Una settimana dopo la visita del Santo Padre, la sella del Monte Somlyó si è di nuovo riempita di oltre centomila fedeli per l'annuale pellegrinaggio al Santuario di Csíksomlyó, sabato 8 giugno 2019.
Trascorse le celebrazioni, a nome
dei responsabili dell’organizzazione dell’accoglienza di Papa Francesco a Csíksomlyó
(Sumuleu Ciuc) in Romania, la Dott.ssa Márta Bodó ha voluto condividere, sul sito
diocesano “Romkat.ro”, alcune impressioni e dei retroscena dello storico
evento.
Pellegrinaggio a Csíksomlyó - una settimana dopo la visita del Papa (foto: Romkat.ro) |
* * *
Papa Francesco durante la Messa a Csíksomlyó (foto: Zsolt Tamási) |
Dopo la visita del papa ci sono ancora delle cose da
elaborare per poter “imbastire il futuro” – come ha richiesto Papa Francesco
nella sua omelia. Ha anche detto che “le complesse e tristi vicende del passato
non vanno dimenticate o negate”, così pure le ferite causate vicendevolmente.
Non penso che “il lavoro artigianale di tessere insieme il futuro” voglia dire che
dobbiamo nascondere queste ferite. Sono convinto che indicare le ferite del
passato, ma soprattutto quelle del presente, aiuta a versare acqua pulita nel
bicchiere, altrimenti tutto si baserà su fondamenti falsi. Tuttavia le ferite
“non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una
agognata convivenza fraterna”.
Le ferite, usando la parabola di Papa Francesco dall’ospedale
del campo, hanno bisogno di cure. Questo è il compito della Chiesa e della
comunità dei fedeli. Curare e curarsi però si può soltanto se sappiamo dove ci
fa male e facciamo vedere la ferita dolorante. Finché rimane nascosto, non può avere
la sua cura. La riconciliazione viene dopo aver confessato le cose. Con le
parole di Papa Francesco: “Il mistero della elezione da parte di Dio, che pone
i suoi occhi sul debole per confondere i forti, ci spinge e incoraggia anche
noi a dire “sì” per percorrere i sentieri della riconciliazione… chi rischia,
il Signore non lo delude!”.
Stiamo elaborando, analizzando, assaggiando le
parole del Papa che ci ha lasciato tante cose da fare. Dobbiamo interpretare e
capire bene tutto. Dobbiamo ragionare dentro di noi e tra di noi sui
significati dei messaggi e sulle possibilità di realizzarli. Alcuni di noi hanno
già iniziato questo processo, ci confrontiamo non per litigare oppure per
convincere o battere l’altro con le parole, ma per fare un passo avanti sulla
via della conoscenza dell’altro e poi su quella della riconciliazione dicendo
la verità… Perché Papa Francesco ha rischiato di venire qui lontano, nella sella
attraverso strade dissestate per incoraggiarci a rischiare, per dire la verità
invece dei pregiudizi superficiali o delle cliché formati l’uno dall’altro, e
poi per mettere disinfettante sulle ferite che prima fanno male ma poi però
iniziano a guarire.
(…)
Il 1 giugno è iniziato con un diluvio, e tutti dovevano
passare in un mare di fango verso il luogo della Santa Messa nella sella del
Monte Somlyó. Alcuni hanno dovuto togliere l’impermeabile per far vedere ai
controlli della sicurezza cosa avevano con sé. Ogni pellegrino è stato messo
alla prova ma ce l’ha fatta. Durante il rosario, in attesa del Papa, ha smesso
di piovere, la nebbia si è alzata, e sui grandi schermi si vedevano solo volti
sorridenti, nessuno sembrava provato: né chi ha viaggiato tutta la notte, né
quelli che sono arrivati con la bici o a piedi o dopo un lungo pellegrinaggio
di diversi giorni, e neppure gli organizzatori diocesani, che invece erano
stati messi a dura prova il giorno precedente.
Casula usata da Papa Francesco a Csíksomlyó la polizia romena ha fatto togliere la scritta in ungherese "Camminiamo insieme" |
Ѐ anche venuto fuori che bisognava togliere la scritta ungherese del logo dalla casula papale – e con questo fatto è stato parzialmente modificato il design artistico di Cristina Sabău Trifu (l’artista che ha disegnato le vesti liturgiche del Papa per la messa nel santuario di Csíksomlyó). Nonostante tutto questo, è stata una soddisfazione vedere sia dal vivo che sugli schermi, l’armonia della casula e della mitra papale. È stato altrettanto bello sperimentare il coordinamento e la disciplina dell’assistenza liturgica dei seminaristi, dopo che la sera precedente, solo all’ultimo momento, hanno potuto portare, preparare e sistemare molte cose… Pure il comitato liturgico della visita papale ha lavorato fino a tarda sera perché, per qualche spigolosità della sicurezza romena, ha dovuto perdere tempo nell’accedere al luogo della celebrazione e, di conseguenza, ha fatto tardi nel mettere a posto gli arredi liturgici e preparare l’altare per il giorno dopo. Praticamente non c’è stato tempo di fare le prove.
Dopo le esperienze dell’ultimo giorno dei
preparativi, Péterfi Attila ha detto: „In questi giorni ho avuto la sensazione
che siamo destinati a combattere una lotta più grande di noi. Dolore, croce,
prove, pioggia, fango, nervosismo, umiliazioni… Abbiamo combattuto nella fede
la battaglia dei forti e in tanti abbiamo riportato delle ferite... mentre
volevamo soltanto fare il nostro compito. Esattamente come abbiamo fatto per i quattro
mesi precedenti. C’era un vento contrario fortissimo ed il compito era
altissimo. Il sole, anche se difficilmente, ha vinto contro le nuvole e ha
avuto la sua vittoria.
Il Papa saluta Fra Erik Urbán OFM, rettore del Santuario di Csíksomlyó e Provinciale dei Frati Minori di Transilvania |
A Csíksomlyó il Papa è arrivato da Marosvásárhely
(Targu Mures), perché il meteo gli ha cambiato i piani, non si poteva rischiare
un viaggio in elicottero. È assolutamente da apprezzare che mentre alcuni personaggi
di minore importanza disdicono i loro programmi in caso di cattivo tempo, il
Papa, nonostante ogni difficoltà, ha voluto venire lo stesso a Csíksomlyó! Se
sembrava stanco durante la messa, era per questo motivo. Non è facile viaggiare
a 80 anni attraversando mezzo mondo, tra valli e montagne...
Il Santo Padre nella Casa Jakab Antal con gli organizzatori e Mons. Jakubinyi |
A causa dei cambiamenti continui del programma di
viaggio a Csíksomlyó, anche il personale della Casa Antal Jakab stava in costante
allerta: hanno aspettato il Santo Padre per colazione, poi gli hanno preparato
il pranzo il quale, alla fine, si è trasformato in un buffet in piedi. Dopo la
Santa Messa celebrata nella sella, Papa Francesco, nel cortile della Casa Jakab
Antal, ha incontrato i suoi fedeli diversamente abili, quelli sulla sedia
rotelle e i sofferenti di altre malattie. Qui si è già visto che lo spirito del
luogo lo aveva toccato, da subito si è trovato bene tra i bisognosi che ha
benedetto uno a uno. Nella sala da pranzo l’hanno aspettato con un brodo di
verdure e con delle fette di pollo, del pesce con patate e verdure miste. Dopo
solamente un quarto d’ora il Papa si è ritirato a riposare per un po’, per poi
dirigersi verso la successiva tappa del suo viaggio.
I rigidi addetti alla sicurezza del giorno prima si
sono tranquillizzati dopo aver visto una folla di gente in preghiera, una
comunità raccolta e senza alcuna traccia di mosse politiche e anche loro hanno cominciato
a guardare i pellegrini diversamente. Così sono stati capaci addirittura di
aiutare le persone che stavano per scivolare nel fango anziché guardarli con
sospetto. Ѐ fuori dubbio che la
polizia, abituata a gente che altrove si calpesta anche per l’acqua santa, qui
ha potuto sperimentare la disciplina di questi pellegrini. In questa folla di
pellegrini erano presenti anche i gruppi dei cattolici rumeni, quelli dei
bulgari del Banato e quelli dei csángó. Tutti erano venuti qui per vedere il
Papa e per chiedere l’intercessione della Madonna di Csíksomlyó.
Il nostro collega Cristian Micaci, che viaggiava con
i giornalisti sul volo papale, ha descritto così l’esperienza dei suoi
colleghi: i giornalisti internazionali solitamente si concentrano sul messaggio
del Papa, cosa dice in quel luogo preciso. Ho avuto modo di vedere il loro
stupore per quanto riguarda il posto, quando siamo arrivati nella sella. Loro
infatti non sono abituati ad accompagnare il Papa in luoghi come quello. Non
capivano perché non si poteva accogliere il Papa dove solitamente si fa: nei
centri delle città, vie o piazze asfaltate. Invece quando siamo arrivati e hanno
visto la folla di gente che stava lì nonostante il meteo sfavorevole – quando
siamo arrivati noi nella sella c’era ancora la nebbia ovunque e pioveva forte –
hanno capito che il luogo aveva una forte carica e proprio per questo bisognava
accogliere il Papa lì. L’intensità spirituale dell’evento, la folla numerosa
hanno suscitato il loro interesse. È stato a Csíksomlyó dove la presenza della Chiesa
si è manifestata più numerosa durante il viaggio.
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