Nel sessantesimo
anniversario della sua morte János Esterházy (1901-1957) è stato commemorato anche
a Praga con una conferenza e la Santa Messa, sabato 4 marzo 2017. È, infatti,
nella capitale ceca che le sue ceneri riposano in una fossa comune, assieme a
tante altre vittime del comunismo, nel cimitero di Motol, oggi Memoriale delle
Vittime del Comunismo.
Monumento alle vittime del comunismo a Motol, Praga (foto: Felvidek.ma) |
Nel 2007 è stato l’allora
Ministro degli Affari Esteri ceco Karel Schwarzenberg a promuovere le ricerche
per identificare il luogo della sua sepoltura. L’On. Schwarzenberg, oggi Presidente
della Commissione Esteri della Camera dei Deputati ceca, nel suo discorso del 4
marzo 2017 ha affermato che Esterházy è stato il “politico più onesto
dell’Europa Centrale”, che venne condannato proprio perché considerato da molti
dopo la guerra come “la voce della coscienza”, cioè un personaggio scomodo,
nonostante avesse sempre rispettato la costituzione e le leggi della Cecoslovacchia.
Il Presidente della
Commissione Affari Esteri del Parlamento ungherese, On. Zsolt Németh richiamò
l’attenzione alla matrice democristiana della politica di Esterházy, affermando
che “se vogliamo costruire un’Europa Centrale democratica dobbiamo farlo
partendo dal rispetto reciproco”, proprio come fece János Esterházy.
Leo Žídek, vice-presidente della Confederazione dei Prigionieri Politici
della Repubblica Ceca, ha dichiarato che la Confederazione appoggia
l’iniziativa per la riabilitazione politica di János Esterházy poiché, secondo
le nostre conoscenze attuali, egli non fu né traditore della patria, né
criminale di guerra, come invece per molti anni è stato ingiustamente
sostenuto.
Roberto Malfatti, uno dei nipoti italiani di János Esterházy portò la propria
testimonianza come nella famiglia sia tuttora viva la memoria del nonno. (La
figlia di János Esterházy, Alice sposò il Barone italiano Gioacchino Malfatti di
Montetretto.)
I partecipanti alla
manifestazione hanno reso omaggio alle vittime del comunismo nel Cimitero di
Motol, e poi hanno partecipato alla Santa Messa nella Chiesa di Sant’Enrico (Sv.
Jindrich), presieduta da Mons. Ferenc Cserháti, Vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest,
con la concelebrazione di Mons. Zdeněk Wasserbauer, vicario generale
dell’Arcidiocesi di Praga. È stato presente alla commemorazione anche il Signor
Jan Janku, già prigioniero politico e testimone degli ultimi giorni di János
Esterházy.
* * *
Dall’omelia di Mons. Ferenc Cserháti, Vescovo ausiliare
di Esztergom-Budapest
Praga,
Chiesa di Sant’Enrico, 5 marzo 2017
Commemorando il 60.mo anniversario della morte del
Conte János Esterházy contempliamo un'epoca in cui il Satana ha riprovato a
deviare l’uomo da Dio promettendogli ricchezza, gloria, potere. L’ha
indirizzato in una ideologia lontano da Dio che gli ha dimostrato cosa
diventerebbe l’immagine di Dio allontanandosi dal suo Creatore e lasciandosi
guidare da ispirazioni sataniche: è destinato al decadimento ed alla dannazione
terribile. Gli orrori e le conseguenze delle due guerre mondiali ancora oggi
pesano e creano tensioni tra i popoli.
La commemorazione di oggi dirige il nostro sguardo
verso un uomo che ha sempre seguito il suo Maestro divino e ascoltato le
ispirazioni divine anziché la seduzione satanica. Qui non è il mio compito
esaltare l’opera del politico e martire János Esterházy, questo spetta agli
studiosi ed agli esperti. Invece il compito dei predicatori della Parola di Dio
è di tenere presente i “militi ignoti” del grande progetto di Dio e di
custodire la testimonianza di coloro che nonostante le difficoltà sono sempre
rimasti fedeli alla loro vocazione (cfr. Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, 37).
La prima Domenica della Quaresima, quando leggiamo
sulla tentazione di Gesù e mettiamo le ceneri sulla fronte, è utile e attuale
ricordare la testimonianza e la resistenza cristiana contro le tentazioni
sataniche. In una sua lettera del 1949, dopo che si è liberato dalla prigionia
del Gulag sovietico, possiamo conoscere non solo la sua spiritualità e
dedizione profondamente religiosa da cui tutta la sua vita è ispirata, ma anche
quel programma quaresimale che è tuttora attuale e ci chiama alla conversione: “Scrivo
velocemente perché sono troppo felice, ieri mi sono confessato e ho fatto la
comunione dopo quattro anni di assenza, stamattina sono andato alla santa messa
e di nuovo ho fatto la comunione. Durante questi quattro anni non ho mai
pianto, ma quando il prete mi ha assolto e ho preso il Santissimo Corpo del
Nostro Signore Gesù Cristo, scendevano tante delle mie lacrime. Non so dove
cominciare le preghiere del ringraziamento e le nuove suppliche. Tutta quella
grazia e misericordia infinita che mi è stata conferita, è davvero improbabile.
La misericordia di Dio è sempre stata ed è con me anche adesso...” (Cfr. Lettera del 1949 di Esterházy alla madre e
alla sorella Lujza).
S. Messa celebrata da Mons. Cserháti a Praga (foto: Magyar Kurír) |
Dimostra il suo spirito solidale e devoto anche quella
piccola storia di cui egli stesso riferisce, per cui un suo compagno di
prigionia nel Gulag, malato di tubercolosi fino al punto che anche il medico ha
perso ogni speranza e ha recitato la Novena in onore di Istvan Kaszap e di
Santa Teresa del Bambino Gesù. “Alla mattina del nono giorno – scrisse Esterházy
– guardavo dal mio letto verso il suo. Era in uno stato di coma e si lamentava.
Ho recitato la mia preghiera e alla fine ho cominciato l’ultimo versetto della
Novena. Ho finito e mi sono addormentato un po’. Mi risveglio poco dopo e
guardo verso il letto del ragazzino. Vedo che il bambino era seduto. Posso dire
che nello stato di salute del ragazzino è successo un notevole cambiamento. Da
quell’agonia durata per giorni è passato alla via della guarigione di cui
tutti, anche il medico, si sono meravigliati. Lo stesso giorno ha ricominciato
a mangiare e i dolori sono spariti. A marzo gli hanno fatto la lastra ed era perfettamente
guarito.” (Lettera alla sorella Maria
Esterházy, in: Esterházy János
Emlékkönyv, Századvég, Budapest 2002, p. 62).
La sua convinzione cristiana non si è manifestata
soltanto nella pratica religiosa, ma anche nelle sue azioni sociali e umanitarie
e nella sua sensibilità per la verità. “Il nostro segno è la croce, ma non quella
uncinata” – disse János Esterházy come deputato parlamentare a Bratislava. Lui
è stato l’unico politico nel parlamento della Slovacchia indipendente che il 15
maggio 1942 non ha votato la legge n. 68 sulla deportazione degli ebrei. “La
mia coscienza cristiana e democratica si oppone categoricamente alla deportazione
degli ebrei” – disse János Esterházy, e con questa motivazione profetica e
inquietante lasciò il palazzo dell’assemblea nazionale il 15 maggio 1942. „Il
governo slovacco ha intrapreso una via pericolosa quando ha proposto la legge
della deportazione degli ebrei perché con questo riconosce il fatto che la
maggioranza può espellere la minoranza.
La sua sensibilità sociale e umana derivava dalla sua
profonda religiosità. „Durante il mio soggiorno a Pozsony/Bratislava ci siamo
spesso incontrati e quindi posso dire di aver conosciuto bene il conte –
confessa un suo influente ammiratore – lo considero come un idealista
democristiano. Non conosceva l’odio, ma aveva un amore ardente per il suo
popolo, senza essere sciovinista. Lo descrivono bene le sue parole pronunciate
dopo la decisione di Kassa nel 1938 quando ha annunciato di rimanere in
Slovacchia. ’Noi ungheresi rimasti in Slovacchia promettiamo di dare la nostra
mano ai nostri fratelli slovacchi. Agli ungheresi che vivono nella madrepatria
chiedo di rispettare i sentimenti nazionali degli slovacchi permettendogli di
vivere allo stesso modo come noi chiediamo di vivere qui.’ Questi pensieri
possono essere la base dell’amicizia ungherese-slovacca. Parlando di János
Esterházy bisogna ricordare che egli odiava ogni tipo di dittatura e violenza.
Era nemico sia dei nazisti che dei bolscevichi. Il principio di questo impegno
è quell’umanesimo cristiano che lo definisce oltre al suo essere ungherese e
democratico.” (cfr. Esterházy János
Emlékkönyv, Századvég, Budapest 2002, 31. o.).
József Hetényi, un suo compagno di prigionia al Gulag
sovietico disse: “Per me János è diventato il Cristo sofferente degli ungheresi
nell’inferno del Gulag sovietico.” Agli occhi dei suoi compagni prigionieri si
è elevato come esempio vero e fedele della sequela di Cristo. La vita cristiana
e il martirio di János Esterházy sono la testimonianza del fatto che ci sono
dei comandamenti morali più forti dell’istinto della vita.
La storia della sua vita e le testimonianze, mi hanno
convinto che il conte torturato e maltrattato ha custodito e ha coltivato
fedelmente la sua fede cristiana, il suo spirito di preghiera, il suo amore per
Dio e per l’uomo, anche nei periodi molto critici e durante le terribili
torture. Per questo János Esterházy merita che sia iniziato il prima possibile
il suo processo di beatificazione e spero tanto che succederà. Lui è l’esempio
della fermezza cristiana eroica. Noi nella messa di oggi abbiamo pregato per
lui e chiediamo il Signore di concederci al più presto di poter invocare il di
lui patrocinio celeste.
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