Il Cardinale Péter Erdő,
Primate d’Ungheria è intervenuto all’11 Congresso dell’Associazione Intellettuali
Cristiani ungheresi (KÉSZ) sul tema “Gli ungheresi nell’Europa cristiana” organizzata
il 16 settembre scorso, nel parlamento di Budapest. Pubblichiamo, nella nostra
traduzione, alcuni brani del discorso del Cardinale Erdő.
Card. Erdő al Congresso della KÉSZ (Foto: Magyar Kurír) |
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Considerato
attraverso i fatti della storia, il cristianesimo potrebbe sembrare la
struttura di un’organizzazione statale e sociale. Ma si tratta di molto di più.
Si tratta di quella religione mondiale molto concreta, che risale alla persona
di Gesù di Nazareth e che ha formato la comunità dei suoi seguaci. La cultura
ha sempre bisogno di una visione del mondo, di qualche principio guida secondo
cui si organizza la vita della comunità. In Europa il cristianesimo si rivelò una
forza organizzativa. Rispetto ai tempi antichi, quando i titolari del potere
politico erano quasi tutte persone di fede e la religione era ufficialmente
connessa alla vita pubblica, l’Europa odierna ha un’immagine del tutto diversa.
In
effetti, non si può dire che la vita pubblica sia organizzata dalla religione
cristiana come tale, ma piuttosto dietro le più importanti strutture si
nasconde una visione sempre più indipendente dalle religioni. Allo stesso tempo
però, a mio parere, del cristianesimo non si ha solo la memoria, ma vi sono
anche dei segni vivaci ed efficaci in tutta l’Europa.
Il
fatto che l’immagine delle nostre città e dei nostri villaggi tuttora è
caratterizzata, o viene resa unica, dalle chiese cristiane, è sicuramente un
segno di questo. E queste chiese, nella maggior parte dei paesi d’Europa –
anche se non in tutti –, tuttora hanno la funzione di culto, con la loro
architettura fanno riferimento a quella completezza della realtà in cui il
mondo materiale trova la sua ragione e il suo valore nell’espressione
dell’amore e della sapienza del Creatore. Queste chiese si aprono sulle piazze
e sulle strade, solo in pochi paesi è imposto ufficialmente che il loro accesso
si apra da un cortile interno. In queste chiese, come ad esempio in Albania o
nel territorio dell’ex Unione Sovietica, dopo lunghi decenni la vita religiosa
ha potuto ricominciare, recuperando così la loro funzione originaria. Il
cristianesimo è presente in numerose statue pubbliche, nelle croci e nelle
raffigurazioni, nei nomi delle persone e degli istituti. In Europa stanno
cambiando anche le abitudini di denominazione, ma nonostante questo in tanti
paesi la maggioranza delle persone porta ancora un nome cristiano. Infatti, il
nome significa che scegliamo quel santo come nostro protettore e modello di
vita.
In
Europa e in tutto il mondo occidentale calcoliamo il tempo dalla nascita di
Cristo e perciò siamo nel 2017; nella nostra cultura la domenica è giorno festivo,
ovvero il giorno in cui i cristiani sin dai primi tempi festeggiano la
risurrezione di Gesù perché furono convinti, in base ai fatti, che Cristo era
risorto all’alba del primo giorno dopo il sabato. Mentre il mondo babilonese usava
il sistema a sei cifre, l’ebraismo, dopo i sei giorni di lavoro dedicava il
settimo alla preghiera e al riposo, e noi cristiani, rispettando la
resurrezione di Cristo, abbiamo i sette giorni della settimana e celebriamo la
domenica come pausa. Durante le Rivoluzione Francese si voleva introdurre un
sistema diverso di computo del tempo, non solo calcolando gli anni a partire da
un’altra data, ma cambiando anche l’ordine settimanale in decadi, ovvero un
ordine di 10 giorni. Questo calendario rivoluzionario ebbe una vita breve, durò
dal 1793 al 1805. Quando cerchiamo di individuare i segni del cristianesimo
sull’aspetto dell’Europa odierna ci accorgiamo inevitabilmente dell’eredità legale.
Le leggi degli stati europei, e soprattutto i grandi codici, stabiliscono
diverse istituzioni sociali, regole di convivenza e di comportamento che si
sono formate lungo i secoli sotto l’influenza della fede cristiana. Il concetto
della dignità umana, l’istituzione del matrimonio, che negli ultimi tempi è
stato riformulato in diversi posti, oppure l’elenco antico, classico dei
diritti umani, sono in rapporto profondo con i 10 comandamenti e con i valori
evangelici.
Tutti
questi ricordi non sono solo cimeli da museo, ma riescono tuttora comunicare
quel segreto che rende la nostra vita preziosa e significativa: l’esistenza di
Dio, il suo Amore per noi, il suo progetto di salvezza e di creazione. Si tratta
di una eredità, e come tutte le eredità, anche questa necessita di essere
gestita. La si può sperperare, sprecare, come un erede indegno fa dell’eredità
dei suoi nonni, oppure la si può apprezzare, rilanciare e, in una luce nuova,
metterla al centro della nostra vita. Di questo rinnovamento i popoli
dell’Europa Centro-orientale hanno già delle esperienze, che varrebbe la pena di
riscoprire, utilizzare e condividere con il resto del mondo. Possiamo perciò giustamente
affermare che la nostra regione ha una vocazione speciale: pur rimanendo fedeli
all’eredità cristiana trovare nuove soluzioni alle nuove sfide.
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