, altrimenti tutto si baserà su fondamenti falsi. Tuttavia le ferite “non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna”.

Le ferite, usando la parabola di Papa Francesco dall’ospedale del campo, hanno bisogno di cure. Questo è il compito della Chiesa e della comunità dei fedeli. Curare e curarsi però si può soltanto se sappiamo dove ci fa male e facciamo vedere la ferita dolorante. Finché rimane nascosto, non può avere la sua cura. La riconciliazione viene dopo aver confessato le cose. Con le parole di Papa Francesco: “Il mistero della elezione da parte di Dio, che pone i suoi occhi sul debole per confondere i forti, ci spinge e incoraggia anche noi a dire “sì” per percorrere i sentieri della riconciliazione… chi rischia, il Signore non lo delude!”.

Stiamo elaborando, analizzando, assaggiando le parole del Papa che ci ha lasciato tante cose da fare. Dobbiamo interpretare e capire bene tutto. Dobbiamo ragionare dentro di noi e tra di noi sui significati dei messaggi e sulle possibilità di realizzarli. Alcuni di noi hanno già iniziato questo processo, ci confrontiamo non per litigare oppure per convincere o battere l’altro con le parole, ma per fare un passo avanti sulla via della conoscenza dell’altro e poi su quella della riconciliazione dicendo la verità… Perché Papa Francesco ha rischiato di venire qui lontano, nella sella attraverso strade dissestate per incoraggiarci a rischiare, per dire la verità invece dei pregiudizi superficiali o delle cliché formati l’uno dall’altro, e poi per mettere disinfettante sulle ferite che prima fanno male ma poi però iniziano a guarire.

(…)

Il 1 giugno è iniziato con un diluvio, e tutti dovevano passare in un mare di fango verso il luogo della Santa Messa nella sella del Monte Somlyó. Alcuni hanno dovuto togliere l’impermeabile per far vedere ai controlli della sicurezza cosa avevano con sé. Ogni pellegrino è stato messo alla prova ma ce l’ha fatta. Durante il rosario, in attesa del Papa, ha smesso di piovere, la nebbia si è alzata, e sui grandi schermi si vedevano solo volti sorridenti, nessuno sembrava provato: né chi ha viaggiato tutta la notte, né quelli che sono arrivati con la bici o a piedi o dopo un lungo pellegrinaggio di diversi giorni, e neppure gli organizzatori diocesani, che invece erano stati messi a dura prova il giorno precedente.

Casula usata da Papa Francesco a Csíksomlyó
la
polizia romena ha fatto togliere la scritta in ungherese "Camminiamo insieme"

Ѐ anche venuto fuori che bisognava togliere la scritta ungherese del logo dalla casula papale – e con questo fatto è stato parzialmente modificato il design artistico di Cristina Sabău Trifu (l’artista che ha disegnato le vesti liturgiche del Papa per la messa nel santuario di Csíksomlyó). Nonostante tutto questo, è stata una soddisfazione vedere sia dal vivo che sugli schermi, l’armonia della casula e della mitra papale. È stato altrettanto bello sperimentare il coordinamento e la disciplina dell’assistenza liturgica dei seminaristi, dopo che la sera precedente, solo all’ultimo momento, hanno potuto portare, preparare e sistemare molte cose… Pure il comitato liturgico della visita papale ha lavorato fino a tarda sera perché, per qualche spigolosità della sicurezza romena, ha dovuto perdere tempo nell’accedere al luogo della celebrazione e, di conseguenza, ha fatto tardi nel mettere a posto gli arredi liturgici e preparare l’altare per il giorno dopo. Praticamente non c’è stato tempo di fare le prove.

Dopo le esperienze dell’ultimo giorno dei preparativi, Péterfi Attila ha detto: „In questi giorni ho avuto la sensazione che siamo destinati a combattere una lotta più grande di noi. Dolore, croce, prove, pioggia, fango, nervosismo, umiliazioni… Abbiamo combattuto nella fede la battaglia dei forti e in tanti abbiamo riportato delle ferite... mentre volevamo soltanto fare il nostro compito. Esattamente come abbiamo fatto per i quattro mesi precedenti. C’era un vento contrario fortissimo ed il compito era altissimo. Il sole, anche se difficilmente, ha vinto contro le nuvole e ha avuto la sua vittoria.

Il Papa saluta Fra Erik Urbán OFM, rettore del Santuario di Csíksomlyó
e Provinciale dei Frati Minori di Transilvania
A Csíksomlyó il Papa è arrivato da Marosvásárhely (Targu Mures), perché il meteo gli ha cambiato i piani, non si poteva rischiare un viaggio in elicottero. È assolutamente da apprezzare che mentre alcuni personaggi di minore importanza disdicono i loro programmi in caso di cattivo tempo, il Papa, nonostante ogni difficoltà, ha voluto venire lo stesso a Csíksomlyó! Se sembrava stanco durante la messa, era per questo motivo. Non è facile viaggiare a 80 anni attraversando mezzo mondo, tra valli e montagne...

Il Santo Padre nella Casa Jakab Antal con gli organizzatori e Mons. Jakubinyi
A causa dei cambiamenti continui del programma di viaggio a Csíksomlyó, anche il personale della Casa Antal Jakab stava in costante allerta: hanno aspettato il Santo Padre per colazione, poi gli hanno preparato il pranzo il quale, alla fine, si è trasformato in un buffet in piedi. Dopo la Santa Messa celebrata nella sella, Papa Francesco, nel cortile della Casa Jakab Antal, ha incontrato i suoi fedeli diversamente abili, quelli sulla sedia rotelle e i sofferenti di altre malattie. Qui si è già visto che lo spirito del luogo lo aveva toccato, da subito si è trovato bene tra i bisognosi che ha benedetto uno a uno. Nella sala da pranzo l’hanno aspettato con un brodo di verdure e con delle fette di pollo, del pesce con patate e verdure miste. Dopo solamente un quarto d’ora il Papa si è ritirato a riposare per un po’, per poi dirigersi verso la successiva tappa del suo viaggio.

I rigidi addetti alla sicurezza del giorno prima si sono tranquillizzati dopo aver visto una folla di gente in preghiera, una comunità raccolta e senza alcuna traccia di mosse politiche e anche loro hanno cominciato a guardare i pellegrini diversamente. Così sono stati capaci addirittura di aiutare le persone che stavano per scivolare nel fango anziché guardarli con sospetto. Ѐ fuori dubbio che la polizia, abituata a gente che altrove si calpesta anche per l’acqua santa, qui ha potuto sperimentare la disciplina di questi pellegrini. In questa folla di pellegrini erano presenti anche i gruppi dei cattolici rumeni, quelli dei bulgari del Banato e quelli dei csángó. Tutti erano venuti qui per vedere il Papa e per chiedere l’intercessione della Madonna di Csíksomlyó.

Il nostro collega Cristian Micaci, che viaggiava con i giornalisti sul volo papale, ha descritto così l’esperienza dei suoi colleghi: i giornalisti internazionali solitamente si concentrano sul messaggio del Papa, cosa dice in quel luogo preciso. Ho avuto modo di vedere il loro stupore per quanto riguarda il posto, quando siamo arrivati nella sella. Loro infatti non sono abituati ad accompagnare il Papa in luoghi come quello. Non capivano perché non si poteva accogliere il Papa dove solitamente si fa: nei centri delle città, vie o piazze asfaltate. Invece quando siamo arrivati e hanno visto la folla di gente che stava lì nonostante il meteo sfavorevole – quando siamo arrivati noi nella sella c’era ancora la nebbia ovunque e pioveva forte – hanno capito che il luogo aveva una forte carica e proprio per questo bisognava accogliere il Papa lì. L’intensità spirituale dell’evento, la folla numerosa hanno suscitato il loro interesse. È stato a Csíksomlyó dove la presenza della Chiesa si è manifestata più numerosa durante il viaggio.

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