Vescovi dell'Europa centro-orientale a Bratislava (foto: Magyar Kurír, CCEE) |
Si è svolto il 6-7 settembre 2018 a Bratislava (Slovacchia)
l’incontro dei rappresentanti
delle Conferenze episcopali dell'Europa centro-orientale. Vi hanno partecipato rappresentanti degli
Episcopati della Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Croazia,
Ucraina, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina, della Conferenza internazionale dei
SS. Cirillo e Metodio, nonché la Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali
Europee (CCEE). L’Ungheria era rappresentata dal Primate, il Card. Péter Erdő e
dal Presidente della Conferenza Episcopale, Mons. András Veres.
Tra altri temi si sono occupati dell’aiuto
ai cristiani perseguitati del Medio Oriente, e della cooperazione in Europa,
come risulta dal loro comunicato:
“Negli ultimi anni, le diocesi della
regione hanno svolto diverse azioni - come per esempio la comune raccolta
organizzata nel 2017 a favore delle vittime delle guerre in Medioriente - e
contribuiscono alla ricostruzione delle case, ospedali, scuole e interi
villaggi, per rendere possibile il ritorno dei profughi nelle loro patrie. Gli organi
della Chiesa cattolica hanno prestato un valido aiuto anche ai profughi e
migranti che attraversavano il territorio dei loro paesi. (…)
La crisi migratoria ha mostrato che
non è facile superare le differenze mentali e culturali che esistono tra
Oriente e Occidente. I vescovi, però, osservano di essere tenuti a collaborare.
(…)
Non è possibile essere indifferenti
nei confronti delle persone che - cercando un futuro migliore per se stessi e
per le loro famiglie – si trovano in pericolo di morte o soffrono di fame e
carestia. Bisogna fare tutto il possibile per aiutare i loro paesi d'origine,
per risolvere i problemi che causano le migrazioni. (…)
I vescovi sono preoccupati per la
diffusione dell'ideologia gender, nascosta tra altro anche nel noto Protocollo
di Istanbul [Convenzione di Istanbul del
Consiglio d’Europa – ndr.]. Bisogna fare del tutto affinché l'Europa torni
alle radici naturali e cristiane. Le sue istituzioni, comprese le corti [i tribunali – ndr.], dovrebbero rispettare l'autonomia dei paesi dell'Europa
centro-orientale nella sfera culturale ed etica. Inquietano le decisioni
sovranazionali che impongono, a volte in modo indiretto, soluzioni in contrasto
alle costituzioni e culture dei singoli paesi, approfondendo così le
alienazioni e agendo contro l'integrazione. I vescovi chiedono i rappresentanti
dei governi di rifiutare la ratifica del Protocollo di Istanbul, o di revocare
la firma.”
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