Apertura Porta Santa a Budapest (foto: Lambert Attila/Magyar Kurír) |
Ecco la traduzione dell’omelia
che il cardinale ha pronunciato durante la S. Messa.
Omelia di
S.Em il Card. Péter Erdő Arcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d’Ungheria
in occasione dell’apertura della Porta Santa nella Basilica di S. Stefano Re concattedrale
di Budapest (13 dicembre 2015)
Cari Fratelli in Cristo,
1. Celebriamo la Terza Domenica d’Avvento,
quando nel buio dell’attesa la Chiesa accende il colore della gioia. Ascoltiamo
così, nel vangelo di oggi, di avere buone ragioni per gioire, poiché viene
preparato il nostro incontro promesso con il Redentore, con Dio. Questa preparazione
la possiamo chiamare con la parola conversione. E, secondo il Vangelo, questa
conversione ha due momenti salienti.
Il primo è la conversione, il
cambiamento, l’impegno dell’uomo. Lo rappresenta in modo compiuto San Giovanni
Battista con la sua predicazione che invita al pentimento.
Il Battista annuncia, prima di
tutto, che tutti hanno bisogno della conversione. Pure le persone che adempiono
ai precetti religiosi, anche i farisei. Poiché, in base alle sue forze, nessuno
è del tutto preparato all’incontro con il Signore.
Ed egli annuncia pure che la
conversione è possibile per tutti. Pure i pubblicani e i militari possono
convertirsi. Non c’è situazione di vita così disperata dove non sia possibile la
conversione.
Annuncia, infine, San Giovanni
Battista che questa conversione influisce sul nostro rapporto con le persone:
esige l’attenzione verso l’altro, la giustizia nei confronti dell’altro.
Tutto ciò è molto attuale anche
nella nostra vita di oggi. Vediamo molte ingiustizie e sofferenze intorno a
noi. Non è un caso che proprio nel periodo penitenziale e preparatorio
dell’Avvento si moltiplicano le iniziative assistenziali e caritative. Ma non
dobbiamo pensare agli altri solo in questo periodo: la giustizia, l’attenzione verso
il prossimo deve essere l’atteggiamento fondamentale della nostra vita!
L’altro momento saliente della
conversione, secondo il vangelo di oggi, non viene dall’uomo. Verrà qualcuno
che è più grande. È il Dio che opera la giustizia e brucerà la paglia con un
fuoco inestinguibile, che battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Nell’immagine apocalittica d’Antico
Testamento di San Giovanni Battista la fede cristiana riconosce la presenza
salvatrice del Dio il quale, nella persona del Cristo, arriva in mezzo a noi. L’altro
grande presupposto del nostro incontro con l’Onnipotente è, infatti, la
presenza purificatrice, corroborante e trasformatrice di Dio. È questo che
rende possibile la nostra conversione, è questo che porta a compimento la
nostra attesa.
2. È questa la grazia divina che
giustamente noi chiamiamo misericordia. Ne è simbolo durante quest’Anno Santo
la Porta della Misericordia, aperta quest’oggi nella Basilica di Santo Stefano,
come pure nella arcicattedrale di Esztergom e nel santuario di Máriaremete. La
porta è un simbolo biblico meraviglioso ed eloquente. Se la porta è aperta, la
possiamo varcare. Esprime perciò l’accoglienza (Giobbe 31,32) e la possibilità
offertaci (1Cor 16,9). La porta chiusa invece difende chi si trova all’interno
delle mura (Gv 20,19) ma esprime pure il ripudio di chi è rimasto escluso (Mt
25,10). Ci ricorda la parabola di Gesù sulle nozze quando, arrivati gli ospiti,
la porta viene chiusa (cfr. Mt 25,10; Lc 13,25). E chi ha esaurito l’olio della
sua lampada, ha esaurito la fede e la carità della sua vita, bussa invano
chiedendo: „Signore, signore, aprici!”. La porta allora fa percepire anche
l’idea del discernimento e del vaglio. Vi fa riferimento pure Gesù quando
affida le chiavi del Regno dei Cieli a Pietro. Già nell’Antico Testamento la
porta è raffigurazione della possibilità di entrare nella vicinanza di Dio, nel
regno della felicità. Parlando della nuova Gerusalemme i profeti la riassumono
in una visione poetica, come una che avrà le porte sempre aperte e sarà una città
costruita in pace e giustizia (cfr. Is 60,11; Ez 48,30-35; Zacc 2,8-9). Dice in
proposito il salmo: „È questa la porta del Signore, per
essa entrano i giusti.” (Sal 117,20). Ne parla il profeta Isaia: “Aprite le
porte: entri il popolo giusto che mantiene la fedeltà. Il suo animo è saldo; tu
gli assicurerai la pace, pace perché in te ha fiducia.” (Is 26,2-3).
L’amore fedele di Dio che si dona ci ha invitati alla vita eterna e alla
felicità eterna. Gesù dice che la porta che conduce alla salvezza è una porta
angusta. Il presupporto dell’ingresso è la conversione (Mt 7,13-14; Lk 13,24) e
la fede (At 14,27; Ef 3,22). Secondo il Libro dell’Apocalisse è Gesù ad avere
le chiavi della morte e degli inferi (Ap 1,18). È lui ad affidare le chiavi
alla sua Chiesa e promette che le porte degli inferi non prevarranno su di essa
(Mt 16,18). Poiché la porta è anche simbolo di potere: chi controlla la porta,
controlla la città.
3. Durante l’Anno Santo le chiavi
della Chiesa sono presenti in modo visibile e simbolico. La nostra missione,
infatti, è quella di aprire la porta della misericordia e del perdono nella
grazia del Signore e di annunciare: chiunque viene purificato dal sacramento
della Penitenza e corroborato dal sacramento dell’Eucaristia appartiene al
Signore, con il cuore libero, già qui sulla terra. La liberazione dall’egoismo,
può, infatti, diventare sorgente di gioia e di un nuovo inizio per gli altri.
È con questo spirito e con questi
pensieri che dobbiamo varcare quest’anno la soglia della Porta Santa per
accogliere e trasmettere al mondo il dono della misericordia di Dio.
Amen.
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