Fra' Csaba Böjte con la scritta "pace" in ungherese |
Una delegazione ungherese si è recata in Siria nell’aprile scorso per consultare i responsabili delle chiese locali sulle necessità e le possibilità della ricostruzione. L’europarlamentare On. György Hölvényi, co-presidente del Gruppo di lavoro per il dialogo interreligioso e le attività interculturali del Partito Popolare Europeo, Fra’ Csaba Böjte OFM, direttore della Fondazione San Francesco di Déva per i bambini abbandonati, e P. Szabolcs Sajgó S.I., rappresentante in Ungheria del Jesuit Refugee Service, sono stati accompagnati da due giornalisti della televisione ungherese (il cui documentario – “Di essi è il regno dei cieli” – è stato poi messo in onda dalla TV ungherese). Non è la prima volta che tale delegazione visiti i paesi del Medio Oriente dall’inizio della guerra per costatare da vicino la situazione e i bisogni della gente, soprattutto dei cristiani. Damasco, Aleppo e Homs sono state le tre città visitate su invito del Patriarca siro-ortodosso di Antiochia e tutto l'Oriente, Ignazio Efrem II.
Fra' Csaba Böjte OFM e P. Szabolcs Sajgó SI con il Card. Mario Zenari a Damasco |
La delegazione ha incontrato diversi capi delle chiese della zona, tra cui Mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo di Aleppo dei Greco-Melkiti, Card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, il pastore della comunità protestante degli armeni, Harotun Selimian, e Ahmad Badreddin Hassoun, il gran muftì della Siria. Durante gli incontri si è parlato delle possibilità di aiutare i cristiani e di ricostruire i villaggi distrutti. Ad Aleppo la delegazione ha partecipato, insieme al patriarca Ignazio Efrem II e ai rappresentanti delle comunità cristiane, ad una veglia per i due vescovi siro-ortodossi della città rapiti dai terroristi cinque anni fa – ha spiegato Fra’ Csaba Böjte in un’intervista. Un altro momento significativo del viaggio è stata la visita a Maalula, piccolo villaggio cristiano vicino a Damasco, dove viene ancora parlato il dialetto occidentale della lingua aramaica, molto simile al dialetto parlato da Gesù Cristo. Anche questa città fu occupata dallo Stato Islamico.
“Noi cristiani dobbiamo sapere, che il regime siriano viene considerato bene dalle persone. I frati francescani di Damasco raccontano che non hanno dovuto pagare le bollette dell’elettricità e dell’acqua né prima, né durante la guerra perché il governo ha sempre coperto tali spese. Potevano avere le scuole. In Siria il 30% del servizio sanitario è gestito dai cristiani. Quindi dobbiamo dar retta alle persone secondo le quali, se questo regime fallisse, i cristiani non avrebbero più un futuro in questo paese” – ha sottolineato Fra’ Csaba Böjte nella sua intervista. Ha inoltre spiegato che tra le persone cristiane e musulmane c’è la convivenza ma non c’è il dialogo, e lo è ancor meno tra le comunità musulmane. Il conflitto in atto, infatti, non è tra i cristiani e i musulmani, ma tra musulmani e musulmani.
I cristiani della Siria vogliono resistere e rimanere in questa terra antica non soltanto per sé stessi ma per tutti i cristiani del mondo. “I francescani di Damasco ci hanno fatto vedere il luogo, quella via antica romana, dove avvenne la conversione di San Paolo – racconta Fra’ Csaba Böjte. Pregando nella piccola cappella della Conversione di San Paolo, tenendoci per mano, ho avuto la sensazione di essere arrivato a casa”. I cristiani vogliono rimanere nelle terre antiche del cristianesimo per tutti i cristiani del mondo. Tra le iniziative – ha spiegato il francescano – vogliamo organizzare delle raccolte per aiutare le ricostruzioni delle case e vogliamo portare alcuni giovani dall’Ungheria per dare una mano concreta in questa fase della ricostruzione.
P. Sajgó e Fr. Böjte con l'On. Hölvényi alla tomba di P. Frans van der Lugt a Homs |