Pubblichiamo il testo dell’intervento dell’Ambasciatore
d’Ungheria presso la S. Sede, S.E. Eduard Habsburg-Lothringen pronunciato alla Conferenza internazionale “San Giovanni Paolo II e la sua eredità”, nella sessione “Giovanni
Paolo II – politico che porta la libertà al mondo”, organizzata dall’Ambasciata
di Polonia presso la Santa Sede (Università Pontificia San Tommaso d’Aquino, 26
aprile 2018)
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L'Ambasciatore Habsburg (destra) con il Card. Amato e Mons. Tomasi alla conferenza sull'eredità di San Giovanni Paolo II |
Quale motto potrebbe
essere considerato più emblematico di Giovanni Paolo II, il papa politico che
porta la libertà al mondo, di quello che lui stesso ha pronunciato durante la
messa di inizio del pontificato? Esortava tutti di aprire alla potestà di
Cristo „i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i
vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!” (Omelia per l’inizio del pontificato, 22
ottobre 1978).
Sono parole che hanno
subito favorito un’immagine di Karol Wojtyla come “papa globale”. E, in
effetti, lo fu. Per noi, popoli dell’allora Europa dell’Est, dominata dal
socialismo reale, questa esortazione suonava subito come un messaggio di
liberazione: aprire i confini, i sistemi politico-economici era un miraggio. Si
trattava, infatti, di confini che dividevano ingiustamente nazioni sorelle
all’interno di questo nostro continente. Si trattava di un sistema che
opprimeva la libertà delle persone e delle nazioni. Infatti, i potenti di
quella dittatura considerarono sin da subito il Papa come loro potente
avversario. Il Papa, invece, non ha mancato di specificare, per esempio con
l’Enciclica Centesimus annus, che quella
volta intendeva riferirsi non solo al cosiddetto “blocco socialista”, ma a tutte
quelle situazioni – siano esse degli Stati, dei sistemi o dei “poteri forti” – che
opprimono la persona e le comunità umane.
Sembra, invece, molto
meno conosciuto che San Giovanni Paolo II non è stato solo “globale”, ma anche
un politico e pensatore – motivato però anche in questo dal suo essere
soprattutto pastore – uno, insomma, che riteneva molto importante il concetto
di nazione, l’appartenenza alla nazione e, addirittura, i diritti delle nazioni.
(Cfr. ÉRSZEGI, Márk Aurél, Nemzet, haza,
kisebbségek II. János Pál tanításában [Nazione, patria, minoranze
nell’insegnamento di Giovanni Paolo II], in: Pro Minoritate, 2014.04, Budapest, pp. 58-82.; CAZZAGO, Aldino, Giovanni Paolo II: “Ama gli altri popoli
come il tuo!”. Jaca Book, Milano 2013)
Certo, gli amici
polacchi ne sono ben consapevoli, perché fu prima di tutto in occasione dei
suoi viaggi in Patria che Papa Wojtyla ha parlato di questi concetti. Riteneva
anzi parte della sua missione di “parlare davanti a tutta la Chiesa, all’Europa
e al mondo, di quelle nazioni e popolazioni spesso dimenticate”. Come affermava
a Gniezno nel 1979: “Non vuole forse Cristo, non dispone forse lo Spirito
Santo, che questo Papa – il quale porta nel suo animo profondamente impressa la
storia della propria nazione dai suoi stessi inizi, ed anche la storia dei
popoli fratelli e limitrofi – manifesti e confermi, in modo particolare, nella
nostra epoca la loro presenza nella Chiesa e il loro peculiare contributo alla
storia della cristianità?” (Omelia nella
Cattedrale di Gniezno, 3 giugno
1979)
E
ai nostri predecessori in questa sede, ossia ai diplomatici accreditati in
Vaticano, già al primo loro incontro confidò: “…la storia della mia
patria d’origine mi ha insegnato a rispettare i valori specifici di ogni
nazione, di ogni popolo, le loro tradizioni e i loro diritti fra gli altri
popoli.” (Discorso al Corpo
Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 20 ottobre 1978) Accennò, quindi, ai diritti dei popoli e delle
nazioni. Si tratta di un concetto che poi ebbe modo di sviluppare nel corso del
suo pontificato e che ritengo possa essere molto utile anche a noi, oggi, per
capire l’Europa.